L’intimazione di pagamento non rappresenta solo un passaggio verso l’esecuzione forzata, ma può costituire un atto autonomamente impugnabile. Una recente pronuncia di Cassazione chiarisce i confini dell’opposizione possibile, offrendo nuovi spunti interpretativi e strumenti di tutela per chi riceve richieste di pagamento. Un approfondimento utile per orientarsi tra le nuove aperture giurisprudenziali.
Intimazione di pagamento impugnabile autonomamente secondo Cassazione
La suprema Corte di Cassazione ha equiparato l’intimazione di pagamento all’avviso di mora di cui al vecchio art. 46 D.P.R. n. 602/1973, dunque un atto impugnabile autonomamente, secondo l’art. 19, comma 1, lett. e) D. Lgs. n. 546/1992. Prima di entrare in media res, è necessario rispolverare alcuni concetti, in tema di contenzioso tributario, dell’istituto di intimazione di pagamento.
È un atto formale con cui il creditore, solitamente l’Agenzia delle Entrate-Riscossione (per imposte dirette e indirette) o un Ente creditore per i tributi locali (IMU, Tari, ecc.) sollecita il pagamento di un debito, oggetto di una cartella esattoriale o di altro titolo esecutivo. Ricevere un’intimazione di pagamento vuol significare che, in caso di mancato pagamento del debito, possono essere avviate azioni esecutive a danno del debitore, quali pignoramento o fermo amministrativo. Il principio trasmesso dai giudici della sezione V della suprema Corte con la sentenza sopra citata è valido in quanto il contribuente può esprimere le proprie contestazioni in caso di contenzioso tributario.
I fatti di causa: pignoramento di crediti per cartelle esattoriali
Il principio trasmesso dagli Ermellini scaturiva da un procedimento che verteva su due atti di pignoramento di crediti, per un importo di oltre 4 milioni di euro, formatosi su svariate cartelle esattoriali, aventi ad oggetto crediti tributari e preceduti da intimazione ex-art. 50, comma 2, D.P.R. n. 602/1973.
Le Corti di merito avevano rigettato il gravame e confermato l’operato dell’ufficio. Con l’appello la società contestava l’operato dei primi giudici che ritenevano che le cartelle e l’intimazione di pagamento fossero state tutte regolarmente notificate e che la prescrizione non fosse maturata; quindi, la società rimarcava la nullità dei pignoramenti. Il secondo giudice rilevava nella propria pronuncia che l’intimazione di pagamento era stata notificata regolarmente il 27 aprile 2016.
A proposito di notifica delle cartelle e delle intimazioni di pagamento
Quanto alla notifica delle cartelle, il giudice d’appello confermava la sentenza di prime cure la quale aveva ritenuto provata la medesima, avvenuta a mezzo pec; solo per la cartella n. xxxx considerava fondato il motivo di appello, non essendovi prova della relativa notifica.
Sempre il secondo consesso giudicante osservava che la decorrenza del termine di prescrizione doveva essere fatta valere allorquando erano state notificate le cartelle esattoriali le quali, invece, non erano state oggetto di alcuna impugnazione; che la decorrenza del termine di prescrizione prima della notifica delle cartelle avrebbe dovute essere sollevata impugnando le cartelle stesse e successivamente l’intimazione di pagamento; che dopo detta ultima, risalente al 27 aprile 2016, e dopo la notifica del pignoramento in data 10 giugno 2016, alcun termine di prescrizione era decorso; che per quanto riguardava la cartella n.xxx0002, non notificata, la pr