A partire dal modello Unico 2011 le SRL e le Cooperative agricole possono determinare il reddito catastalmente: un’analisi dei vantaggi. A cura di Cinzia Bondì.
Ripercorrendo il dettato normativo del regolamento adottato con il decreto n. 213 del 27 settembre 2007, emanato in attuazione dell’art. 1, c. 1093, della legge n. 296 del 2006 (Finanziaria 2007), l’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 50/E dell’1 ottobre scorso ha fatto il punto della normativa fiscale applicabile alle società agricole.
La disciplina delle società agricole
La disciplina delle società agricole è scritta nel decreto legislativo 29 marzo 2004, 99 (che le ha, appunto, introdotte nel nostro ordinamento) e nel comma 1093 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 che ne ha esteso l’ambito soggettivo e previsto un sistema di tassazione di vantaggio.
Il legislatore ha individuato, infatti, nella struttura societaria la tipologia più idonea per innovare e – nel contempo – sostenere il settore agricolo nella sua effettiva e continua evoluzione anche sotto l’aspetto fiscale e, più in generale, giuridico.
La società agricola, ai sensi dell’art . 2 del decreto legislativo n. 99/2004, presenta due requisiti:
- l’oggetto sociale deve contenere l’esercizio esclusivo delle attività agricole di cui all’art. 2135 del codice civile;
- la ragione o la denominazione sociale deve includere l’indicazione di “società agricola”.
L’art. 1, c. 1093 e seguenti della finanziaria 2007, ha previsto l’applicabilità del regime di tassazione su base catastale – che costituisce un regime naturale di tassazione solo per le ditte individuali, le società semplici e gli Enti Non Commerciali – anche alle società di persone, alle società a responsabilità limitata ed alle cooperative che rivestono la qualifica di società agricole per far traghettare gli imprenditori individuali verso una forma organizzativa strutturalmente più idonea a migliorarne la competitività.
La definizione di imprenditore agricolo, contenuta nell’art. 2135 del c.c. secondo cui è imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali ed attività connesse, deve ora leggersi unitamente al disposto dell’art. 1 c. 1094 della legge finanziaria per il 2007 che recita:
“si considerano imprenditori agricoli le società di persone e le società a responsabilità limitata, costituite da imprenditori agricoli, che esercitano esclusivamente le attività dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione di prodotti agricoli ceduti dai soci”.
In base al combinato disposto dell’articolo 2 del decreto legislativo n. 99 del 2004, dell’articolo 2135 c.c. e del citato comma 1094, si è quindi in presenza di una società agricola1 quando nell’oggetto sociale della stessa è previsto l’esercizio esclusivo delle attività di coltivazione del fondo, di selvicoltura, di allevamento di animali e delle attività connesse.
Tale requisito, che come avverte la circolare in commento, deve trovare un riscontro anche nell’attività concretamente svolta dalle suddette società2,sottende il cd. principio di esclusività che, appunto, le caratterizza.
A tale proposito il documento di prassi sottolinea che l’esercizio delle attività strumentali di cui all’art. 2195 c.c., dunque non agricole – finalizzato al conseguimento dell’oggetto sociale – non snatura la qualificazione del relativo reddito quale reddito agrario.
Analogamente, il possesso di partecipazioni in altre società, se la partecipata è anch’essa una società agricola e se i dividendi derivanti dal possesso di tali partecipazioni sono inferiori ai ricavi derivanti dallo svolgimento delle attività agricole svolte direttamente dalla partecipante, non ne inficia la natura.
L’opzione per la scelta del più favorevole regime di cui all’art. 32 , c. 2, del TUIR, segue le regole del decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 442 con riferimento sia alle disposizioni in materia di validità e durata dell’opzione3 sia riguardo al principio dei comportamenti concludenti.
Ai sensi dell’articolo 1 del citato decreto, l’opzione si esprime nella prima dichiarazione annuale IVA da presentare successivamente alla scelta operata.
Nel caso di esonero dell’obbligo di presentazione della dichiarazione annuale, la scelta è comunicata con le stesse modalità ed entro i termini previsti per la presentazione della dichiarazione dei redditi utilizzando la specifica modulistica relativa alla dichiarazione annuale dell’imposta sul valore aggiunto.
In proposito la circolare in commento, spiega che
“una società agricola che intenda optare per la tassazione catastale deve possedere i requisiti richiesti fin dall’inizio del periodo d’imposta e comunicare la propria scelta nella prima dichiarazione (IVA o dei redditi) da presentare. Così, ad esempio, se una società agricola ha adeguato il proprio statuto e svolge in via esclusiva attività agricola a decorrere dal 1° gennaio 2010 deve comunicare l’opzione nella dichiarazione IVA o nella dichiarazione dei redditi da presentare nel corso del 2011 (IVA 2011 o UNICO SP o SC 2011)”.
