Il nuovo reato di dichiarazione infedele

L’approvazione della delega fiscale ha modificato radicalmente i presupposti di reato riconducibili alla presentazione delle dichiarazioni infedeli, prevedendo l’innalzamento delle soglie di punibilità e nuove fattispecie di esclusione collegate alla contabilizzazione di elementi attivi e passivi relativi alla dichiarazione.

reato di dichiarazione infedeleIl D.Lgs. 158/2015 ha modificato radicalmente i presupposti di reato riconducibili alla presentazione delle dichiarazioni infedeli prevedendo l’innalzamento delle soglie di punibilità, e le fattispecie di esclusione relative alla contabilizzazione di elementi attivi e passivi riconducibili a fatti reali mediante l’introduzione dei due commi 1 bis e 1 ter all’articolo 4.

 

Le modifiche ai presupposti del reato di dichiarazione infedele

Il legislatore della riforma ha voluto escludere dal fatto incriminato ai sensi dell’articolo 4 l’effettuazione di valutazioni giuridico-tributarie difformi da quelle corrette, espressive di un rischio penale difficilmente riconducibile ad una previsione di dolo.

Tale finalità è attuata mediante due interventi appostati all’articolo 4: la sostituzione della parola “fittizi” con la parola “inesistenti” con riferimento all’indicazione degli elementi passivi, e l’introduzione del comma 1-bis che esclude dalla configurabilità del reato di dichiarazione infedele:

  • gli errori di classificazione e di applicazione dei criteri valutativi di elementi attivi e passivi oggettivamente esistenti,
  • le violazioni
    • dei criteri di determinazione dell’esercizio di competenza,
    • di applicazione dei criteri di inerenza (fiscale)
    • e delle norme di deducibilità limitata di elementi passivi reali.

Per quanto sopra, configura il reato di dichiarazione infedele l’indicazione di un minor imponibile o di una minore imposta indicati “direttamente” in dichiarazione in mancanza di una condotta presupposta e fraudolenta servente al primo mendacio (quello della dichiarazione inveritiera).

 

Differenze col reato di dichiarazione fraudolenta

Da qui la differenza rispetto alla condotta criminosa della dichiarazione fraudolenta (ex artt. 2 e 3 del D.Lgs. 74/2000), che richiede due fasi:

  1. la preventiva condotta fraudolenta volta alla rappresentazione di una situazione simulata o mediante documenti falsi o mediante altri artefici o mediante fatture o documentazioni equipollente,
  2. e la successiva condotta di utilizzo della documentazione materialmente falsa o creata e ideologicamente falsa, a supporto della inveritiera dichiarazione presentata.

 

La normativa in tema di dichiarazione infedele

L’articolo 4 del D.Lgs. 74/2000 riformato dal D.Lgs. 158/2015 prevede che:

1. Fuori dei casi previsti dagli articoli 2 e 3, è punito con la reclusione da uno a tre anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi inesistenti, quando, congiuntamente:

  1. l’imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a euro centocinquantamila;
  2. l’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi inesistenti, è superiore al dieci per cento dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o, comunque, è superiore a euro tre milioni.

1-bis. Ai fini dell’applicazione della disposizione del comma 1, non si tiene conto della non corretta classificazione, della valutazione di elementi attivi o passivi oggettivamente esistenti, rispetto ai quali i criteri concretamente applicati sono stati comunque indicati nel bilancio ovvero in altra documentazione rilevante ai fini fiscali, della violazione dei criteri di determinazione dell’esercizio di competenza, della non inerenza, della non deducibilità di elementi passivi reali.

1-ter. Fuori dei casi di cui al comma 1-bis, non danno luogo a fatti punibili le valutazioni che singolarmente considerate, differiscono in misura inferiore al 10 per cento da quelle corrette. Degli importi compresi in tale percentuale non si tiene conto nella verifica del superamento delle soglie di punibilità previste dal comma 1, lettere a) e b).

 

Ambito soggettivo

La norma si applica a tutti i contribuenti tenuti alla presentazione di una dichiarazione “annuale” ai fini delle imposte dirette ed IVA.

