Dopo la proroga della prima dichiarazione CBAM a causa di problemi informatici, gli importatori devono ora prepararsi per la seconda scadenza il 30 aprile 2024, rischiando sanzioni fino a 50€/tonnellata per emissioni non dichiarate. Ecco, dunque, una guida alla presentazione del modello CBAM “Carbon Border Adjustment Mechanism”, posto che la normativa richiede relazioni trimestrali dettagliate sulle emissioni incorporate e sulle merci importate. Sono ammesse modifiche alle prime due relazioni fino al 31 luglio 2024, con la possibilità di usare valori predefiniti per stime. Il dichiarante CBAM, definito regolamentariamente, può essere l’importatore o un rappresentante doganale, con significative responsabilità legali.
Verso la seconda dichiarazione: sfide e strategie nel CBAM
È stata superata la prima dichiarazione che ha goduto di una proroga di 30 giorni, ora occorre prepararsi alla seconda, in scadenza il 30 aprile 2024.
È necessario segnalare che la presentazione della prima dichiarazione ha generato non pochi problemi.
A causa dei numerosi problemi informatici durante la compilazione della prima dichiarazione periodica, dovuti al malfunzionamento del sistema di coordinamento dei sistemi informatici doganali dell’Unione Europea, la Commissione UE ha annunciato una proroga con l’avviso del 29 gennaio 2024, stabilendo subito limiti e condizioni.
Il differimento del termine richiedeva una prova tempestiva dei problemi del sistema informatico doganale.
A molti è sfuggito il significato della seconda parte dell’avviso della Commissione che invitava tutti gli operatori a rispettare la scadenza del 31 gennaio, chiarendo che non sarebbero state irrogate sanzioni ai soli dichiaranti in grado di dimostrare le difficoltà intercorse nel procedimento dichiarativo.
Non è scontato, pertanto, che chi abbia deciso di usufruire del termine differito di 30 giorni non possa essere destinatario in futuro di provvedimenti di irrogazione delle sanzioni amministrative previste dai regolamenti CBAM.
Le sanzioni possono arrivare fino a 50 euro per ogni tonnellata di emissioni di gas a effetto serra non dichiarati, senza differenza tra dichiarazione omessa o tardiva. Quindi, anche in caso di dichiarazione differita, senza una segnalazione di errore entro il 31 gennaio, si potrebbe violare i termini.
Le relazioni trimestrali
Dal 1° ottobre 2023 e fino al 31 dicembre 2025, gli importatori interessati dal tributo ambientale legato alle emissioni di carbonio, sono tenuti a presentare una relazione trimestrale, all’interno della quale devono essere raccolti i dati sulle c.d. emissioni incorporate, intendendosi per esse sia quelle dirette, connesse a processi di riscaldamento, combustione e raffreddamento, sia quelle indirette, legate cioè al consumo di energia elettrica.
In aggiunta, devono necessariamente essere inseriti nella dichiarazione trimestrale i dati che riguardano l’origine, il codice di classifica doganale e le quantità di merce importata, le informazioni relative allo stabilimento produttivo, nonché il prezzo del carbonio praticato nel Paese dove è situato lo stabilimento stesso.
Le relazioni CBAM trimestrali sono raccolte all’interno del Registro transitorio, reso operativo dalla Commissione UE dall’inizio dello scorso dicembre.
Per ogni trimestre, la relazione deve essere inviata entro la fine del mese successivo al termine del trimestre stesso. L’invio della seconda relazione, pertanto, è previsto entro il 30 aprile 2024.
Quando e come modificare la relazione trimestrale
Solo per le prime due relazioni è prevista la possibilità di apportare modifiche fino a due mesi dopo la fine del relativo trimestre.
Per i primi due trimestri (ottobre – dicembre 2023 e gennaio – marzo 2024), infatti, è possibile modificare la dichiarazione fino al termine di presentazione della terza relazione (31 luglio 2024). Inoltre, in caso di motivata richiesta del dichiarante, è possibile correggere o ripresentare la relazione o a correggerla entro un anno dalla fine del trimestre di riferimento.
