Contabilità semplificata per cassa e problema delle rimanenze iniziali

Per i contribuenti obbligati alla contabilità semplificata per cassa continua ad essere sentito il problema delle rimanenze di magazzino: la cancellazione di tali importi dal reddito d’impresa provocherà un rialzo degli imponibili nel 2018; inoltre i contribuenti saranno obbligati a segnalare l’importo delle rimanenze nei prossimi ISA (gli eredi dei vecchi studi di settore).

contabilità semplificata e rimanenze di magazzinoE’ trascorso quasi un anno dall’introduzione del regime di cassa per i semplificati e molti contribuenti (con i loro consulenti) si pongono la questione se sia del tutto regolare la norma che impone l’integrale deducibilità delle rimanenze iniziali del primo anno di applicazione del regime, in quanto come è noto molti di tali contribuenti non potranno riportare a nuovo l’inevitabile perdita che deriverà da tale integrale deducibilità.

In particolare, ci si pone la questione, che pare del tutto fondata, di una doppia imposizione derivante dall’applicazione della norma e, quindi, di una sua illegittimità, anche se un esame della disciplina induce a ritenere che la norma introdotta sia frutto di una imperfetta scrittura dato che, come pare evidente dagli atti parlamentari, l’intenzione del Legislatore fosse proprio quella di evitare la doppia imposizione il che dovrebbe poter escludere un nuovo intervento legislativo di modifica della disciplina.

Ma andiamo con ordine, tenendo presente, per motivi di semplificazione, i seguenti dati che serviranno per tutte le elaborazioni da fare: si ipotizzi un contribuente semplificato che al 31 dicembre 2016 abbia dichiarato rimanenze finali per 100, pari quindi alle rimanenze iniziali del 2017; il contribuente applicherà dal 2017 il regime di cassa;

  • il ricarico ordinariamente applicato dal contribuente è pari al 100%;
  • si ipotizzi la mancanza di acquisti di beni destinati alla produzione di ricavi;
  • le elaborazioni presentate esplicano i loro effetti non solo ai fini IRPEF per la determinazione del reddito di impresa ma anche ai fini IRAP per la determinazione del valore della produzione.

 

Contabilità semplificata: riferimenti legislativi

contabilità semplificata per cassaL’art. 1, commi da 17 a 23, della legge n.223/2016, nel modificare una serie di disposizioni in materia di TUIR e accertamento, ha di fatto introdotto, a partire dal 1° gennaio 2017, il regime semplificato di cassa.

Al riguardo, fermo restando la rilevanza di taluni componenti di positivi e negativi di reddito per i quali si applica sempre il criterio della competenza, il nuovo testo dell’art. 18 del DPR n. 633/1973 prevede tre diverse modalità di tenuta delle scritture contabili da parte del contribuente in regime semplificato.

In particolare, il comma 18 prevede che le rimanenze finali che hanno concorso a formare il reddito dell’esercizio precedente, secondo il principio della competenza, sono portate integralmente in deduzione del reddito del primo periodo di applicazione del regime.

Sull’applicazione del regime risulta emanata la circolare 13 aprile 2017, n. 11/E che si limita a ripetere la norma e le sue applicazioni, ma nulla dice in merito al trattamento delle perdite che ne deriveranno e alle situazioni di doppia imposizione che verranno a formarsi a seguito dell’integrale deduzione delle rimanenze iniziali.

Per l’attuazione del nuovo regime di determinazione del reddito, il comma 23 della citata legge n. 232/2016 prevedeva l’emanazione, da parte del Ministro dell’economia e delle finanze, di un apposito decreto che in nessun modo contribuirà alla soluzione della questione atteso che, come risulta dalla risposta del 23 marzo 2017 all’interrogazione parlamentare n. 5-10836, “i temi del computo delle rimanenze finali e del riporto delle perdite prescindono dall’eventuale adozione del decreto ministeriale”, necessitando tali particolari questioni di una modifica legislativa.

Non si può comunque non rilevare che, a tutt’oggi, nulla risulta fatto nonostante il problema fosse già noto a marzo del 2017 al Parlamento, al Governo e all’Agenzia delle Entrate.

