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Diversi i settori interessati: dall’acciaio al cemento, dall’alluminio all’elettricità, oltre al settore dell’idrogeno e a quello dei fertilizzanti.
Dal 1° ottobre 2023 saranno in vigore nuovi obblighi di compliance per gli importatori. I nuovi certificati CBAM saranno invece obbligatori a partire dal 2026.
CBAM: un nuovo dazio sulle importazioni per proteggere l’ambiente
L’Unione europea ha introdotto un nuovo dazio ambientale sulle importazioni dei prodotti realizzati dalle industrie più inquinanti dei Paesi extra-UE (Regolamento UE 10 maggio 2023, n. 956/2023).
Si tratta del CBAM (Carbon Border Adjustment Mechanism), un vero e proprio tributo doganale, che interesserà alcuni dei settori più importanti per la nostra economia: il nuovo meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere riguarderà, infatti, prodotti come cemento, fertilizzanti, ferro e acciaio, idrogeno, alluminio ed elettricità.
Tale misura, prevista dal pacchetto legislativo “Fit for 55”, è ritenuta essenziale per conseguire l’obiettivo dell’Unione europea di ridurre le emissioni del 55% entro il 2030, fino a ottenere un’Unione climaticamente neutra entro il 2050.
Tali propositi sono al centro del Green Deal europeo del 2019, il quale comprende una serie di iniziative strategiche che mirano ad avviare l’UE sulla strada di una transizione climatica e ambientale.
Gli obiettivi del CBAM
Il CBAM, già rinominato come la nuova “carbon tax europea”, rappresenta un vero e proprio dazio ambientale, che sarà applicato alle importazioni di prodotti ad alta intensità di carbonio, al fine di ridurre il c.d. “dumping ecologico”, ossia la scelta di delocalizzare la produzione in Paesi che consentono le emissioni di gas a effetto serra.
Il CBAM rappresenta una misura volta, quindi, a eliminare la differenza dei costi di produzione delle aziende extra-UE, per far fronte al minore impegno di alcuni Paesi terzi nel contrasto alle emissioni di carbonio.
L’Unione europea prevede, infatti, regole molto stringenti sulle emissioni di CO2.
In particolare, è con il Green Deal europeo che gli Stati membri UE si sono impegnati a ridurre, entro il 2030, i gas a effetto serra del 55% rispetto ai livelli degli anni ‘90.
Tra gli strumenti previsti dal Green Deal per raggiungere tale importante obiettivo, volto a prevenire i cambiamenti climatici, a tutela dell’ambiente, vi è anche il CBAM.
Nonostante gli ambiziosi obiettivi dell’Unione europea, gli sforzi profusi per ridurre l’inquinamento non possono produrre gli effetti desiderati se i Paesi extra-UE non adottano gli stessi standard.
Occorre considerare, infatti, che molto spesso, per “aggirare” le limitazioni imposte dalle aziende UE, le aziende delocalizzano la produzione verso Paesi extra-UE che hanno una normativa ambientale meno attenta agli effetti climatici delle produzioni inquinanti.
In questo contesto, il CBAM persegue l’obiettivo riequilibrare il dumping ambientale realizzato da Paesi non impegnati nell’attuazione dell’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici, nel rispetto del principio “chi inquina paga”.
Oltre a eliminare il vantaggio economico della delocalizzazione, il nuovo dazio aspira anche a incentivare il rientro nell’Unione europea di alcune importanti filiere produttive, favorendo il fenomeno del back-shoring.
Il nuovo tributo ambientale prevede, infatti, che i prodotti inquinanti importati nell’Unione europea assolvano un dazio corrispondente alle loro emissioni di carbonio, equivalente al prezzo pagato dai produttori italiani nell'ambito del sistema europeo di scambio delle quote di emissione EU ETS.
Come prepararsi al CBAM?
Per gli operatori diventa indispensabile tracciare la filiera produttiva e operare un’accurata selezione dei fornitori.
È fondamentale, infatti, tenere conto non soltanto della qualità del prodotto o dei tempi e costi di consegna, ma anche del modo in cui il bene è stato realizzato.
