Continuiamo a trattare il tema della riforma fiscale: in questo articolo vediamo come si potrebbe riscrivere la norma sulla distribuzione delle riserve di capitale e relativa tassazione.
Distribuzione delle riserve di capitale: l’attuale regime fiscale
In ordine al regime fiscale da raccordare alla distribuzione delle riserve di capitale, lo scrutinio non può che dipartire dall’ordinanza della Corte di Cassazione n. 3098 del 9 febbraio 2021 relativa ad una restituzione di riserve di capitale eccedente il costo fiscale della partecipazione detenuta dal percipiente.
Nella citata ordinanza il Giudice di vertice rilevava che per le partecipazioni qualificate (raccordate al regime fiscale pro tempore) è erronea la tassazione IRPEF nel limite del 40% in quanto l’esclusione parziale connette il suo fondamento causale allo scopo di mitigare gli effetti della doppia imposizione economica per essere già stati tassati gli utili in capo alla società con l’IRES.
Le riserve di capitali non rispondendo al paradigma fiscale degli utili già assoggettati ad IRES, non comportano il rischio della doppia tassazione e devono, quindi, scontare l’IRPEF nella misura del 100% in raccordo con le prescrizioni dell’art. 47, comma 5, Tuir.
Per il Giudice di Cassazione, quindi, la base imponibile delle riserve di capitali non va uniformata a quella delle riserve di utili, in quanto solo queste ultime partecipano del modulo fiscale introdotto con la riforma Tremonti e della intersezione delle due diverse manifestazioni d’imposta: l’IRES nei confronti della società e l’IRPEF raccordata ad una base imponibile solo frazionale nei confronti dei soci percipienti.
Il governo fiscale delle riserve di capitale, nel momento che non provengono da una configurazione di reddito già tassato nei confronti della società, non riassume alcun fondamento causale a giustificazione di una riduzione della bas