La gestione della parte fiscale della fase applicativa della crisi d’impresa genera alcuni dubbi, per la particolarità delle norme sepcifiche. In questo intervento puntiamo il mouse sulla transazione fiscale e sulla tassazione o meno delle sopravvenienze attive che emergono dalla liquidazione dei beni aziendali.
Fiscalità nella crisi di impresa: premessa
Gli artt. 88 e 101 del TUIR, così come modificati dal D.L. 83/2012, convertito con Legge n. 134/2012 disciplinano la riduzione dei debiti derivanti dall’adozione di procedure finalizzate a risolvere una crisi di impresa, secondo cui gli effetti fiscali derivanti dalla riduzione dei debiti nell’ambito della crisi di impresa, si distinguono in due categorie:
- quelle con effetti fiscali “neutri”, cioè da cui originano sopravvenienze attive completamente detassate, nel cui ambito rientrano i concordati fallimentari o preventivi liquidatori, nonché le procedure estere equivalenti;
- quelle con effetti fiscali “limitati”, cioè da cui originano sopravvenienze attive detassate solo in parte, nel cui ambito rientrano i concordati di risanamento, gli accordi di ristrutturazione ed i piani attestati di risanamento iscritti nel registro delle imprese, nonché le procedure estere equivalenti.
Per approfondire…Responsabilità degli amministratori nel nuovo Codice della crisi d’impresa: azioni di rivalsa da parte dei creditori
La transazione fiscale nella crisi di impresa
L’impresa in crisi che non è in grado di adempiere con regolarità le proprie obbligazioni tributarie, può ottenere la falcidia o la dilazione di pagamento nel medio lungo termine, nell’ambito di una procedura di concordato preventivo o di un accordo di ristrutturazione dei debiti, grazie all’istituto della transazione fiscale.
La stessa impresa in crisi può presentare una proposta di transazione fiscale nell’ambito del concordato preventivo per proporre all