La Corte di Cassazione ha affrontato il riconoscimento dei costi in sede di accertamenti fiscali induttivi, centrando il dibattito su un caso di omessa fatturazione di autovetture da parte di una società. La Corte ha ribadito che, in caso di accertamento induttivo puro, l’Amministrazione deve dedurre i costi forfettariamente, mentre in accertamenti analitici o induttivi, spetta al contribuente dimostrare l’esistenza di costi deducibili. La sentenza sottolinea l’importanza di considerare i costi effettivamente sostenuti per evitare un’imposizione fiscale sul profitto lordo, in contrasto con il principio di capacità contributiva. La decisione conferma l’approccio flessibile nella deduzione dei costi, sostenendo l’adeguamento ai principi costituzionali e alla realtà operativa delle imprese.
La Corte di Cassazione è tornata sul sempre controverso tema del riconoscimento di costi in caso di accertamento, induttivo o analitico induttivo.
Il caso: omessa fatturazione di autovetture
Nel caso di specie, l’Agenzia delle Entrate aveva proposto appello avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale, che aveva accolto il ricorso presentato da una società, avente ad oggetto un avviso di accertamento con il quale veniva richiesto il pagamento di maggiori imposte (Ires, Iva e Irap) per omessa fatturazione di ricavi per la vendita di autovetture.
L’evasione era stata realizzata alterando le rimanenze (facendo, cioè, apparire in magazzino ciò che era stato venduto in nero), ovvero sottofatturando le vendite, ma sempre sulla base di regolari acquisti già contabilizzati, essendovi sul punto anche le dichiarazioni della stessa società che aveva ammesso che le autovetture erano state regolarmente acquistate e fatturate ai clienti, ma con fattura di vendita inferiore al finanziamento richiesto.
La Commissione Tributaria Regionale aveva ri