Cartella esattoriale a mezzo raccomandata A/R: giuridica inesistenza della notifica

Un’analisi delle problematiche di inesistenza della notifica delle cartelle esattoriali che il Fisco invia direttamente per posta raccomandata.

notifica di atti tributari tramite raccomandata A/rE’ giuridicamente inesistente, in quanto esula dal modello legale, la notifica della cartella esattoriale eseguita direttamente dall’Agente della riscossione a mezzo raccomandata A/R.

L’art. 26 del D.P.R. n. 602/1973, nel testo attualmente in vigore, stabilisce che la notifica della cartella, atto tributario avente natura sostanziale, possa avvenire solamente a cura degli ufficiali della riscossione o degli altri soggetti abilitati dal concessionario, dei messi comunali o degli agenti della polizia municipale; tutti soggetti che sono anche gli unici abilitati, a partire dal 1° luglio 1999, a procedere alla notifica del detto atto mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento.

Discorso diverso vale invece per la notifica della cartella di pagamento a mezzo di posta elettronica certifica (PEC). Infatti, a seguito dell’entrata in vigore delle modifiche apportate al citato art. 26 dall’art. 38, comma 4, D.L. 31 maggio 2010, n. 78, il concessionario per la riscossione può essere ricompreso tra i soggetti abilitati alla notifica diretta con le modalità di cui al d.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68.

Queste sono solo alcune delle precisazioni in diritto, contenute nella copiosa sentenza numero 33/07/2012, del 13 aprile 2012, della Commissione Tributaria Provinciale di Vicenza.

La notifica di cartella a mezzo raccomandata A/r – Premessa

E’ giuridicamente inesistente, in quanto esula dal modello legale, la notifica della cartella esattoriale eseguita direttamente dall’Agente della riscossione a mezzo raccomandata A/r.

L’art. 26 del D.P.R. n. 602/1973, nel testo attualmente in vigore, stabilisce che la notifica della cartella, atto tributario avente natura sostanziale, possa avvenire solamente a cura degli ufficiali della riscossione o degli altri soggetti abilitati dal concessionario, dei messi comunali o degli agenti della polizia municipale; tutti soggetti che sono anche gli unici abilitati, a partire dal 1° luglio 1999, a procedere alla notifica del detto atto mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento.

Discorso diverso vale invece per la notifica della cartella di pagamento a mezzo di posta elettronica certifica (PEC). Infatti, a seguito dell’entrata in vigore delle

modifiche apportate al citato art. 26 dall’art. 38, comma 4, D.L. 31 maggio 2010, n. 78, il concessionario per la riscossione può essere ricompreso tra i soggetti abilitati alla notifica diretta con le modalità di cui al d.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68.

Queste sono solo alcune delle precisazioni in diritto, contenute nella copiosa sentenza numero 33/07/2012, del 13 aprile 2012, della Commissione Tributaria Provinciale di Vicenza.

Il caso

Il giudizio è scaturito dal ricorso proposto, avverso una cartella di pagamento del complessivo importo di euro 355.387,77 dovuto a titolo di IVA, IRES e IRAP, emessa da Equitalia sulla base di due distinti avvisi di accertamento antecedentemente notificati dall’Agenzia delle Entrate, rispettivamente concernenti i periodi d’imposta 2007 e 2008.

La contribuente, una S.r.l., deduceva, in buona sostanza:

  • l’”inesistenza” della cartella, per vizio di notifica, in quanto effettuata con l’uso del servizio postale direttamente da Equitalia;
  • la nullità della cartella per vizio “proprio”, per avervi Equitalia incluso un importo concernente l’IVA, pur in presenza di idonea fideiussione depositata presso l’Agenzia delle Entrate, in epoca antecedente all’emissione della cartella, con conseguente violazione del disposto dell’art. 38-bis del P.R. 633/72,

Nell’atto di ricorso veniva avanzata istanza di sospensione (ex art. 47 del D.Lgs. 546/92), che – lo diciamo subito – è stata accolta.

Ai sensi del   comma 1 dell’art. 38-bis citato:

“Se successivamente al rimborso o alla compensazione viene notificato avviso di rettifica o accertamento, il contribuente, entro sessanta giorni, deve versare all’ufficio le somme che in base all’avviso stesso risultano indebitamente rimborsate o compensate, insieme con il 2 per cento annuo dalla data del rimborso o della compensazione, a meno che non presti la garanzia prevista dal secondo comma fino a quando l’accertamento sia divenuto definitivo”.

Le eccezioni sollevate dai due enti

Equitalia   e    l’Agenzia    delle    Entrate    si    costituivano    ritualmente    in    giudizio, formulando numerose eccezioni.

