Si perde il diritto all'agevolazione prima casa anche per soli 7 giorni

la Cassazione ha ritenuto legittima la revoca delle agevolazioni prima casa, anche in presenza di un lieve ritardo nel trasferimento della residenza, nel caso di specie soli 7 giorni

 

Con l’ordinanza 16 settembre 2015, n. 18188, la Corte di Cassazione ha ritenuto legittima la revoca delle agevolazioni prima casa, anche in presenza di un lieve ritardo nel trasferimento della residenza.

 

Il fatto

La CTR (dopo avere rilevato che il ritardo nell’assunzione della residenza era stato di soli sette giorni, se riferito alla stipula dell’atto, tanto da doversi considerare tempestivo in riferimento alla data della registrazione) ha respinto l’appello dell’ufficio, ritenendo che l’Agenzia delle Entrate non poteva avvalersi esclusivamente delle risultanze del certificato di residenza, giacché l’esiguità del ritardo comprovava la buona fede del contribuente.

Per la CTR, la certificazione comunale non poteva che avere fatto riferimento “alla data di completamento della pratica di asseverazione della residenza“, mentre il termine di decadenza di mesi 18 non poteva considerarsi un “termine invalicabile“, dovendosi dare rilevanza a situazioni idonee ad impedire la realizzazione dell’intento e dovendosi dare rilevanza al trasferimento effettivo della residenza piuttosto che all’espletamento della pratica burocratica espletata dall’Amministrazione comunale.

La sentenza della Corte

Risulta pacifico che la certificazione anagrafica evidenzi l’esistenza di un ritardo di giorni 7 nell’assunzione della residenza rispetto al termine di legge.

Non può che considerarsi contrario alla previsione normativa il rilievo che il giudicante ha ritenuto di attribuire alla supposizione che il contribuente avesse assunto “di fatto” la dimora anticipatamente rispetto all’esito della pratica burocratica. “L’eventuale discrepanza tra la realizzazione fattuale dell’intento abitativo e l’assunzione della residenza anagrafica non può costituire strumento per l’elusione del termine normativamente previsto, secondo il costante orientamento di legittimità“.

I benefici fiscali spettanti per l’acquisto della prima casa “ spettano unicamente a chi possa dimostrare in base alle risultanze anagrafiche di risiedere o lavorare nel comune dove ha acquistato l’immobile, senza che a tal fine possano essere prese in considerazione situazioni di fatto contrastanti con le risultanze degli atti dello stato civile” (Cass. Sez. 6-5, Ordinanza n. 110 del 08/01/2015; Cass. 5 settembre 2014, n. 18770; Cass. 26 ottobre 2007, n. 22528; ed in precedenza Cass. 15412/08 ed altre).

Breve nota

La posizione assunta nell’odierna sentenza è confermativa di precedenti pronunce.

La Corte (cfr. ordinanza n. 24926/2009), in ordine al requisito della residenza, non riconosce alcun fatto impeditivo, né alcuna rilevanza giuridica “nè alla realtà fattuale, ove questa contrasti con il dato anagrafico, nè all’eventuale ottenimento della residenza oltre il termine fissato, essendo quest’ultima presupposto per la concessione del beneficio e trattandosi di normativa agevolativa e quindi di stretta interpretazione”.

La Corte, con la sentenza n. 17597/2012, ha negato le agevolazioni prima casa, in conseguenza del mancato trasferimento della residenza, nel comune dell’immobile acquistato, nel prescritto termine di diciotto mesi, pur in presenza di lungaggini burocratiche che ne hanno impedito il trasloco.

Sempre la Corte, con l’ordinanza n. 6834/2013 ha confermato che attesa la lettera e la formulazione della norma, nessuna rilevanza giuridica può essere riconosciuta alla realtà fattuale, ove questa contrasti con il dato anagrafico, come nella specie, o all’eventuale successivo ottenimento della residenza, essendo quest’ultima presupposto per la concessione del beneficio che deve sussistere alla data dell’acquisto, ovvero entro il termine prescritto. Semmai avrebbe potuto darsi considerazione alla dedotto dato fattuale soltanto ove i contribuenti stessi avessero dimostrato di essersi attivati tempestivamente, e che l’eventuale ritardo fosse stato dovuto unicamente all’ente territoriale, ipotesi non ricorrente nel caso in esame (Cfr. anche Cass. Ordinanza n. 1530 del 02/02/2012, Sentenza n. 4628 del 22/02/2008). Nè è possibile alcuna interpretazione di tale normativa che ne amplii la sfera operativa, atteso che, com’è noto, le previsioni relative ad agevolazioni o benefici in genere in materia fiscale non sono passibili di interpretazione analogica (v. pure Cass. Sentenza n. 10807 del 28/06/2012)”.

