Dal controllo di gestione agli adeguati assetti

di Flavio Schembri

Pubblicato il 26 luglio 2023

Proviamo a mettere gli adeguati assetti previsti dalla normativa del Codice della Crisi di Impresa e dell’Insolvenza in relazione agli strumenti messi a disposizione da un “adeguato” controllo di gestione: vediamo come può nascere una sinergia.

L’evoluzione del mercato, i rapidi cambiamenti della normativa e la presenza di una “ingombrante” mole di dati, a volte esagerata, ha fatto sì che le aziende nutrano un bisogno informativo immediato e sempre più efficiente al fine di potere gestire una complessità informativa che diviene sempre più densa.

 

Il nuovo obbligo relativo agli adeguati assetti

controllo gestione adeguati assettiIn tal senso se da una parte la normativa “obbliga” le aziende a dovere gestire in modo efficiente la propria attività ponendo estrema attenzione al proprio “stato di salute”, dall’altra parte la normativa stessa viene in soccorso alle aziende “obbligandole” ad effettuare una diagnosi al fine di porre in essere tutte quelle azioni e comportamenti concreti al fine di potere:

  1. migliorare il proprio stato di salute;
  2. prevenire situazioni che minano lo stato di salute;
  3. garantire ciò che viene denominata “continuità aziendale”.

Questo implica, da parte dell’azienda, l’avvio di un profondo processo di introspezione delle risorse e delle competenze aziendali allo scopo di fotografare lo status quo e porre, in primis, gli interrogativi “su chi” e “su cosa” è adesso e “su chi vuole essere e diventare”.

Il comma 2 dell’art. 2086 del Codice Civile letto in chiave simultanea con l’art. 375 del codice della Crisi e dell’Insolvenza dell’Impresa ex D.lgs. del 12 gennaio 2019 e succ. modifiche, afferma che:

"L’imprenditore, che operi in forma individuale o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale".

La norma presenta un forte richiamo al principio di sana gestione ed in particolare il comma 4 dell’art. 3 del Codice della Crisi di impresa e dell'Insolvenza getta luce sulle misure, nel caso di imprenditore individuale, e sugli assetti organizzativi, nel caso di imprenditore collettivo, nonché sulla loro efficienza nel prevedere o arginare fenomeni di disfunzione e crisi di impresa[1].

 

Adeguati assetti: le misure e gli interventi consigliati

Le misure e gli assetti ritenuti idonei devono:

  • rilevare eventuali squilibri economico-patrimoniali e finanziari mediante un’apposita analisi gestionale;
     
  • rilevare l'esistenza di debiti per retribuzioni scaduti da almeno trenta giorni pari ad oltre la metà rispetto all’ammontare complessivo mensile
     
  • verificare la sostenibilità dei debiti e le prospettive di continuità aziendale nei dodici mesi successivi;
     
  • esposizioni bancarie scadute da più di sessanta giorni o che abbiano superato il limite degli affidamenti concessi purché rappresentino almeno il 5% del totale delle esposizioni.

Sul concetto di adeguati assetti, la Massima n. 74/2020 del Collegio Notarile dei distretti di Firenze e Pistoia pone l’accento sull’evoluzione semantica della normativa in merito alla gestione ed all’amministrazione dell’impresa.

La gestione dell’impresa comprende la determinazione del suo assetto organizzativo, contabile e amministrativo, oltre alla redazione del bilancio, e ciò spetta esclusivamente agli amministratori.

Il rispetto della collegialità in materia di gestione dell’impresa pone un freno alla delega integrale ai singoli amministratori della competenza di adottare autonomamente decisioni rientranti nell’ambito della gestione, mentre spetta al singolo amministratore la cura delle singole fasi decisionali che, comunque, devono restare collegiali così come evidenziato dall’art. 2381 del codice civile in tema di elaborazione dei piani strategici, economici e finanziari della società.

 

I compiti degli amministratori

Nel caso di delega di poteri ad uno o più amministratori la collegialità si declina attraverso l’attribuzione:

  1. ai delegati, del compito di predisporre gli adeguati assetti organizzativi, contabili e amministrativi dandone puntuale resoconto all’organo collegiale;
     
  2. all’organo collegiale, della competenza a valutare se tali assetti adottati siano effettivamente adeguati così come predisposti dagli amministratori.

Al contrario, la decisione circa la predisposizione di singoli atti dispositivi sul patrimonio sociale o il compimento degli stessi in nome e per conto della società non essendo attinenti alla gestione dell’impresa quale apparato produttivo, ma all’amministrazione della società possono essere affidati ai singoli amministratori o a figure esterne all’impresa.

La normativa mette fortemente in luce le differenze tra gestione ed amministrazione della società evidenziando il ruolo e la responsabilità collegiale in seno alla prima fattispecie; il ruolo e la responsabilità del singolo in relazione alla seconda fattispecie.

 

Attenzione alle responsabilità in caso di crisi di impresa

Il codice della crisi di impresa ha modificato oltre l’art. 2086 del codice civile anche gli artt. 2257, 2380 bis, 2409 novies, 2475 del codice civile introducendo la regola espressa che:

“la gestione dell’impresa spetta esclusivamente agli amministratori”.