  • lamentava il proprio difetto di legittimazione passiva, poiché l’erroneità dell’avvenuta inclusione dell’importo dell’IVA non riguardava un “vizio proprio” della cartella. Il che rendeva lo stesso opponibile alla sola Agenzia delle Entrate;
  • affermava, poi, che la notificazione della cartella era stata correttamente effettuata a mezzo del servizio postale, in conformità di quanto disposto dagli artt. 14 L. 890/1982 e 26 del d.P.R. 602/1973, in quanto il citato articolo 26 prevede espressamente la possibilità di eseguire la suddetta notifica mediante invio di raccomandata A/r senza necessità che l’Agente della Riscossione notifichi l’atto tramite l’Ufficiale Giudiziario o un altro dei soggetti indicati nel primo periodo dell’articolo stesso.

Quanto all’Agenzia delle Entrate deduceva:

  • il proprio difetto di legittimazione passiva in ordine ai dedotti vizi propri dell’impugnata cartella, imputandoli unicamente al Concessionario della riscossione;

in ogni caso, che gli asseriti vizi della cartella dovevano ritenersi sanati, in quanto l’atto aveva ugualmente raggiunto il “suo scopo”.

Infatti secondo quanto affermato dalla Cassazione con sentenza n. 1184 del 2001,

“il principio, sancito in via generale dall’art. 156, terzo comma, c.p.c., secondo il quale la nullità non puòessere mai pronunciata se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato, vale (…)anche per le notificazioni (art. 160 c.p.c.), la cui invalidità non può essere quindi dichiarata tutte le volte che l’atto, malgrado l’irritualità della notificazione, sia venuto a conoscenza del destinatario.

La costituzione del convenuto – ancorché effettuata, come nel caso di specie, al fine dichiarato di far rilevare il vizio – sta ad indicare in modo in equivoco che tale situazione si è realizzata e preclude, pertanto, la declaratoria di nullità, anche se tardiva, dal momento che la convalidazione della notifica opera ex tunc (…)”.

Legittimazione passiva

L’adita Commissione Tributaria Provinciale, prendendo le mosse dall’eccepita mancanza di legittimazione passiva – eccezione sollevata da entrambe le parti resistenti – ha risolto la questione nei seguenti termini.

Per quanto concerne il motivo di ricorso afferente l’inclusione, nella cartella impugnata, dell’importo dell’IVA, per la quale la ricorrente aveva prontamente depositato idonea fideiussione, la Commissione ha individuato la legittimazione passiva in capo all’Agenzia delle Entrate.

A riguardo, il Collegio ha osservato che “anche se nell’atto di ricorso la relativa violazione di legge è stata qualificata ‘vizio proprio’ dell’impugnata cartella di pagamento, si deve invece ritenere che lo specifico vizio dedotto concerna il momento antecedente l’avvenuta formazione del ruolo (reso esecutivo il 10 marzo 2011, data tra l’altro successiva a quella del 25 gennaio 2011 nella quale è avvenuta la presentazione all’Agenzia delle Entrate della polizza fideiussoria da parte della contribuente) da parte dell’Ufficio impositore della suddetta Agenzia, al quale pertanto (e non già all’Agente della Riscossione che, sulla base del ruolo esecutivo, ha formato e notificato la cartella di pagamento) deve essere riconosciuta la legittimazione passiva sul punto”.

Quanto al motivo afferente invece il vizio di notifica della cartella oggetto di controversia, la Commissione ha ritenuto lo stesso imputabile ad Equitalia, la quale ha eseguito la notificazione direttamente a mezzo posta, senza, cioè, avvalersi di uno dei soggetti abilitati ai sensi del comma 1, dell’art. 26 del d.P.R. n. 602/73 e senza che, inoltre, sia stata compilata la “relata” di notifica.

Erronea inclusione importo della pretesa IVA
Legittimazione passiva Ufficio impositore, in quanto vizio antecedente alla formazione del ruolo (quindi non vizio “proprio” della cartella, il quale avrebbe invece legittimato la chiamata in causa di Equitalia).
Notifica mediante invio diretto di raccomandata A/r
vizio      imputabile      al     Concessionario      della riscossione

Inesistenza della notifica

Risolta la questione attinente alla legittimazione passiva, la commissione vincentina è entrata nel vivo del giudizio, occupandosi    dell’esame    dell’eccezione    di “inesistenza” della notifica della cartella di pagamento impugnata – eccezione sollevata dalla ricorrente – ritenendola “di carattere assolutamente pregiudiziale”.

