Illegittimità costituzionale del reato di omesso versamento ritenute

La Corte Costituzionale ha affermato che il legislatore delegato ha introdotto una nuova fattispecie penale, relativa all’omesso versamento di ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione del sostituto, affiancandola così a quella già esistente di omesso versamento di ritenute risultanti dalle certificazioni rilasciate ai sostituiti, senza però essere autorizzato a farlo dalla legge di delega, laddove sarebbe stato necessario un criterio preciso e definito per poter essere rispettoso anche del principio di stretta legalità in materia penale, dichiarando quindi la incostituzionalità della previsione.

La Corte Costituzionale sul reato di omesso versamento di ritenute omesse o certificate

illegittimità costituzionale omesso versamento ritenuteLa Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 10 bis del Dlgs. 74 del 2000 (Omesso versamento di ritenute dovute o certificate).

Nella specie, il Tribunale ordinario di Monza, in composizione monocratica, aveva sollevato questioni di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 25, secondo comma, 76, 77, primo comma, della Costituzione, dell’art. 7, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 158 (Revisione del sistema sanzionatorio, in attuazione dell’articolo 8, comma 1, della legge 11 marzo 2014, n. 23), limitatamente alle parole «dovute sulla base della stessa dichiarazione o», aggiunte nel testo dell’art. 10-bis del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, nella parte in cui si prevedeva la rilevanza penale di omessi versamenti di ritenute dovute sulla base della mera dichiarazione annuale del sostituto d’imposta.

 

Il caso in esame: legale rappresentante di società omette versamento di ritenute

Il giudizio in esame era relativo ad un soggetto imputato del reato di cui all’art. 10-bis del Dlgs. n. 74 del 2000, il quale, come legale rappresentante di una società, non aveva versato, entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto d’imposta per l’anno di imposta 2015, ritenute risultanti (dichiarazione modello 770) per un ammontare complessivo di 675.503,69 euro.

Circa l’imputazione, nell’ordinanza di rimessione si evidenziava che, inizialmente, il reato era stato contestato in termini di omesso versamento di ritenute risultanti dalle certificazioni rilasciate ai sostituiti (per importo eccedente la soglia di punibilità), e che, successivamente, il pubblico ministero aveva poi proceduto ad integrare l’originaria imputazione, precisandola nel senso dell’omesso versamento di ritenute dovute in base alla dichiarazione annuale di sostituto di imposta (fermo l’importo complessivo di imposta evasa già indicato).

Il rimettente, in primo luogo, sottolineava come la fattispecie di «omesso versamento di ritenute certificate» – introdotta dall’art. 1, comma 414, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 – si presentasse in realtà eccentrica rispetto all’originario assetto del Dlgs. n. 74 del 2000, calibrato su fattispecie di evasione oggettivamente organizzate sulla presentazione di una dichiarazione annuale, connotata da profili di fraudolenza, e soggettivamente orientate da dolo specifico di evasione, e su tre incriminazioni collaterali, considerate dagli artt. 8, 10 e 11 del Dlgs. n. 74 del 2000, svincolate dal momento dichiarativo, ma caratterizzate da evidente attitudine lesiva.

La disposizione, rubricata «Omesso versamento di ritenute certificate», in particolare, puniva…

…«con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a cinquantamila euro per ciascun periodo d’imposta».

Ciò precisato, il rimettente rilevava come la tipicità della fattispecie sia mutata a seguito del Dlgs. n. 158 del 2015, attuativo della legge delega 11 marzo 2014, n. 23, laddove l’art. 8 della legge n. 23 del 2014 aveva delegato il Governo, tra le altre, a…

…«procedere […] alla revisione del sistema sanzionatorio penale tributario secondo criteri di predeterminazione e di proporzionalità rispetto alla gravità dei comportamenti, prevedendo […] la possibilità di ridurre le sanzioni per le fattispecie meno gravi o di applicare sanzioni amministrative anziché penali, tenuto anche conto di adeguate soglie di punibilità».