Saranno interessati quindi non solo i contribuenti obbligati alla tenuta delle scritture contabili ma anche i soggetti estranei a tale adempimento, le cosiddette persone fisiche.

Potrà quindi compiere il crimine di dichiarazione infedele anche il contribuente persona fisica che non indichi una plusvalenza per la cessione di partecipazioni tra i redditi diversi, il cui ammontare consenta di determinare una maggiore imposta dovuta superiore alle soglie di cui alle lettere a) e b) del primo comma dell’articolo in trattativa.

 

Elemento soggettivo

Il reato di infedele presentazione della dichiarazione è caratterizzato dal dolo specifico dell’intento di evadere le imposte.

La norma, infatti, afferma che la punibilità è imputabile a chiunque adotti le condotte criminose “al fine di evadere le imposte”.

 

Condotta criminosa della dichiarazione infedele

La condotta criminosa descritta dalla norma consiste nell’indicazione in una delle dichiarazioni annuali ai fini IVA o delle imposte dirette, di elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo o elementi passivi inesistenti.

A differenza della condotta di cui agli artt. 2 e 3 del D.Lgs. 74/2000 (dichiarazioni fraudolenti mediante fatture per operazioni inesistenti o mediante altri artifici), l’indicazione non veritiera espressa in dichiarazione non è accompagnata dalla presupposta condotta fraudolenta ovvero da un ulteriore fase della condotta quale quella di porre in essere atti o operazioni ovvero di non porre in essere operazioni e atti (obbligatori) che determino una falsa rappresentazione della realtà idonei ad ostacolare l’attività di controllo e di indurre in errore l’agenzia delle entrate.

Si può concludere che la condotta criminosa del reato di dichiarazione infedele sia in linea generale ed in prima approssimazione “monofasica”: presentazione di una dichiarazione con indicazione di un imponibile o di un’imposta Inferiori a quelli effettive mediante la semplice omissione di componenti attivi o mediante la semplice indicazione di componenti negativi inesistenti espressa nel dichiarativo.

 

Elementi passivi fittizi e inesistenti 
La differenza tra condotte fraudolente e infedeli

Il decreto delegato modifica al primo comma il termine qualificante gli elementi passivi come fittizi in inesistenti.

In particolare, è previsto che, la condotta criminale si perfeziona, oltre che con l’annotazione in dichiarazione annuale di elementi attivi inferiori al valore effettivo, mediante la indicazione di elementi passivi inesistenti.

La sostituzione rafforza la distinzione del presupposto di reato di dichiarazione infedele (articolo 4) da quello di dichiarazione fraudolenta (articoli 2 e 3).

Vale la pena precisare che, per fittizio si indica una finzione attuata mediante l’attuazione di un artificio idoneo a determinare una falsa rappresentazione della realtà. Per inesistente si intende, invece, un fatto che non esiste.

L’indicazione di una passività inesistente corrisponde alla condotta dell’indicazione nel dichiarativo di un componente negativo (incidente nella determinazione dell’imponibile o direttamente incidente nella determinazione dell’imposta) espressivo di un fatto inesistente, in assenza di una presupposta e precedente condotta artificiosa volta a rappresentare fittiziamente l’esistente del componente medesimo.

In altri termini, la condotta presupposto di reato della dichiarazione infedele, consiste nella semplice indicazione in dichiarazione di un costo o di un elemento passivo incidente nella determinazione dell’imposta non esistente (oltre che dell’indicazione di un elemento attivo per un importo inferiore a quello effettivo).

In tal contesto di distinguo delle due condotte, fraudolenta e infedele, come già espresso in un mio precedente intervento avente ad oggetto il reato di dichiarazione fraudolenta mediante altri artefici, ci si interroga se l’indicazione in contabilità di un componente negativo di reddito possa perfezionare la fittizia rappresentazione di un componente indicato in contabilità e di conseguenza la creazione di documentazione ideologicamente falsa e, pertanto, se tale condotta debba essere sempre attratta dalla verificata ai sensi dell’articolo 3 (dichiarazione fraudolenta mediante altre artefici) o debba invece essere attratta dalla verificata ai sensi dell’articolo 4 (dichiarazione infedele).