Tuttavia, poiché risulterebbe troppo lungo ripercorrere, punto per punto, tutte le argomentazioni espresse in merito nelle 60 pagine di motivazioni, qui di seguito si darà conto delle sole conclusioni alle quali è giunta la CTP di Vicenza, rinviando, per ulteriori approfondimenti, al documento reso disponibile in allegato.

Il Collegio, preso atto del contrasto giurisprudenziale esistente in ordine alla possibilità per Equitalia di procedere, senza il tramite dei soggetti tassativamente elencati nel comma 1, dell’art. 26 del d.P.R. 602/73, alla notifica della cartella pagamento mediante raccomandata A/r, si è dedicato alla doviziosa ricostruzione del quadro normativo sotteso alla materia delle notificazioni civili, tributarie e per posta.

Di qui, la corposità della sentenza in commento e il non facile compito di procedere a una sintesi, che sia più esaustiva possibile, dei numerosi aspetti trattati.

Il dato normativo

E’ stato osservato che l’articolo 26 D.P.R. 602/73, norma specifica in materia di notifica della cartella di pagamento, nella sua attuale formulazione, presenta le seguenti connotazioni:

  1. “afferma, nel proprio primo comma, che la cartella di pagamento deve essere notificata dagli ufficiali della riscossione o dagli altri soggetti che a ciò sono abilitati dal concessionario od anche, previa eventuale convenzione tra comune e concessionario, dai messi comunali o dagli agenti della polizia municipale (e non da altri soggetti, sicché tale elencazione dei soggetti muniti del potere di notifica della cartella deve ritenersi tassativa);
  2. dispone di seguito, nello stesso comma, che la suddetta notificazione può essere eseguita anche mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento, nel qual caso la cartella è notificata in plico chiuso e si considera avvenuta nella data che è indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto da uno dei soggetti legittimati alla ricezione;
  3. prevede, nel secondo comma, che la possibilità di notificare la cartella di pagamento a mezzo di posta elettronica certificata (cosiddetta E.C.) con le modalità di cui al D.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68 (nel quale non è specificato chi sia il soggetto munito del potere di notificazione con tale mezzo, in quanto, nell’elencazione e qualificazione dei ‘soggetti del servizio di posta elettronica  certificata’, si rinviene un mero riferimento al ‘mittente, cioè l’utente che si avvale del servizio di posta elettronica certificata per la trasmissione di documenti prodotti mediante strumenti informatici’), ed esclude espressamente l’applicabilità dell’art. 149 bis del codice di procedura civile (inserito dall’art. 4, comma 8, D.L. 29.12.2009, n. 193 con decorrenza dal 31.12.2009) (…);
  4. dispone, nel proprio comma 4, l’obbligo, per il concessionario, di conservare per cinque anni, la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o l’avviso del ricevimento, e di farne esibizione su richiesta del contribuente o dell’amministrazione;
  5. dispone infine, nel comma 5, che ‘per quanto non è regolato dal presente articolo si applicano le disposizioni dell’art. 60 del D.P.R. 29 settembre 1973, 600”’.

In ordine alla notifica a mezzo PEC (art. 26, co. 3), la Commissione ha ritenuto di dover condividere l’affermazione di parte della dottrina secondo la quale, con l’introduzione di un comma ad hoc (comma 2) nell’art. 26 citato, il legislatore del D.L. 78/2010 abbia voluto attribuire all’Agente della riscossione, a differenza di quanto stabilito per la notifica a mezzo raccomandata A/r, la possibilità di notificare la cartella di pagamento mediante posta elettronica certificata senza il tramite dei soggetti di cui al comma 1.

La tesi sposata dalla Commissione

Ebbene, a fronte del riportato dato normativo, la CTP vicentina ha inteso aderire alla tesi giurisprudenziale, oramai maggioritaria, secondo la quale la soppressione, rispetto al testo originario, dell’inciso ‘da parte dell’esattore’ che figurava all’interno dell’espressione (tuttora presente nella norma)

“La notifica può essere eseguita anche mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento” ha avuto come conseguenza che il concessionario “non è (più) abilitato

ad operare “direttamente” con la suddetta modalità la notifica della cartella da lui emessa.

Senza tralasciare, a tale riguardo, che il suddetto inciso non compariva più nel primo comma dell’articolo 26 già nel testo come modificato dall’art. 12, c. 1, D.Lgs 46 del 26 febbraio 1999, tanto da essere evidente

la (perdurante) volontà del legislatore di escludere in capo all’esattore (successivamente concessionario e, poi, agente, di riscossione) quella legittimazione ad eseguire la notifica con il mezzo della posta senza il tramite di uno dei soggetti tassativamente indicati come nel comma 1, alinea primo, dell’articolo 26 che nel testo precedente della stessa norma (comma 1, alinea secondo) gli era espressamente attribuita”.

