Gli sconti e le note di credito

In questo scritto ci si propone di affrontare il problema della possibilità e della legittimità della emissione di una nota di credito (intesa come documento contenente anche lo storno dell’Iva conteggiata sulla fattura di vendita, e non solo lo storno dell’imponibile) quando l’azienda decide di praticare uno sconto ad un proprio cliente; non sempre, infatti, come si vedrà, la legge permette di farlo.

Gli sconti – Premessa

sconti e note di creditoLa concessione degli sconti può avvenire in varie circostanze. A volte, l’azienda decide di praticare uno sconto al momento della vendita stessa, oppure, può decidere di farlo al raggiungimento di un determinato volume d’acquisti, o di un’altra condizione.

Tutte le circostanze possono comunque essere ricondotte a due categorie di sconti, ossia quelli “incondizionati” e quelli “condizionati”.

 

1. Lo sconto incondizionato

Lo sconto incondizionato è dato da una riduzione del prezzo della fornitura, concordata nella fase della trattativa per la determinazione del corrispettivo; tale sconto viene già considerato nella determinazione dell’imponibile da assoggettare all’Iva, per cui non pone la necessità di adempiere ad obblighi successivi.

Ai fini dell’Iva, dunque, esso non pone alcun problema, in quanto non va emessa alcuna nota di credito, in quanto, si ripete, nella fattura di vendita si indicherà il prezzo “lordo”, lo sconto (con l’esplicita indicazione “sconto incondizionato”), e per differenza l’imponibile con l’Iva.

 

2. Lo sconto condizionato

Nello sconto condizionato, invece, la riduzione di prezzo viene fatta dipendere da una circostanza prestabilita, che si può verificare dopo la fatturazione delle merci vendute o dei servizi resi.

Nella prassi commerciale, infatti, al fine di fidelizzare i clienti, le aziende sono solite prevedere degli sconti che vengono effettuati al raggiungimento di determinati quantitativi di ordinazioni; oltre a questa, un’altra condizione classica, al verificarsi della quale si prevede uno sconto, è ad esempio quella dell’osservanza di determinate formule di pagamento: in caso di saldo alla data della fattura, o a una scadenza molto breve, l’importo può essere ridotto di una percentuale (ad esempio, del 3%).

Lo sconto condizionato dunque prevede che l’azienda emetta un documento a storno dell’importo che non viene pagato.

E’ da chiarire subito che la facoltà di stornare l’importo imponibile non pagato è sicuramente legittima, e non può essere soggetta a restrizioni dal legislatore; il problema che qui si vuole affrontare è invece se l’azienda ha la possibilità di  stornare anche l’Iva (emettendo la nota di credito) corrispondente alla riduzione dell’imponibile originario. In mancanza, infatti, l’azienda emetterà una semplice nota contabile, in cui cioè non verrà indicata l’Iva.

 

Il recupero dell’Iva versata: la previsione contrattuale o il termine annuale

Al riguardo, si può anticipare che la soluzione dipende dagli accordi presi con il cliente.

E’ interessante dunque illustrare il corretto inquadramento, ai fini Iva, di tali pattuizioni e di precisare quali siano le indicazioni che il documento di storno (nota di credito o nota contabile) deve riportare.

Andando con ordine, è evidente che, al momento dell’effettuazione dell’operazione, si procederà all’emissione della fattura, con importo, al lordo dello sconto condizionato, interamente soggetto ad Iva a norma dell’art. 13 D.P.R. n. 633/1972, che sarà concesso solo al verificarsi dell’evento concordato.

Successivamente all’emissione del documento, quando si realizzeranno le condizioni originariamente pattuite, il venditore accorderà lo sconto ed emetterà un documento a storno dell’imponibile precedentemente fatturato.

Per far sì che tale variazione rilevi anche ai fini Iva, e quindi che l’azienda recuperi anche l’Iva a suo tempo versata, si dovranno rispettare le condizioni imposte dalla norma di cui all’art. 26 D.P.R. n. 633/1972.

Al riguardo, il secondo comma di tale articolo prevede che l’azienda potrà recuperare l’Iva versata se l’ammontare delle operazioni precedentemente fatturare si sia ridotto:

  1. in conseguenza di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili;
  2. per mancato pagamento in tutto o in parte a causa di procedure concorsuali o di procedure esecutive rimaste infruttuose;
  3. in conseguenza dell’applicazione di abbuoni e sconti previsti contrattualmente.

 

La norma, quindi, dispone che, nel caso di concessione di abbuoni e sconti o premi, presupposto per l’emissione della nota di credito (con recupero dell’Iva) è la preventiva pattuizione contrattuale.

Nel caso in cui invece tale condizione non sia rispettata, e l’azienda abbia quindi accordato tali sconti solo successivamente, occorre rispettare una ulteriore condizione, sancita stavolta dal terzo comma, il quale prevede che il recupero dell’Iva non può essere esercitato dal cedente o dal prestatore dopo il decorso di un anno dall’effettuazione dell’operazione imponibile.

