Il reverse charge IVA

Esaminiamo le principali novità in tema di reverse charge alla luce di quanto disposto dal Decreto Semplificazioni.
In particolare ci soffermeremo su modalità di fatturazione e aspetti sanzionatori, concludendo con un po’ di giurisprudenza di Cassazione secondo cui il diritto alla detrazione non può mai essere negato nei casi in cui il contribuente non abbia applicato o non abbia correttamente applicato, la procedura dell’inversione contabile “avente normalmente natura formale e non sostanziale”.

1.  Reverse charge IVA: considerazioni introduttive

reverse charge ivaIl reverse charge è un particolare metodo di applicazione dell’IVA che consente di effettuare l’inversione contabile della suddetta imposta direttamente sul destinatario della cessione del bene o della prestazione di servizio, anziché sul cedente.

Solitamente, in una transazione tra due soggetti, ai fini IVA, il fornitore applica l’aliquota in fattura addebitandone il pagamento al cliente e successivamente contribuendo la somma allo Stato.

Quindi, di regola, è il cedente/prestatore ad emettere la fattura e ad addebitare l’Iva, ma tanto non avviene nelle speciali ipotesi di reverse charge ove è il cessionario/utilizzatore del servizio a dover emettere un’autofattura da registrare sia nel registro Iva delle fatture emesse, che in quello degli acquisti.

In buona sostanza, l’inversione contabile è una deviazione alla normale contribuzione dell’IVA e prevede che sia il committente del servizio a pagare direttamente l’IVA in luogo del fornitore.

L’effetto fondamentale del reverse charge è, dunque, lo spostamento del carico tributario IVA dal venditore all’acquirente, con conseguente pagamento dell’imposta da parte di quest’ultimo: l’onere IVA si sposta, pertanto, dal cedente al cessionario nel caso di cessione di beni e dal prestatore al committente nel caso di prestazioni di servizi.

 

2.  Riferimenti normativi

Ai fini Iva, il principio di carattere generale in ordine alle cessioni di beni e/o prestazioni di servizi imponibili in regime interno è che il debitore d’imposta è colui il quale, nell’esercizio di impresa, arti o professioni, effettua operazioni rilevanti nel territorio dello Stato.

Ciò in linea con quanto stabilito dall’art. 17, comma 1, Dpr n. 633/1972, nonché dalla direttiva n. 2006/112/Ce.

In deroga, tuttavia, a detto principio, per alcune operazioni è previsto che il de­bitore d’imposta sia il soggetto passivo nei confronti del quale tali operazioni si effettuano, attraverso il metodo dell’inversione contabile Iva (reverse charge o comu­nemente conosciuto anche come “tax shift” o “self-asses­sment”).

Orbene, il reverse charge è stato introdotto nel nostro ordinamento dalla legge n. 7/2000, in attuazione di quanto disposto dalla direttiva 98/80/CE, concernente il regime Iva applicabile all’oro.

Nello specifico, tale legge, che ha modificato il Dpr n. 633/1972 introducendo il comma 5 dell’art. 17 del citato decreto Iva, ha previsto l’applicazione del metodo dell’inversione contabile alle cessioni di oro industriale e, nel caso di opzione per il regime d’imponibilità, a quelle di oro da investimento effettuate da soggetti che lo producono.

Già con la menzionata direttiva 98/80/CE è stata sottolineata l’utilità del meccanismo del reverse charge ai fini della prevenzione delle frodi fiscali e, di fatto, nell’ambito delle operazioni nazionali, il meccanismo del reverse charge viene tuttora utilizzato come strumento di contrasto alle frodi.

Ciò, in quanto attraverso il suo utilizzo l’Iva relativa alla cessione di beni o alla prestazione di servizi effettuata non viene materialmente versata dall’acquirente e l’operazione viene, quindi, resa completamente neutra dal punto di vista contabile.

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A cura di Avv. Maurizio Villani e Avv. Federica Attanasi

Sabato 8 ottobre 2022

 

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