Esame di un caso di Cassazione particolarmente interessante in quanto si occupa di una particolare ipotesi di omessa dichiarazione, chiarendo i termini per poter godere della detrazione IVA.
Può la malattia del contribuente qualificarsi quale causa ostativa alla presentazione della dichiarazione?
Il fatto: impossibilità ad adempiere all’obbligo dichiarativo e alla presentazione di documenti
La Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo, sezione distaccata di Pescara, accoglieva solo in parte l’appello proposto da una s.a.s. oltre che dai soci, avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Chieti, che aveva rigettato i ricorsi presentati contro gli avvisi di accertamento emessi nei loro confronti, con metodo induttivo puro, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, avendo la società provveduto alla presentazione della dichiarazione dei redditi oltre 90 giorni dopo la scadenza.
In particolare, il giudice d’appello evidenziava che non risultava documentata una impossibilità assoluta ad adempiere all’obbligo di dichiarazione nè a provvedere al deposito di documenti in sede procedimentale, non costituendo impedimento assoluto neppure la malattia del contribuente, potendo questi delegare il compito da altro soggetto idoneo.
“Era fondato, invece, l’appello con riferimento alla mancata detrazione dell’Iva versata in quanto, l’inottemperanza del contribuente all’obbligo della dichiarazione annuale preclude che l’imposta versata sugli acquisti di beni e servizi nel periodo dell’omessa dichiarazione possa essere detratta, se non risulti dalle “dichiarazioni periodiche”, salva però, a seguito dell’impugnazione del contribuente, la detraibilità delle poste che deve essere valutata dal giudice del merito.
La parte contribuente aveva diritto a detrarre l’Iva versata sulla base delle fatture depositata in giudizio “anche nella fase d’appello”, potendosi depositare nuovi documenti dinanzi alle commissioni regionali”.
Avverso tale sentenza propone ricorso principale per cassazione l’Agenzia delle entrate.
I motivi della decisione
Per la Corte, nello specifico, è fondato l’unico motivo di ricorso principale articolato dall’Agenzia delle entrate.
“Costituisce fatto pacifico quello per cui l’Agenzia delle entrate ha effettivamente richiesto ai contribuenti il deposito di specifici documenti, con l’avvertimento che, in mancanza, vi sarebbe stata decadenza dalla loro produzione in giudizio (peraltro è stato prodotto in giudizio l’invito rivolto dalla Agenzia delle entrate ai contribuenti, recante la precisa indicazione dei documenti richiesti oltre all’avvertimento della inutilizzabilità in sede amministrativa e contenziosa dei documenti non depositati nel termine indicato)”.
Di conseguenza, trova applicazione, quanto all’Iva, il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, comma 5, in base al quale:
“i libri, registri, scritture e documenti di cui è rifiutata l’esibizione non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente ai fini dell’accertamento in sede amministrativa o contenziosa.
Per rifiuto di esibizione si intendono anche la