La decommercializzazione dei proventi pubblicitari delle ASD

Si ritiene di dover tornare sulla fiscalità dei proventi pubblicitari delle ASD, con un’analisi sistematica del TUIR, coordinata con l’art. 148 TUIR che ne detta la disciplina.

Facendo seguito all’articolo del dott. Luciano Sorgato in tema di Associazioni Sportive Dilettantistiche e tassabilità dei proventi pubblicitari percepiti (prima parte e seconda parte), pubblicato il giorno 11 luglio 2024, l’autore ha ritenuto opportuno approfondire l’argomento, facendo seguito in particolare ad un dubbio esposto da un lettore di Commercialista Telematico.

A questo riguardo l’autore conferma le proprie tesi come qui di seguito esposto…

Il percorso esegetico deve sempre partire dall’art. 143, 1° comma 2° periodo, il quale si raccorda con la disciplina fiscale di qualsiasi ente non commerciale, indipendentemente dalla sua articolazione strutturale. Non è un principio di portata disciplinare generale che si presta ad essere sovrastato da regolamenti più specifici, anzi dispone di una manifesta gerarchia normativa per addirittura preciso input legislativo di significato ricognitivo.

Nell’art. 148, comma 2, TUIR infatti il testo normativo è chiarissimo nel farlo assurgere a principio di ermeneutica non raggirabile, nell’indagine della rilevanza fiscale dell’operatività degli enti non commerciali:

“Si considerano tuttavia effettuate nell’esercizio di attività commerciali, salvo il disposto del secondo periodo del comma 1, dell’art 143 (e, quindi, con esclusione delle prestazioni di servizi non rientranti nell’art. 2195, codice civile)…”.

Il 4° comma dell’art. 148 TUIR non rende applicabile le prescrizioni del comma 3, ma mantiene integra la portata disciplinare del comma 2° e, quindi, la piena decommercializzazione delle prestazioni di servizi non rientranti nell’art. 2195 codice civile.

Ne deriva che è proprio il legislatore ad attribuirli una supremazia regolamentare incontrastata.

 

La decommercializzazione dei proventi pubblicitari delle ASD

Lettura coordinata degli articoli 143 e 148 del TUIR

decommercializzazione proventi pubblicitari asdL’inciso in questione è, quindi, portatore di una barriera invalicabile nella sussistenza dei presupposti in esso previsti, nel senso che solo se si sopravanza questo argine di irrilevanza impositiva, allora si ha l’attrazione nell’orbita fiscale dell’ente non commerciale indipendentemente dalla sua conformazione strutturale.

La sequenza delle norme è estremamente chiara e volutamente tracciata in modo altrettanto chiaro dal legislatore:

  • Art. 143 1° comma secondo periodo che prevede “l’esclusione dalle prestazioni di servi non incluse nell’art. 2195 codice civile”;
  • Art. 148, 2° comma che assume come parte disciplinare integrante e sovraordinata l’inciso “con esclusione dalle prestazioni di servi non incluse nell’art. 2195 codice civile”;
  • Art. 148, comma 4 che deroga al solo comma 3, per cui si assoggetta alla portata disciplinare del 2° comma e, subisce il condizionamento dell’esclusione delle prestazioni di servizi non incluse nell’art. 2195 codice civile per cui l’art 143, 1° comma. 2° periodo, viene a costituire norma di apertura dell’indagine fiscale degli enti non commerciali di ogni genere, ma anche di immediata ed invalicabile chiusura di ogni rilevanza fiscale di qualsiasi ente non commerciale e, quindi, anche degli enti associativi, qualora trattisi di prestazioni di servizi estranee all’art. 2195 e all’art. 2082 che ne condivide la portata disciplinare.

Ancora più precisamente allo scopo di non lasciare dubbi, la struttura normativa dell’art. 148, TUIR può così essere scansionata:

Il 1° comma decommercializza l’attività svolta nei confronti degli associati in conformità alle finalità istituzionali;

Il 2° comma restringe la decommercializzazione disponendo che si considerano effettuate nell’esercizio di attività commerciali, salvo sempre l’esclusione delle prestazioni di servizi non incluse nell’art 2195 codice civile, le cessioni di beni e le prestazioni di servizi rese verso corrispettivi specifici.