È nell’interesse degli importatori fornire una relazione trimestrale che rifletta dati il più accuratamente possibile la realtà. Al termine del regime transitorio, infatti, sulla base dei valori delle emissioni incorporate riportati nelle relazioni trimestrali (che diventeranno annuali dal 2026) dovranno essere acquistati i certificati CBAM.
In molti casi, tuttavia, è davvero difficile risalire ai dati relativi alle emissioni legate alla produzione, poiché spesso non esiste un vero e proprio contatto diretto tra importatore e fornitore, bensì solo un rapporto commerciale tra importatore ed esportatore.
Eccezionalmente, fino al 31 luglio 2024, per ciascuna importazione di merci per la quale il dichiarante non disponga di tutte le informazioni relative a emissioni dirette e indirette, il dichiarante può utilizzare differenti metodologie di stima, compresi i cosiddetti “valori predefiniti” resi disponibili e aggiornati regolarmente dalla Commissione UE sul proprio portale online.
Occorre prestare attenzione anche ai profili di responsabilità giuridica derivante da eventuali errori nella compilazione delle dichiarazioni trimestrali.
Sul punto è intervenuta la Commissione europea con le FAQ 29/11/2023, prevedendo che la responsabilità grava tanto sugli importatori quanto sui titolari degli adempimenti legati al CBAM.
La Commissione ricorda, tuttavia, che gli importatori possono decidere di nominare un rappresentante doganale indiretto che, se accetta di adempiere all’obbligo dichiarativo, dovrà assumere gli obblighi CBAM al posto dell’importatore.
Chi è il dichiarante CBAM?
La figura del dichiarante CBAM suscita numerosi dubbi interpretativi tra gli operatori alle prese con questo nuovo adempimento doganale.
Come afferma l’articolo 2 Regolamento UE 1773 del 17/08/2023, può essere considerato dichiarante CBAM solo l’importatore che presenta una dichiarazione in Dogana di immissione in libera pratica di merci CBAM a proprio nome e per proprio conto, il rappresentante doganale indiretto, se l’importatore è un soggetto stabilito fuori dall’Unione europea o, in ultimo, il rappresentante doganale indiretto (anche di un importatore stabilito in UE) che ha accettato espressamente gli obblighi dichiarativi.
In pratica, se l’importatore è un soggetto non stabilito, si rende necessario individuare un soggetto stabilito che possa farsi carico degli adempimenti dichiarativi.
Se, invece, l’importatore è un soggetto stabilito nell’Unione europea, il rappresentante doganale indiretto è normalmente esonerato da tale adempimento e può farsene carico solo se espressamente decide in tal senso.
Nessun obbligo è invece previsto per il rappresentante doganale diretto, sia esso operante per conto di un soggetto stabilito fuori dell’Unione europea o in un Paese membro UE.
Per quanto concerne la definizione di stabilimento nell’UE, è importante notare che se l’importatore extra-UE ha una stabile organizzazione o un’amministrazione centrale in uno Stato membro, lo stesso si considera stabilito all’interno dell’Unione europea.
Se il rappresentante fiscale dell’importatore figura nella dichiarazione doganale come importatore (quindi indicato non solo con la propria partita Iva ma anche con la propria denominazione e codice EORI e in assenza di altro nominativo) è il rappresentante fiscale a dover presentare la dichiarazione CBAM, avendo assunto la veste di importatore.
Al di fuori di questa ipotesi, salvo diverse indicazioni della Commissione, a oggi il rappresentante fiscale non può assumere la veste di dichiarante CBAM.
In ogni caso il rappresentante fiscale può comunque assumere il ruolo di “gestore” degli adempimenti CBAM: in tale ipotesi, è il rappresentante doganale indiretto del soggetto non residente che effettua la delega degli adempimenti CBAM a favore del rappresentante fiscale.
Essere un “dichiarante CBAM” comporta, dunque, significative responsabilità, come visto, in materia di violazioni, e conseguenti sanzioni, per omessa presentazione della dichiarazione o in caso di errori nella presentazione della dichiarazione stessa.
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Sara Armella e Stefano Comisi
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