Le società immobiliari di gestione possono essere considerate “società di comodo” se non superano il test di operatività, affrontando penalizzazioni fiscali significative, come maggiorazioni d’imposta e limitazioni sulle perdite. Tuttavia, esistono cause di esclusione e condizioni oggettive che consentono la disapplicazione di queste norme. Scopriamo come queste società possono evitare penalizzazioni e quali strategie adottare per dimostrare che non rientrano nella disciplina antielusiva, in un contesto in cui le restrizioni sono sempre più stringenti.
Come è noto l’art. 30 della Legge n. 724/1994 impone significative restrizioni a quelle società commerciali che detenendo immobili non superano il cosiddetto “test di operatività”; in pratica, dette società sono qualificate società di comodo perché i ricavi, gli incrementi di rimanenze e i proventi ordinari imputati a Conto economico risultano inferiori al valore dei ricavi “figurativi”, calcolati mediante l’applicazione di prestabiliti coefficienti a determinati beni dell’attivo patrimoniale.
In altri termini, se dal confronto tra ricavi minimi presunti e ricavi attesi risulta che i primi eccedono i secondi la società è da considerarsi non operativa.
Si ricorda, inoltre, che a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31.12.2022 per effetto delle modifiche stabilite dall’art. 9, comma 1, della Legge n. 73/2022, è stata abrogata la normativa delle società in perdita sistematica, di cui all’art. 2, comma 36-decies, 36-undecies e 36-duodecies del DL n. 138/2011.
Di seguito l’analisi della tematica.
Le penalizzazioni previste per le società di comodo
Acquisire lo status di “società non operativa” porta ad avere le seguenti penalizzazioni:
- l’obbligo di dichiarare ai fini IRES/IRPEF un reddito superiore a quello minimo presunto stabilito dall’art. 30, comma 3 della Legge n. 724/1994.
Più precisamente, occorre dichiarare un reddito non inferiore a quello risultante dall’applicazione di apposite percentuali ai valori di determinati beni dell’attivo patrimoniale;
- una maggiorazione del 10,5% dell’aliquota IRES che dal 24% passa al 34,5%. Maggiorazione applicabile alle società di capitali (Spa, Srl e Sapa) e ai soggetti assimilati (società ed enti di ogni tipo non residenti, con stabile organizzazione nel territorio dello Stato) che si qualificano “di comodo”;
- l’obbligo di dichiarare, ai fini IRAP, un valore della produzione minimo. Nello specifico occorre aumentare il reddito minimo ai fini delle imposte dirette sommando alcune componenti indeducibili quali:
- spese per il personale dipendente;
- competenze spettanti ai collaboratori coordinati e continuativi;
- compensi di lavoro autonomo occasionale;
- interessi passivi;
- la possibilità di portare in diminuzione, nel periodo d’imposta in cui la società non è operativa, le perdite dei periodi d’imposta precedenti soltanto per la parte di reddito che eccede quello minimo;
- l’impossibilità di chiedere a rimborso o di utilizzare in compensazione tramite modello F24 l’eccedenza IVA detraibile.
Non servono particolari doti per capire che l’intento del Legislatore è quello di penalizzare le società “schermo”, ovvero quelle strutture:
- prive di alcun interesse imprenditoriale create ad hoc dal contribuente;
- aventi come unico fine quello di “nascondere” i beni patrimoniali dei soci. Beni che così operando restano nella disponibilità dei soci nonostante non vi sia una formale intestazione.
Ebbene, in una situazione di tal genere le società immobiliari di gestione sono i soggetti che risultano più esposti alle restrizioni imposte dalla disciplina antielusiva, dato che:
- non è così raro che siano utilizzate per intestare beni. Si pensi in tal senso al caso degli immobili concessi in uso ai soci o ai loro familiari gratuitamente o, comunque, a canoni inferiori a quelli di mercato;
- i parametri stabiliti dall’art. 30 della Legge n. 724/1994 mirano a sovrastimare i ricavi minimi necessari per non essere considerati di comodo, rispetto a quelli effettivamente conseguibili nell’odierno mercato immobiliare.
