Intestazione e società fiduciarie

Approfondiamo il tema delle società fiduciarie sia nei suoi aspetti di diritto civile che in quelli inerenti le problematiche fiscali.

Aspetti generali delle società fiduciarie

Nell’ordinamento giuridico italiano, le società fiduciarie rappresentano delle strutture giuridiche idonee a consentire riservatezza rispetto alla titolarità di determinati beni, che vengono formalmente intestati al sog- getto fiduciario.

Tale riservatezza non comporta una «segregazione» dei beni e dei capi- tali, bensì una semplice sostituzione del titolare formale, con una sorta di effetto-schermo che tuttavia recede di fronte alle esigenze dell’Ammi- nistrazione fiscale o di altri soggetti che esercitano poteri pubblici.

Ciò evidenziato, il presente contributo intende brevemente esaminare la posizione e la rilevanza dell’istituto dell’intestazione fiduciaria – nonché delle società fiduciarie – di fronte alle attività di controllo e accertamento del Fisco, alla luce delle norme che disciplinano l’acquisi- zione dei dati anagrafici, reddituali e bancari/finanziari dei contribuen- ti.

 

Qualche premessa sul negozio fiduciario

Il negozio fiduciario è una particolare figura giuridica, le cui origini ri- salgono all’età romana, avente una finalità di tutela patrimoniale indi- retta (mediante la costituzione di un vincolo di riservatezza sull’identità dell’effettivo proprietario di un bene).

Secondo le ricostruzioni dottrinali, le parti coinvolte nel negozio pongono in essere due negozi distinti e fra loro collegati:

  • uno di carattere esterno e di natura reale, in forza del quale il fiduciante trasferisce un proprio diritto al fiduciario;
  • uno di carattere interno e di natura obbligatoria (pactum fiduciae), in forza del quale il fiduciario assume verso il fiduciante l’obbligo di ritrasferire il diritto a lui o a un terzo indicatogli (c.d. fiducia dinamica); ovvero il fiduciario, se già titolare di un diritto, si impegna a dispor- ne conformemente alle richieste del fiduciante in favore di quest’ultimo o di un terzo da questo indicato (c.d. fiducia statica).

Ciò consente di distinguere il negozio fiduciario dall’interposizione sog- gettiva fittizia1 (ipotesi di simulazione, nell’ambito della quale è presup- posto un accordo simulatorio inteso a escludere la produzione degli effetti del negozio simulato).

Il trasferimento del bene può assumere le forme di seguito indicate in tabella.

• Fiducia di tipo romanistico • il fiduciario è investito di un potere giuridico illimitato, sebbene circoscritto dall’obbligo sottoscritto con il pactum fiduciae
• in caso di violazione dell’obbligo, il fiduciante può agire solo con una normale azione di risarcimento del danno
• avviene un’interposizione reale di persona
• Fiducia di tipo germanistico • il fiduciario è investito di un potere giuridico di disposizione illimitato, ma
• ogni uso contrario allo scopo convenuto determina un’azione di rivendicazione, con ritorno del bene o diritto anche a danno del terzo acquirente
• vengono separate la titolarità effettiva del bene o diritto (in capo al fiduciante) e la legittimazione all’esercizio nei con- fronti dei terzi (in capo al fiduciario)

 

 

Le società fiduciarie

La normativa di base sulle società fiduciarie in Italia risale alla L. n, 1966 del 23.11.1939, che consente l’individuazione delle seguenti tipologie:

società fiduciarie ad amministrazione statica svolgono attività di am- ministrazione e conser- vazione del patrimonio del cliente vincolandosi alle puntuali disposizioni da questo impartite per ogni singola operazione art. 1, L. n. 1966/1939
società fiduciarie ad amministrazione dinamica (o di gestione)

·        corrispondono utili di gestione (appunto) svolgendo il servizio di collocamento su base individuale di portafo- gli di investimento me- diante intestazione fiduciaria
  equiparabili alle SIM

L.         n. 1966/1939, art. 6

 

 

Secondo la prassi nazionale italiana, la gran parte delle fiduciarie assu- me una configurazione di tipo germanistico, finalizzata – come si è visto sopra – a ottenere una separazione tra titolarità «reale» e «formale» del bene o diritto.

