Società cancellata: recuperi del Fisco illegittimi

partendo da una sentenza della C.T.P. di Catania, analizziamo la problematica relativa alle pendenze tributarie delle società estinte, cioè cancellate dal registro delle imprese

cancellazione dal registro impreseDopo la liquidazione della società il fisco rimane in attesa di conoscere il suo interlocutore anzi, lo ha perduto per sempre.Con sentenza 27 gennaio 2011, numero 80, la Sezione IX della C.t.p. di Catania, ha sancito il principio secondo cui la società cancellata dall’ufficio del registro delle imprese è da considerarsi giuridicamente inesistente e ciò comporta la cessazione della materia del contendere per il sopravvenuto venir meno dell’oggetto e del soggetto.

In passato sugli effetti della cancellazione della società si è espressa anche la C.T. di Lucca, nonché CTP di Genova e CTP di Milano.

 

 

Sentenza 27.01.2011, n. 80 – C.t.p. Catania

Svolgimento del processo

Una società proponeva ricorso, in data 28 settembre 2009, avverso atto di recupero del credito d’imposta, annualità 2004, da parte dell’ufficio competente.

All’udienza pubblica la parte produceva certificazione attestante l’avvenuta cancellazione della società dall’Ufficio del Registro delle imprese datata 11 novembre 2008, chiedendo la cessazione della materia del contendere.

L’ufficio chiedeva il rigetto del ricorso perché privo di fondamento.

 

La decisione dei Giudici etnei

La Commissione, valutati gli elementi in suo possesso, riteneva meritevole di accoglimento l’avanzata eccezione pregiudiziale della società. Infatti, si legge nelle motivazioni della decisione, la cancellazione della società, avvenuta in data 11 novembre 2008, ne comporta l’estinzione, indipendentemente dall’esistenza di creditori non soddisfatti o di rapporti giuridici ancora non definiti.

Da ciò – secondo i Giudici – deriva l’inesistenza giuridica del provvedimento di recupero del credito d’imposta emesso dall’ufficio, comportando la cessazione della materia del contendere, per il sopravvenuto venir meno dell’oggetto e del soggetto,

“… dal momento che nei confronti di quest’ultimo (la società) non è possibile configurarsi alcun fenomeno successorio”.

 

 

Sentenza 20.04.07, n. 271 – C.T.P. di Lucca

Svolgimento del processo

L’Agenzia delle Entrate aveva provveduto alla notifica di una serie di avvisi di accertamento alla società di capitali sottoposta a verifica nella persona del liquidatore.

Questi aveva proposto ricorso eccepito di:

  1. essere venuto a conoscenza dell’acquisizione della documentazione fiscale della società solo con la notifica degli avvisi ricordati,

  2. aver proceduto alla liquidazione ed alla cancellazione della società non sussistendo altre partite in sospeso e conseguentemente

  3. aver operato legittimamente.

 

L’Ufficio nella memoria di costituzione, aveva contestato i motivi del ricorso evidenziando la fondatezza degli accertamenti.

 

 

La decisione del collegio di prime cura di Lucca

La prima parte della pronuncia emessa dai Giudici toscani ripercorre gli accadimenti processuali.

In primo luogo è stato evidenziato che la società accertata era stata posta in liquidazione l’11.12.2003 e successivamente cancellata dal registro delle imprese con la conseguente estinzione della stessa.

Gli avvisi di accertamento erano stati notificati solo nel 2005 senza che il liquidatore avesse avuto notizia della acquisizione di documenti da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Preso atto di tale situazione, la Commissione tributaria provinciale esaminava il testo normativo di riferimento.

In particolare è specificato come la riforma del diritto societario e la nuova formulazione dell’art. 2495, c. 2, c.c.1 in attuazione del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 6, consenta di esaminare la controversia sotto un profilo diverso rispetto a quello in vigenza della precedente disciplina normativa.

