La Riforma del Terzo Settore secondo il CNDCEC

Dedichiamo un approfondimento alla riforma del Terzo Settore. Puntiamo il mouse su: il patrimonio degli enti, le attività secondarie, il divieto di distribuzione di utili, il bilancio degli enti del terzo settore, il bilancio sociale, il registro nazionale unico, le imposte dirette e indirette, la tenuta delle scritture contabili….

La Riforma del Terzo Settore: aspetti generali

adeguamento statuto terzo settore proroga 2019Gli enti non commerciali sono stati interessati dalla generale rivisitazione delle disposizioni che regolano il “non profit”, ad opera del D.Lgs. 3.7.2017, n. 117 (codice del terzo settore).

Gli enti del terzo settore (ETS), di cui all’art. 4 del codice del terzo settore (CTS), si suddividono nelle varie tipologie previste dal codice stesso, ed esercitano in via esclusiva o principale una o più attività di interesse generale per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale.

Le attività di interesse generale sono quelle individuate dall’art. 5 CTS, comprendenti tra l’altro:

  • gli interventi e i servizi sociali finalizzati a rimuovere e a superare le situazioni di bisogno e di difficoltà;
  • le prestazioni sanitarie e socio-sanitarie;
  • l’educazione, l’istruzione e la formazione professionale;
  • la salvaguardia dell’ambiente;
  • la tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e del paesaggio;
  • la formazione universitaria e post-universitaria;
  • la ricerca scientifica di particolare interesse sociale;
  • l’organizzazione e gestione di attività culturali, artistiche o ricreative di interesse sociale (e via elencando).

 

L’art. 6 del CTS consente agli ETS l’esercizio di attività diverse da quelle di interesse generale, a condizione che l’atto costitutivo o lo statuto lo consentano e che tali attività siano secondarie e strumentali rispetto alle attività di interesse generale.

La materia è stata oggetto della circolare emanata dal CNDCEC nel mese di novembre 2017, che ha focalizzato gli aspetti maggiormente innovativi del CTS.

 

 

Le attività secondarie esercitabili dagli ETS

La circolare del CNDCEC si concentra dapprima sulle attività secondarie strumentali che possono essere esercitate dagli ETS, i cui limiti e i relativi criteri per il riconoscimento sono affidati a un decreto interministeriale ancora da emanare.

Del carattere strumentale o sussidiario dell’attività tiene conto l’organo di amministrazione dell’ente, tenuto a fornire ampia documentazione nella relazione al bilancio o nella relazione di missione.

Il finanziamento delle attività di interesse generale dell’ETS può avvenire tramite attività di raccolta fondi anche in forma organizzata e continuativa, impiegando sia risorse dell’ente, inclusi volontari e dipendenti, che risorse di terzi, nel rispetto dei principi di trasparenza e correttezza nei confronti dei sostenitori.

 

 

Il patrimonio degli Enti Non Commerciali

Secondo l’art. 22 del CTS, come rileva il CNDCEC:

  • le associazioni devono essere dotate di un patrimonio non inferiore a 15.000 euro;
  • le fondazioni devono essere dotate di un patrimonio minimo non inferiore a 30.000 euro.

 

Se il patrimonio è costituito da beni differenti dal denaro, occorre una relazione giurata effettuata da un revisore legale o società di revisione iscritti nel registro, da allegare all’atto costitutivo.

Nella circolare viene evidenziato che in caso di riduzioni del patrimonio sociale l’ETS è soggetto a una disciplina meno rigida di quella cui sono soggette le società.

Il procedimento di intervento obbligatorio per riduzioni del patrimonio sociale prevede infatti solo l’attivazione per le perdite che riducono il patrimonio al di sotto del minimo legale, con una tolleranza di un terzo.

In tale ipotesi, l’organo di amministrazione e, nel caso di sua inerzia, l’organo di controllo, se presente, devono “senza indugio”:

  • in un’associazione, convocare l’assemblea per deliberare la ricostituzione del patrimonio minimo;
  • in una fondazione deliberare la ricostituzione del patrimonio minimo. Se non vi sono possibilità di ricostituzione, è possibile procedere alla trasformazione, alla prosecuzione dell’attività in forma di associazione non riconosciuta, alla fusione o allo scioglimento dell’ETS.