Con tale impostazione risulta coerente il D.M. 16.1.1995 («Elementi in- formativi del procedimento di autorizzazione all’esercizio dell’attività fiduciaria e di revisione e disposizioni di vigilanza»), il quale espressa- mente prevede che l’incarico di amministrazione fiduciaria abbia la for- ma del contratto di mandato e sia regolato dalle relative disposizioni del codice civile.

 

Le evoluzioni normative delle società fiduciarie

Con la L. 1.1.1991, n.1, è stata trattata in modo «omnicomprensivo» l’in- tera normativa in materia di gestione individuale di patrimoni mobilia- ri, operando – con riferimento all’attività delle fiduciarie – una netta di- stinzione tra le attività di amministrazione e di gestione (sicché le fidu- ciarie di gestione sono state sottoposte al regime di tutela e vigilanza proprio delle SIM).

Fino alla riforma dell’attività fiduciaria, dunque, le società fiduciarie:

  • purché iscritte in un’apposita sezione dell’albo delle SIM, avreb- bero potuto svolgere l’attività di gestione di patrimoni mediante opera- zioni aventi per oggetto valori mobiliari, in nome proprio e per conto di terzi (art. 17, cc. 1 e 2, L. n. 1/1991);
  • se non iscritte nell’apposita sezione dell’albo, potevano continuare a svolgere le attività previste dalla L. n. 1966/1939, escludendo le at- tività di cui agli artt.17, c. 1, lett. c, L. n. 1/1991.

Con D.Lgs. 23.7.1996, n. 415 (decreto c.d. «Eurosim»), sono state quin- di recepite le direttive 93/22/CEE del 10.5.1993 (servizi di investimento nel settore dei valori mobiliari) e 93/6/CEE del 15.3.1993 (adeguatezza patrimoniale delle imprese di investimento e degli enti creditizi).

Secondo quanto disposto da tale decreto, e in particolare dall’art. 60, quarto comma:

  • le società fiduciarie non iscritte all’albo previsto dall’art. 3 della L. n. 1/1991 avrebbero continuato a svolgere l’amministrazione cd. statica di patrimoni (ossia la mera intestazione fiduciaria);
  • le società fiduciarie iscritte all’albo erano tenute ad introdurre
    nella denominazione sociale le parole «società di intermediazione mobiliare», divenendo quindi società fiduciarie di intermediazione mobiliare;
  • se avessero cessato di operare mediante intestazione fiduciaria, le società fiduciarie iscritte all’albo avrebbero potuto ottenere l’autorizza- zione a svolgere gli stessi servizi di investimento ai quali erano autoriz- zate le SIM2.

È stato infine approvato il Testo Unico della Finanza (TUF) con D.Lgs. 24.2.1998, n. 58 a norma dell’art. 199 del quale, fino alla riforma organica delle società fiduciarie e di revisione, restavano vigenti le disposizioni previste dalla L. 1966/1939 e dell’art.60, co. 4, D.Lgs. 415/1996.

Allo stato, dunque, una società fiduciaria, già autorizzata alla prestazione del servizio di gestione patrimoniale individuale, può continuare a esercitare la propria attività mediante intestazione fiduciaria degli strumenti finanziari gestiti per conto del cliente, ma non gli altri servizi di investimento; se la stessa società smette invece di operare mediante intestazione fiduciaria, essa è «abilitata» a svolgere anche i servizi di investimento diversi dalla gestione di portafogli.

Le fiduciarie e le attività ispettive del Fisco (in generale)

Come è noto, le possibilità, da parte degli uffici fiscali, di individuare e contestare le varie forme di evasione tributaria e, più in generale, le violazioni alle disposizioni in materia di obblighi relativi alle imposte sui redditi, all’IVA, etc., si impernia sul buon funzionamento dei mezzi istruttorii a disposizione, tra i quali svolge una funzione primaria il sistema informativo dell’anagrafe tributaria (SIAT).

