Il soggetto fallito può impugnare l’atto impositivo?

di Luciano Sorgato

Pubblicato il 25 maggio 2023

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione dirimono il contrasto giudiziario in ordine alla capacità processuale del soggetto fallito ad impugnare l’atto impositivo. Analisi del caso...

La Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con la sentenza 28 aprile 2023 n. 11287, dirime la controversia di giudizio in ordine ai presupposti relativi alla legittimità processuale del soggetto fallito, ritenendo che il medesimo non incontri condizioni ostative al diritto ad intraprendere l’azione processuale in caso di astensione del curatore dalla impugnazione dell’atto impositivo, indipendentemente dai motivi della sua decisione a non impugnare l’avviso di accertamento.

 

Il problema: l’inerzia del curatore fallimentare

soggetto fallito impugnare attoIn ordine alla condizione d’inerzia del Curatore fallimentare, alla base di una ritenuta legittima supplenza vicaria da parte del soggetto fallito, era da ritenere come essa, se ostruita da giudizi valutativi del curatore in ordine alla convenienza ad intraprendere il contenzioso tributario, si rivelasse giuridicamente menomata di ogni prospettiva conciliativa con l’indeclinabile diritto di difesa che costituzionalmente dev’essere garantito al soggetto fallito.

Chi scrive è da sempre stato convinto che gli interessi sottesi alle due sfere di considerazione (quella del Curatore fallimentare e quella del soggetto fallito) non potessero mai convergere, essendo il giudizio del curatore connesso al fallimento, mentre quello del contribuente, esclusivo soggetto passivo d’imposta (a differenza del curatore che assume e mantiene una condizione di terzietà verso il rapporto d’imposta) attiene al diritto di difesa del suo status fiscale e di tutela del suo compendio patrimoniale una volta tornato in bonis con l’eventuale ripristino di un qualche personale livello di dotazione patrimoniale per il ristoro dell’Erario.

Talora da parte dei giudici tributari veniva ritenuto che anche un’analisi di mera economicità in ordine alla conseguenza delle spese processuali sulla massa attiva, precludesse il diritto di difesa del fallito.

Trattavasi di un angolo valutativo decisamente miope del tutto lesivo l’ineludibile diritto di difesa del fallito.

Se anche un mero giudizio di economicità nei confronti della procedura esaurisce ogni diritto di azione processuale da parte del soggetto fallito, non potendosi più assumere come inerte la condotta processuale del curatore fallimentare, allora non avrebbe potuto non apparire de