La nuova disposizione prevede che

“… Ferma restando l’estinzione della società, dopo la cancellazione i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi. La domanda, se proposta entro un anno dalla cancellazione, può essere notificata presso l’ultima sede della società…”.

 

Secondo i Giudici, come da recente giurisprudenza di merito, il perentorio incipit del citato secondo comma del citato articolo “… Ferma restando l’estinzione della società…” evidenzia che l’adempimento della formalità pubblicitaria (cancellazione) segna la fine della società anche in presenza di crediti insoddisfatti e di rapporti di altro tipo ovvero la cancellazione della società è condizione non solo necessaria, ma anche sufficiente per l’estinzione.

Tale osservazione determina conseguenze decisive.

Infatti, nell’interpretazione del testo normativo adottata dai Giudici tributari di Lucca i creditori insoddisfatti – ex 2 comma cit. – avrebbero potuto agire solo nei confronti dei soci e/o del liquidatore essendo definitivamente estinta la società; ed il liquidatore avrebbe risposto dei mancati pagamenti ove ne risultava acclarata la responsabilità.

Nel caso oggetto della controversia il liquidatore aveva, in sostanza, proceduto agli adempimenti delegatigli dai soci in tempo anteriore al sorgere del contenzioso tributario senza che, all’epoca, sussistesse pendenza di alcun genere per cui alcuna responsabilità poteva essergli addebitata – affermavano i Giudici – per non aver pagato quanto richiesto (ove legittimamente fondato)

Una volta avvenuta l’estinzione della società – concludevano i Giudici – alcuna azione poteva essere proposta nei confronti della stessa, mentre nei confronti del liquidatore, ancorché non ritenuto responsabile di alcuna violazione, l’accertamento così come notificato non poteva avere effetto in quanto solo destinatario del provvedimento nella qualità di rappresentante della società.

 

 

Società cancellate recuperi fiscali – Riflessi civilistici

sentenza tributariaLe sentenze riportate rappresentano alcune delle interpretazioni espresse in vigenza dell’articolo 2495, comma 2, codice civile nella nuova formulazione introdotta dal D.Lgs. n. 6/2003 (riforma del diritto societario).

Il punto focale della posizione assunta dai Giudici di Catania è certamente la qualificazione di “inesistenza giuridica” del provvedimento emesso dall’ufficio nei confronti della società estinta, anche se c’è da osservare che la cancellazione dal registro delle imprese è avvenuta dopo che il ricorso era stato presentato dalla società2.

Nell’interpretazione anche dei giudici di Lucca, in pratica, la cancellazione della società dal registro delle imprese segna la fine della società anche in presenza di crediti insoddisfatti e di rapporti di altro tipo, ovvero la cancellazione della società è condizione, non solo necessaria, ma anche sufficiente per l’estinzione.

Pertanto, nel caso della sentenza di Lucca, in cui il liquidatore abbia proceduto agli adempimenti delegatigli dai soci in tempo anteriore al sorgere del contenzioso tributario, nessuna responsabilità può essergli addebitata e nessun avviso di accertamento notificatogli può avere effetto in quanto solo destinatario del provvedimento nella qualità di rappresentante della società.

Come sostenuto in dottrina3 il secondo comma della nuova disposizione di legge, infatti, esordendo con l’espressione «Ferma restando l’estinzione della società», sembra aver risolto in via definitiva la querelle sulla efficacia costitutiva o dichiarativa della cancellazione delle società dal Registro delle imprese.

Dalla richiesta di cancellazione rivolta all’Ufficio del registro delle imprese competente per territorio, su impulso del liquidatore (ovvero dei sindaci in caso di inerzia del primo) dovrebbe, infatti, ora derivare la irreversibile estinzione dell’ente, anche in ipotesi di rapporti giuridici (attivi e passivi) ancora in essere, con la pratica conseguenza che il creditore insoddisfatto potrà agire,se ricorrono i requisiti del citato art. 2495, – direttamente nei confronti dei soci o dei liquidatori e non più nei confronti della società (se non per proporre istanza di fallimento):

  • nel rispetto dei presupposti sanciti dalla legge fallimentare;

  • nei limiti temporali previsti dall’art. 10 della medesima, vale a dire entro un anno dalla cancellazione della società dal Registro delle imprese.