Gli importatori dovranno prestare particolare attenzione non soltanto alle emissioni dirette, generate dalla produzione dei beni CBAM, ma anche alle c.d. “emissioni indirette”, prodotte dall'elettricità utilizzata nella fabbricazione di tali prodotti.
I prodotti interessati dal CBAM: un quadro in evoluzione
I settori colpiti dal nuovo dazio ecologico sono quelli dell’energia elettrica, alluminio, tubi, cisterne, recipienti, elementi per l’edilizia ed altri elementi in acciaio, ghisa e altri metalli.
La Commissione europea sta già valutando, però, di estendere i nuovi adempimenti anche ad altri beni a rischio di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio.
I prodotti che interessati potrebbero essere quelli che subiscono processi di fabbricazione complessi, utilizzando varie materie prime, come le parti in acciaio o plastica, o i prodotti finiti, come ad esempio, automobili, macchine, dispositivi elettronici e giocattoli.
Le fasi di implementazione del nuovo dazio ecologico
Il regolamento UE 956/2023 ha previsto un’introduzione graduale delle nuove misure, che entreranno in vigore in due fasi, in modo da garantire la progressiva implementazione degli adempimenti a carico degli operatori.
In questo modo, le imprese avranno tempo a disposizione per adeguarsi alla nuova normativa, eseguendo accurate indagini sull’origine dei prodotti importati e analizzando i quantitativi di carbonio emessi per la realizzazione del prodotto stesso.
Ciò eviterà anche una maggiorazione del costo finale della merce e permetterà la valutazione di convenienza economica del trasferimento della produzione in Paesi meno attenti all’ambiente.
Dal 1° ottobre 2023 al 31 dicembre 2025, è previsto un periodo di transizione, in cui gli importatori UE dovranno rispettare nuovi obblighi di compliance.
Gli operatori dovranno comunicare, infatti, alla Commissione europea la quantità di merci CBAM importate, le emissioni incorporate in tali merci e il prezzo del carbonio pagato nel Paese di origine per le emissioni incorporate.
I quantitativi di carbonio presenti nei prodotti importati.
Dal 1° gennaio 2026, invece, il CBAM sarà pienamente operativo e gli importatori saranno obbligati ad acquistare nuovi certificati CBAM, corrispondenti alle emissioni incorporate nei prodotti importati.
Restano, tuttavia, escluse dall’applicazione del CBAM le importazioni dei prodotti che sono già soggetti al pagamento dell'EU ETS, in quanto già applicato nei Paesi terzi o territori o a un sistema di fissazione del prezzo del carbonio pienamente collegato all'EU ETS.
Dichiarante autorizzato e sanzioni
A partire dal 2026, inoltre, le dichiarazioni di importazioni di merci CBAM dovranno essere presentate da un dichiarante autorizzato dall’Agenzia delle dogane.
I dichiaranti dovranno sostenere un audit preventivo da parte della Dogana e saranno iscritti in un registro istituito dalla Commissione europea.
Da segnalare che, se per le operazioni di importazione di merci CBAM, l’importatore delega uno spedizioniere doganale, in qualità di rappresentante indiretto, sarà quest’ultimo a dover essere in possesso della qualifica di dichiarante autorizzato.
Il regolamento UE 956/2023 ha introdotto anche nuove sanzioni in caso di mancata restituzione dei certificati CBAM.
L’importo delle ammende sarà equivalente all'importo già previsto dal meccanismo EU ETS (fino a 100 euro ogni tonnellata di Co2 emessa da un impianto il cui gestore non ha restituito le quote di emissione, ai sensi dell’art. 16, par. 3 e 4, direttiva 2003/87/CE) nel caso in cui l’omissione sia attribuibile a un dichiarante autorizzato CBAM.
Le sanzioni, invece, saranno considerevolmente più alte nel caso in cui le merci dovessero essere introdotte nell'Unione europea da un soggetto diverso da un dichiarante autorizzato.
A cura di Sara Armella
Martedì 13 giugno 2023