In attuazione della norma di delega, l’art. 7 del Dlgs. n. 158 del 2015 ha dunque modificato il paradigma delittuoso dell’art. 10-bis del Dlgs. n. 74 del 2000, rubricato, ora, «Omesso versamento di ritenute dovute o certificate», il quale testualmente, dispone:

«È punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione o risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a centocinquantamila euro per ciascun periodo d’imposta».

Il rimettente osservava quindi che, per effetto di tale disposizione, la figura delittuosa in esame è stata novellata in relazione a due profili:

  1. in primo luogo, si è ristretto il perimetro di rilevanza penale, tramite l’innalzamento della soglia di punibilità;
     
  2. e, su un altro versante, si è invece ampliato lo spettro della fattispecie, mediante l’aggiunta del riferimento alla debenza delle ritenute sulla scorta della mera presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta (cosiddetto modello 770).

 

Le ipotesi di illegittimità costituzionale della norma sull’omesso versamento di ritenute

Di qui, secondo il rimettente, l’asserita illegittimità costituzionale della disposizione per eccesso di delega, laddove, mentre anteriormente alla norma delegata, nella cornice delittuosa ricadevano esclusivamente le condotte di omesso versamento di ritenute risultanti dalle certificazioni rilasciate ai sostituiti, componendosi la norma incriminatrice di un primo segmento commissivo costituito dal rilascio delle certificazioni, seguito dall’inerzia nel versamento, con la novella in esame la pura omissione del versamento acquista tipicità, purché dalla dichiarazione risulti la debenza delle somme a titolo di ritenute sulla scorta della dichiarazione (modello 770), a prescindere dal rilascio delle certificazioni ai sostituiti.

Il rimettente, in particolare, rileva che, attraverso la nuova formulazione della fattispecie incriminatrice, il legislatore mirava anche a risolvere il contrasto giurisprudenziale, insorto con riferimento alla valenza probatoria del modello 770, circa l’esistenza del rilascio delle certificazioni.

Il contrasto poi risolto dalle sezioni unite della Corte di cassazione, in relazione ai fatti commessi anteriormente alla novella, dalla sentenza 22 marzo-1° giugno 2018, n. 24782, nella quale si è affermato che, al fine del rilascio delle certificazioni, non è sufficiente la mera acquisizione del modello 770, occorrendo piuttosto la prova di tale elemento della fattispecie.

Ciò precisato, il rimettente rileva che, nel delegare l’esecutivo alla «revisione» del sistema penale tributario, l’art. 8 della legge n. 23 del 2014 avrebbe limitato lo spazio d’azione del legislatore delegato, vincolandolo alla «mera “possibilità di ridurre le sanzioni per le fattispecie meno gravi o di applicare sanzioni amministrative anziché penali, tenuto conto anche di adeguate soglie di punibilità“».

A parere del giudice a quo, inoltre, non vi sarebbe alcun dubbio sulla ascrivibilità del reato di omesso versamento delle ritenute alla categoria delle «fattispecie meno gravi» tra quelle che compongono il settore tributario; e ciò anche alla luce delle numerose disposizioni di maggior favore contenute nel Dlgs. n. 74 del 2000, dettate in riferimento al delitto in esame.

Nelle omissioni in esame, del resto, rileva il giudice rimettente, difetta il requisito della fraudolenza, e non vi sono interrelazioni con il tema dell’elusione fiscale, trattandosi di condotte distinte dalla dichiarazione infedele, ai sensi dell’art. 4 del Dlgs. n. 74 del 2000.

Né, afferma il rimettente, si può ritenere che la nuova formulazione dell’art. 10-bis del d.lgs. n. 74 del 2000 sia rispettosa della delega perché è stata innalzata la soglia di punibilità, dato che, per effetto dell’art. 7 del Dlgs. n. 158 del 2015, diventano penalmente rilevanti comportamenti che in precedenza esulavano dalla tipicità, quali appunto gli omessi versamenti delle ritenute risultanti esclusivamente dalla dichiarazione annuale del sostituto di imposta per importi eccedenti 150.000 euro.

Secondo la Corte Costituzionale le censure erano fondate, sussistendo il denunciato eccesso di delega (artt. 76 e 77, primo comma, Cost.), che, concernendo l’introduzione di una fattispecie di reato da parte del legislatore delegato, va valutato congiuntamente al rispetto della riserva di legge e del principio di stretta legalità di cui all’art. 25, secondo comma, Cost.