Né assume valore la richiesta di trasferimento della residenza se questa non venga effettivamente concessa dal Comune (sentenza n. 11614 del 15 maggio 2013, ud 28 novembre 2012).Nel caso si specie, la contribuente non aveva stabilito la sua residenza nel Comune di ubicazione dell’immobile nel termine previsto dalla norma, pur se aveva regolarmente presentato la richiesta di residenza, e che siffatta richiesta, in un primo tempo rigettata, era stata poi accolta, oltre il termine (al fine di dimostrare l’effettiva residenza, in sede contenzioso, produceva varia documentazione, in particolare, copia contratto allacciamento ENEL, ITALGAS nonchè denuncia ai fini TARSU).

Sempre i Giudici del Palazzaccio, con la sentenza n. 25166 dell’ 8 novembre 2013 (ud. 3 ottobre 2013) hanno confermato che “i benefici fiscali per l’acquisto della prima casa spettano unicamente a chi possa dimostrare di risiedere o di lavorare nel comune dove ha acquistato l’immobile, in base alle risultanze anagrafiche, senza che a tal fine possano essere prese in considerazioni situazioni di fatto contrastanti con dette risultanze”.Rileva la Corte che “il principio è dettato in chiara funzione antielusiva, per la considerazione che il beneficio fiscale deve essere ancorato a un dato certo, che certifichi la situazione di fatto enunciata nell’atto di acquisto (cfr., da ultimo, ord. 1530 del 2012) e che sia riferito a termini precisi, che consentano, in quanto tali, di valutare il rispetto del termine di decadenza previsto dalla norma agevolativa”.Precisano i supremi giudici che “la realizzazione dell’impegno di trasferire la residenza rappresenta … un elemento costitutivo per il conseguimento del beneficio richiesto e provvisoriamente concesso dalla legge al momento della registrazione dell’atto e costituisce un vero e proprio obbligo del contribuente verso il fisco, il cui mancato assolvimento comporta, quindi, la decadenza dell’agevolazione, salvo che ricorra un caso di forza maggiore e cioè di un ostacolo all’adempimento dell’obbligazione, caratterizzato dalla non imputabilità alla parte obbligata, e dall’inevitabilità ed imprevedibilità dell’evento”.

Ed ancora, con l’Ordinanza n. 4662 del 27 febbraio 2014 (ud. 5 febbraio 2014) la Corte di Cassazione ha confermato che “la fruizione dell’agevolazione fiscale per l’acquisto della prima casa, regolata da una normativa agevolativa e quindi di stretta interpretazione, richiede, in base alla disciplina introdotta a partire dal D.L. n. 12 del 1985, art. 2, che l’immobile sia ubicato nel Comune ove l’acquirente ha, ovvero (come previsto dalle norme successivamente introdotte) stabilisca la residenza entro un determinato termine dall’acquisto (nella specie, regolata ratione temporis dalla L. n. 549 del 1995, art. 3, un anno), senza che, attesa la lettera e la formulazione delle norme medesime, alcuna rilevanza giuridica possa essere riconosciuta nè alla realtà fattuale, ove questa contrasti con il dato anagrafico, né all’eventuale ottenimento della residenza oltre il termine fissato, essendo proprio la residenza il presupposto per la concessione del beneficio (sentenza n. 11614 del 15 maggio 2013, nel caso di specie, il giudice di appello, pur avendo constatato la mancata concessione della residenza nel termine di legge e pur non risultando nemmeno adombrato un qualche effetto retroattivo alla concessione della residenza in accoglimento di successiva richiesta della contribuente o un qualche vizio del precedente provvedimento di rigetto, aveva erroneamente affermato la spettanza del beneficio sulla sola base della stipula dei ‘contratti dell’energia elettrica, del gas’ e della ‘denunzia ai fini della tassa spazzatura’)”.

Se la Corte, con l’Ordinanza n. 4800/2015 ha ritenuto che le lungaggini burocratiche di rilascio delle autorizzazioni edilizie per le opere di ristrutturazione prima e abitabilità poi non costituiscano cause ostative sopravvenute, imprevedibili e non evitabili dal contribuente (“le lungaggini burocratiche non riescono ad integrare la forza irresistibile ostativa al trasferimento nel comune dov’è ubicato l’immobile oggetto delle agevolazioni”), a maggior ragione (cfr. la sentenza n. 5015/2015) non ha reputato causa di forza maggiore il protrarsi dei lavori di ristrutturazione dell’immobile (“la Corte ha già stabilito – Cass. 26 marzo 2014, n. 7067 – che non integra l’evento inevitabile ed imprevedibile la mancata ultimazione di un appartamento in costruzione, atteso che, in assenza di specifiche disposizioni, non vi è ragione di differenziare il regime fiscale di un siffatto acquisto rispetto a quello di un immobile già edificato. A maggior ragione il principio va applicato nell’ipotesi in esame, in cui l’immobile è stato sottoposto a lavori di straordinaria manutenzione”).

 

24 ottobre 2015

Gianfranco Antico