 

 

Divieto di distribuzione di utili

L’ETS non può distribuire utili, nemmeno in modo indiretto; le ipotesi di distribuzione indiretta ricorrono (art. 8, comma 2, CTS) quando:

  • sono corrisposti compensi non proporzionati all’attività svolta a chi rivesta cariche sociali nell’ente;
  • vengono pagati a lavoratori subordinati e autonomi compensi superiori al 40% rispetto a quelli previsti dai contratti collettivi, salvo competenze specifiche;
  • sono acquistati beni e servizi a prezzi superiori al valore normale senza valide ragioni economiche;
  • vengono ceduti beni e prestati servizi a coloro che a qualsiasi titolo operino nell’ente a condizioni più favorevoli a quelle di mercato;
  • vengono corrisposti interessi passivi superiori di 4 punti al tasso annuo di riferimento a soggetti diversi da banche e intermediari finanziari autorizzati.

In caso di scioglimento dell’ente è necessario il parere della struttura competente del registro prima di procedere nella devoluzione del patrimonio residuo, altrimenti ogni atto di devoluzione senza parere o difforme al parere risulta nullo.

 

Il bilancio degli ETS

Secondo il CNDCEC, pur non essendo (esplicitamente) previsto dalla normativa, è consigliabile che gli ETS si dotino di un unico sistema di rilevazione che possa essere in grado di adempiere agli obblighi fiscali e sia contestualmente capace di definire le risultanze necessarie per la predisposizione dei prospetti di bilancio.

Per il bilancio degli ETS di dimensioni minori (con ricavi, rendite, proventi o entrate comunque denominate inferiori a 220.000 euro) è prevista la tenuta in forma semplificata.

Il bilancio degli ETS “non piccoli” dovrebbe essere composto da:

È inoltre richiesto di documentare il carattere secondario e strumentale delle attività di cui all’art. 6 CTS nella relazione di missione o nella “relazione al bilancio”, che può essere costituita da una vera e propria “nota integrativa”.

Il bilancio degli ETS minori può invece essere rappresentato dal solo rendiconto finanziario per cassa (ma è sempre richiesta la documentazione del carattere secondario e strumentale delle attività diverse).

In mancanza di norme transitorie, se non saranno emanate le linee guida ministeriali in tempo utile, il bilancio dovrebbe poter essere predisposto in forma libera. Esso dovrà essere depositato presso il “futuro” registro unico nazionale del Terzo settore e diverrà consultabile pubblicamente.

Le imprese sociali e gli ETS che svolgono attività di impresa depositeranno invece il proprio bilancio presso il registro delle imprese.

L’approvazione del bilancio deve essere coordinata anche con quanto previsto in materia di obblighi fiscali, in relazione al rendiconto patrimoniale ed economico – finanziario dell’ETS (art. 87 CTS), con il quale il bilancio stesso potrebbe identificarsi.

Il bilancio degli ETS non principalmente o esclusivamente commerciali è composto da:

  • stato patrimoniale, rendiconto finanziario (gestionale) e relazione di missione (se “non piccoli”);
  • rendiconto finanziario per cassa (se “piccoli”).

Il bilancio degli ETS principalmente “commerciali” segue invece le disposizioni valevoli per le imprese.

 

Approfondisci: Bilancio Enti del Terzo Settore: il nuovo principio contabile OIC 35

 

Il bilancio sociale

L’art. 14 del CTS si occupa del bilancio sociale, la cui la funzione è di fornire un quadro delle utilità non strettamente finanziarie svolte dall’ente che lo predispone.

Tale documento (il cui contenuto sarà definito da un successivo decreto predisposto dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali) dovrà essere depositato dagli enti con ricavi, rendite, proventi o entrate comunque denominate superiori ad 1 milione di euro presso il registro unico nazionale del Terzo settore (oltre che pubblicato sul proprio sito Internet).

 

Il registro nazionale unico

Anche il registro nazionale unico degli ETS dovrà attendere una compiuta disciplina attuativa, con l’emanazione di un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

L’iscrizione al Registro sarà facoltativa, ma ad essa sarà subordinata la possibilità di fruire delle agevolazioni finanziarie, fiscali e di rapporto con gli enti pubblici previste dalla riforma normativa del settore ed ancor prima, e più in generale, la possibilità per un ente giuridico di potersi qualificare come ETS.

Gli enti non profit che, pur potendo, opteranno per non iscriversi nel Registro, saranno soggetti all’applicazione delle disposizioni del codice civile.

