Reati tributari e patteggiamento

Come funziona il patteggiamento per i reati tributari? Quali possono essere gli obblighi del contribuente per arrivare al patteggiamento?
Analizziamo il caso dell’omesso versamento IVA e dell’omessa o infedele dichiarazione

In relazione al delitto di omesso versamento dell’IVA, l’estinzione dei debiti tributari mediante integrale pagamento, da effettuarsi prima dell’apertura del dibattimento, non costituisce presupposto di legittimità del patteggiamento, ai sensi dell’art. 13-bis del d.lgs. n. 74 del 2000, in quanto l’art. 13, comma 1, configura detto comportamento come causa di non punibilità dei delitti previsti dagli articoli 10-bis, 10-ter e 10-quater del medesimo decreto e il patteggiamento non potrebbe certamente riguardare reati non punibili (così Sez. 3, n. 38684 del 12/04/2018).

I succitati articoli riguardano (D.Lgs. n. 74 del 10 marzo 2000):

Per una più agevole comprensione della ricostruzione del sistema, è utile procedere ad una esposizione dei dati normativi rilevanti.

 

Il patteggiamento e i reati tributari

Innanzitutto, l’art. 13-bis, comma 2, d.lgs. n. 74 del 2000, fissa in termini generali, per tutti i delitti previsti dal medesimo provvedimento normativo, il seguente presupposto di accesso al rito del c.d. “patteggiamento”:

«Per i delitti di cui al presente decreto l’applicazione della pena ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale può essere chiesta dalle parti solo quando ricorra la circostanza di cui al comma 1, nonché il ravvedimento operoso, fatte salve le ipotesi di cui all’articolo 13, commi 1 e 2.».

L’art. 13-bis, comma 1, d.lgs. n. 74 del 2000, a sua volta, così tipizza la circostanza indicata nel comma 2 quale presupposto per accedere al rito del patteggiamento: «Fuori dai casi di non punibilità, le pene per i delitti di cui al presente decreto sono diminuite fino alla metà e non si applicano le pene accessorie indicate nell’articolo 12, se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie».

 

Le cause di non punibilità

Le cause di non punibilità, poi, sono previste dall’art. 13 del d.lgs. n. 74 del 2000, sulla base di presupposti diversi per i delitti di cui agli artt. 10-bis, 10-ter e 10-quater, comma 1, da un lato, e per i delitti di cui agli artt. 4 e 5, dall’altro. Precisamente, a norma dell’art. 13, comma 1, d.lgs. n. 74 del 2000:

«I reati di cui agli artt. 10-bis, 10-ter e 10-quater, comma 1, non sono punibili se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie, nonché del ravvedimento operoso».

A norma dell’art. 13, comma 2, d.lgs. n. 74 del 2000, invece:

«I reati di cui agli articoli 4 e 5 non sono punibili se i debiti tributari, comprese sanzioni e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, a seguito del ravvedimento operoso o della presentazione della dichiarazione omessa entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, sempreché il ravvedimento o la presentazione siano intervenuti prima che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali».

Dalla combinazione di tutte le disposizioni indicate, risulta innanzitutto evidente che problemi di ammissibilità del patteggiamento, per i delitti di cui agli artt. 4, 5, 10-bis, 10-ter e 10-quater, comma 1, non si pongono quando il pagamento del debito tributario dà luogo ad una causa di non punibilità a norma dell’art. 13 d.lgs. n. 74 del 2000, perché in tal caso il giudice deve pronunciare sentenza di assoluzione, in linea con quanto disposto dall’art. 444, comma 2, cod. proc. pen..

Ciò premesso, operando il raffronto tra gli elementi costituivi della circostanza di cui all’art. 13-bis, comma 1, d.lgs. n. 74 del 2000, la cui verificazione è presupposto per l’accesso al rito del patteggiamento, e gli elementi costitutivi della fattispecie integrante la causa di non punibilità di cui all’art. 13, comma 1, del medesimo d.lgs., per i reati previsti dagli artt. 10-bis, 10-ter e 10- quater, comma 1, emerge una totale sovrapposizione.

Ne discende che, per i reati appena indicati, l’estinzione integrale dei debiti tributari prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado dà luogo alla causa di non punibilità, in quanto prevista da una norma che è speciale rispetto a quella relativa alla circostanza attenuante ad effetto speciale.

Infatti, in presenza dei medesimi presupposti, mentre l’art. 13-bis, comma 1, prevede la diminuente per tutti i reati di cui al d.lgs. n. 74 del 2000, l’art. 13, comma 1, si riferisce ad un sottoinsieme di fattispecie comprese in quella categoria, prefigurando una causa di non punibilità esclusivamente per i delitti di cui agli artt. 10-bis, 10-ter e 10-quater, comma 1.

