Rapporto fra reato di dichiarazione fraudolenta e reato di occultamento o distruzione di documentazione contabile

di Giovambattista Palumbo

Pubblicato il 3 aprile 2023

Non sussiste alcuna relazione di genere a specie tra il reato di dichiarazione fraudolenta e quello di occultamento o distruzione di documentazione contabile, non potendosi ritenere che la condotta di occultamento o distruzione integri le attività simulate o gli altri mezzi fraudolenti e ingannatori tipici, appunto, della dichiarazione fraudolenta.

La Corte di Cassazione, Sez., Penale, ha chiarito il rapporto tra il reato di dichiarazione fraudolenta e quello di occultamento o distruzione di documentazione contabile.

 

Il caso di contestazione di dichiarazione fraudolenta

dichiarazione fraudolenta occultamento documentazioneNel caso di specie, il G.U.P. del Tribunale aveva condannato l’imputato, in quanto ritenuto colpevole di tre distinte imputazioni, aventi rispettivamente ad oggetto i reati di cui agli art. 10 del Dlgs. n. 74 del 2000 (Capo A), 3 del Dlgs. n. 74 del 2000 (Capo B) e 8 del Dlgs. n. 74 del 2000 (Capo B).

Tali reati erano stati contestati per avere l’imputato, nella qualità di titolare di una ditta individuale, occultato parte della documentazione contabile di cui era obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi e del volume di affari relativi al periodo di imposta 2011 (Capo A), per aver indicato nella dichiarazione annuale relativa al 2011, sulla base di una falsa rappresentazione nelle scritture contabili obbligatorie e avvalendosi di mezzi fraudolenti, elementi passivi inferiori a quelli effettivi (Capo B), e per avere inoltre emesso, negli anni 2011, 2012, 2013 e 2014, una pluralità di fatture per operazioni inesistenti, al fine di consentire ad una S.n.c. di evadere l'Iva (Capo C).

La Corte di appello, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, dichiarava non doversi procedere nei confronti dell'imputato in ordine ai fatti relativi alle operazioni inesistenti, limitatamente alle sole fatture emesse nel 2011, confermando nel resto la decisione del G.U.P..

Avverso tale sentenza l’imputato proponeva infine ricorso per cassazione, deducendo tra le altre, per quanto di interesse, che le condotte contestate al capo A erano in realtà le stesse contenute nel capo B, nel quale il mezzo fraudolento per ostacolare l'accertamento del reddito veniva appunto indicato nell'occultamento delle stesse fatture, per cui avrebbe dovuto trovare applicazione il solo reato ex art. 3 del decreto 74/2000, che, all'epoca del fatto, era sanzionato con pena maggiore rispetto al reato ex art. 10 del medesimo decreto.

Con altro motivo di impugnazione il ricorrente censurava la conferma del giudizio di colpevolezza in ordine al reato di cui all'art. 3 del Dlgs. n. 74 del 2000 ("Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici"), rilevando che, qualora si fosse ritenuto sussistente il delitto di cui all'art. 10 del Dlgs. n. 74 del 2000 ("Occultamento o distruzione di documenti contabili") (Capo A), non vi sarebbe stato spazio per la configurabilità della fattispecie contestata al Capo B, posto che le relative condotte illecite coincidevano, venendo in rilievo il mero occultamento dei documenti contabili effettivamente consegnati ai clienti, comportamento questo già sanzionato a norma dell'art. 10, non potendo il mezzo fraudolento esaurirsi nel solo occultamento delle fatture.

Secondo la Suprema Corte il ricorso era infondato (anche se, avuto riguardo al tempus commisi delicti, si imponeva la declaratoria di estinzione del reato di cui al capo B per prescrizione).

I giudici di legittimità rilevano che, in relazione ai due motivi di ricorso sopra evidenziati, suscettibili di trattazione unitaria perché tra loro sovrapponibili, occorreva evidenziare che, rispetto alla decisione dei giudici di merito di ritenere sussistente il concorso tra i reati di cui agli art. 3 e 10 del D.lgs. n. 74 del 2000, non si ravvisava in realtà alcun vizio.

Sia il G.U.P. che la Corte di appello avevano infatti richiamato l'affermazione della giurisprudenza di Cassazione (cfr. Sez. 3, n. 12455 del 01/12/2011), da ribadire e condividere, secondo cui il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (ex art. 3 del D.lgs. n. 74 del 2000) può concorrere con il reato di occultamento o distruzione di documenti contabili (ex art. 10 del medesimo decreto), dovendosi escludere il concorso apparente di norme e il rapporto di genere a specie previsti dall'art. 15 codice penale.

 

Quando scatta il reato di dichiarazione fraudolenta?

Rileva la Corte che è stato infatti osservato che, perché sia integrato il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (nella versione riscritta dal Dlgs. n. 158 del 2015), è necessario che il contribuente indichi nelle dichiarazioni annuali un ammontare inferiore a quello effettivo, o elementi passivi fittizi per un valore corrispondente alle soglie di punibilità individuate dal legislatore, compiendo operazioni simulate oggettivamente o soggettivamente, ovvero avvalendosi di documenti falsi o di altri mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l'accertamento e a indurre in errore l'Amministrazione finanziaria, essendo richiesto, sotto il profilo soggettivo, il dolo specifico del fine di evadere le imposte sui redditi o sull'Iva.