Le modifiche apportate al Correttivo ex art. 40 D.lgs. 147 2020 riporta giustizia e chiarifica la figura sulla quale compete la gestione de “L’adeguato assetto il quale spetta esclusivamente agli amministratori in maniera collegiale lasciando fuori la questione dell’amministrazione/operatività della società la quale rimane materia residuale rispetto alla gestione ed organizzazione in quanto comprendono sia decisioni relativi ai singoli atti di disposizione del patrimonio sociale, sia il compimento degli stessi per nome e per conto della società.

Per cui il mutamento semantico della dizione “gestione” introdotto dal Correttivo prevede che l’istituzione degli adeguati assetti, spetta esclusivamente agli amministratori in quanto attengono alla fase di gestione ed organizzazione.

Il Codice della Crisi dell’Insolvenza dell’Impresa supporta le aziende nell’aiutarle ad implementare un sistema di controllo di gestione indispensabile per potere migliorare ed efficientare i reparti produttivi, il personale e tutte le risorse correggendo errori strategici, comportamentali ed anche di cultura aziendale.

Il controllo di gestione, dunque, è quello strumento che permette alle imprese di potere maturare la giusta consapevolezza del proprio business fissando gli obiettivi e monitorare gli stessi.

 

Controllo di gestione: strumenti fondamentali

Il controllo di gestione si articola nelle seguenti fasi:

  1. Pianificazione delle attività: in tale fase è necessario elaborare un piano strategico a breve-medio termine credibile, reale ed attuabile.
    L’azienda deve porsi tali interrogativi: “dove voglio andare?”, “Cosa voglio fare nei prossimi tre anni?”, “Chi devo essere oggi per potere raggiungere fra tre anni gli obiettivi prefissati?”;

  2.  

    Operativa: Consiste nell’individuare e nel mobilitare le risorse le competenze aziendali per potere dare vita al piano strategico.
     
  3. Reporting: è un’attività che coinvolge tutte le aree aziendali, dalla produzione al commerciale, dalla funzione marketing a quella logistica. Lo scopo è quello di verificare se i piani aziendali sono allineati con gli aspetti operativi.

  4. Valutazione: tale attività consiste nella revisione dei piani aziendali, dall’incremento o decremento delle risorse originariamente impiegate, nella correzione di eventuali errori commessi in fase strategica ed operativa.

 

Gli strumenti a supporto del controllo di gestione

Una volta articolato il controllo di gestione è necessario identificare gli strumenti operativi a supporto dello stesso.

Tali strumenti sono identificati (ma non totalitari) in:

  1. Redazione del budget flessibile. Il budget è quello strumento che permette di pianificare e programmare tutta l’attività aziendale nel suo complesso.
    Il budget racchiude tutto un insieme di “sotto budget” redatti dalle apposite aree funzionali, quali per esempio il budget dei costi, budget delle vendite, budget del personale, budget di tesoreria, budget degli investimenti, budget degli impieghi.
    Il concetto di “flessibilità” del budget è legato alla sua funzione di mobilità e di controllo periodico degli obiettivi raggiunti e nel caso di scostamento positivo/negativo bisogna intervenire per capire le motivazioni sottostanti del perché si rilevano tali scostamenti.

  2. Redazione di un piano industriale a medio termine il quale permette di esporre in modo chiaro la direzione strategica dell’impresa, gli obiettivi economico-finanziari e patrimoniali, nuove iniziative di investimento e di produzione, nuovi finanziamenti a cui accedere.

  3. Analisi di bilancio per indici e per flussi finanziari;
     
  4. Redazione di un piano di free cash flow messo a disposizione per nuove eventuali iniziative;
     
  5. Controllo e monitoraggio del magazzino;
     
  6. Analisi dei costi, analisi dei margini;
     
  7. Ruolo del controller;
     
  8. Applicazione degli indicatori che riassumono in un dato, opportunamente comparato nello spazio e nel tempo, l’andamento della gestione.
    Tra gli indicatori di maggiore rilievo si identificano quelli di efficienza, efficacia, solvibilità, indebitamento, redditività, solidità patrimoniale, liquidità.

 

Se da una parte il legislatore ha voluto mettere a disposizione ulteriori strumenti alle imprese per potere gestire fenomeni di crisi, disfunzione e di sovraindebitamento “alleggerendo” l’estrema ratio della disciplina fallimentare, dall’altra parte sta permettendo, alle imprese stesse, di maturare una adeguata consapevolezza circa l’importanza di una sana ed efficiente gestione aziendale che, nel lungo andare, si trasformerà in valore per sé stessa e per tutti i suoi stakeholders

 

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***

NOTA

[1] Si reputa opportuno evidenziare i concetti di disfunzione e crisi di impresa. La disfunzione di impresa si ha quando la crisi è alle sue prime fasi embrionali e si manifesta con un segnale iniziale negativo.

L’evoluzione degli stati embrionali passa attraverso lo stato di economicità fino ad intaccare la sfera finanziaria.

Dapprima l’azienda non è più in grado di garantire l’equilibrio reddituale e quindi genera perdite che intaccano tutto il patrimonio netto.

L’evoluzione di questo stadio sfocia nella problematica di generare flussi di cassa destinati ad ottemperare le obbligazioni nel breve e nel medio/lungo periodo.

Tale fase se non ampiamente arginata sfocia in una situazione di crisi generalizzata concretizzandosi nell’insolvenza e nel dissesto dell’impresa coinvolgendo tutti gli stakeholder economici e sociali.

 

A cura di Flavio Schembri

Mercoledì 26 luglio 2023

 

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