Per gli enti del terzo settore l’entrata in vigore della riforma comporterà anche nuovi obblighi contabili come la tenuta del libro giornale. Vediamo i dubbi operativi, soprattutto per le realtà di minori dimensioni.
L’art. 13 del D.Lgs n. 117/2017 disciplina gli obblighi contabili civilistici e di redazione del bilancio degli ETS. La disposizione, nonostante siano decorsi circa sei anni dall’approvazione della riforma, fa sorgere ancora oggi numerosi dubbi.
È auspicabile che vengano forniti i relativi chiarimenti prima che la riforma sia pienamente operativa a seguito dell’autorizzazione della Commissione europea.
Enti del terzo settore: l’obbligo di tenuta del libro giornale
La norma così dispone:
“Gli enti del Terzo settore che esercitano la propria attività esclusivamente o principalmente in forma di impresa commerciale devono tenere le scritture contabili di cui all’articolo 2214 del codice civile”.
Il problema è comprendere quale significato il legislatore abbia inteso attribuire all’espressione “in forma di impresa commerciale”.
La prima risposta sembra debba essere ricercata nella “forma giuridica”, ma è intuibile come la soluzione dia luogo ad effetti paradossali tali da poterla considerare completamente insoddisfacente.
Trattandosi di enti del Terzo settore è evidente come il legislatore non intendesse fare riferimento ad una delle forme societarie previste dal codice civile. In alternativa potrebbe ritenersi che la previsione riguardi l’impresa sociale, ma anche in questo caso la soluzione non sembra corretta.
Le disposizioni che disciplinano l’impresa sociale già prevedono tra le scritture contabili obbligatorie il libro giornale di cui all’art. 2214 del codice civile.
Sulla base di un’interpretazione sistematica estremamente articolata la disposizione sembra riferirsi agli enti del terzo Settore commerciali, anche se gli effetti, ove l’interpretazione sarà confermata, risulteranno estremamente penalizzanti.
Il problema della commercialità
La “ricostruzione” deve iniziare dall’art. 79 del Codice il quale distingue enti non commerciali rispetto a quelli aventi natura commerciale.
Le due categorie di soggetti non perdono la qualifica e possono continuare ad essere iscritti nel Registro unico nazionale anche se le agevolazioni fiscali più “incisive” riguardano gli enti del Terzo settore non commerciali.
L’art. 79, comma 5 precisa preliminarmente che:
“Si considerano non commerciali gli enti del Terzo settore di cui al comma 1 che svolgono in via esclusiva o prevalente le attività di cui all’articolo 5 in conformità ai criteri indicati nei commi 2 e 3 del presente articolo.
I predetti commi precisano che le attività “si considerano di natura non commerciale quando sono svolte a titolo gratuito o dietro versamento di corrispettivi che non superano i costi effettivi …”.
Il successivo comma 5 dispone che:
“Indipendentemente dalle previsioni statutarie gli enti del Terzo settore assumono fiscalmente la qualifica di enti commerciali qualora i proventi delle attività di cui all’articolo 5, svolte in forma d’impresa, non in conformità ai criteri di cui ai commi 2 e 3 del presente articolo, …, superano, nel medesimo periodo d’imposta le entrate derivanti da attività commerciali …”..
In buona sostanza se i corrispettivi sono superiori ai costi l’attività si considera esercitata in forma d’impresa e il soggetto in questione assume la qualificazione di ente del Terzo settore commerciale.
Risulta dunque evidente come l’art. 79 citato utilizzi la stessa espressione, in “forma d’impresa” di cui all’art. 13, comma 3.
Sembrerebbe dunque sufficiente che un ente, anche con proventi di modesto ammontare, ad esempio pari a 50.000 euro, ove conseguisse con le attività di cui all’art. 5 proventi maggiori dei costi, possa essere ricondotto nell’ambito del citato art. 13, comma 4 con l’obbligo di tenuta, sia pure ai soli fini civilistici, del libro giornale di cui all’art. 2214 del codice civile.
In realtà non sembra possibile sostenere che il legislatore, pur avendo “concepito” un “sistema” premiale in grado di riconoscere l’attribuzione di maggiori agevolazioni fiscali agli enti del Terzo settore “meritevoli”, abbia voluto penalizzare i soggetti di “modeste dimensioni”.
Implicazioni fiscali e contabili per gli Enti del Terzo Settore
Probabilmente la “chiave” di lettura deve essere rinvenuta nello stesso art. 79 della riforma che, nel fornire la definizione di ente del Terzo settore commerciale, precisa ulteriormente come tale definizione sia valida ai soli fini fiscali utilizzando l’espressione “fiscalmente”.
Presumibilmente le condizioni dell’utilizzo esclusivo o principale dell’attività in “forma di impresa commerciale”, che fa scattare l’obbligo di istituzione e tenuta del libro giornale, devono essere verificate unitamente all’elemento dimensionale dell’ente.
Gli enti del Terzo settore di modeste dimensioni non dovrebbero essere assoggettati a questo obbligo.
L’esercizio di un’attività esclusivamente o principalmente commerciale rappresenta una condizione necessaria, ma non sufficiente.
La valutazione circa la sussistenza dell’obbligo dovrà essere effettuata caso per caso, e sotto questo profilo la disposizione lascia esposto l’ente del Terzo settore ad eventuali contestazioni di tipo civilistico qualora il soggetto in questione dovesse essere assoggettato a fallimento.
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Nicola Forte
Martedì 19 dicembre 2023