Ne deriva che se le prestazioni di servizi rese verso corrispettivi specifici hanno ad oggetto le prestazioni di servizi non incluse nell’art. 2195 in unione con il congiunto riscontro dei presupposti indicati nell’art. 143, 1°comma, secondo periodo, esse rimangono decommercializzate

Il 3° comma allarga ulteriormente la decommercializzazione anche alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi rese verso corrispettivi specifici con riferimento alle associazioni che perseguono fini di particolare sensibilità costituzionale (e sempreché ovviamente non si tratti di prestazioni di servizi non includibili nell’art. 2195 codice civile in quanto già decommercializzate dal secondo comma).

La decommercializzazione delle prestazioni di servizio non incluse nell’art. 2195 codice civile costituisce, quindi, un’area di irrilevanza fiscale assoluta che esaurisce in ogni caso qualsiasi prospettiva di recupero nell’orbita della rilevanza erariale degli enti associativi, al pari degli enti non commerciali in generale e di cui ne costituiscono solo un’articolazione strutturale.

L’ esonero previsto per tutti gli enti non commerciali dall’art. 143, 1° comma, secondo periodo, non può non valere per una qualsiasi sua singola specie.

In caso contrario si urta con l’art. 3 (uguaglianza) e 53 (capacità contributiva) della Costituzione, dal momento che un’analoga area di prestazioni di servizi considerate dal legislatore prive di dovere contributivo non può divergere in virtù della sola conformazione strutturale dell’ente.

Per tali servizi l’irrilevanza della capacità contributiva per volere legislativo si raccorda alla natura dei servizi e non alla struttura dell’ente (associativo o meno).

Il 4° comma, infine, in deroga al solo 3° comma, prevede che la decommercializzazione allargata del terzo comma prevista per determinati enti con specifici fini non valga per specifiche attività.

Ma, si ripete ancora una volta, l’area di irrilevanza plenaria del 2° comma persiste in ogni caso, proprio in coerenza con l’iniziale prescrizione dell’art. 143, comma 1, 2° periodo.

Il 3° comma non attrae alla decommercializzazone ciò che è già decommercializzato dal secondo comma, come la deroga prevista nel 4° comma al 3° comma attrae a tassazione le sole prestazioni rese verso corrispettivi specifici da parte degli enti con fini qualificati, senza però attrarre a tassazione le prestazioni di servizi non incluse nell’art. 2195 codice civile, le quali proprio in virtù della mai derogata decommercializzazione del 2° comma, rimangono sempre irrilevanti.

Ancora, vista la delicatezza della questione interpretativa in esame e in modo ulteriormente più semplificato il 3° e il 4° comma dell’art. 148 TUIR avrebbero anche potuto essere condensati in un solo comma così strutturato: la decommercialzzazione viene allargata anche alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizio rese verso corrispettivi specifici dalle associazioni con fini istituzionalmente qualificati ad eccezione di determinate attività, tra le quali figura anche la pubblicità commerciale (un solo comma che avrebbe potuto con semplice tecnica legislativa riassumere la complessiva portata disciplinare del 3° e del 4° comma).

 

Riassumendo…

Si sarebbe allora avuto la seguente sequenza di disposizioni:

  • 1° comma: decommercializza le attività svolte dalle associazioni nei confronti degli associati;
  • 2° comma: prevede la tassazione delle cessioni di beni e delle prestazioni rese verso corrispettivi specifici con l’esclusione delle prestazioni di servizi non incluse nell’art 2195 codice civile;
  • 3° e 4° congiunti: la decommercializzazione viene allargata anche alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi rese verso corrispettivi specifici da parte delle associazioni che perseguono fini qualificati, ad eccezione di determinate attività.

Le prestazioni di servizi non incluse nell’art. 2195 codice civile di cui all’art. 143, comma 1, 2° periodo, sarebbero state in maniera ancora più evidente, ma in ogni caso anche con la versione strutturale lo sono, escluse da ogni rilevanza impositiva.

 

Le agevolazioni della Legge 398

La legge 398/1991 non è ovviamente censurabile costituzionalmente, ma si applica per tassare meno ciò che è tassabile e non per tassare (anche solo poco) ciò che non è tassabile e, quindi, la sua forza specialistica è in ogni caso postergata alla verifica dell’insorgenza del presupposto d’imposta coordinata dai principi sopra esposti, altrimenti s’incorre in un corto circuito di logica impositiva.