 

La doppia imposizione

Applicando, quindi, la norma possono verificare le seguenti situazioni:

Esempio 1: l’impresa vende tutte le rimanenze iniziali nel 2017

 

descrizione importo
RICAVI REGISTRATI 200
ACQUISTI REGISTRATI 0
RIMANENZE INIZIALI 100
REDDITO D’IMPRESA 100

 

L’impresa ha ceduto tutte le rimanenze iniziali, realizzando un reddito pari al ricarico ordinariamente praticato.

 

Esempio 2: l’impresa vende parte delle rimanenze iniziali: caso A

 

descrizione importo
RICAVI REGISTRATI 120
ACQUISTI REGISTRATI 0
RIMANENZE INIZIALI 100
REDDITO D’IMPRESA 20

 

L’impresa ha ceduto parte delle rimanenze iniziali, realizzando ancora un reddito, con l’avvertenza che, a fine 2017, risulteranno rimanenze per 40 (100 iniziali – 60 cedute con un ricarico del 100%); pertanto, la situazione dell’anno successivo potrebbe essere:

 

descrizione importo
RICAVI REGISTRATI 80
ACQUISTI REGISTRATI 0
RIMANENZE INIZIALI 0
REDDITO D’IMPRESA 80

 

Complessivamente, quindi, a fronte di redditi ipotizzabili pari a 100, il contribuente ha effettivamente dichiarato redditi pari a 100 (20 nel 2017 e 80 nel 2018).

Rispetto all’applicazione del principio di competenza, in una situazione simile, fermo restando la tassazione complessiva, il contribuente ha visto ridursi la tassazione del 2017 e ha visto aumentare la tassazione del 2018.

 

Esempio 3: l’impresa vende parte delle rimanenze iniziali: caso B
descrizione importo
RICAVI REGISTRATI 70
ACQUISTI REGISTRATI 0
RIMANENZE INIZIALI 100
REDDITO D’IMPRESA -30

 

L’impresa ha ceduto parte delle rimanenze iniziali, realizzando una perdita di impresa, con l’avvertenza che, a fine 2017, risulteranno rimanenze per 65 (100 iniziali – 35 cedute con un ricarico del 100%); pertanto, la situazione dell’anno successivo potrebbe essere:

 

descrizione importo
RICAVI REGISTRATI 130
ACQUISTI REGISTRATI 0
RIMANENZE INIZIALI 0
REDDITO D’IMPRESA 130

 

Complessivamente, quindi, a fronte di redditi ipotizzabili pari a 100, il contribuente ha effettivamente dichiarato redditi pari a 130 nel 2018 non potendo scomputare da tale importo, come si verifica nella stragrande maggioranza dei casi, la perdita realizzata nel corso del 2017 per effetto di quanto disposto dall’art. 8, comma 3, del TUIR che non consente il riporto e lo scomputo negli anni successivi delle perdite realizzate dai titolari di reddito di impresa in contabilità semplificata.

Rispetto all’applicazione del principio di competenza, in una situazione simile, il contribuente ha visto annullarsi del tutto la tassazione del 2017 e ha visto aumentare la tassazione del 2018.

 

Esempio 4: l’impresa non vende alcuna rimanenza iniziale

 

descrizione importo
RICAVI REGISTRATI 0
ACQUISTI REGISTRATI 0
RIMANENZE INIZIALI 100
REDDITO D’IMPRESA -100

 

L’impresa non ha ceduto alcuna rimanenza iniziale, realizzando una perdita di impresa pari all’ammontare delle rimanenze iniziali integralmente dedotte nell’esercizio, con l’avvertenza che, a fine 2017, risulteranno ancora rimanenze per 100; pertanto, la situazione dell’anno successivo potrebbe essere:

 

descrizione importo
RICAVI REGISTRATI 200
ACQUISTI REGISTRATI 0
RIMANENZE INIZIALI 0
REDDITO D’IMPRESA 200

 

Complessivamente, quindi, a fronte di redditi ipotizzabili pari a 100, il contribuente ha effettivamente dichiarato redditi pari a 200 nel 2018 non potendo scomputare da tale importo, come si verifica nella stragrande maggioranza dei casi, la perdita realizzata nel corso del 2017 per effetto di quanto disposto dall’art. 8, comma 3, del TUIR che non consente il riporto e lo scomputo negli anni successivi delle perdite realizzate dai titolari di reddito di impresa in contabilità semplificata.

La particolare norma ha, quindi, raddoppiato l’imponibile da dichiarare rispetto a quello presumibile.