Del mutato assetto normativo, peraltro, ne ha dato contezza l’emergente giurisprudenza di merito, evidenziando come la novella societaria «con la riformulazione della norma si è opposta all’interpretazione correttiva proposta dalla giurisprudenza che, in caso di sopravvenienze passive, ha sinora ritenuto che la cancellazione dal Registro delle imprese determini soltanto una presunzione di estinzione», confermando cosi` come l’incipit con cui esordisce il secondo comma dell’art. 2495 implica che «sopravvivenza dei debiti non possa più mettere in discussione la definitiva ed irreversibile estinzione della società» (4).

Altra giurisprudenza5 ha affermato, peraltro come la cancellazione della società di capitali determina ipso facto l’estinzione del soggetto giuridico interessato, con equiparazione da parte del legislatore alla morte della persona fisica. I creditori insoddisfatti potranno ottenere tutela agendo in giudizio contro gli <eredi-soci> della società defunta.

 

 

Conseguenze fiscali

La nuova formulazione dell’articolo 2495, codice civile in tema degli effetti della cancellazione della società produce notevoli effetti anche in ambito tributario, con particolare riguardo al settore della riscossione delle imposte sui redditi.

Nel regime tributario vigente, la disposizione posta a garanzia degli interessi erariali risiede nell’articolo 36 del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, numero 602.

Tale disposizione prevede che i liquidatori dei soggetti all’imposta sul reddito delle persone giuridiche che non adempiono all’obbligo di pagare, con le attività della liquidazione, le imposte dovute per il periodo della liquidazione medesima e per quelli anteriori rispondono in proprio del pagamento delle imposte se:

  • soddisfano crediti di ordine inferiore a quelli tributari o,

  • assegnano beni ai soci associati senza avere prima soddisfatto i crediti tributari.

 

Tale responsabilità è commisurata all’importo dei crediti di imposta che avrebbero trovato capienza in sede di graduazione dei crediti.

La disposizione contenuta nel precedente comma si applica agli amministratori in carica all’atto dello scioglimento della società o dell’ente se non si sia provveduto alla nomina dei liquidatori.

Inoltre, prosegue il legislatore, soci o associati, che hanno ricevuto nel corso degli ultimi due periodi di imposta precedenti alla messa in liquidazione danaro o altri beni sociali in assegnazione dagli amministratori o hanno avuto in assegnazione beni sociali dai liquidatori durante il tempo della liquidazione, sono responsabili del pagamento dell’imposte dovute dai liquidatori nei limiti del valore dei beni stessi, salvo le maggiori responsabilità stabilite dal codice civile.

La pretesa del fisco, appare chiaro, dovrà essere fatta valere su ciò che costituiva il patrimonio sociale, ancorché rifluito nella sfera dei soci; evidentemente, il problema della riscossione delle imposte diventerebbe insormontabile qualora risulti che i soci non abbiano (formalmente) ricevuto somme di denaro o beni sociali durante la liquidazione. In questo caso spetterà all’Amministrazione finanziaria ricostruire il patrimonio sociale, dimostrando eventuali occultamenti di utili, vendite simulate con prezzi irrisori ed altre attività “tipiche” di volontario e fraudolento depauperamento patrimoniale.

Le responsabilità sono estese poi agli amministratori che hanno compiuto nel corso degli ultimi due periodi di imposta precedenti alla messa in liquidazione operazioni di liquidazione ovvero hanno occultato attività sociali anche mediante omissioni nelle scritture contabili.

La responsabilità di cui ai commi precedenti, infine, è accertata dall’ufficio delle entrate con atto motivato.

