La Cassazione chiarisce quando è possibile utilizzare le note di credito per ridurre l’imponibile IVA: servono prove precise che colleghino fatture e variazioni, registrazioni corrette e rispetto delle forme. La decisione rafforza i controlli e richiama l’attenzione delle imprese sulla documentazione necessaria per evitare contestazioni.
Note di credito e variazioni IVA: onere della prova
La Corte di Cassazione ha affermato che l’applicazione dell’art. 26 del D.P.R. n. 633/1972 presuppone la realizzazione di un’operazione imponibile, per la quale sia stata emessa fattura, che sia vera e reale e il sopravvenire di una causa di scioglimento del contratto, senza che occorra lo specifico accertamento negoziale o giudiziale della risoluzione intervenuta.
È necessario, inoltre, che sussista un titolo idoneo a realizzare gli effetti solutori del precedente contratto, nel rispetto delle eventuali forme prescritte, che le parti del negozio risolto e di quello risolutorio coincidano, che siano regolarmente adempiuti gli obblighi di registrazione previsti dallo stesso D.P.R. n. 633/1972 agli artt. 23, 24 e 25, e che la vicenda risolutiva, ove trovi titolo in un negozio di mutuo dissenso, si verifichi entro il termine di un anno.
Il rilievo dell’Ufficio sulle note di credito
La pretesa erariale, per la parte oggetto di impugnazione, scaturiva dal rilievo dell’emissione, da parte di una società, di un rilevante numero di note di credito a contestuale storno dal conto ricavi, con conseguente variazione in diminuzione ex art. 26 del D.P.R. n. 633/1972.
Il contenzioso di merito
L’allora CTP adita ha respinto il ricorso proposto avverso l’avviso d’accertamento con il quale l’Amministrazione ne aveva ripreso a tassazione, a fini Iva e ii.dd. per l’anno di imposta 2011, il maggior reddito accertato. La società sosteneva che le note erano state emesse a fronte di contestati vizi e difetti per opere eseguite e fatturate, ovvero di lavori ineseguiti ma oggetto di fatturazione, ovvero ancora in ragione di errori contabili.
I giudici di primo grado hanno ritenuto che, per la genericità delle annotazioni e la non univocità degli argomenti difensivi della contribuente, le note di credito non fossero giustificate ai fini della variazione in diminuzione.
Pronuncia confermata in sede di appello. Con tale la sentenza la C.T.R. ha rilevato, in particolare, che ostava all’operatività del meccanismo di variazione in diminuzione l’insussistenza di chiari elementi di collegamento fra le fatture rettificate e le note di credito.
Da qui il ricorso di Parte in Cassazione unico motivo. Per i ricorrenti, la variazione dell’imponibile non richiede specifiche modalità di esecuzione, quanto, piuttosto, che di essa e della relativa causa sia effettui la registrazione, in modo da rappresentare la corrispondenza fra le note e le fatture ad esse collegate.
Del resto, il presupposto per l’operatività della diminuzione risiede nel fatto che l’operazione alla quale essa si riferisce