Tesi questa che trova conforto non solo in un sempre crescente numero di pronunce di merito, ma anche nella dottrina maggioritaria, essendo la stessa pienamente “rispettosa del disposto dell’articolo 12, comma 1, delle preleggi al codice civile, ai sensi del quale: ‘nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore’, dal momento che il significato proprio delle parole e l’intenzione del legislatore sono del tutto chiari nell’escludere, a far data dall’1 luglio 1999, in capo all’esattore (ora agente per la riscossione)

“la legittimazione, in     precedenza espressamente riconosciutagli dalla norma dell’art. 26, a notificare ‘direttamente’ mediante invio di lettera raccomandata con avviso di ricevimento; diversamente, il legislatore, nell’operare le modifiche normative delle quali si è detto, avrebbe lasciato (ubi voluit dixit) l’inciso ‘da parte dell’esattore’, viceversa cancellato, senza alcun ripensamento, per ben due volte”.

Fino al 30 giugno 1999
L’Ente riscossore era autorizzato dalla legge alla notifica per posta senza l’ausilio degli ufficiali della riscossione o di altri soggetti abilitati dallo stesso concessionario, dei messi comunali o degli agenti della polizia municipale.
Dal 1° luglio 1999
Gli ufficiali della riscossione o gli altri soggetti abilitati dal concessionario, i messi comunali o gli agenti della polizia municipale, sono i soli legittimati a notificare la cartella di pagamento, mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento, in plico chiuso.

Inoltre, ad avviso del Collegio di Vicenza, l’art. 26 D.P.R. 602/73 è norma disciplinante in via del tutto autonoma la notificazione della cartella di pagamento e includente, tra le modalità esecutive della notificazione di tale atto anche quella consistente nell’invio di lettera raccomandata con avviso di ricevimento.

Sicché all’art 60 del D.P.R. n. 600/1973, richiamato dal comma 5 dell’art. 26, che recita “per quanto non è regolato dal presente articolo si applicano le disposizioni dell’art 60 del D.P.R. n. 600 del 29/09/1973”, deve attribuirsi mero carattere residuale.

Vizio sanabile ex art. 156 c.p.c.?

Giunta alla suddetta conclusione, per la Commissione si è posto il problema di discernere se il vizio della notificazione dedotto – sussistente nei termini e per le ragioni sin qui illustrate –

“abbia dato causa alla giuridica inesistenza oppure alla nullità della notifica medesima, e, prima ancora – considerato che tale distinzione è stata fatta, dalle parti processuali resistenti, al fine di sostenere che, esclusa recisamente la (insanabile) inesistenza, la nullità, ove mai ravvisabile, sarebbe comunque sanata dall’avvenuto ‘raggiungimento dello scopo’ ai sensi dell’art. 156, comma terzo, del codice di procedura civile – dell’applicabilità o meno di tale sanatoria, prevista per i vizi di notifica degli atti processuali concernenti il giudizio civile, agli omologhi vizi di notificazione di atti ‘sostanziali’ (come la cartella di pagamento) nel campo tributario”.

Ebbene, alla luce dell’insegnamento del Giudice di legittimità, puntualmente richiamato dalla Commissione in sentenza, la stessa è giunta alla conclusione che, nella fattispecie, la notifica della cartella di pagamento effettuata “direttamente” da Equitalia a mezzo posta, non si sia semplicemente discostata dalle disposizioni di legge – circostanza che avrebbe permesso la sanabilità del vizio con la costituzione del contribuente – ma sia invece totalmente fuoriuscita dal modello legale previsto.

La qual cosa ha ingenerato la giuridica inesistenza della notifica stessa; vizio insanabile che ha assorbito anche la questione relativa all’omessa redazione della relata di notifica.

Più precisamente, la Commissione ha affermato che “la notifica della cartella di pagamento in questione è stata effettuata da soggetto sicuramente non munito del relativo potere – e quindi in modo assolutamente non previsto dal codice di rito, tale, cioè, da non consentire l’assunzione nel tipico atto di notificazione delineato dalla legge – deve ravvisarsi la giuridica inesistenza dell’atto di notificazione della cartella esattoriale, osservandosi che una volta accertata la giuridica inesistenza della notificazione di un atto (cartella esattoriale o avviso di accertamento, ecc.) quest’ultimo è come se non esistesse ed è, comunque, privo di effetti giuridici nei confronti del contribuente”.