AggiornamentoRegistro unico del Terzo Settore: le regole per accesso e trasmigrazione nel RUNTS

 

 

Imposte dirette e indirette degli ETS

Per gli ETS che si iscrivono al relativo registro, sono previste nuove e ulteriori disposizioni tributarie che vanno coordinate con l’insieme delle norme già vigenti, incardinate soprattutto nel TUIR, che non vengono meno ma potrebbero risultare tuttora applicabili.

L’art. 79 del CTS stabilisce che agli ETS diversi dalle imprese sociali si applica il regime fiscale previsto dal Titolo X del CTS stesso, recante specifiche misure di sostegno, nonché le norme del TUIR relative all’IRES, in quanto compatibili (art. 79, comma 1, CTS).

 

Regime fiscale

Il regime fiscale degli ETS, disciplinato dal Titolo X del CTS, si fonda sulla distinzione tra attività commerciali e non commerciali svolte e, dunque, sulla natura dell’ente.

Tale distinzione consente di disciplinare in termini differenti la fiscalità degli enti che svolgono l’attività istituzionale di cui all’art. 5 con modalità commerciali rispetto a quelli che non esercitano (od esercitano solo marginalmente) l’attività di impresa, al fine di rendere l’intervento di riforma compatibile con il diritto UE e di superare le precedenti disarmonie normative che caratterizzavano la fiscalità degli enti in questione.

 

Misure di sostegno per gli ETS

Il nuovo regime prevede alcune specifiche misure di sostegno:

  • la non applicazione delle imposte sulle successioni e donazioni per i trasferimenti a favore dell’ente, l’applicazione in misura fissa delle imposte di registro, ipotecaria e catastale e 1’esenzione da bollo e altri tributi minori (art. 82);
  • le deduzioni e le detrazioni per coloro che effettuano liberalità a
    favore di tali enti (art. 83);
  • il “social bonus”, che assegna crediti di imposta pari al 65% per i soggetti IRPEF, e al 50 per cento per i soggetti IRES, in caso di erogazioni liberali a favore degli ETS non commerciali assegnatari di immobili pubblici o beni mobili o immobili confiscati alla mafia (art. 81).

Va precisato che, per le organizzazioni di volontariato (ODV) e le associazioni di promozione sociale (APS), una serie di attività nei confronti dei terzi e degli stessi soci non assumono rilevanza sotto il profilo fiscale (artt. 84 – 85).

 

Natura commerciale e non

Secondo il comma 2 dell’art. 79, le attività di interesse generale di cui all’art. 5 svolte dagli ETS si considerano di natura non commerciale quando sono svolte a titolo gratuito, ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e, comunque, non superiori alla metà dei corrispettivi medi previsti per analoghe attività svolte con modalità concorrenziali nello stesso ambito territoriale.

Per determinare il costo effettivo si tiene conto anche del valore normale delle attività di volontariato e delle erogazioni gratuite di beni e servizi.

Per quanto è stabilito dal comma 2 dell’articolo, le attività di interesse generale di cui all’art. 5, incluse quelle accreditate o contrattualizzate o convenzionate le amministrazioni pubbliche, con l’Unione europea, con amministrazioni pubbliche straniere o altri organismi pubblici di diritto internazionale, si considerano di natura non commerciale quando sono svolte a titolo gratuito o dietro versamento di corrispettivi che non superano i costi effettivi, tenuto anche conto degli apporti economici degli enti citati e salvo eventuali importi di partecipazione alla spesa previsti dall’ordinamento.

Il successivo comma 3 stabilisce inoltre che si considerano non commerciali:
  •  le attività di cui all’art. 5, comma 1, lettera h) (ricerca scientifica di particolare interesse sociale), se svolte direttamente dagli enti sopra citati, la cui finalità principale consiste nello svolgere attività di ricerca scientifica di particolare interesse sociale, e purché tutti gli utili siano interamente reinvestiti nelle attività di ricerca e nella diffusione gratuita dei loro risultati e non vi sia alcun accesso preferenziale da parte di altri soggetti privati alle capacità di ricerca dell’ente, nonché ai risultati prodotti;
  • le stesse, se affidate dagli enti di cui citati ad università e ad altri organismi di ricerca che la svolgono direttamente in ambiti e secondo modalità definite dal D.P.R. 20.3.2003, n. 135 (regolamento per la definizione degli ambiti e delle modalità di svolgimento dell’attività di ricerca scientifica, di particolare interesse sociale, da parte di fondazioni senza fini di lucro).