Si tratta, in estrema sintesi, di un complesso di banche dati amministrate e gestite per il perseguimento dei fini istituzionali dell’Agenzia delle Entrate e delle altre «branche» dell’amministrazione finanziaria, entro le quali una singola posizione (individuata dal codice fiscale e/o dalla partita IVA) può essere ricercata, isolata e coordinata, analizzandone le situazioni reddituali, le comunicazioni, gli scambi con terzi soggetti, gli atti registrati, etc. (3)

All’anagrafe tributaria «ordinaria» si è affiancata anche l’«anagrafe dei rapporti», introdotta dal D.L. 4.7.2006, n. 223 (convertito, con modificazioni, dalla L. 4.8.2006, n. 248), con la previsione di obblighi di comunicazione a carico delle banche, della società Poste italiane S.p.a., degli intermediari finanziari, delle imprese di investimento, etc., relativamente agli estremi dei rapporti intrattenuti con i propri clienti, che vengono archiviati in un’apposita sezione dell’anagrafe tributaria.

In coerenza con l’undicesimo dell’art. 7 del D.P.R. n. 605/1973, le comunicazioni al sistema informativo dell’anagrafe tributaria devono effettuarsi in via telematica. La concreta attuazione delle nuoveprevisioni è stata demandata a un provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, riferito ai rapporti – anche cessati posti in essere a decorrere dall’1.1.2005 (4).

Il provvedimento direttoriale che ha di fatto consentito l’attivazione dell’«archivio dei rapporti» è stato emanato (con prot. n. 2007/9647) il 19.1.2007.

Riflettendo sugli obblighi di trasmissione dei dati, sul funzionamento delle banche dati del SIAT e, in generale, sul «ventaglio» di mezzi istruttorii a disposizione degli uffici tributari, la posizione delle società fiduciarie si pone, in primo luogo, come un elemento di «opacità» del sistema.

È infatti vero che l’intestazione fiduciaria può essere superata in vista delle specifiche finalità di interesse pubblicistico che fanno capo agli uffici, ma ciò non toglie che per potersi produrre la «disclosure» della reale titolarità del bene/diritto va posta in essere un’attività ulteriore rispetto alla semplice interrogazione del sistema informatico.

Chiaro è, comunque, che, di fronte a una società fiduciaria che, a titolo esemplificativo, si interponga nella situazione di controllo di una società italiana od estera, dovendo risalire all’effettivo titolare delle quote/azioni, ossia al fiduciante, l’ufficio dovrà fare ricorso agli ordinari poteri previsti dal D.P.R. n. 600/1973 (convocazione della parte, questionari, accessi, etc.).

Imponendo un «aggravio» del procedimento, il controllo sulle società fiduciarie (che abbia o meno le società medesime come «target») si situa quindi fin dal’inizio in una fase che presuppone anche da parte del

 

Fisco un’azione esterna, suscettibile di contestazioni e «contromosse» da parte dei soggetti controllati.

Le indagini finanziarie in presenza di società fiduciarie

Con riferimento alla disciplina delle indagini bancarie finalizzate ai controlli fiscali e alle attività di accertamento (art. 32, c. 1, n. 7, e art. 33, D.P.R. n. 600/1973; art. 51, c. 2, n. 7, D.P.R. n. 633/1972), si rammenta che i commi 402-404 dell’art. 1 della L. 30.12.2004, n. 311 (Finanziaria 2005) hanno apportato significative modificazioni, tra le quali spicca l’estensione delle indagini in parola a tutte le operazioni intrattenute dai contribuenti con gli istituti di credito e intermediari finanziari, compresi gli OICR, le SGR e le società fiduciarie

In base al tenore letterale delle norme, se con il primo periodo del citato n. 7) si permette agli uffici di risalire, muovendo dall’indicazione della persona sottoposta ad accertamento (elemento noto) alle operazioni da questa posta in essere (elemento ignoto); con le disposizioni «speciali» del secondo periodo si permette all’amministrazione finanziaria di risalire muovendo dalle operazioni poste in essere dalla società fiduciaria in un dato periodo (elemento noto) alla persona su cui si vuole operare l’accertamento (elemento ignoto).