Rispetto all’applicazione del principio di competenza, in una situazione simile, il contribuente ha visto annullarsi del tutto la tassazione del 2017 e ha visto aumentare, anche più di quanto ci si sarebbe aspettato, la tassazione del 2018.

 

 

La beffa degli ISA (degli studi di settore e della dichiarazione)

Anche se se le rimanenze iniziali devono essere dedotte per intero nella determinazione del reddito di impresa e, quindi, alla fine del primo anno di applicazione del regime di fatto non sussisteranno rimanenze da dedurre negli esercizi successivi, ugualmente le rimanenze finali e iniziali di ogni periodo di imposta rileveranno ai fini dell’applicazione degli indici sintetici di affidabilità fiscale (ISA) di cui all’art. 9-bid del decreto legge n. 50/2017.

Infatti, le prime bozze dei modelli richiedono l’espressa indicazione delle rimanenze iniziali e finali, il che si presume debba valere anche per le imprese in regime semplificato.

Tale espressa indicazione sembra essere la conseguenza di quanto previsto nel comma 4 del citato art. 9-bis in cui è detto espressamente quanto segue:

“ I contribuenti cui si applicano gli indici dichiarano, anche al fine di consentire un’omogenea raccolta informativa, i dati economici, contabili e strutturali rilevanti per l’applicazione degli stessi, sulla base di quanto previsto dalla relativa documentazione tecnica e metodologica approvata con il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze di cui al comma 2, indipendentemente dal regime di determinazione del reddito utilizzato.”

 

La lettura di tale comma induce a ritenere che, indipendentemente dal regime contabile adottato, i dati debbano essere dichiarati per competenza, il che significa non solo il primo anno ma anche nei periodi di imposta successivi.

E che questa debba essere l’interpretazione corretta del comma è desumibile dal fatto che gli ISA servono a determinare la normalità economica e la coerenza dell’attività, il che può avvenire solo ed esclusivamente ove si faccia affidamento al criterio della competenza e non a quello della cassa.

Ma se questo vale per gli ISA, non v’è dubbio che debba valere anche per gli studi di settore, fin tanto che saranno applicati e per i parametri, oltre che per le dichiarazioni dei redditi e le dichiarazioni IRAP.

Al momento, pare intuibile che anche tali dichiarazioni, ancorché presentate da contribuenti in regime semplificato di cassa, debbano contenere l’indicazione delle rimanenze iniziali e finali di ciascun periodo di imposta, in quanto l’indicazione di tale rimanenze costituisce presupposto per eventuali controlli del ricarico o per eventuali controlli di presunzione di acquisto o cessione in evasione.

In definitiva, oltre al danno della doppia imposizione, si profila anche la beffa di dover continuare a dichiarare le rimanenze come se la deducibilità integrale valesse ai soli fini della determinazione del reddito ma non anche ai fini dei controlli.

 

 

Considerazioni e le intenzioni del Legislatore

Gli esempi proposti evidenziano quindi il fatto che, rispetto all’applicazione del principio di competenza, il contribuente semplificato di cassa:

  •  vede ridursi o addirittura annullarsi del tutto la tassazione del 20171;
  • vede aumentare la tassazione degli anni successivi.

Pare innegabile, anche, che in molti casi il particolare meccanismo applicativo comporti una evidente doppia imposizione in capo al contribuente che detiene molte più rimanenze rispetto a quelle che potrebbe vendere.

Addirittura, come visto nell’esempio 4, il contribuente può arrivare a vedersi tassato per il doppio dei suoi imponibili attesi dalla cessione delle rimanenze, il che evidentemente comporta una doppia imposizione: una prima volta come rimanenze finali del 2016 e una seconda volta come ricavi/reddito, senza essere stato messo in condizione di utilizzare effettivamente l’obbligatoria deducibilità delle predette rimanenze.

Se così è, e non pare che si possa disconoscere una simile conclusione, tanto è vero che se ne è presa atto anche con la citata interrogazione parlamentare, allora va esaminato se effettivamente l’intenzione del legislatore fosse questa.

Al riguardo, va rilevato che nella Relazione illustrativa al disegno di legge AC 4127 (pag. 128), divenuto poi legge n. 223/2016, è detto molto chiaramente che:

“ Al fine di evitare fenomeni di doppia imposizione, il reddito del periodo d’imposta in cui si applica il principio “di cassa” è ridotto dell’importo delle rimanenze finali che hanno concorso a formare il reddito dell’esercizio precedente soggetto a regime ordinario.”