 

Secondo il comma 4 dell’art. 79, non concorrono in ogni caso alla formazione del reddito degli ETS non commerciali:

  •  i fondi pervenuti a seguito di raccolte pubbliche effettuate occasionalmente anche mediante offerte di beni di modico valore o di servizi ai sovventori, in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione;
  • i contributi e gli apporti erogati da parte da parte delle amministrazioni pubbliche, per lo svolgimento delle attività non commerciali indicate dai precedenti commi 2 e 3.

 

Sostanzialmente, queste previsioni ricalcano quelle dell’art. 143, comma 3, del TUIR.

Il comma 5 dell’art. 79 in commento stabilisce che gli ETS si considerano enti non commerciali (cui si applicano quindi in toto le relative disposizioni del TUIR) se svolgono in via esclusiva o prevalente le richiamate attività di interesse generale di cui all’art. 5 del CTS.

L’ente si configura invece come commerciale se, indipendentemente dalle previsioni del proprio statuto, i proventi delle attività istituzionali di cui all’art. 5, svolte secondo modalità commerciali, risultano superiori nel medesimo periodo di imposta rispetto alle entrate derivanti da attività non commerciali.

A tal fine si intendono per “attività non commerciali” i contributi, le sovvenzioni, le liberalità, le quote associative dell’ente e ogni altra entrata assimilabile alle precedenti, tenuto conto anche del valore normale delle cessioni o prestazioni afferenti le attività non commerciali (comprese quelle svolte a titolo gratuito).

Il mutamento della qualifica opera a partire dal periodo di imposta in cui le l’ente assume natura commerciale, ovvero quando le attività commerciali assumono valore prevalente rispetto a quelle di carattere non commerciale.

Secondo quanto rilevato dal CNDCEC, i soggetti che intendono svolgere attività di interesse generale con organizzazione imprenditoriale, ma senza scopo di lucro soggettivo, vengono “indirizzati” verso il modello dell’impresa sociale, che garantisce la non imponibilità degli utili non distribuiti.

 

Reddito degli Enti associativi

Il comma 6 fa riferimento agli enti di natura associativa, precisando che la loro attività si considera non commerciale quando è svolta nei confronti dei propri associati in conformità alle finalità istituzionali degli enti.

Come già stabilito dal vigente art. 148 del TUIR, è previsto che non concorrono alla formazione del reddito delle associazioni del terzo settore le somme versate dagli associati o partecipanti a titolo di quote o contributi associativi.

Si considerano, invece, di natura commerciale le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nei confronti degli associati verso pagamento di corrispettivi specifici, compresi i contributi e le quote supplementari determinati in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto.

In tal caso, i corrispettivi concorrono alla formazione del reddito complessivo come componenti del reddito di impresa o come redditi diversi, a seconda che le relative operazioni abbiano carattere di abitualità o di occasionalità.

 

Il regime opzionale

L’art. 80 del CTS introduce un regime fiscale opzionale per la determinazione del reddito di impresa degli enti non commerciali del terzo settore, cioè di quegli enti che svolgono in via esclusiva o prevalente attività di interesse generale, basato sui coefficienti di redditività.

I coefficienti sono i seguenti:

 

Attività di prestazioni di servizi
 Ricavi  
 coefficiente  
  fino a 130.000 euro    7%
  da 130.001 euro a 300.000 euro   10%
  oltre 300.000 euro 17%

 

Altre attività
 Ricavi 
  coefficiente  
  fino a 130.000 euro    5%
  da 130.001 euro a 300.000 euro 7%
  oltre 300.000 euro 14%

 

 

Ai sensi dell’art. 89, comma 3, del CTS, il regime di cui al citato art. 145 del TUIR continua ad applicarsi agli enti che non sono iscritti al registro unico nazionale del terzo settore.

Ai ricavi soggetti ai coefficienti di redditività ex art. 80 devono essere sommate le eventuali plusvalenze patrimoniali (art. 86 TUIR), le sopravvenienze attive (art. 88 TUIR), i dividendi e gli interessi (art. 89 TUIR) e i ricavi immobiliari (art. 90 TUIR).

Il comma 2 dell’art. 80 aggiunge che, in caso di contemporaneo esercizio di prestazioni di servizi e di altre attività, il coefficiente deve essere determinato con riferimento all’ammontare dei ricavi relativi all’attività prevalente; in mancanza della distinta annotazione dei ricavi, si considerano prevalenti le attività di prestazioni di servizi.