Quindi, poiché a parere della commissione si è trattato di giuridica inesistenza della notifica (vizio insanabile) e non già di sua nullità, la medesima non ha ritenuto applicabile al caso di specie l’art. 156 c.p.c. invocato dalle Entrate, per sostenere che l’asserito vizio di notifica della cartella doveva comunque ritenersi sanato, avendo comunque l’atto raggiunto il “suo scopo” (ossia portare a conoscenza del contribuente la pretesa erariale).

La notificazione è nulla se non sono osservate le disposizioni circa la persona alla quale deve essere consegnata la copia, o se vi è incertezza assoluta sulla persona a cui è fatta o sulla data, salva l’applicazione degli articoli 156 e 157

(norme procedurali, queste ultime, che sanciscono una particolare disciplina per quanto riguarda la nullità degli atti processuali in genere, disponendo, l’art 156 c.p.c., che non può essere pronunciata nullità se l’atto ha comunque raggiunto il suo scopo e ponendo, l’art 157 c.p.c., dei limiti alla pronuncia, sia condizionandola all’istanza di parte, sia limitando tale istanza nel tempo) […] (Cass. 1750/2011).

Si ha invece giuridica inesistenza della notificazione quando:

  • la notificazione manchi del tutto;
  • sia effettuata in modo assolutamente non previsto dal codice di rito, tale, cioè, da non consentirne l’assunzione nel tipico atto di notificazione delineato dalla legge.

Con l’occasione, la Commissione di Vicenza ha rammentato che, secondo i principi generali del diritto, si suole distinguere varie gradazioni di invalidità degli atti giuridici, a seconda della gravità del vizio e dell’incidenza che esso può avere sull’efficacia dell’atto stesso, e che, in ordine crescente di gravità, sono riscontrabili:

“1) l’irregolarità, la quale si riferisce a violazioni di disposizioni non essenziali al raggiungimento dello scopo del processo, in quanto dettate al solo fine di consentire semplicemente un più ordinato svolgimento delle attività processuali; trattasi di violazioni che danno luogo unicamente a vizi sostanzialmente innocui perché non influenti sulla efficacia dell’atto, avendo come unica conseguenza, di solito, l’obbligo per le parti e per il giudice di provvedere alla regolarizzazione dell’atto medesimo, salve le diverse sanzioni previste dalla legge (solitamente di natura pecuniaria e disciplinare;

2) l’annullabilità, la quale ricorre quando, a causa di un determinato vizio, l’atto (pur se di per sé efficace) si trovi in una situazione di precarietà, potendo essere eliminato dal mondo giuridico con un provvedimento del giudice, su iniziativa della  parte interessata, provvedimento che deve essere emesso entro un certo termine, scaduto il quale l’atto diviene inattaccabile;

3) la nullità vera e propria, che individua la condizione dell’atto affetto da vizio insanabile che ne preclude, ab origine i consueti effetti; in presenza di tale vizio la parte interessata può in ogni momento, e senza limiti di tempo, chiedere al giudice che dichiari la giuridica inefficacia dell’atto;

4) infine, l’inesistenza, categoria di creazione esclusivamente dottrinale, che ricorrere quando l’atto è privo finanche dei requisiti minimi indispensabili per essere riconosciuto come appartenente ad un determinato modello legale (…)”.

In particolare, la nozione dottrinale di ‘inesistenza’ ha trovato ingresso e riconoscimento, in numerose pronunce della Cassazione,

“nelle quali si è giunti a disegnare il discrimine tra inesistenza e nullità della notificazione come segue: va considerata inesistente, in quanto lesiva del diritto di difesa, una notificazione la quale, esorbitando del tutto dai suoi paradigmi legislativi, non determini la conoscenza legale dell’atto notificato al suo destinatario, mentre va ritenuta ‘solamente’ nulla la notificazione che, seppur effettuata in inosservanza delle norme che la disciplinano, sia in grado di portare l’atto a conoscenza del suo destinatario e metterlo nelle condizioni di difendersi in giudizio”.

Conclusioni

Insomma, a conclusione del suo articolato iter decisionale, il Collegio giudicante ha deciso per l’accoglimento del ricorso, annullando, per l’effetto, la cartella di pagamento oggetto di impugnazione.

Le spese invece sono state compensate tra le parti, in ragione del contrasto giurisprudenziale esistente circa l’interpretazione dell’art. 26, del d.P.R. 633/72, della complessità del tema trattato, nonché “dell’opinabilità delle argomentazioni svolte dalle parti processuali (incluse tra le stesse anche alcune di quelle proposte dalla parte ricorrente )”.

10 gennaio 2013

Antonio Gigliotti

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