La relazione di accompagnamento con riferimento all’articolo 3 (e segnatamente con riferimento al comma 3 di tale articolo) afferma che:

“una volta venuto meno (nella norma che disciplina il reato per dichiarazione fraudolenta mediante altri artefici), il riferimento alla falsa rappresentazione contabile quale requisito di fattispecie, la giurisprudenza possa (può) essere indotta a far rientrare proprio nel concetto di mezzi fraudolenti le suddette violazioni (violazioni contabili); ciò soprattutto nel caso di indicazione – nelle fatture o nelle annotazioni nelle scritture – di corrispettivi inferiori a quelli effettivi, potendosi in tal caso teoricamente ipotizzare che si sia di fronte alla creazione (e al conseguente utilizzo a supporto della dichiarazione) di documenti ideologicamente falsi.”

E’ per tale motivo che il legislatore, in perfetta conformità con le interpretazioni giurisprudenziali formulate con riferimento alla previgente articolo 3, ha stabilito, con diritto positivo, l’esclusione del mezzo fraudolento nei casi di omessa/sotto fatturazione o di omessa/sotto annotazione delle fatture attive emesse.

La norma, in altri termini, prevede che la mera omissione della registrazione della fattura emessa o della stessa emissione della fattura attiva, non è sufficiente ad integrare la condotta fraudolenta di cui all’articolo 3 essendo necessaria una condotta commissiva fraudolenta (operazioni simulate, utilizzo di documenti falsi o utilizzo di altri mezzi fraudolenti) distinta dalla violazione contabile di omessa registrazione della fattura attiva, funzionale a falsamente corroborare la veridicità di una dichiarazione inveritiera e quindi per tale condotta decettiva.

La norma di cui all’articolo 3 del D.Lgs. 74/2000 e la relazione governativa di presentazione della stessa riconoscono la possibile coincidenza di mezzi fraudolenti con le violazioni contabili.

Ma il lettore non deve essere tratto in inganno. Non tutte le condotte mediante mezzi fraudolenti sono idonee a configurare il presupposto di reato di dichiarazione fraudolenta. Solamente quelle dotate di idoneità decettiva costituiscono il presupposto del reato di dichiarazione fraudolenta. Le altre, ancorché mediante l’utilizzo di specifici artefici, senza carattere decettivo, possono al più dare luogo ad un reato di dichiarazione infedele.

E’ su questo distinguo che dovranno essere quindi valutate anche le violazioni contabili diverse da quelle omissive.

Ne deriva che laddove le violazioni contabili, diverse da quelle omissive, siano idonee ad ostacolare l’accertamento ed ad ingannare l’amministrazione finanziaria allora coincidono con il primo elemento del reato di dichiarazione fraudolenta mediante altri artefici di cui all’articolo 3 mentre, nel caso in cui siano mere violazioni contabili prive dei requisiti qualificatori di ostacolo all’accertamento e decettività, allora potranno costituire il presupposto di reato per infedele dichiarazione.

Da tale conclusione interpretativa sembra, quindi, doversi escludere che la mera violazione contabile possa rappresentare la condotta fraudolenta servente alla dichiarazione inveritiera ritenuta criminosa ai sensi dell’articolo 3 potendo invece costituire il presupposto per il reato di infedele presentazione della dichiarazione prescritto dall’articolo 4 del D.Lgs. 74/2000. Le violazioni contabili che possono costituire il presupposto del più grave reato di dichiarazione fraudolenta devono coincidete con veri e propri artefici mediante i quali determinare una falsa rappresentazione della realtà e che, al contempo, siano idonei ad ostacolare l’accertamento ed ad ingannare l’amministrazione finanziaria 1.

Da ciò sembra emergere la necessità che la violazione contabile da ascrivere al reato di dichiarazione fraudolenta debba essere caratterizzata da una particolare complessità decettiva e quindi da un quid pluris rispetto alla semplice annotazione di un costo relativo ad un’operazione non esistita 2.