Sembra quindi possibile affermare che, in generale, l’attività di controllo nei confronti delle società fiduciarie sembra essere consentita solamente nell’ambito di attività mirate su uno specifico soggetto, come estensione di indagine la cui necessità sorge in corso di istruttoria.

 

I controlli e l’accertamento

Secondo quanto è stato puntualizzato dalla prassi operative del Comando Generale della G.d.F. (circolare 21.4.2005, n. 128000), le modificazioni normative introdotte nel 2005 fanno sì che possano essere acquisiti, a differenza di quanto avveniva in passato, gli estremi identificativi dei soggetti che affidano le proprie disponibilità finanziarie o patrimoniali a società fiduciarie di qualsiasi tipo.

La presenza di una società fiduciaria quale formale titolare di beni, diritti, disponibilità, potrebbe quindi esser fatta rilevare attivando, in seno al procedimento amministrativo di accertamento, l’art. 37, terzo comma, del D.P.R. n. 600/19735, il quale rivolge il proprio potenziale campo d’azione non solamente alle ipotesi di interposizione fittizia, ma anche alle fattispecie che qui interessano.

In dettaglio, il terzo comma richiamato dispone che «in sede di rettifica o di accertamento d’ufficio sono imputati al contribuente i redditi di cui appaiono titolari altri soggetti quando sia dimostrato, anche sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, che egli ne è l’ effettivo possessore per interposta persona».

A voler intendere le norme secondo un’impostazione interpretativa restrittiva, in verità, l’operatività del terzo comma dovrebbe intendersi riferita alle ipotesi di accertamento d’ufficio (art. 41, D.P.R. n. 600/1973: una disposizione di tenore analogo per l’IVA è contenuta nell’art. 55, c. 1del D.P.R. n. 633/1972), il quale è limitato ai casi di omessa presentazione della dichiarazione fiscale, ovvero di presentazione di dichiarazione nulla!

Comunque, la possibilità di riscontrare il possesso effettivo di un «reddito» e non di disponibilità patrimoniali in sé considerate – fa assumere rilevanza alla fiduciaria solo in quanto titolare apparente del reddito (si pensi all’ipotesi in cui questo – se non rientrante nelle ipotesi di risparmio gestito e amministrato – venga sottoposto a una più elevata imposizione in capo al fiduciante , e per tale motivo venga celato al Fisco).

 

Brevi precisazioni sull’interposizione reale e fittizia

Con riferimento all’art. 1414 del codice civile, le due categorie dell’interposizione vengono così individuate:

  • nell’interposizione reale di persona, si ha «un particolare rapporto tra interponente e interposto che riveste di regola il carattere del mandato senza rappresentanza e si verifica allorquando un soggetto (l’interposto), d’intesa con un altro soggetto (l’interponente), contratta in nome proprio con un terzo soggetto e diventa titolare effettivo degli obblighi derivanti dal contratto, con l’obbligo, nascente dal rapporto interno con l’interponente, di ritrasferire i diritti in tal modo acquistati»;
  • l’interposizione fittizia prevede invece «un accordo simulatorio intercorrente fra tre soggetti − il contraente effettivo o interponente, il contraente fittizio o interposto e l’altro contraente − per effetto del quale la stipulazione del negozio con la persona interposta è soltanto apparente, poiché nella realtà il vero contraente è la persona che non figura nel negozio, nei cui confronti l’altro contraente intende assumere tutti i diritti e gli obblighi contrattuali» (6).

Al di là della regolamentazione formale e apparente del negozio, la normativa civilistica è intesa a far prevalere la reale volontà delle parti, oppure − se la simulazione è stata posta in essere allo scopo di eludere obblighi o divieti posti dall’ordinamento − la volontà della legge (7).