Pertanto, le responsabilità dei liquidatori per i debiti d’imposta appaiono solo “eventuali” se distraggono risorse per finalità diverse dal pagamento delle spettanze all’amministrazione finanziaria; evidentemente nessuna responsabilità può essere addebitata se la società è sfornita di attivo patrimoniale da liquidare e dismettere al fine di adempiere alle obbligazioni tributarie.

In tale ottica, l’amministrazione finanziaria, dopo aver accertato il debito d’imposta verso la società ed emesso il relativo ruolo dovrà emettere altro avviso di accertamento che individua le specifiche responsabilità del liquidatore cui deve seguire l’emissione di un autonomo titolo esecutivo nei confronti del liquidatore medesimo.

A tal proposito ci si è chiesti6, alla luce delle statuizioni della sentenza n. 271, del 2007, emessa dalla Commissione tributaria provinciale di Lucca, quali poteri restano all’Amministrazione finanziaria allorché gli atti di accertamento notificati alla società cancellata dal Registro delle Imprese risultano essere inesistenti poiché è assente (rectius non esiste più) il destinatario del provvedimento, considerato che il ruolo non riscosso verso la società rappresenta il presupposto per l’azione contro liquidatori e rappresentanti.

Lo svuotamento di una efficace esazione dei crediti erariali potrebbe essere sostituita, è stato ipotizzato, dall’amministrazione finanziaria unicamente attraverso le vie dell’azione civile ricorrendo alla giustizia ordinaria.

 

Conclusioni

Il novellato art. 2495 cod. civile, in tema di società di capitali, ha riaffermato con una puntuale espressione normativa il principio dell’effetto costitutivo dell’estinzione irreversibile, a seguito della cancellazione della società di capitali, anche in presenza di crediti insoddisfatti e di rapporti di altro tipo non definiti.

Nel disciplinare i diritti dei creditori sociali rimasti insoddisfatti dopo la chiusura della liquidazione, appare quindi chiara la natura costitutiva della cancellazione delle società di capitali: ciò determina quindi che la liquidazione sia avvenuta, i creditori sociali, Amministrazione finanziaria compresa, possano far valere le proprie pretese solo nei confronti dei soci o dei liquidatori entro limiti ben precisi, ma non nei confronti della società7.

 

21 luglio 2011

Attilio Romano

 

NOTE

1 Articolo in vigore fino al 31/12/2003.

2456 . Cancellazione della società.

– [1] Approvato il bilancio finale di liquidazione, i liquidatori devono chiedere la cancellazione della società dal registro delle imprese [2188, 2312], [e la pubblicazione del provvedimento di cancellazione nel Bollettino ufficiale delle società per azioni e a responsabilità limitata .

– [2] Dopo la cancellazione della società i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi.

2 C. GLENDI, Cancellazione estinzione delle società e cessazione della materia del contendere, Giurisprudenza tributaria n. 6/2001, pagina 518, cfr. anche C.T.P. di Genova 3 gennaio 2011, sez. V, numero 32, e C.T.P. Milano, sez. III, 14 marzo 2011, n. 94

3 P.P. PAPALEO, Le Società, Iposa, 2006.

4Tribunale di. Napoli 3 giugno 2004.

5 Tribunale di Milano, 9 maggio 2005; cfr. anche D. STEVANATO, L’estinzione della società preclude l’attivazione del meccanismo di responsabilità dei rappresentanti previsto dall’art. 36 del D.P.R. n. 602/1973 ?, “Dialoghi tributari” n. 2/2008.

6 A. BUSCEMA, Dopo la liquidazione della società chi è l’interlocutore del Fisco, “Dialoghi tributari” n. 2/2008.

7 Cfr. S. FOTI, Liquidazione di società di capitali: aspetti civilistici e prassi, “Diritto e Pratica delle società”, 5 novembre 2004, n. 20.