In ogni caso le valutazioni appena espresse interessano l’elemento oggettivo del reato non potendo prescindere il lettore ai fini della configurazione dello stesso dall’elemento soggettivo. In tal senso è evidente che l’errore di contabilizzazione non potrà mai costituire il presupposto di reato.

La distinzione del disvalore riconducibile alla violazione contabile, necessaria per la differenziata applicazione dei reati di dichiarazione fraudolenta e dichiarazione infedele, è rimessa alla valutazione del giudice in merito all’idoneità della condotta adottata a costituire una decettivo (un comportamento ingannevole).

In ogni caso, i due reati, di dichiarazione fraudolenta e di dichiarazione infedele (articolo 4 D.Lgs. 74/2000) si caratterizzano per un comune denominatore: l’elemento fittizio o inveritiero sono sempre ed in ogni caso riconducibili ad un fatto mai accaduto (materialmente o giuridicamente).

SI AVVERTE: l’indicazione di un elemento fittizio o inesistente coincide con l’indicazione di un componente negativo della base imponibile o di un elemento negativo che incide nella determinazione dell’imposta, riconducibile ad un fatto mai accaduto (materialmente o giuridicamente). Non perfeziona mai il reato di dichiarazione fraudolenta o infedele l’indicazione di componenti passivi o l’indicazione di elementi attivi per un valore inferiore a quello effettivo riconducibile ad un’operazione avvenuta ma erroneamente contabilizzata sia ai fini civilistici che fiscali.

Il primo comma dell’articolo 4 del D.Lgs. 74/2000 facendo riferimento all’indicazione di elementi passivi inesistenti esclude che il reato si possa consumare laddove il contribuente rappresenti in modo non corretto un fatto esistito. Già ai sensi del primo comma dell’articolo in trattativa, quindi, si deve escludere che il reato di dichiarazione infedele possa configurarsi nell’ipotesi di non corretta deduzione dei costi, di errata applicazione del principio di competenza o inerenza fiscale, di errata applicazione di un criterio di valutazione o classificazione espressamente dichiarati, riconducibili a fatti reali.

 

Situazioni di esclusioni

Il decreto delegato di riforma introduce i commi 1 bis e 1 ter nell’articolo 4 del D.Lgs 74/2000 aventi la finalità di identificare delle aree geografiche di esclusione dell’applicazione delle disposizioni in materia di reati per dichiarazione infedele.

L’articolo 1 bis prevede che:

Ai fini dell’applicazione della disposizione del comma 1, non si tiene conto della non corretta classificazione, della valutazione di elementi attivi o passivi oggettivamente esistenti, rispetto ai quali i criteri concretamente applicati sono stati comunque indicati nel bilancio ovvero in altra documentazione rilevante ai fini fiscali, della violazione dei criteri di determinazione dell’esercizio di competenza, della non inerenza, della non deducibilità di elementi passivi reali.

La norma, per altro pleonastica in rapporto al primo comma, prevede in estrema sintesi che la non corretta rappresentazione in dichiarazione o nella contabilità, di un fatto oggettivamente esistente, non perfeziona la condotta per infedele dichiarazione.

La norma distingue le ipotesi di esclusione nei seguenti casi tipizzati:

  • Non corretta classificazione:

L’arresto prescritto dalla norma opera unicamente laddove l’errore di classificazione sia in ogni caso ricondotto ad un fatto materiale esistente e non sia espressivo di una falsa rappresentazione (materiale) della realtà.

  • Non corretta applicazione dei criteri di valutazione:

Si tratta dell’ipotesi per la quale il contribuente adotti criteri di valutazione non corretti a condizione che del criterio sia data indicazione e che, una volta prescelto, esso sia correttamente applicato al valore da stimare e indicare. Ciò sta a significare che l’adozione di un criterio di valutazione erroneo non è presupposto di reato se applicato in modo esatto.

  • violazione dei criteri di determinazione dell’esercizio di competenza;
  • violazione dell’inerenza:

La norma adotta un riferimento molto generico dovendo quindi trovare applicazione a qualsiasi ipotesi di dichiarazione infedele riconducibile alla non inerenza di un costo o di una detrazione IVA sugli acquisti effettuati. Unica condizione è che si tratti di elementi passivi reali, cioè che non si tratti di costi non realmente sostenuti o sostenuti in misura inferiore a quanto dichiarato.