È generalmente esclusa la rapportabilità delle ipotesi di interposizione ex art. 37, terzo comma, agli schemi civilistici fondati sulla distinzione tra «realtà» e «apparenza», dovendosi ritenere invece prevalenti la natura procedimentale della norma e la preoccupazione, presente in ambito tributario, di rinvenire in capo al soggetto il presupposto oggettivo del possesso del reddito. Non si tratta più, dunque, di tutelare l’affidamento del terzo, ma di rintracciare il reddito − dichiarato o non dichiarato, comunque risultante da prove in possesso dell’Amministrazione − in capo al soggetto che ne ha l’effettivo possesso, e non la semplice titolarità privatistica (8).

Ciò che è salvaguardato dalla norma tributaria è quindi l’interesse erariale alla riscossione dell’imposta, ragion per cui la norma rivela il proprio carattere procedurale: ad essa bisogna attenersi, in quanto costituisce in capo all’ufficio fiscale una facoltà di imputare il reddito al reale possessore anche sulla base di presunzioni dotate dei requisiti civilistici di gravità, precisione e concordanza, e senza ulteriori vincoli.

 

Il controllo di CFC tramite fiduciarie

Le disposizioni di contrasto ai fenomeni elusivi tramite CFC (società controllate e collegate estere), anteriori alla «riforma IRES» del 2004, sono state messe a punto secondo uno «schema» imperniato sull’imputazione al soggetto controllante italiano dei redditi conseguiti dai soggetti controllati (in base a una nozione sostanziale, e non meramente formale, di controllo), ovvero delle società semplicemente collegate, residenti nei Paesi inclusi nella «black list» di cui al D.M. 21.11.2001, pubblicata nella G.U. n. 273 del 23.11.2001 (artt. 167 e 168 del TUIR).

La normativa sulle CFC risulta applicabile anche nel caso in cui il soggetto residente detenga, direttamente o indirettamente, anche tramite società fiduciarie o per interposta persona, una partecipazione non inferiore al 20% agli utili di un’impresa, di una società o di altro ente, residente o localizzato in Stati o territori con regime fiscale privilegiato; tale percentuale di partecipazione si riduce al 10% se relativa agli utili di società quotate in borsa.

Per la disapplicazione delle norme CFC, ai sensi del quinto comma dell’art. 167, è esperibile una particolare forma di interpello ordinario (a norma dell’art. 11 dello Statuto del contribuente), finalizzata a dimostrare, in via alternativa (e dopo le modificazioni apportate dall’art. 13 del D.L. 1.7.2009, n. 78, convertito dalla L. n. 102 del 3.8.2009):

  • che dalla partecipata estera non si consegue l’effetto di «delocalizzare» i redditi verso giurisdizioni fiscalmente «privilegiate»;
  • che la struttura estera deve avere un effettivo insediamento commerciale nel mercato dello Stato o territorio di localizzazione.

Si fa altresì presente che le innovazioni del 2009 hanno avuto l’effetto di estendere il campo applicativo delle disposizioni CFC anche a Stati e territorii non compresi nelle «black list» ministeriali, in presenza di determinate condizioni (tassazione effettiva inferiore a più della metà di quella a cui i redditi sarebbero soggetti in Italia e conseguimento di proventi riferibili per oltre il 50% a «passive income»: gestione, detenzione, investimento in titoli o crediti, etc.).

Il regolamento per l’esercizio del diritto di interpello in materia di CFC (in attuazione dell’ottavo comma del vecchio art. 127–bis del TUIR) è stato approvato con D.M. 21.11.2001, n. 429.

Secondo l’articolo 1, primo comma, del decreto ministeriale, sono imputati ai soggetti partecipanti residenti i redditi conseguiti da imprese, società o enti, residenti o localizzati in regimi «black list», controllati, direttamente o indirettamente, anche tramite società fiduciarie o per interposta persona, da soggetti nazionali (persone fisiche, società personali, soggetti IRES).

