L'indeducibilità di componenti negativi relativi a beni o servizi direttamente utilizzati per il compimento di delitti non colposi non deriva esclusivamente dal loro impiego per finanziare atti immediatamente qualificabili come delitto doloso, ma anche dalla loro inerenza a più generali attività delittuose, alle quali l'impresa non sia estranea e per il cui perseguimento abbia sostenuto i costi.
In presenza di una notizia di reato, il giudice, per riconoscere la deducibilità dei costi illeciti, deve quindi indagare se gli stessi, astrattamente funzionali allo svolgimento dell'attività lecita d'impresa, siano o meno in un rapporto di strumentalità con la commissione del reato.
Il caso: la contestazione della deducibilità dei costi illeciti
La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza 15/9/2023, n. 26678, ha chiarito i profili di (in)deducibilità di costi illeciti direttamente collegati a fattispecie penalmente rilevante.
Nel caso di specie, l'Agenzia delle Entrate ricorreva per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale, la quale, nell’ambito di una controversia su impugnazione di avviso di accertamento relativo ad IRES, IVA e IRAP per l'anno 2006, con il quale era stato determinato un maggior reddito a seguito del mancato riconoscimento di costi considerati indeducibili perchè riferiti a forza lavoro rinveniente dalle liste di mobilità di cui alla L. 223 del 1992, art. 6, aveva rigettato l'appello dell'Ufficio, confermando la decisione di primo grado.
I giudici di merito avevano in particolare accolto il ricorso della società contribuente, dichiarando deducibili i costi relativi all'impiego di manodopera in mobilità, e ritenendo che il costo sopportato per la manodopera, realmente impiegata nel ciclo della lavorazione, fosse un costo effettivo e pertanto non collegato all'attività posta in essere dalla società per sottrarsi al pagamento dei contributi previdenziali e per lucrare le corrispondenti agevolazioni.
L'Agenzia delle Entrate, nel proporre appello, aveva a sua volta evidenziato che i costi recuperati a tassazione erano incontestabilmente collegati a condotte penalmente rilevanti ed erano, pertanto, indeducibili ai sensi della L. 537 del 1993, art. 14, comma 4-bis.
Ma la CTR, confermando la decisione di primo grado, aveva rigettato l'appello, ritenendo che, nella fattispecie, la società avesse dedotto costi di manodopera regolarmente assunta e che comunque i costi dedotti fossero da considerarsi certi, inerenti ed effettivamente sopportati dalla contribuente, oltre che iscritti nelle scritture del bilancio, la cui precisazione e correttezza contabile non era stata messa in discussione dall'accertamento.
L'Amministrazione finanziaria, infine, nel proporre ricorso per cassazione, aveva dedotto l’erroneità della pronuncia, per non aver la CTR riconosciuto l'indeducibilità dei costi che si riferivano a manodopera assunta mediante una condotta fraudolenta che configurava i reati di truffa aggravata ai danni dell'INPS e di falsità ideologica, per i quali pendeva giudizio penale.
Secondo la Suprema Corte la censura era fondata.
I limiti della deducibilità dei costi da reato
Evidenziano i giudici di legittimità che, a seguito della introduzione del Dl. n. 16 del 2012, art. 8, comma 2, convertito con modificazioni in L. n. 44 del 2012, e della conseguente novella che ha interessato la L. 24 dicembre 1993, n. 537, art. 14, comma 4 bis, sono stati delineati i limiti della deducibilità dei costi o spese direttamente riconducibili a fatti qualificabili come reato, anche in relazione al momento in cui tali costi sono stati sostenuti.
Nello specifico, rileva la Cassazione, nella determinazione dei redditi di cui all'art. 6, comma 1, del Tuir, non sono ammessi in deduzione i costi e le spese dei beni o delle prestazioni di servizio direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto non colposo, per il quale il pubblico ministero abbia esercitato l'azione penale, o, comunque, qualora il giudice abbia emesso il decreto che dispone il giudizio ai sensi dell'art. 424 c.p.c., ovvero sentenza di non luogo a procedere ai sensi dell'art. 425 dello stesso codice, fondata sulla sussistenza della causa di estinzione del reato prevista dall'art. 157 c.p..
