Circolare n. 1/2018 sulla detrazione IVA: alcune valutazioni

la recente circolare sulle tempistiche della detrazione IVA delle fatture ricevute dopo la chiusura dell’esercizio cerca di mettere una toppa ad una normativa scritta male ed a rischio di illegittimità di fronte alle norme europee; proponiamo l’opinione ad alta voce di Filippo Mangiapane

Non era facile per l’Agenzia delle Entrate affrontare e tentare di risolvere il caos creato dal D.L. 50 del 24 aprile 2017; una norma scritta male, in fretta, e senza rendersi conto delle conseguenze pratiche.

Non mi ha stupito, quindi, il ritardo con cui si è espressa l’Amministrazione Finanziaria pubblicando la prima Circolare sull’argomento a distanza di circa nove mesi dall’entrata in vigore della norma.

Un parto difficile, complicato dall’evidente incompatibilità della nuova normativa con i principi UE e dalla necessità di evitare una procedura di infrazione per aver reso, in concreto ed in taluni casi, difficilmente esercitabile il diritto alla detrazione Iva, con conseguente perdita del requisito di neutralità per gli operatori commerciali, tipico del tributo armonizzato.

Di cosa sto parlando? Del nuovo testo degli articoli 19 e 25 del DPR 633/72, così come modificati dal DL 24 aprile 2017 n. 50.

Con l’entrata in vigore del citato Decreto Legge (convertito, sul punto, senza modifiche di rilievo, dalla L. 96/2017) i tempi per l’esercizio della detrazione Iva sono stati ridotti drasticamente.

Il termine, previsto dall’art 19, dal 1998 coincidente con “la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello nel quale il diritto è sorto”, è stato infatti sostituito con “la dichiarazione relativa all’anno in cui il diritto alla detrazione è sorto”.

La nuova norma, avente natura sostanziale, che disciplina la nascita del diritto alla detrazione ed il termine entro il quale esso può essere esercitato, va poi coordinata con il nuovo art. 25 (anch’esso modificato) che prevede la registrazione delle fatture di acquisto “entro la liquidazione  nella quale è esercitato il diritto alla detrazione della relativa imposta e comunque entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale relativa all’anno di ricezione della fattura e con riferimento al medesimo anno”.

La volontà del Legislatore (o la sua incapacità nel comprendere a fondo la questione, n.d.a.) è peraltro apparsa subito chiara dalla lettura dei lavori parlamentari, ove nelle relazioni si legge che la nuova norma risponde “al fine di contrastare l’evasione fiscale” ed implica “la riduzione dei tempi per la detrazione Iva” (Senato – esame conversione DL, ordine del giorno G1.5: Comaroli, Arrigoni, Calderoli, Candiani, Centinaio, Consiglio, Crosio, Divina, Stefani, Stucchi, Tosato, Volpi).

Poche idee, ma confuse, direbbe qualcuno…

Mascherare da lotta all’evasione la compressione di un diritto esistente e legittimo nasconde, invece, il reale fine della nuova norma, che risponde esclusivamente ad esigenze di finanza pubblica, e non certo  di contrasto a comportamenti illegittimi, visto che il diritto alla detrazione  – ove esistente – risponde ai principi stessi della direttiva UE di neutralità del tributo.

Una norma fuori bersaglio, quindi, o comunque iniqua nella sostanza, che avrebbe meritato la soppressione ed il ripristino della vecchia disciplina, ma così non é stato. 

Il nuovo scenario normativo ha creato il panico tra gli operatori, in quanto la lettera della norma ha imposto, per la corretta applicazione, anche l’adeguamento dei programmi software per poter annotare le fatture d’acquisto entro il 30 aprile dell’anno successivo, facendole tuttavia concorrere  alla liquidazione iva dell’anno in cui il diritto alla detrazione è sorto.

In questo quadro è giunta la Circolare 1/E dell’Agenzia delle Entrate, pubblicata il 17 gennaio 2018, immediatamente (e volontariamente) dopo la scadenza del termine di liquidazione dell’imposta per il mese di dicembre 2017.  

Ho apprezzato lo sforzo interpretativo del Direttore Ruffini nel “mettere una toppa” alla situazione creata con il DL 50/2017.  

Vista la rigidità di termini usati dal nostro legislatore (vedansi i testi degli artt 19 e 25 IVA) occorreva trovare altrove la soluzione per uscire dall’impasse e, giustamente, l’Agenzia delle Entrate ha fatto riferimento alla normativa sovrastante ed ai principi ivi contenuti: la direttiva UE n.  112 del 2006, alla quale tutti i Paesi aderenti all’Unione sono tenuti ad uniformarsi.

Era necessario trovare una via d’uscita per consentire l’esercizio del diritto di detrazione, in tempi concretamente utili, in tutti quei casi in cui la fattura arrivasse a destinazione nell’anno successivo a quello  di esigibilità del tributo.