Al fine di evitare l’ingiustificata esclusione di quei soggetti che, pur svolgendo in via esclusiva le attività di cui all’articolo 2135 del codice civile sin dall’inizio del periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del regolamento di attuazione, mancavano del requisito formale, è stata inserita all’articolo 6 del regolamento una disposizione transitoria che ha consentito l’opzione per il regime in esame alle società che, entro il medesimo periodo d’imposta, avessero inserito nella ragione sociale o nella denominazione sociale l’indicazione di “società agricola” ed adeguato lo statuto4.
La determinazione del reddito imponibile nelle società agricole
L’attività agricola svolta dall’imprenditore individuale segue regimi impositivi diversi a seconda che si limiti allo sfruttamento delle potenzialità del terreno su cui viene esercitata o le ecceda.
Il relativo reddito, infatti, è considerato reddito fondiario – quindi agrario e determinato ai sensi dell’art. 32, c. 2, e ss. TUIR – se tratto esclusivamente dall’attività agricola esercitata nei limiti stabiliti dalla legge. Viene, invece, considerata commerciale, e quindi produttiva di reddito d’impresa secondo la normativa vigente in materia (art. 55 ee ss. TUIR), l’attività agricola che supera i suddetti limiti.
I componenti positivi e negativi di reddito non intervengono in via analitica nella determinazione del reddito agrario, hanno invece rilievo quando dallo svolgimento dell’attività agricole scaturiscono redditi d’impresa.
Ai sensi dell’art. 32 TUIR, sono considerate attività agricole:
- le attività dirette alla coltivazione del terreno e alla silvicoltura;
- l’allevamento di animali con mangimi ottenibili per almeno un quarto dal terreno e le attività dirette alla produzione di vegetali tramite l’utilizzo di strutture fisse o mobili, anche provvisorie, se la superficie adibita alla produzione non eccede il doppio di quella del terreno su cui la produzione insiste;
- le attività di cui al terzo comma dell’articolo 2135 del codice civile5, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione, ancorché non svolte sul terreno, di prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali, con riferimento ai beni individuati, ogni due anni e tenuto conto dei criteri di cui al comma 1, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze su proposta del Ministro delle politiche agricole e forestali”
Ai sensi dell’art. 55 TUIR:
“… sono inoltre considerati redditi d’impresa: c) i redditi dei terreni, per la parte derivante dall’esercizio delle attività agricole di cui all’articolo 32, pur se nei limiti ivi stabiliti, ove spettino alle società in nome collettivo e in accomandita semplice nonché alle stabili organizzazioni di persone fisiche non residenti esercenti attività di 3”.
La suddetta distinzione si pone alla base dell’analisi svolta dal documento di prassi in commento in quanto, il decreto del 27 settembre 2007, n. 213, al primo comma dell’art. 3 afferma che:
1. il reddito delle società agricole di cui all’art. 1 dello stesso è considerato reddito d’impresa6, non configurando – l’opzione per il regime impositivo catastale – un’ipotesi di destinazione dei beni a finalità estranee all’esercizio dell’impresa,
2 il reddito derivante dal contemporaneo svolgimento di attività imprenditoriali, non ricomprese nella determinazione dei redditi ai sensi dell’art. 32 del TUIR, va calcolato secondo le regole ordinarie del reddito d’impresa e quindi, analiticamente secondo le regole di cui all’art. 56 e del TUIR.
Poiché l’opzione per l’imposizione catastale del reddito non ne muta la natura e quindi ne rimane inalterata la categoria di appartenenza, altrettanto immutati rimangono gli obblighi di tenuta della contabilità che seguiranno le regole generali previste per il regime ordinario o per quello semplificato originariamente adottati dall’impresa.
Il regime catastale pur ponendosi come alternativo ed opzionale rispetto a quello analitico, vincola il contribuente per tre anni e rimane valido per ciascun anno successivo finché permane la concreta applicazione della scelta operata.
Tuttavia qualora vengano meno i requisiti prescritti dalla legge, l’opzione perde efficacia dal periodo d’imposta in corso alla data in cui si verifica l’evento causativo.
Per garantire la continuità dei valori fiscali delle attività e delle passività delle società agricole che hanno optato per il regime fondiario nelle ipotesi di fuoriuscita dal regime di determinazione catastale del reddito, l’ articolo 4 , al primo comma, impone “in corso di efficacia dell’opzione” l’obbligo di compilare in dichiarazione dei redditi un apposito prospetto e specifica che per la determinazione dei valori fiscali si continuano ad applicare le vigenti norme di determinazione del reddito d’impresa come se l’esercizio dell’opzione mancasse.
Tale prospetto farà da riferimento ai fini della determinazione del reddito anche nei casi in cui l’opzione perde efficacia o viene revocata.
Le precisazioni della circolare 50/E relative alla determinazione del reddito imponibile
In merito alla determinazione del reddito imponibile la circolare 50/E puntualizza, inoltre, che i componenti positivi e negativi di reddito relativi ad attività iscritte in bilancio in annualità antecedenti a quelle di efficacia dell’esercizio dell’opzione, la cui tassazione o deduzione sia stata rinviata in osservanza delle norme del TUIR che consentono o dispongono il rinvio, concorrono in via ordinaria alla determinazione del reddito.