  •  Violazione delle norme in materia di deducibilità di elementi passivi reali.

Le violazioni, di cui al sopra indicato elenco, sono sempre escluse dal reato di dichiarazione infedele a prescindere dal valore dell’importo evaso e quindi a prescindere dal superamento delle soglie di punibilità previste dal primo comma lettere a) e b) dell’articolo 4 e di cui al successivo paragrafo.

Ne deriva, quindi, che se un costo è rilevato erroneamente nell’esercizio X in luogo del corretto esercizio di competenza X+1, il reato non sussiste neanche nel caso in cui tale costo sia di importo pari ad euro 1.milione.

Il successivo comma 1 ter dell’articolo 4 prevede poi che:

“Fuori dei casi di cui al comma 1 bis non danno luogo a fatti punibili le valutazioni che singolarmente considerate, differiscono in misura inferiore al 10% da quelle corrette. Degli importi compresi in tale percentuale non si tiene conto nella verifica del superamento delle soglie di punibilità prevista dal coma 1 lettere a) e b).”

Si ritiene che il comma 1 ter faccia riferimento ad errori di valutazioni mentre il comma 1 bis all’errore nell’applicazione dei criteri di valutazione.

Si segnala che le disposizioni in trattativa ma con contenuti molto più limitati erano previste nel precedente articolo 7 che, per altro, estendeva i suoi effetti anche alle dichiarazioni fraudolente medianti altri artefici (art. 3).

 

Soglie di punibilità

La presentazione della dichiarazione ANNUALE infedele senza uso di fatture e documenti falsi e non avvalendosi di mezzi fraudolenti è presupposto di reato se congiuntamente:

  • L’imposta evasa è superiore ad euro 150.000,00;

  • L’ammontare degli elementi attivi sottratti anche mediante indicazione di elementi passivi inesistenti è superiore al 10% dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione o comunque è superiore ad euro 3 milioni.

Pertanto, in tutti i casi di comportamenti di infedele presentazione della dichiarazione il reato non sussiste se la violazione non determina il superamento delle soglie di cui sopra.

Le soglie sono quindi sensibilmente aumentate rispetto alla previgente formazione normativa, ed in particolare la soglia dell’imposta evasa è elevata dal precedente importo pari ad euro 50.000,00 ad euro 150.000,00.

Per esempio, nel caso di un contribuente IRES, il reato si perfeziona nei casi di evasione per un importo superiore ad euro 545.454,55.

 

Esclusione della punibilità

L’articolo 13 comma 2 del D.Lgs. 74/2000 riformato, prevede che il reato di DICHIARAZIONE INFEDELE non è punibile se i debiti tributari comprese le sanzioni e gli interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti a seguito del ravvedimento operoso sempreché il ravvedimento sia intervenuto prima che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali.

La norma non dà indicazione di un termine entro il quale il reo deve regolarizzare la propria posizione mediante il pagamento delle imposte riconducibili alla infedele dichiarazione.

Tuttavia, la notizia di avvio di un’attività di accertamento non consente più di poter fruire dell’esclusione dalla punibilità e pertanto tale evento costituisce il termine ultimo per poter fruire dell’esclusione della punibilità.

Si segnala che il pagamento delle imposte, sanzioni e relativi interessi, deve avvenire a seguito di ravvedimento operoso, vale a dire a seguito di una condotta spontanea del contribuente. La norma infatti non si applica nel caso in cui sia intervenuta un’attività di accertamento e quindi non opera nel caso di pagamento mediante l’applicazione di un istituto deflativo post controllo.

Il pagamento del quanto dovuto deve essere perfezionato per effetto del ravvedimento operoso prima che il contribuente abbia avuto formale conoscenza delle attività di accertamento.

 

Entrata in vigore delle nuove disposizioni sul reati di dichiarazione infedele

Le nuove disposizioni entrano in vigore a decorrere dal 22 ottobre 2015. Tuttavia ai sensi dell’articolo 2 del CP le disposizioni favorevoli si applicano anche per il passato.