Di conseguenza, per i reati appena indicati, l’integrale pagamento del debito tributario prima della dichiarazione dell’apertura del dibattimento di primo grado non può mai costituire presupposto per l’accesso al rito del c.d. “patteggiamento” perché, se si verifica, dà luogo, in ogni caso, alla causa di non punibilità.

In presenza delle indicate fattispecie, quindi, l’alternativa è o ritenere preclusa in radice la definibilità del procedimento penale a norma dell’art. 444 cod. proc. pen., o, al contrario, ammetterla, ma senza richiedere il preventivo pagamento del debito tributario.

La prima soluzione, però, sembra poco plausibile perché l’art. 13-bis, comma 2, d.lgs. n. 74 del 2000, nei suoi enunciati testuali, non fissa, in linea generale e programmatica, un divieto generale di accesso al c.d. “patteggiamento” per i delitti di cui agli artt. 10-bis, 10-ter e 10-quater, comma 1.

Diversamente deve ritenersi con riferimento ai reati di cui agli artt. 4 e 5 d.lgs. n. 74 del 2000.

 

I casi di dichiarazione infedele e omessa dichiarazione

I succitati articoli riguardano (D.Lgs. n. 74 del 10 marzo 2000):

Innanzitutto, per questi delitti, è giuridicamente ed empiricamente ipotizzabile ritenere che l’accesso al rito di cui all’art. 444 cod. proc. pen. sia subordinato al verificarsi della circostanza di cui all’art. 13-bis, comma 1, d.lgs. n. 74 del 2000.

Invero, la causa di non punibilità di cui all’art. 13, comma 2, d.lgs. cit. si verifica esclusivamente se l’integrale pagamento del debito è effettuato:

  1. in collegamento con il ravvedimento operoso o la presentazione della dichiarazione omessa entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo;
  2. «sempreché il ravvedimento o la presentazione siano intervenuti prima che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali».

È, quindi, evidente che, per i reati in questione, il pagamento del debito tributario effettuato prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, ma dopo la formale conoscenza, da parte dell’autore del reato, di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali, non potrà integrare la causa di non punibilità, ma solo la circostanza attenuante ad effetto speciale.

Inoltre, la ricostruzione secondo cui l’adempimento del debito tributario è condizione necessaria per accedere al rito di cui all’art. 444 cod. proc. pen. appare coerente con il dato normativo.

Infatti, la deroga alla necessità dell’avvenuto integrale pagamento del debito tributario prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado quale presupposto per la definizione del processo nelle forme del c.d. “patteggiamento” è prevista dall’art. 13-bis, comma 2, d.lgs. cit. non in relazione a tipologie di reato puntualmente richiamate, ma avendo riguardo alla integrazione di una delle «ipotesi» previste dall’art. 13, e, quindi, sembra far riferimento all’avvenuta integrazione di una causa di non punibilità.

Ancora, l’esito ermeneutico di soluzioni differenziate per le fattispecie di cui agli artt. 10-bis, 10-ter e 10-quater, comma 1, rispetto alle fattispecie di cui agli artt. 4 e 5, peraltro, non solo è logicamente e sistematicamente ammissibile e risulta coerente con il dato normativo, ma appare giustificabile anche alla luce della diversa gravità delle fattispecie.

Invero, mentre i delitti di cui agli artt. 10- bis, 10-ter e 10-quater, comma 1, sono tutti puniti con la pena della reclusione da sei mesi a due anni, i delitti di cui agli artt. 4 e 5 d.lgs. n. 74 del 2000 sono puniti, il primo, con la reclusione da uno a tre anni, e, il secondo, con la reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni.

Quindi, per i reati di cui agli artt. 4 e 5 d.lgs. n. 74 del 2000, il rito speciale previsto dall’art. 444 e ss. cod. proc. pen. è ammissibile solo quando vi sia stato l’integrale pagamento del debito tributario prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, pur se dopo la formale conoscenza, da parte dell’autore del reato, di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali (Corte di Cassazione – Terza Sezione Penale – sentenza n. 47287, depositata in cancelleria il 21 novembre 2019).

Infine, a norma dell’art. 12-bis d.lgs. n. 74 del 2000:

«Nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’art. 444 del codice di procedura penale per uno dei delitti previsti dal presente decreto, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto».

 

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3 ottobre 2020

Maurizio Villani e Alessandro Villani