Cosa si può acquistare nei Duty Free senza pagare imposte? Non tutto è esente, e le regole sono più rigide di quanto sembri. Destinazione del viaggio, tipo di bene e zona dell’aeroporto fanno la differenza. Un mondo regolato al dettaglio, tra vantaggi fiscali, vincoli doganali e obblighi per i gestori.
Duty Free Shop: niente IVA per le vendite a viaggiatori verso l’estero
Costituzione dei Duty Free Shop (DFS)
Il D.Lgs 141/2024 (DNC), all’art. 67 (rubricato “Vendita di prodotti non unionali ai viaggiatori in uscita”) prevede:
“1. Le amministrazioni, gli enti e gli esercenti porti, aeroporti, ferrovie, strade e autostrade possono essere autorizzati a istituire e gestire direttamente o a mezzo di loro concessionari, rispettivamente nell’ambito di stazioni marittime, aeroportuali e ferroviarie di confine e in prossimità dei transiti internazionali stradali e autostradali, speciali negozi per la vendita, ai viaggiatori in partenza verso Paesi o territori non facenti parte del territorio doganale dell’Unione, di prodotti non unionali in esenzione da tributi, destinati a essere usati o consumati fuori del territorio doganale”.
La norma è analoga a quella contenuta nell’art. 128 dell’abrogato TULD (DPR43/1973).
A mente dell’articolo 158, paragrafo 1, Direttiva 2006/112/Ce…
“… gli Stati membri possono prevedere un regime di deposito diverso da quello doganale nei casi seguenti: a) per i beni destinati a punti di vendita in esenzione da imposte, ai fini delle cessioni di beni destinati ad essere trasportati nel bagaglio personale di un viaggiatore che si reca in un territorio terzo o in un paese terzo, con un volo o una traversata marittima, e che sono esenti a norma dell’articolo 146, paragrafo 1, lettera b)”.
Come precisa il successivo paragrafo 3:
“Ai fini del paragrafo 1, lettera a), si intende per «punto di vendita in esenzione da imposte» qualsiasi esercizio ubicato nell’area di un aeroporto o di un porto e che soddisfi le condizioni previste dalle competenti autorità pubbliche”.
Inoltre, l’art. 157 della medesima direttiva IVA prevede che:
“Gli Stati membri possono esentare le operazioni seguenti: … b) le cessioni di beni destinati ad essere vincolati, nel loro territorio, ad un regime di deposito diverso da quello doganale”.
Questo regime di non applicazione dei tributi (inclusa l’IVA) è stato introdotto in Italia mediante la possibilità di creare dei Duty free shop, che si qualificano come dei depositi doganali privati, normalmente posizionati nell’ambito degli aeroporti e dei porti internazionali. In genere, i negozi duty free negli aeroporti si trovano dopo i controlli di sicurezza e, quindi, prima del controllo passaporti (che avviene prima di accedere all’area imbarchi). Questo significa che, per accedere ai duty free, è necessario prima aver superato i controlli di sicurezza e, se si viaggia verso un paese extra-Schengen, anche il controllo passaporti.
Come affermato dalla Circolare Ministeriali n. 179/D del 2000, infatti, «si ritiene che detti esercizi … debbano essere assimilati a tutti gli effetti ai depositi doganali privati» al cui interno le merci si considerano, appunto, merci «estere» (precisamente: merci allo stato estero).
Considerato che i DFS sono da considerarsi depositi doganali, prima dell’avvio della gestione, è richiesto il deposito di una garanzia pari al 30% del valore della merce non unionale detenuta allo stato estero nel DFS. In caso di primo avvio di attività, la garanzia del 30% sarà calcolata sulla base valore delle merci, in base ad una giacenza media dichiarata dal gestore. Successivamente all’avvio, la garanzia può essere adeguata su richiesta del gestore oppure a seguito di una verifica dell’Ufficio delle Dogane competente.
La Nota Agenzia Dogane e Monopoli 9.3.2016 n. 22583 – richiamando la circolare n. 44/D del 1° ottobre 2001, al punto “A – MODALITÀ OPERATIVE PER I NEGOZI” – ricorda, tra l’altro, che:
«Tutti i beni venduti “Duty free” dovranno essere riposti in contenitori sigillati con nastro adesivo recante in diverse lingue il seguente avviso: “I BENI ACQUISTATI NON POSSONO ESSERE CEDUTI A TERZI NEL TERRITORIO DELL’U.E.; QUESTO CONTENITORE PUO’ ESSERE APERTO SOLO DOPO L’USCITA DAL TERRITORIO DELL’UNIONE EUROPEA”. Al contenitore va applicato lo scontrino fiscale emesso.».
Tale assunto, appare senza dubbio volto a garantire che i beni venduti nei Duty free siano destinati esclusivamente ai viaggiatori in uscita dal territorio doganale comunitario, impedendo il consumo degli stessi all’interno di quest’ultimo, incluso quindi il particolare spazio aeroportuale definito “area sterile” ovvero quell’area ove hanno accesso i viaggiatori già sottoposti ai controlli di sicurezza.
Va da sé che se il viaggiatore come destinazione l’Italia o altro Paese Ue non potrà rendersi applicabile lo speciale regime fiscale delineato dalla norma unionale. Questa differenziazione, legata alla destinazione del viaggiatore, sarà di seguito meglio evidenziata.
Poiché i punti vendita sono collocati in aree che consentono l’accesso sia a viaggiatori con destinazione U.E. che a viaggiatori diretti verso paesi terzi, il trattamento fiscale delle cessioni deve essere strettamente correlato alla destinazione dei viaggiatori acquirenti, mentre le modalità per l’approvvigionamento dei beni destinati alla vendita nei predetti negozi sono uniformi.
Cessioni fatte nei Duty Free Shop
Le vendite possono essere fatte nei confronti di viaggiatori:
- diretti in altro Paese Ue: sono sottoposte ai tributi italiani (tassazione nel luogo di partenza);
- diretti in Paese extra Ue: NON sono sottoposti ai tributi italiani (vendite “tax free”)
Quanto al concetto di “viaggiatore”, occorre richiamare l’articolo 1, punto 40, del Regolamento Delegato (UE) 2015/2446 (analogo all’articolo 236 del Regolamento CEE 2454/93, in vigore fino al 31 maggio 2016), che riporta la seguente definizione:
“40. «viaggiatore»: una persona fisica che: a) entra temporaneamente nel territorio doganale dell’Unione e non vi risiede normalmente; b) ritorna nel territorio doganale dell’Unione in cui ha la residenza normale dopo un temporaneo soggiorno al di fuori di tale territorio; c) lascia temporaneamente il territorio doganale dell’Unione dove risiede normalmente; d) lascia il territorio doganale dell’Unione dopo un soggiorno temporaneo, senza esservi residente normalmente”.
Come meglio vedremo nel prosieguo, i viaggiatori diretti fuori della Ue possono beneficiare dell’esenzione da tutti i tributi con riferimento alle merci acquistate nei DFS.
Ai fini IVA, le cessioni relative a tali beni, avendo ad oggetto merci “allo stato estero”, sono, in sostanza, considerate operazioni prive del requisito di territorialità di cui all’art. 7-bis comma 1 del DPR 633/1972. Ciò anche se detti luoghi autorizzati, al pari delle zone franche e dei depositi doganali, ai fini Iva appartengono al ter