Ne deriva che i seguenti tracciati della norma si devono applicare anche per le violazioni già commesse alla data di entrata in vigore :

  • le nuove e più estese ipotesi di esclusione di cui al comma 1 bis dell’articolo 4;
  • le nuove e più elevate soglie di punibilità con particolare riferimento a quella dell’imposta evasa pari ad euro 150.000,00.

Si ricorda che l’articolo 2 del CP prevede che “Nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato; Se vi è stata condanna ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali”.

 

14 dicembre 2015

Mario Agostinelli

 

NOTE

1 La relazione della Suprema Corte di Cassazione alla prima lettura della riforma non dà elementi di utilità al fine del ragionamento proposto soffermandosi unicamente sulla parte della norma che attesta la non rilevanza degli elementi attivi omessi. Estratto dalla relazione della Suprema Corte di Cassazione del 29 ottobre 2015 della Suprema Corte di Cassazione:

per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante altre artefici tenuto conto dei quanto espressamente previsto dal terzo comma dell’articolo 3, si consacra (dunque), sul terreno del diritto positivo, il principio per il quale non vengono sanzionati dalla norma comportamenti meramente omissivi, quali – appunto – la mera omessa fatturazione o registrazione essendo, invece, necessaria una condotta di natura commissiva nella quale il supporto fraudolento deve tradursi in espressioni (le operazioni simulate, l’utilizzo di documenti falsi o di altri artifici) oggettivamente distinte dalle mere violazioni contabili (ci si riferisce alla violazione contabile dell’omessa registrazione della fattura attiva), funzionali a dare credibilità alla dichiarazione mendace e dotate dunque di idoneità decettiva; comportamenti la cui capacità ingannatoria, in assenza di elementi tipizzati, è rimessa al libero convincimento del Giudice, chiamato a decidere se gli stessi siano atti ad eludere la normale possibilità di accertamento del mendacio seguendo le regole di ordinaria diligenza.

La riconosciuta potenzialità ingannatoria ha condotto la Corte a ritenere integrati gli estremi del reato previsto dall’art. 3 nel regime sinora in vigore, nell’ordine:

– nella condotta di chi, ricorrendo ad artifici realizzati mediante gli strumenti informatici di tenuta della contabilità, altera in maniera sistematica le risultanze contabili e la loro rappresentazione (Sez. 3, n. 13641 del 12 febbraio 2002, Pedron, Rv. 221274, cit., in una fattispecie di predisposizione di codici di accesso sui sistemi contabili informatizzati della ditta, al fine di non rendere rilevabile la contabilità “in nero” e di prospettare ai terzi una realtà diversa da quella effettiva);

– nel ricorso sistematico a titoli di credito emessi senza indicazione del beneficiario o all’ordine medesimo al fine evidente di occultare i pagamenti effettuati in relazione ad operazioni di acquisto o di vendita di merci (Sez. 3, n. 36977 del 24 giugno 2005, Petrucci, non massimata);

– nel sistematico accredito degli elementi attivi in conti correnti non inseriti nei libri, in quanto mezzo fraudolento idoneo a ostacolare l’accertamento delle imposte evase, aggiuntivo e distinguibile dalla “falsa rappresentazione nelle scritture contabili”, posto che quest’ultima è già integrata dalla semplice omessa indicazione degli elementi attivi, laddove l’utilizzo di conti correnti occulti (in quanto non inseriti nei libri) per l’accredito di detti elementi costituisce una modalità ulteriore di realizzo dell’evasione non necessitata dalla falsa rappresentazione ma evidentemente funzionale ad ostacolarne la scoperta (Sez. 6, n. 13098 del 18 febbraio 2009, Molon, non massimata sul punto).

2 Potrebbero essere casi di violazione contabile rilevante ai fini della condotta fraudolenta le alterazioni dei sistemi informatici finalizzate a duplicare o incrementare le voci di costo mediante modalità non immediatamente intercettatili dal verificatore come pure l’indicazione in contabilità di pagamenti mediante titoli di credito o mediante addebiti bancari per corroborare la veridicità di costi indicati ma non sostenuti.