E’ questo il principio, in tema di occultamento delle scritture contabili, espresso dalla Corte di Cassazione, Sentenza Sez. Penale n.166 del 7 gennaio 2020.
Occultamento scritture contabili: il fatto
Il Tribunale di Vicenza ha respinto l’appello cautelare proposto dal pubblico ministero avverso il provvedimento con cui il g.i.p. aveva rigettato la richiesta di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente del profitto connesso al reato di cui all’art. 10 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, ipotizzato nei confronti di C.D. per aver occultato, nel corso di una verifica fiscale condotta dalla Guardia di Finanza e per finalità di evasione, numerose fatture emesse dalla sua ditta individuale negli anni d’imposta 2014, 2015, 2016 e 2017, sì da non rendere possibile la ricostruzione dei redditi e del volume degli affari.
Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso il pubblico ministero, lamentando l’inosservanza degli artt. 10 e 12 bis d.lgs. 74/2000 e dell’art. 240 cod. pen. per essere stato illegittimamente ritenuto che il delitto oggetto d’indagine non consentisse di ravvisare un profitto illecito suscettibile di confisca.
Trattandosi di reato di pericolo, il PM sostiene che quando i verificatori, nonostante la condotta di ostacolo posta in essere dall’agente, riescano comunque a ricostruire il reddito e le imposte dovute, sarebbe quantificabile il vantaggio economico della condotta illecita e potrebbe dunque essere sottoposto a confisca, anche per equivalente, il corrispondente profitto.
Il pensiero della Corte
Il ricorso, per la Corte, è fondato.
L’orientamento interpretat