Invece il delitto di occultamento o distruzione di documenti contabili, previsto dall'art. 10 del Dlgs. n. 74 del 2000, è configurabile ove il soggetto occulti o distrugga, in tutto o in parte, i documenti contabili o i documenti di cui è obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione del volume di affari o dei redditi, sussistendo ugualmente, sotto il profilo soggettivo, il dolo specifico del fine di evadere le imposte sui redditi o sull'Iva, ma essendo anche possibile, alternativamente, la finalità di consentire l'evasione a terzi.

Ciò posto, doveva quindi ribadirsi che non sussiste alcuna relazione di genere a specie tra le due fattispecie poste a confronto, non potendosi ritenere che la condotta di occultamento o distruzione integri le attività simulate o gli altri mezzi fraudolenti e ingannatori cui fa riferimento l'art. 3 del Dlgs. n. 74 del 2000 nel descrivere le modalità della condotta della dichiarazione fraudolenta.

Ricorre piuttosto, conclude la Cassazione, un fenomeno di interferenza tra le due fattispecie, determinato dalla peculiarità del fatto concreto, senza che però sussista alcun rapporto di specialità tra le fattispecie incriminatrici astrattamente considerate.

Nel delitto di cui all'art. 3 cit., infatti, il ricorso all'artificio è strumentale alla falsa dichiarazione, essendo finalizzato ad impedire l'accertamento della stessa, e riproponendo la fattispecie uno schema analogo a quello del delitto di truffa, essendo il ricorso al mezzo fraudolento volto alla induzione in errore di un soggetto passivo, ovvero l'Amministrazione finanziaria, in ordine al volume dei redditi prodotti.

Invece l'occultamento e la distruzione dei documenti contabili, potendosi realizzare con qualsiasi modalità, non integra necessariamente un artificio, ben potendo il soggetto agente limitarsi a distruggere o occultare i documenti contabili, senza che detta condotta possa dirsi strumentale alla falsa dichiarazione, che, in tal caso, potrebbe anche mancare.

In definitiva, il reato di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici è incentrato sul momento dichiarativo, quale momento in cui si realizza il presupposto dell'evasione.

 

Il delitto di occultamento o distruzione delle scritture contabile

Viceversa, il delitto di occultamento o distruzione delle scritture contabili tende a reprimere tutte quelle condotte antecedenti al momento dichiarativo e potenzialmente preclusive dell'accertamento dei redditi prodotti.

Del resto, osservano ancora i giudici, il reato di cui all'art. 10 ha carattere permanente, in quanto la condotta penale dura sino al momento dell'accertamento fiscale, mentre il delitto di cui all'art. 3 è un reato istantaneo, che si perfeziona nel momento in cui la dichiarazione fraudolenta viene effettuata.

E ancora, dal punto di vista soggettivo, anche il dolo specifico dei due delitti è strutturato in modo diverso, laddove, come visto, mentre nella dichiarazione fraudolenta deve sussistere il fine dell'evasione delle imposte sul reddito e sul valore aggiunto, invece, nella fattispecie di occultamento, oltre al fine dell'evasione, vi può essere anche quello di consentire l'evasione a terzi.

Pertanto, alla luce di tali premesse, era stato correttamente escluso dai giudici di merito il concorso apparente di norme tra la fattispecie di cui agli art. 3 e 10 del Dlgs. n. 74 del 2000.

Tale conclusione era peraltro nella specie corroborata anche dal rilievo che, nella contestazione di cui al capo B, i mezzi fraudolenti ascritti all'imputato erano consistiti non solo nell'occultamento delle false fatture e nella loro omessa registrazione contabile, ma anche nell'attribuzione alle fatture emesse riguardo a tali società della stessa numerazione già attribuita in altre fatture emesse nei confronti di altri clienti e contabilizzate per importi inferiori, oltre che nella sostituzione delle fatture occultate o distrutte con analoghe fatture riportanti i medesimi clienti, ma importi inferiori, per cui anche sul piano fattuale non vi era stata sovrapposizione delle identiche condotte illecite.

Al di là dello specifico caso processuale, quanto in particolare alla fattispecie di reato di cui all’art. 10 del Dlgs 74/2000 in tema di occultamento e distruzione di scritture contabili, giova anche evidenziare che tale disposizione, ai fini dell'individuazione dell'oggetto materiale della condotta di occultamento o distruzione delle scritture contabili, rimanda, implicitamente, a quelle scritture e a quei documenti che devono essere obbligatoriamente conservate.

E, ex art. 22 Dpr n. 600/1973, comma secondo, le scritture contabili obbligatorie devono essere infatti conservate fino a quando non siano definiti gli accertamenti relativi al corrispondente periodo d'imposta, anche oltre il termine stabilito dall'art. 2220 codice civile, o da altre leggi tributarie (cfr., Cassazione, n. 48269 del 23/10/2018).

Né, infine, rileva in questi casi che comunque possa essere ricostruita "aliunde" l'entità delle evasioni, dato che il delitto in esame non richiede un’impossibilità assoluta di ricostruire il volume d'affari, essendo sufficiente anche una mera impossibilità relativa.

 

Fonte: Corte di Cassazione, Sez., Penale, Sentenza n. 4910 del 06.02.2023.

 

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A cura di Giovambattista Palumbo

Lunedì 3 aprile 2023