 

La riforma fiscale dello sport dilettantistico

Nell’art. 12 del D.Lgs 36/2021 è stato travasato l’intero art. 90, comma 8, legge 289/2002:

“Il corrispettivo in denaro o in natura in favore di società, associazioni sportive dilettantistiche e fondazioni costituite da istituzioni scolastiche, nonché di associazioni e gruppi sportivi scolastici che svolgono attività nei settori giovanili riconosciuti dalle Federazioni Sportive Nazionali o da Enti di Promozione Sportiva costituisce, per il soggetto erogante, fino ad un importo annuo complessivamente non superiore a 200.000 euro, spesa di pubblicità, volta alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante mediante una specifica attività del beneficiario, ai sensi dell’articolo 108, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917”,…

…per cui il ceppo argomentativo del precedente articolo pubblicato sul tema si fonda su precisi presupposti già a partire dalla legge 289/2002, su cui è ancora oggi incentrato il contenzioso della Corte di cassazione.

 

Il dubbio del lettore di Commercialista Telematico

L’art. 143 TUIR, nella citata parte in cui evidenzia la non commercialità dei ricavi quando non eccedano i costi diretti, è una norma di carattere generale che riguarda la generalità degli enti non commerciali e la generalità dei servizi prestati.

L’art. 148 comma 4 TUIR, norma di carattere speciale, spazza ogni dubbio: pubblicità e sponsorizzazione sono servizi sempre e comunque commerciali. Punto. Non per niente sopravviene la 398 (altra norma speciale) che attenua il carico erariale in presenza di certi requisiti. Le due norme vanno lette assieme, ma nel testo che ho appena letto non vengono citate né l’una, né l’altra. In ogni caso, quella “ipocrisia giuridica” (con addirittura il dubbio di costituzionalità) nascente poiché la 398 verrebbe ad attenuare un carico fiscale non dovuto, non sussiste: il carico fiscale è dovuto senza alcun dubbio, e meno male che esiste la 398!

L’art. 90 comma 8 L. 289/2002 non esiste più: oggi dobbiamo riferirci nel merito all’art. 12 Dlgs 36/2021 dove si ritrova l’interpretazione autentica della deducibilità fino a 200mila euro dei corrispettivi erogati in favore di ASD SSD ecc.; la necessarietà dell’evento sportivo a sorreggere la presenza di prestazioni pubblicitarie nasce da due impulsi, uno di mercato e uno di coerenza; il primo, perché è chiaro che la cartellonistica nell’impianto sportivo ha senso se esso è frequentato dagli atleti e dalla tifoseria; il secondo, perché non avrebbe senso fare pubblicità senza eventi sportivi, da cui il rischio di carenza del principio di inerenza.

In realtà, proprio l’anzidetta interpretazione autentica blinda ogni prestazione di sponsorizzazione (istituto diverso dal contratto di prestazioni pubblicitarie) attraendola nel novero della pubblicità che è interamente deducibile nell’esercizio. Per fortuna, direi ancora una volta.

Le associazioni non sono imprese, altrimenti non le avremmo trovate regolate nel Libro Primo bensì nel Libro Quinto del Codice Civile. Ma possono svolgere attività commerciale, a patto di rispettare il 148 TUIR(v. comma  per le prestazioni corrispettive rivolte a soci e tesserati, e le norme del reddito di impresa per le prestazioni di altro tipo, fra cui quelle previste dal comma 4 del 148.

Il fatto che gli enti non commerciali determinano i redditi secondo l’art. 8 TUIR, conferma che ha senso la presenza di quei “compartimenti stagni” citati nel testo.

Ovviamente queste sono considerazioni che derivano dai miei convincimenti e dalla mia esperienza professionale.

Il Legislatore auspica che i sodalizi traggano sostentamento anche da prestazioni di rilevanza commerciale e li aiuta attraverso le decommercializzazioni che possono essere generiche (148 comma 1) o specifiche (148 comma 3, 143) oppure attraverso attenuazioni fiscali (145 TUIR, 398).

A me sembra che il sistema funzioni, pur migliorabile, e che tanti dubbi sulla tassabilità dei proventi pubblicitari non sussistano.

Grazie per il confronto e complimenti per il lavoro del bravo Luciano Sorgato.

 

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Luciano Sorgato

Mercoledì 24 luglio 2024