Il comma 3 disciplina le modalità di esercizio dell’opzione per il regime forfetario degli ETS, che può essere esercitata nella dichiarazione annuale dei redditi, con effetti a partire dall’inizio del periodo di imposta nel corso del quale l’opzione è esercitata e fino a quando la stessa non è revocata, fermo restando un periodo minimo triennale di applicazione.

Se iscritte nel registro unico, le associazioni sportive dilettantistiche possono “diventare” ETS.

 

Coordinamento con le norme previgenti

Al riguardo occorre verificare la valenza delle disposizioni previgenti e, in particolare, della legge n. 398/1991. Secondo infatti l’art. 89, comma 1, del CTS, agli ETS di cui all’art. 79, comma 1, non si applicano:

  • l’art. 143, comma 3, nonché l’art. 144, commi 2, 5 e 6, e gli artt. 148 e 149 del TUIR;
  • l’art. 3, commi 1 e 2, del D.Lgs. 31.10.1990, n. 346, e gli artt. 1, commi 2 e 10, comma 3, del D.Lgs. 31.10.1990, n. 347;
  • la legge 16.12.1991, n. 398.

Quindi, se l’ASD decide di iscriversi al registro degli ETS, per essa viene disapplicata la legge n. 398/1991 e divengono applicabili le norme di cui al Titolo X del CTS (cioè il regime forfettario opzionale di cui all’art. 80 del codice).

Inoltre, il comma 2 dell’art. 102, attraverso un certo “giro” di norme di rinvio, stabilisce in pratica che viene ora reso impossibile aderire al regime “398” per le associazioni senza fini di lucro (non ASD) e per le pro-loco. In cambio, queste potranno però applicare le disposizioni fiscali agevolative del CTS, contestualmente all’iscrizione nel registro.

Analogamente, il regime della legge n. 398/1991 viene sostituito dal CTS anche per le associazioni bandistiche e per i cori amatoriali, nonché per le associazioni filodrammatiche, di musica e danza popolare legalmente costituite senza fini di lucro.

L’abrogazione delle norme della “398” vale quindi solamente per gli enti citati (pro-loco, associazioni senza scopo di lucro, cori, filodrammatiche, etc.), ma non anche per le ASD, salvo che queste non optino per l’iscrizione nel registro e per l’adozione del nuovo regime fiscale di cui all’art. 80 CTS.

 

Scritture contabili ai fini tributari

L’art. 87 del CTS si occupa degli obblighi contabili degli ETS non commerciali ai fini tributari, a condizione che non applichino il regime forfettario previsto per le attività commerciali svolte dalle APS e dalle ODV con ricavi non superiori a 130.000 euro. In quest’ultimo caso è sufficiente la mera conservazione dei documenti emessi e ricevuti.

Anche gli ETS non commerciali che, esercitando attività di interesse generale e attività secondarie e strumentali, non hanno conseguito in un anno proventi di ammontare superiore a 50.000 euro, possono evitare di tenere la contabilità.

In tale ipotesi, gli obblighi contabili si considerano assolti con la mera redazione del rendiconto economico e finanziario delle entrate e delle spese complessive.

In ogni altra ipotesi si devono tenere le scritture contabili, che devono osservare i requisiti della cronologia e sistematicità rappresentando analiticamente le operazioni poste in essere in ogni periodo di gestione.

Gli ETS che svolgono anche attività con modalità commerciali sono obbligati all’istituzione dei registri IVA integrati con le annotazioni dei componenti reddituali ai fini delle imposte sui redditi.

La tenuta dei soli registri IVA è consentita indipendentemente dall’ammontare dei ricavi conseguiti nel periodo d’imposta. La contabilità relativa all’attività svolta dagli ETS con modalità commerciali deve essere tenuta separatamente rispetto a quella non commerciale.

Per tali ETS, il superamento dei limiti dei ricavi (400.000 euro per i servizi e 700.000 euro per le altre attività) fa sorgere l’obbligo di tenuta della contabilità ordinaria.

 

Imposte indirette degli ETS

Il CTS (art. 89), come osserva il CNDCEC, introduce un’esenzione dalle imposte di successione e donazione, nonché dalle imposte ipotecarie e catastali, per i trasferimenti a titolo gratuito, effettuati a favore degli ETS, di beni utilizzati per lo svolgimento dell’attività statutaria ai fini dell’esclusivo perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale.

A fronte dell’adozione di tale misura, è stata prevista la disapplicazione dell’analoga misura (di più ristretto ambito applicativo) di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 3 del D.Lgs. n. 346/1990 e dal comma 3 dell’art. 10 del D.Lgs. n. 347/1990.