Alla luce di tale normativa, che opera come ius superveniens con efficacia retroattiva "in bonam partem", è stato dunque chiarito dalla giurisprudenza che l'acquirente dei beni può dedurre i costi relativi ad operazioni soggettivamente inesistenti, anche nell'ipotesi in cui sia consapevole del loro carattere fraudolento, salvi però i limiti derivanti dai principi di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità, ed essendo comunque esclusa la deducibilità dei costi delle operazioni oggettivamente inesistenti (cfr. Cass. 7 dicembre 2016, n. 25249; 6 luglio 2018, n. 17788; 15 marzo 2022, n. 8480).
Un limite alla deducibilità di tali costi è dunque ricavabile dalla diretta utilizzazione degli stessi costi o spese per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto non colposo, essendo stato a tal proposito chiarito che l'esercizio dell'azione penale da parte del pubblico ministero, con la richiesta di rinvio a giudizio, è sufficiente ad escluderne la deducibilità (cfr. Cass., 5 dicembre 2019, n. 31789; Cass., 1 aprile 2021, n. 9077).
Ai sensi dell'art. 14, comma 4-bis, cit., devono peraltro ritenersi costo o spesa direttamente "utilizzati" per il compimento del delitto, ed in quanto tali non deducibili, anche quelli sostenuti in un momento successivo al perfezionamento della fattispecie delittuosa, ogni qual volta il loro sostenimento trovi comunque titolo nell'assunzione, da parte dell'agente, di una obbligazione strutturalmente funzionale alla realizzazione del delitto (cfr. Cass., 28 dicembre 2017, n. 31059).
Indeducibile il costo della truffa all'INPS
Tanto premesso, conclude la Corte, nella fattispecie in esame, il costo relativo al reclutamento del personale collocato nelle liste di mobilità, ancorchè regolarmente sostenuto e appostato in bilancio, era direttamente connesso alla fattispecie di reato (truffa ai danni dell'Inps) e quindi indeducibile. E ciò in quanto l'illecito, commesso al momento della irregolare assunzione dalle liste di mobilità per ottenere i benefici economici consistenti nella riduzione dell'aliquota contributiva, aveva dato titolo all'obbligazione funzionale alla realizzazione del delitto, consistita nel pagamento dello stesso personale.
Sul punto, del resto, la stessa Cassazione (cfr. Cass., Sez. pen. n. 22108 del 19/12/2014 e Cass., n. 42994 del 7/7/2015) ha statuito che l'indeducibilità dei componenti negativi relativi a beni o servizi direttamente utilizzati per il compimento di delitti non colposi, non deriva esclusivamente dal loro impiego per finanziare atti immediatamente qualificabili come delitto doloso, ma anche dalla loro inerenza a più generali attività delittuose, alle quali l'impresa non sia estranea e per il cui perseguimento abbia sostenuto i costi fittiziamente fatturati, ancorchè realmente sostenuti.
La Suprema Corte enuncia, in definitiva, il principio di diritto (già affermato anche in Cass., n. 24646 del 2018), secondo cui non sono deducibili dal reddito i costi sostenuti da una società per ingaggiare personale collocato nelle liste di mobilità da altre società del gruppo, fruendo di indebite agevolazioni contributive ai danni dell'Inps, in quanto direttamente connessi al reato di truffa nei confronti dell'ente.
Infatti, se è vero che le prestazioni lavorative non possono integrare, di per sé, un atto delittuoso, affinchè i relativi costi possano essere dedotti è comunque necessario che tali attività non siano inerenti ad attività delittuose svolte dall'impresa, laddove, in presenza di una notizia di reato, il giudice di merito, per riconoscere la deducibilità dei costi, deve in ogni caso indagare se l'acquisizione di fattori produttivi (costo della manodopera), funzionali allo svolgimento dell'attività lecita d'impresa, sia o meno in un rapporto di strumentalità con la commissione del reato.
NdR: per un altro caso: indeducibilità dei costi da reato, fatture oggettivamente inesistenti, fatture soggettivamente false
A cura di Giovambattista Palumbo
Lunedì 2 Ottobre 2o23