Come ben si sa, i controlli bancari / finanziari sono uno dei sistemi più incisivi e “persuasivi” che il fisco ha a disposizione per ricostruire presuntivamente i flussi reddituali dei contribuenti.
In tale contesto, vengono assunte come entrate fiscalmente imponibili sia le movimentazioni in entrata (presunti “incassi in nero”), sia quelle in uscita (presunti “pagamenti in nero”, a loro volta produttivi di ricavi non contabilizzati).
A tacere, per ora, del fatto che la sommatoria entrate – uscite dovrebbe comunque tener conto dei costi associati all’attività, ancorché non contabilizzati (“costi neri”), è emersa la criticità costituita dalle peculiarità della figura del professionista / lavoratore autonomo rispetto a quella dell’imprenditore. Mentre infatti quest’ultimo sostiene certamente e indefettibilmente dei costi per l’acquisto di beni e/o servizi, il lavoratore autonomo lega il suo reddito a una prestazione il cui valore aggiunto è costituito dalla competenza e dell’intuitu personae.
La questione è stata oggetto di una lunga serie di sentenze della Corte di Cassazione e di una famosa pronuncia della Corte Costituzionale 6.10.2014 n. 228, nonché di alcune modifiche normative intervenute negli anni.
Nel presente articolo, in particolare, si prendono in esame le due più recenti sentenze emesse in materia in sede di legittimità (Cass. n. 19806 e n. 19810, ambedue datate 9.8.2017): la prima ha ribadito il concetto secondo cui, per i percettori di redditi di lavoro autonomo, le presunzioni legali previste dall’art. 32 del D.P.R. n. 600/1973 operano solo in relazione ai versamenti (e non anche ai prelevamenti) non giustificati; la seconda ha riaffermato che tali presunzioni possono essere vinte dal contribuente solo con adeguata prova contraria.
Una breve ricostruzione
I controlli di tipo bancario e finanziario, finalizzati alla ricostruzione di basi imponibili presuntivamente sottratte a tassazione, possono essere adottati sia nelle operazioni propriamente definibili di polizia tributaria, sia in quelle di polizia giudiziaria, eseguite nell'ambito di istruttorie penali.
Il vantaggio dei controlli di tipo bancario/finanziario risiede, per il fisco, nella possibilità di individuare direttamente i flussi e le disponibilità di mezzi finanziari, da questi risalendo (in via presuntiva) al presupposto impositivo (cioè al possesso di redditi imponibili secondo le norme del TUIR, nonché a un maggior volume di affari ai fini dell’IVA).
Le norme che legittimano l'amministrazione finanziaria a controllare i conti e i rapporti intrattenuti dai contribuenti con istituti di credito e altri intermediari sono riconducibili:
- per l'IVA, all'art. 51, comma 2, n. 7), del D.P.R. n. 633/1972;
- per le imposte sui