In caso di mancato originario accordo, dunque, il terzo comma pone all’emissione del documento un limite temporale di un anno dal momento dell’effettuazione dell’operazione, che, si ricorda, ai sensi dell’art. 6, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972, è individuato :

  • per i beni mobili nel momento della consegna o spedizione,
  • per gli immobili, o i mobili registrati, dalla data dell’atto,
  • per i servizi, dalla data di pagamento.

 

Il recupero dell’Iva versata nel caso di accordo non scritto

Un elemento di complicazione nasce allorquando l’accordo per la concessione di sconti percentuali sia stato contestuale al contratto con il cliente, ma solo in forma verbale, e non quindi scritta. Il Fisco potrebbe infatti eccepire l’esistenza stessa dell’accordo.

Al riguardo, si segnala che tale tesi è stata smentita dalla Corte di Cassazione, che, con la sentenza della Sezione Tributaria n. 8558/2001, ha avuto modo di esaminare tale fattispecie e ha giudicato infondata la tesi dell’ufficio, secondo cui occorreva l’esistenza di un contratto  scritto di data antecedente per detrarre l’Iva in relazione alla nota di credito emessa.

Infatti, la Suprema Corte, anche nelle sentenze n. 11025/2001 e n. 11173/2001, ha affermato che il termine “contratto”, secondo la nozione ricavabile dall’art. 1332 Codice Civile, può essere riferito anche ad un accordo verbale, e la prova di tale accordo emerge appunto dalla nota di credito.

Risulta chiaro come la Corte abbia accolto il principio secondo il quale ove la legge non preveda speciali forme per la conclusione del contratto, la modifica che comporta una riduzione del corrispettivo può essere anche frutto di un accordo verbale e può essere provata con qualunque mezzo previsto in materia contrattuale.

La conseguenza di tali pronunce è che l’azienda potrà emettere la nota di credito con Iva anche dopo il decorso di un anno dall’effettuazione dell’operazione, sulla base di un contratto non scritto nel quale sia stata prevista la clausola riguardante lo sconto.

E’ evidente, tuttavia, la utilità di predisporre adeguati mezzi di prova, come, ad esempio, una lettera accompagnatoria alla nota di credito nella quale si dica che, nel rispetto dei patti orali conclusi al momento della stipulazione dell’accordo commerciale, si emette la nota di credito allegata, al fine di tutelarsi di fronte all’Amministrazione.

 

3. La nota di credito: aspetti documentali

Per quanto riguarda, poi, le indicazioni da inserire nella nota di credito, dovranno risultare i dati richiesti dal secondo comma dell’art. 21, quali:

  1. la data ed il numero progressivo (diverso da quello delle fatture attive) attribuito alla nota;
  2. la ditta, denominazione o ragione sociale del soggetto al quale è concesso lo sconto ovvero il nome e cognome se non si tratta di imprese, società o enti;
  3. l’ammontare imponibile e l’ammontare dell’imposta distinti secondo l’aliquota.

 

Inoltre, la giurisprudenza ha stabilito che la nota di credito, in caso di sconto legato al raggiungimento di un predeterminato volume di acquisti, dovrà riportare:

  1. la natura e la qualità di “sconto” della somma portata dalla nota di credito, richiamando il contratto che lo prevede;
  2. la percentuale dello sconto praticato e l’importo complessivo del volume di affari in relazione al quale viene applicato;
  3. l’aliquota e l’ammontare dell’imposta.

 

Nel caso in cui esista tra le parti un accordo scritto al quale si può fare riferimento nella nota di credito, ciò permetterà al soggetto emittente di non indicare nella nota di credito le singole fatture cui si riferisce lo sconto.

Nel caso in cui, invece, non sia possibile fare riferimento ad un contratto, dato che gli accordi sono stati presi in forma verbale, sembra corretto affermare che nella nota di credito dovranno essere indicate, oltre alle informazioni indicate dalla Corte, anche le fatture cui si fa riferimento per la concessione dello sconto o del premio.

 

Le scritture contabili

La scrittura con cui si rileva l’emissione della fattura sarà quella nota:

 

Tipo

Numero

Denominazione

D/A

Importo

SP

C II 5

Crediti verso cliente x

D

3.600

CE

A 1

Merci c/vendite

A

3.000

 

 

D 12

Iva c/vendite

A

600

emessa fattura per vendita merce

 

 

Al momento di emissione della nota di credito

 

Tipo

Numero

Denominazione

D/A

Importo

SP

C II 5

Crediti verso cliente x

A

600

CE

A 1

Merci c/vendite

D

500

SP

D 12

Iva c/vendite

D

100

emessa nota di credito su vendita merce

 

 

Se invece viene emessa una nota contabile

 

Tipo

Numero

Denominazione

D/A

Importo

SP

C II 5

Crediti verso cliente x

A

500

CE

A 1

Merci c/vendite

D

500

emessa nota contabile su vendita merce

 

 

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Aprile 2005

Danilo Sciuto

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