 

Le decisioni della Corte Costituzionale

La Consulta evidenzia del resto che nella materia penale è più elevato il grado di determinatezza richiesto per le regole fissate nella legge delega; ciò perché il controllo del rispetto, da parte del Governo, dei «princìpi e criteri direttivi», è anche strumento di garanzia della riserva di legge e del rispetto del principio di stretta legalità, spettando al Parlamento l’individuazione dei fatti da sottoporre a pena e delle sanzioni loro applicabili (sentenze n. 174 del 2021, n. 127 del 2017 e n. 5 del 2014).

Tanto premesso, la Corte Costituzionale evidenzia che la disposizione censurata ha, per l’appunto, introdotto una nuova fattispecie di reato, nel senso che ha previsto come condotta penalmente perseguibile ciò che prima costituiva un mero illecito amministrativo tributario.

Benché vi sia una contiguità delle due condotte, perché concernono pur sempre le stesse ritenute operate dal sostituto, si tratta del resto, comunque, di condotte diverse, le quali hanno avuto nel tempo un trattamento giuridico nettamente distinto.

Per lungo tempo, fino alla depenalizzazione del Dlgs. n. 74 del 2000, due erano state le fattispecie di condotte, penalmente sanzionate dalla norma incriminatrice (l’art. 2 del Dl. n. 429 del 1982, come convertito e come sostituito), e ben diverse tra loro.

Il comma 2 dell’indicato art. 2 riguardava le ritenute dovute in base alla relativa dichiarazione del sostituto. Si trattava di un reato contravvenzionale (punito con la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda), che aveva ad oggetto l’omesso versamento di ritenute tout court sopra una certa soglia (all’epoca 50 milioni di lire) entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale.

Il comma 3 della stessa disposizione sanzionava, invece, l’omesso versamento delle «ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti» entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta.

Si trattava di una condotta specifica, all’epoca valutata come più grave. Il reato era configurato come delitto, punito con reclusione e multa, per l’omesso versamento oltre la soglia di lire 25 milioni; e come contravvenzione, sanzionato con la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda, per l’omesso versamento di ritenute al di sotto della soglia predetta, ma di importo superiore a lire10 milioni.

Era quindi ben chiara la distinzione tra le due fattispecie.

L’elemento differenziale era costituito proprio dalle certificazioni delle ritenute rilasciate dal sostituto ai sostituiti, laddove il legislatore dell’epoca riteneva più grave la condotta del sostituto, che metteva in circolazione le certificazioni, utilizzabili dai sostituiti per l’assolvimento del loro obbligo tributario, e poi ometteva il versamento delle ritenute certificate.

Queste erano quindi le due distinte fattispecie di reato, che poi sarebbero state depenalizzate con il Dlgs. n. 74 del 2000, nel nuovo assetto dei reati tributari, venendo sanzionate entrambe solo come illeciti amministrativi tributari.

Il legislatore del 2004, invertendo la rotta nel senso di voler contrastare con la sanzione penale anche l’omesso versamento delle ritenute, non poteva dunque non aver presente che due erano le fattispecie che avevano ad oggetto tale condotta.

E in effetti, rileva la Consulta, ha operato una scelta con l’introduzione, nel sistema sanzionatorio del Dlgs. n. 74 del 2000, dell’art. 10-bis, la quale è stata chiaramente indirizzata a ripristinare la sanzionabilità penale della sola fattispecie più grave, in precedenza prevista dall’art. 2, comma 3, del Dl. n. 429 del 1982 (l’omesso versamento delle ritenute certificate), e non anche della fattispecie meno grave, quella prevista dal comma 2 dello stesso art. 2 (l’omesso versamento delle ritenute dovute in base alla dichiarazione del sostituto), che è rimasta soggetta solo alle sanzioni amministrative.