La normativa nazionale (art 19), in ordine al momento genetico del diritto alla detrazione dell’imposta  ripropone espressamente quanto previsto dall’art 168 della direttiva, specificando che “Il diritto alla detrazione dell’imposta relativa ai beni e servizi acquistati o importati sorge nel momento in cui l’imposta diviene esigibile”; aggiunge poi che lo stesso “è esercitato al più tardi con la dichiarazione relativa all’ anno in cui il diritto alla detrazione e’ sorto ed alle condizioni esistenti al momento della nascita del diritto medesimo”.

Nulla è ulteriormente previsto per le modalità di esercizio del diritto, salvo l’onere, contenuto nell’art 25, di registrare la fattura di acquisto, anteriormente alla liquidazione in cui il diritto viene fatto valere.

La normativa UE, tuttavia, all’art 178, precisa che condizione per l’esercizio del diritto sia il possesso della regolare fattura, redatta conformemente agli artt. da 220 a 236 ed agli articoli 238, 239 e 240.

Quindi, poiché fino a che il cliente non entra in possesso della fattura egli non può, in concreto, esercitare il diritto alla detrazione, sarebbe stato per questi troppo penalizzante il nuovo termine contenuto nell’art 19 della norma nazionale e, correttamente, anche sulla scorta di conforme giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, l’Agenzia delle Entrate ha affermato, nella propria circolare, che l’anno entro il quale la detrazione può essere esercitata coincide con quello nel quale la fattura è stata ricevuta.

Fin qui tutto secondo logica e buon senso, nello spirito di superare, in modo assolutamente intelligente, le difficoltà operative introdotte dal nuovo testo dell’art 19.

Ma ciò che tuttavia mi lascia perplesso, e che costituisce per me motivo di preoccupazione è quanto viene successivamente affermato a pagina 12, quale conseguenza di tale impostazione, e che costituisce una novità nel nostro ordinamento: il fatto che secondo l’Agenzia delle Entrate (benché magnanimamente lo ritenga non sanzionabile per il mese di prima applicazione) la detrazione di un’imposta esigibile in dicembre 2017, ma la cui fattura sia stata ricevuta nei primi 16 giorni di gennaio 2018, non sarebbe detraibile nel 2017, ma avrebbe dovuto, necessariamente, concorrere alla liquidazione del mese di gennaio 2018.

Finora è stato pacificamente ammesso che l’imposta portata da una fattura la cui esigibilità si fosse verificata in un determinato mese, potesse essere detratta dal cliente a condizione che la stessa fosse nella sua disponibilità anteriormente al momento della liquidazione del periodo in cui la stessa fosse fatta valere. Ciò risponde, peraltro, al dato letterale contenuto nell’art. 25  (…deve annotarle in apposito registro anteriormente alla liquidazione periodica nella quale e’ esercitato il diritto alla detrazione della relativa imposta…).

Appare singolare, a mio personale modo di vedere, come la nuova lettura offerta dall’Agenzia delle Entrate sulla questione non appaia supportata da alcuna modifica della normativa nazionale che, sul punto, non ha subito variazioni.

La mia reazione, nel leggere il passo della Circolare, è stata: ma se è questo il principio dettato dalla normativa UE, perché esso non è sempre stato valido anche in passato? Qual è il fatto nuovo che OGGI ci impone di legare necessariamente la detrazione al momento di ricezione del documento e di precostituirci le prove del momento della ricezione della fattura?

Ha veramente senso questo appesantimento degli adempimenti procedimentali per l’esercizio di ciò che è un diritto del contribuente?

Temo che questa lettura offerta dall’Agenzia delle Entrate, al di là dei minimi effetti pratici sulle detrazioni operate nel 2017 in relazione a fatture pervenute nel gennaio 2018, apra invece scenari preoccupanti per i mesi a venire, nei quali un verificatore eccessivamente pignolo potrebbe contestare la corretta detrazione dell’imposta per quegli acquisti effettuati in prossimità del fine mese, per i quali il contribuente non è in grado (con prova diabolica del tutto immotivata da reali finalità di contrasto all’evasione) di documentare il possesso della fattura sin dal mese in questione.

Per quanto ciò non contrasti, effettivamente, con gli insegnamenti della Corte di Giustizia UE[1], mi domando: è veramente funzionale al corretto funzionamento del nostro sistema economico un irrigidimento di questo tipo ed un appesantimento burocratico per poter esercitare un diritto?

Non sarebbe meglio combattere l’evasione in altro modo e permettere ai soggetti iva di operare in regime di totale neutralità del tributo, secondo quei principi che nella stessa direttiva 112/2006 sono declinati proprio all’articolo 1?

22 gennaio 2018

Filippo Mangiapane        

[1] Si veda, in proposito, Corte di Giustizia UE 29 aprile 2004, C-152-02

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Esercizio della detrazione Iva: i chiarimenti del Fisco con circolare 1/2018