Per quanto sopra evidenziato, la situazione di controllo (nonché, dopo la «riforma IRES» del 2004, di semplice collegamento qualificato) in presenza della quale il soggetto CFC diviene fiscalmente trasparente per il controllante/collegato residente in Italia, fatto salvo il positivo esperimento della procedura di interpello, può prevedere la presenza/interposizione di una società fiduciaria, anche in una catena partecipativa complessa.

Un contributo interpretativo in materia da parte dell’Agenzia delle Entrate risoluzione n. 400/E del 23.10.2008 si registra in materia di trust, istituto giuridico (per certi aspetti accostabile al negozio fiduciario) del quale è stata pacificamente affermata la possibilità di concorrere alla «situazione» di controllo in grado di causare l’applicazione delle norme CFC, giacché

« … la detenzione delle partecipazioni tramite un trust può essere assimilata all’ipotesi di possesso della partecipazione “per interposta persona”, atteso che il trust, come chiarito nella circolare n. 48/E del 6 agosto 2007, rientra nella nozione di “persona”».

 

Ulteriori indicazioni sulle società fiduciarie e sui poteri dell’amministrazione

Già la giurisprudenza di legittimità ha valorizzato « … il principio secondo cui è prevalente, nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, l’effettiva proprietà del fiduciante rispetto alla titolarità apparente della fiduciaria» (9), valorizzando la prospettiva «sostanziale» (anziché formale) tipica della normativa tributaria.

È espressione di tale principio la facoltà degli uffici fiscali di penetrare lo schermo della riservatezza legata all’intestazione fiduciaria, al fine di individuare correttamente gli effettivi titolari dei redditi, dei diritti e dei rapporti.

Si sono a tale riguardo registrati, in relazione ai poteri esercitabili dall’Amministrazione finanziaria in sede di controllo nei confronti dei menzionati soggetti:

  • un parere del Consiglio di Stato – n. 2345 del 1° luglio 2003;
  • una precisazione dell’allora direttore centrale Accertamento dell’Agenzia delle Entrate, dott. Marco Di Capua (10).

Ambedue gli interventi propendono per una «pacifica» esperibilità delle richieste dell’Amministrazione, in particolare in materia di istruttorie bancarie/finanziarie, nei confronti di soggetti quali le società fiduciarie.

Può altresì essere sottolineato il carattere speciale del sopra richiamato art. 32, primo comma, n. 7), del D.P.R. n. 600/1973, che consente all’Amministrazione finanziaria di risalire, muovendo dalle operazioni poste in essere dalla società fiduciaria (elemento noto) alla persona sottoposta ad accertamento (elemento ignoto), anche se il superamento dell’intestazione fiduciaria «riservata» dovrebbe essere subordinato al rispetto dei principi dello Statuto del contribuente (motivazione chiara, contraddittorio, necessità ai fini delle esigenze di indagine e controllo (11).

 

Il rimpatrio giuridico del bene mediante conferimento in società fiduciaria

Lo «scudo fiscale ter», introdotto dall’art. 13-bis del D.L. n. 78/2009, ha consentito la regolarizzazione, ovvero il rimpatrio, di disponibilità detenute all’estero in violazione dell’obbligo di monitoraggio (D.L. n. 167/1990), nonché la sanatoria dell’omessa dichiarazione dei flussi in entrata e in uscita dall’Italia (nonché estero su estero), cioè, in definitiva, delle violazioni relative alla compilazione del modulo RW.

A seguito della riapertura dei termini disposta dall’art. 1 del D.L. 30.12.2009 n. 194 convertito con modificazioni dalla L. n. 25 del 26.2.2010 -, l’opzione poteva essere esercitata fino al 30.4.2010 (c.d. «scudo fiscale quater»).

In materia di scudo fiscale, l’Agenzia delle Entrate – nella propria circolare n. 6/E del 19.2.2010 ha confermato l’orientamento secondo cui i contribuenti che effettuavano il rimpatrio giuridico di beni patrimoniali affidandoli in amministrazione ad una società fiduciaria residente in Italia beneficiavano dell’esonero alla compilazione del modulo RW per i periodi d’imposta successivi al rimpatrio.