NdR: Società immobiliare di comodo: cause disapplicazione
Cause di esclusione legate alla natura giuridica della società o ente
Non sono assoggettate alla disciplina antielusiva le società e gli enti che non risultano inclusi nell’elenco tassativo prescritto dall’art. 30, comma 1 della Legge n. 724/1994, ovvero:
- le società semplici;
- gli enti commerciali;
- gli enti non commerciali;
- le società consortili, cooperative e di mutua assicurazione;
- le società e gli enti non residenti privi di stabile organizzazione.
Evidenziamo altresì, che:
- rientrano nel campo di applicazione della normativa dei soggetti non operativi, anche le società estere prive di stabile organizzazione, se risultano residenti in base a quanto stabilito dall’art. 73, comma 5-bis del TUIR;
- ai sensi dell’art. 26, comma 4 del DL n.179/2012, la normativa delle società di comodo non è applicabile alle cosiddette “start up innovative”. Operativamente questi soggetti devono barrare la casella “start up” nel quadro RS del modello redditi per poter disapplicare la disciplina antielusiva.
Cause di esclusione e disapplicazione automatica
Oltre alle cause di esclusione di natura soggettiva appena viste, i soggetti che rientrano nell’ambito di applicazione delle società di comodo possono disapplicare la normativa antielusiva in modo automatico se sussiste:
- una delle cause disposte dall’art. 30, comma 1, n. 1-6-sexies della Legge n. 724/1994, riepilogate nella sottostante tabella
Cause di esclusione automatica dalla disciplina delle società di comodo |
Soggetti obbligati a costituirsi sotto forma di società di capitali |
Soggetti che si trovano nel primo periodo d’imposta |
Società in amministrazione controllata o straordinaria |
Società quotate, controllanti di quotate e controllate da quotate |
Società esercenti pubblici servizi di trasporto |
Società con almeno 50 soci |
Società con almeno 10 dipendenti nei 2 esercizi precedenti |
Società in stato di fallimento, assoggettate a procedure di liquidazione giudiziaria, di liquidazione coatta amministrativa e in concordato preventivo |
Società con valore della produzione superiore all’attivo patrimoniale |
Società partecipate da enti pubblici |
Conseguimento del livello di affidabilità fiscale in base agli ISA |
Società consortili |
- una delle cause di disapplicazione previste dal provvedimento del 14.2.2008 o da una delle due cause individuate dal provvedimento del 11.6.2012
Cause di disapplicazione società non operative per ricavi insufficienti |
Società assoggettate a procedure concorsuali |
Società sottoposte a sequestro penale o a confisca |
Società con immobili locati a enti pubblici |
Società holding |
Società che hanno ottenuto la disapplicazione in precedenti periodi d’imposta |
Società agricole |
Eventi calamitosi |
Impegno alla cancellazione dal Registro Imprese |
Rammendiamo, infine, che ciascuna delle cause di disapplicazione ed esclusione menzionate devono essere verificate facendo esclusivo riferimento al periodo di imposta oggetto della verifica dell’operatività.
La disapplicazione della disciplina tramite interpello
Le società di comodo che non potevano fruire di una delle cause di disapplicazione o di esclusione avevano la possibilità di richiedere tramite apposita istanza di interpello, cosiddetto, “probatorio”, ex art. 11, comma 1, lett. b) dello Statuto del contribuente, alla DRE la non applicazione della normativa antielusiva in presenza di situazioni oggettive che non avevano consentito il raggiungimento dei ricavi minimi e del reddito minimo.
Più precisamente, il contribuente con l’istanza di interpello chiedeva all’Amministrazione Finanziaria:
- un parere in merito alla sussistenza delle condizioni oggettive che avevano impedito di raggiungere i ricavi presunti e il reddito minimo;
- la disapplicazione delle penalizzazioni previste per i soggetti non operativi.