In attuazione delle nuove previsioni, le imposte di registro, ipotecarie e catastali saranno applicate in misura fissa agli atti traslativi della proprietà o di altri diritti reali di godimento effettuati a favore dei summenzionati  soggetti, comprese tutte le imprese sociali, anche quelle costituite in forma societaria.

Condizione necessaria alla fruizione del beneficio, tuttavia, è che gli immobili oggetto di trasferimento siano destinati, entro 5 anni dalla stipula dell’atto traslativo, in attuazione degli scopi istituzionali o dell’oggetto sociale e che l’ente acquirente renda una dichiarazione in tal senso, contestualmente alla stipula dell’atto.

In caso di dichiarazione mendace, o utilizzo del bene per scopi diversi, verranno recuperate le imposte in misura ordinaria e irrogate sanzioni nella misura del 30%.

Ai fini dell’imposta di bollo, il comma 5 dell’art. 82 del CTS prevede un’esenzione d’imposta per tutti gli atti e i documenti, cartacei o informatici, posti in essere o richiesti dagli ETS, comprese le cooperative sociali e le imprese sociali non costituite in forma societaria.

Per quanto riguarda poi i tributi locali, viene introdotta un’esenzione IMU e TASI applicabile esclusivamente agli immobili posseduti da ETS non commerciali e destinati esclusivamente allo svolgimento, con modalità non commerciali, di attività di interesse generale. Sempre a partire dal 1° gennaio 2018, in relazione all’imposta sugli intrattenimenti e alla tassa sulle concessioni governative, le agevolazioni oggi previste per le ONLUS vengono estese agli ETS, comprese le cooperative sociali e le imprese sociali non costituite in forma societaria.

 

Deduzioni, detrazioni e social bonus

Per quanto riguarda le erogazioni liberali, secondo quanto rilevato dal CNDCEC il nuovo regime di deducibilità o detraibilità opera solamente se tali liberalità sono rese a favore di ETS non commerciali, con particolari e ulteriori vantaggi qualora l’ente beneficiario è un’organizzazione di volontariato.

Il medesimo regime può tuttavia trovare applicazione anche nei confronti delle erogazioni effettuate a favore di ETS commerciali, di cooperative sociali e di imprese sociali (non costituite in forma societaria), a condizione che le liberalità ricevute siano utilizzate per lo svolgimento dell’attività statutaria, ai fini dell’esclusivo perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale.

Nell’art. 83 del CTS, il comma 1 ha istituito una detrazione IRPEF pari al 30% degli oneri sostenuti dal contribuente per le erogazioni in denaro (poste in essere con modalità tracciabili) o in natura, per un importo complessivo non superiore a euro 30.000 in ciascun periodo di imposta.

La detrazione viene incrementata al 35% in relazione alle liberalità di cui siano  beneficiarie le ODV.

Il comma 2 del medesimo art. 83 prevede una deduzione, dal reddito complessivo netto del soggetto erogante (persone fisiche, enti o società) nei limiti del 10% del reddito complessivo dichiarato. Entrambi i regimi (di detrazione e deduzione) non sono cumulabili con altre analoghe agevolazioni fiscali, previste a fronte delle medesime erogazioni liberali.

Secondo l’interpretazione fatta nella circolare, sebbene le previgenti disposizioni agevolative con effetto analogo siano entrate in vigore il 3.8.2017, l’efficacia abrogativa e/o disapplicativa delle medesime va rinviata ad un momento successivo all’operatività del Registro unico.

Tali disposizioni agevolative previgenti l’entrata in vigore del CTS dovrebbero pertanto essere tuttora vigenti e rimarrebbero tali fino al momento di operatività del Registro unico.

La circolare del CNDCEC segnala anche la misura innovativa del c.d. social bonus, disciplinato all’art. 81 del CTS, che entrerà in vigore dal 1° gennaio 2018 e consiste in un credito di imposta pari al 65% delle erogazioni liberali in denaro effettuate da persone fisiche, o del 50% se effettuate da soggetti enti e società, a favore degli ETS che hanno presentato al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali un progetto per sostenere il recupero degli immobili pubblici inutilizzati e dei beni mobili e immobili confiscati alla criminalità organizzata e agli stessi assegnati.

 

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Le norme del Codice del Terzo Settore e sulle ONLUS che saranno abrogate

 

 

11 dicembre 2017

Fabio Carrirolo

 

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