La società deve continuare a dare rilievo a tali componenti negativi o positivi anche durante i periodi d’imposta in cui è efficace l’opzione per la tassazione con le regole catastali.
Non assumono rilevanza, invece, gli elementi che non hanno concorso alla determinazione del reddito d’impresa fino al momento di ingresso nel regime opzionale, che tuttavia devono essere indicati nel quadro RS .
Viene altresì descritta la rilevanza di plusvalenze, minusvalenze e perdite.
La circolare distingue plusvalenze e minusvalenze a seconda che derivino dalla cessione di beni mobili strumentali o da beni immobili.
In merito alle prime, richiama il contenuto dell’art. 5 del regolamento suddetto e specifica che, quelle che si riferiscono a beni acquisiti prima dell’esercizio dell’opzione, concorrono alla determinazione del reddito negli esercizi di vigenza dell’opzione mentre quelle che scaturiscono da beni acquisiti in costanza dell’esercizio dell’opzione non concorrono alla determinazione del reddito negli esercizi di vigenza dell’opzione.
Tuttavia le quote di ammortamento calcolate sui beni mobili strumentali acquistati prima o in vigenza del regime che non hanno assunto rilievo perché assorbite nella determinazione catastale del reddito, riducono il costo fiscale del bene al momento della fuoriuscita dal regime opzionale in esame.
Riguardo al trattamento delle plusvalenze e minusvalenze provenienti da beni immobili, conferma che esse concorrono in ogni caso alla determinazione del reddito secondo i criteri ordinari di cui agli articoli 86 e 101 TUIR .
Sulla disciplina delle perdite viene specificato che, applicandosi l’art. 84 del TUIR, esse rivestono comunque rilevanza ai fini della determinazione del reddito calcolato catastalmente.
Possono, pertanto, essere portate in diminuzione – per l’intero importo che trova capienza nel reddito imponibile – dai redditi degli anni successivi al periodo in cui si è formata ma non oltre il quinto ovvero senza alcun limite temporale, se la perdita si è formata nei primi tre periodi d’imposta dalla data di costituzione.
Il documento di prassi sottolinea, infine, che il regolamento (art. 4, c. 4) non disciplina l’ipotesi di perdita formatasi nel periodo di determinazione catastale del reddito in quanto in linea di principio non ne è possibile la formazione.
Tuttavia può sempre verificarsi che la perdita si formi in conseguenza al riporto di componenti negativi relativi ad attività iscritte in bilancio in annualità precedenti e rinviate ai periodi successivi nei quali si ricorre al regime fondiario. Anche in questi casi si ritiene applicabile il disposto dell’art. 84 del TUIR, seppure nel silenzio della legge.
2 novembre 2010
A cura di Cinzia Bondì
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NOTE
1 Premesso quanto sopra, i soggetti cui si applica il comma 1093 sono le:
- società agricole in nome collettivo;
- società agricole in accomandita semplice;
- società agricole a responsabilità limitata;
- società agricole cooperative
Restano escluse le società semplici esercenti attività agricole per le quali la determinazione del reddito sulla base dei criteri catastali costituisce il naturale regime d’imposizione inderogabile e le cooperative che svolgono solo attività di trasformazione/commercializzazione di prodotti conferiti dai soci qualora non posseggano e/o non conducano i terreni sui quali esercitano l’attività agricola. Per queste ultime manca, infatti, il requisito primario per potere determinare il reddito su base catastale, rappresentato dal terreno stesso.
2 Pertanto, non costituiscono società agricole quelle che a prescindere dall’oggetto sociale esercitano le attività di cui all’articolo 2195 del codice civile, vale a dire: attività industriale diretta alla produzione di beni o di servizi; attività intermediaria nella circolazione dei beni; attività di trasporto per terra, per acqua o per aria; attività bancaria o assicurativa; altre attività ausiliarie delle precedenti; di cui all’articolo 55 del TUIR, comma 2, lettere a) e b), ovvero: attività organizzata in forma di impresa diretta alla prestazione di servizi che non rientrano nell’articolo 2195 del codice civile; attività di sfruttamento di miniere, cave, torbiere, saline, laghi, stagni e altre acque
3 Una volta effettuata l’opzione il contribuente è vincolato alla concreta applicazione del regime scelto almeno per un triennio ai sensi del successivo articolo 3 del citato decreto n. 442 del 1997 il quale, nell’ultimo periodo, dispone che “trascorso il periodo minimo di permanenza nel regime prescelto l’opzione resta valida per ciascun anno successivo, fino a quando permane la concreta applicazione della scelta operata”.
4 Laddove vengano meno in capo ai soggetti optanti i requisiti prescritti dalla norma, l’opzione perde efficacia dal periodo d’imposta in corso alla data in cui si verifica l’evento caducativo.
5 E’ imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse.
Per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine.
Si intendono comunque connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge.
6 Per le ditte individuali e le società semplici, il reddito derivante dalle attività di cui all’art. 3, c. 2, TUIR ha sempre natura fondiaria.