Secondo gli indirizzi espressi dalla giurisprudenza e dall’Agenzia delle Entrate, l’amministrazione finanziaria non è ostacolata, quanto alla sua facoltà di formulare richieste ai contribuenti in particolare nell’ambito delle istruttorie bancarie/finanziarie dal fatto di rivolgersi a una società fiduciaria.

È tuttavia evidente che, se la fiduciaria è solamente il veicolo utilizzato per il rimpatrio giuridico dei beni, mediante le procedure dello scudo fiscale, la «trasparenza relativa» (rispetto agli uffici tributari) delle società fiduciarie viene superata dalla riservatezza che discende dall’adozione dell’istituto speciale.

 

10 marzo 2011

Fabio Carrirolo

 

NOTE

1 Si rammenta che l’interposizione soggettiva è contrastata dall’art. 37, c. 3, del D.P.R. 29.9.1973, n. 600, nel contesto delle disposizioni riguardanti l’accertamento delle imposte sui redditi.

• Fiducia di tipo romanistico • il fiduciario è investito di un potere giuridico illimitato, seb- bene circoscritto dall’obbligo sottoscritto con il pactum fidu- ciae
• in caso di violazione dell’obbli- go, il fiduciante può agire solo con una normale azione di ri- sarcimento del danno
• avviene un’interposizione reale di persona
• Fiducia di tipo germanistico • il fiduciario è investito di un potere giuridico di disposizione illimitato, ma
• ogni uso contrario allo scopo convenuto determina un’azione di rivendicazione, con ritorno del bene o diritto anche a dan- no del terzo acquirente
• vengono separate la titolarità effettiva del bene o diritto (in capo al fiduciante) e la legitti- mazione all’esercizio nei con- fronti dei terzi (in capo al fiduciario)

 

2 Cfr. Siani S., «Società fiduciarie e trust in italia. La gestione fiduciaria di patrimoni mobiliari», 3.3.2001, articolo tratto da www.magistra.it.

 

3 Si rammenta che l’anagrafe tributaria trova le proprie norme generali di riferimento nel D.P.R. 29.9.1973, n. 605 e s.m.i. Mediante l’art. 2, cc. 14, 14-bis e 14-ter, D.L. 30.9.2005, n. 203, convertito dalla L. 2.12.2005, n. 248, l’art. 7, c. 6, del predetto decreto è stato integrato con la previsione di taluni obblighi in relazione alla clientela delle banche e degli operatori finanziari.

 

4 Il differimento all’inizio del 2005, anziché del 2001, come originariamente stabilito dal decreto-legge, è intervenuto in sede di conversione (vedasi, sul punto, anche la circolare dell’ABI – serie tributaria, del 4.8.2006).

 

5 Cfr. la sup. nota 1.

 

6 Cfr. Cass., sezione I Civ., 22.6.1974, n. 1891.

 

7 Cfr. Cass., sezione III Civ., 11.11.1975, n. 3806.

8 Cfr. Nussi, «L’imputazione del reddito tra soggetto interposto ed effettivo possessore: profili procedimentali», in Rassegna Tributaria n. 3/1998, pagg. 733 ss.

 

9 Cfr. la sentenza Cass., sezione Tributaria, 27.11.1999, n. 13261.

10 La precisazione è stata pubblicata su Il Fisco n. 39 del 27.10.2003, pag. 1-6053.

 

11 Cfr. F. Rasi, «Intestazione fiduciaria e poteri di accertamento dell’Amministrazione Finanziaria», Luiss Guido Carli, Centro di ricerca per il diritto d’impresa – CERADI, giugno 2006, in www.luiss.it (articolo pubblicato anche su Rassegna tributaria n. 2/2006, pag. 485.

 

SCARICA L’ARTICOLO IN PDF

Scarica il documento