Quindi, al momento della delega del 2014, il reato previsto, concernente la condotta omissiva del sostituto, era solo quello dell’omesso versamento delle ritenute certificate, per effetto del ripristino della sanzione penale di dieci anni prima, mentre la condotta di omesso versamento delle ritenute dovute in base alla dichiarazione del sostituto rimaneva distinta e non sanzionata penalmente, pur costituendo anch’essa un illecito in ragione dell’inadempimento dell’obbligo fiscale, assoggettato a sanzione amministrativa tributaria.

Il legislatore avrebbe potuto, in ipotesi, ripristinare la sanzionabilità penale anche di questa condotta.

Ma, nel porre la delega di cui all’art. 8, comma 1, della legge n. 23 del 2014, non lo ha fatto, né ha autorizzato il legislatore delegato a farlo.

E questo anche considerato che la condotta di chi non versa le ritenute indicate nella relativa dichiarazione come sostituto d’imposta non è certo ascrivibile a comportamenti fraudolenti, simulatori o finalizzati alla creazione e all’utilizzo di documentazione falsa.

Né è riconducibile al regime della dichiarazione infedele, dal momento che ciò che rileva è l’omesso versamento delle ritenute «dovute in base alla dichiarazione», a prescindere dal fatto che essa sia fedele o infedele.

E, del resto, anche nella relazione illustrativa dello schema di decreto legislativo, si evidenziava in particolare che il Governo, recependo i principi e criteri direttivi dell’art. 8 della legge n. 23 del 2014, aveva inteso…

…«ridurre l’area di intervento della sanzione punitiva per eccellenza – quella penale – ai soli casi connotati da un particolare disvalore giuridico, oltre che etico e sociale, identificati, in particolare, nei comportamenti artificiosi, fraudolenti e simulatori, oggettivamente o soggettivamente inesistenti, ritenuti insidiosi anche rispetto all’attività di controllo».

Se, dunque, l’innalzamento della tutela penale era rivolto a tali più insidiosi comportamenti, in ordine ai fatti privi dei suddetti connotati di fraudolenza nella medesima relazione illustrativa si evidenziava che il legislatore delegato era, invece, chiamato ad un intervento «tendenzialmente mitigatore», da effettuarsi in relazione al delitto di omesso versamento delle ritenute certificate (art. 10-bis) e di omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto (art. 10-ter), e da attuarsi attraverso l’introduzione di soglie di punibilità al di sotto delle quali:

«il ricorso a misure sanzionatorie di tipo amministrativo – peraltro già previste dalla legislazione vigente – appare proporzionato alle caratteristiche dell’illecito».

Per cui, conclude la Corte, nel reintrodurre questa fattispecie penale, equiparandola a quella già prevista dall’art. 10-bis, sono stati violati i princìpi e criteri direttivi della delega.

In definitiva, il legislatore delegato ha introdotto nell’art. 10-bis una nuova fattispecie penale (omesso versamento di ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione del sostituto), affiancandola a quella già esistente (omesso versamento di ritenute risultanti dalle certificazioni rilasciate ai sostituiti), senza essere autorizzato a farlo dalla legge di delega.

Né a legittimare tale introduzione poteva essere richiamato il dibattito giurisprudenziale sorto sulla fattispecie, dovendo escludersi che il legislatore delegato potesse intervenire in un dibattito ancora in corso per offrire un “soccorso normativo” alla tesi di maggior rigore, secondo cui era sufficiente, sul piano probatorio, che le ritenute risultassero dalla dichiarazione perché potesse ritenersi provato il rilascio delle relative certificazioni ai sostituiti.

Per effetto della dichiarazione di illegittimità costituzionale viene dunque ora ripristinato il regime vigente prima del Dlgs. n. 158 del 2015, che ha introdotto la disposizione censurata, sicché, da una parte, l’integrazione della fattispecie penale dell’art. 10-bis richiede che il mancato versamento da parte del sostituto, per un importo superiore alla soglia di punibilità, riguardi le ritenute certificate; e, dall’altra, il mancato versamento delle ritenute risultanti dalla dichiarazione, ma delle quali non c’è prova del rilascio delle relative certificazioni ai sostituiti, costituisce mero illecito amministrativo tributario.

 

Fonte: Corte Costituzionale, Sentenza 14 luglio 2022, n. 175.

 

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A cura di Giovambattista Palumbo

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