Ebbene, con le modifiche apportate allo Statuto dei contribuenti dal Dlgs n. 219/2023 l’interpello “probatorio” recante la richiesta di disapplicazione della normativa antielusiva è venuto meno.
Pertanto, per la generalità dei contribuenti non è più prevista la possibilità di presentare l’interpello “probatorio”. Strumento che ad oggi risulta riservato ai soli soggetti che:
- aderiscono al regime di adempimento collaborativo, di cui al Dlgs n. 128/2015;
- presentano l’interpello sui nuovi investimenti, di cui al Dlgs n. 147/2015.
Tuttavia, continua a valere la regola che prevede che in presenza di condizioni oggettive che non permettono di conseguire i ricavi minimi o il reddito minimo la società può disapplicare la normativa antielusiva, anche senza presentare istanza di interpello, a patto che vengano rese specifiche informazioni integrative nel quadro RS del modello Redditi.
Sul punto, segnaliamo che a norma dell’art. 8, comma 3-quinquies del Dlgs n. 471/1997 la mancanza delle citate informazioni integrative è punita con una sanzione compresa tra un minimo di € 2.000 e un massimo di € 21.000.
Società immobiliari: le condizioni oggettive invocabili
Nei documenti di prassi n. 5/E/2007 e n. 44/E/2007 l’Agenzia delle Entrate ha illustrato alcune delle situazioni oggettive che possono essere richiamate dalle società immobiliari per richiedere la disapplicazione della disciplina antielusiva.
In particolare, sono considerate situazioni oggettive di disapplicazione:
- la presenza di immobili in corso di costruzione, che per ovvie ragioni non possono produrre alcun ricavo;
- la provata impossibilità di stabilire canoni di locazione sufficienti a raggiungere il livello minimo di ricavi. Si pensi in tal senso, al caso in cui i canoni dichiarati risultano almeno pari a quelli di mercato determinati ai sensi dell’art. 9 del TUIR.
A tal proposito si ricorda che per individuare il canone di mercato si può ricorrere alle quotazioni rilevabili nella banca dati dell’OMI:
- la dimostrata impossibilità di modificare i contratti di locazione in corso;
- la temporanea inagibilità dell’immobile;
- la presenza di società con un patrimonio immobiliare parzialmente inutilizzabile. È il caso, ad esempio, del possesso di immobili fatiscenti;
- la mancanza delle necessarie autorizzazioni amministrative per poter edificare. Si pensi in tal senso al rilascio della concessione edilizia da parte del Comune.
Su questo punto si è anche espressa la Suprema Corte con la sentenza n. 3063/2019 affermando che la normativa antielusiva, ex art. 30 della Legge n. 724/1994 può essere disapplicata anche in ipotesi di lungaggini amministrative riguardanti il procedimento di autorizzazione all’esercizio dell’attività. Il tutto, però, a patto che i relativi procedimenti siano stati attivati tempestivamente dal contribuente.
Possono richiedere, inoltre, la disapplicazione della disciplina delle società non operative:
- le società che hanno dato in locazione immobili a enti pubblici, fissando canoni soggetti a parere di congruità da parte dell’Agenzia del Territorio;
- la società che acquista un immobile, subentrando in un contratto di locazione in corso, con canoni non congrui;
- la società con un contratto di locazione in corso il cui canone è fissato da anni e non può essere modificato. Al verificarsi di una situazione di tal genere è necessario provare, però, che il canone nell’anno in cui è stato stabilito risultava almeno pari a quello di mercato;
- la società che procede al rinnovo del contratto adeguando il canone a quello di mercato, ma che, comunque, risulta non operativa per effetto della media triennale. In tal caso occorre dimostrare che il canone stabilito per le due annualità precedenti risultava almeno pari a quello di mercato nell’anno in cui era stato pattuito.
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Alessandro Marcolla
Lunedì 7 ottobre 2024
Questo intervento è tratto dalla circolare settimanale di CommercialistaTelematico…
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