A leggere la Relazione, pare di tutta evidenza allora che intenzione del Legislatore è stata quella di evitare i fenomeni di doppia imposizione legati al trattamento delle rimanenze, di evitare, cioè, proprio le situazioni viste in precedenza.

Sennonché, nella realtà, la scrittura della norma sembrerebbe aver tradito le intenzioni del Legislatore e, di fatto, prevedendo l’integrale deducibilità delle rimanenze nel primo anno di applicazione del regime di cassa senza alcuna precisazione, “legittima” i predetti fenomeni di doppia imposizione.

Una corretta scrittura della norma avrebbe dovuto invece seguire l’esempio del primo anno di applicazione del regime dei contribuenti minimi, basato sul regime di cassa come il regime semplificato, per il quale risultano applicabili due specifiche discipline: una riguardante la deducibilità delle rimanenze e l’altra riguardante il riporto delle perdite conseguite in vigenza del regime.

La norma originaria (art. 1, commi da 96 a 117, della legge n. 244/2007) non prevedeva nulla in merito alla deducibilità delle rimanenze iniziali esistenti al momento di entrata nel regime dei minimi,mentre il comma 106 imponeva di tener conto dei componenti già tassati o dedotti al momento di entrata nel regime.

E’ stato solo con l’art. 4 del D.M. 2 gennaio 2008 che è stato previsto che

“i componenti positivi concorrono alla formazione del reddito per la parte che eccede le rimanenze finali riferite all’esercizio precedente a quello dal quale decorre il regime”.

Scritta così la norma, senza alcuna altra specificazione, si poteva anche ipotizzare che le rimanenze fossero deducibili per intero nel primo anno di applicazione del regime dei minimi, senza possibilità di eventuali riporti ad annualità successive, analogamente a quanto ora previsto per i contribuenti semplificati di cassa.

Non è così come si vedrà, ma anche se così fosse stato, sarebbe comunque intervenuta la norma contenuta nel comma 108 secondo cui le perdite fiscali generatesi nel corso dell’applicazione del regime dei contribuenti minimi sono computate in diminuzione del reddito conseguito nell’esercizio d’impresa, arte o professione dei periodi d’imposta successivi, ma non oltre il quinto, per l’intero importo che trova capienza in essi.

In pratica, nel regime dei minimi, le perdite sono ordinariamente riportabili e scomputabili negli esercizi successivi.

Il che, se fosse stato previsto anche per il regime semplificato di cassa, avrebbe di per sé evitato ogni ipotesi di doppia imposizione.

Ma nella realtà, pur se non previsto dalla norma e non previsto dal decreto attuativo, l’Agenzia delle Entrate ha immediatamente fornito un’interpretazione assolutamente corretta, ma che si discosta dalla norma, circa la deducibilità delle rimanenze in occasione dell’entrata del regime dei minimi.

Infatti, già con la circolare 21 dicembre 2007, n. 73/E, par. 4.1, prima ancora quindi dell’entrata in vigore della disciplina, l’Agenzia delle entrate ebbe a precisare quanto segue:

“Per quanto riguarda, invece, le rimanenze finali dell’esercizio precedente le stesse assumono rilevanza a decremento dei componenti positivi prodotti nel corso di applicazione del regime. Al riguardo il decreto preciserà che i componenti positivi concorrono alla formazione del reddito per la parte che eccede le rimanenze finali riferite all’esercizio precedente a quello dal quale decorre il presente regime.

In altri termini, dette rimanenze finali costituiscono un componente negativo che concorre nella determinazione del reddito del primo periodo di imposta in cui ha effetto l’opzione, fino a concorrenza dei componenti positivi incassati. L’eventuale eccedenza rileva nei periodi di imposta successivi con le stesse regole.”

Peraltro, l’interpretazione venne confermata, con l’aggiunta di alcuni esempi, anche nella circolare 28 gennaio 2008, n. 7/E, par. 6.9.

Pare evidente allora che, pur non essendo previsto dalla norma né dal decreto, l’Agenzia delle Entrate abbia fornito l’unica interpretazione possibile che, in relazione alle rimanenze esistenti al momento dell’accesso al regime dei minimi, evitasse ogni problema di doppia imposizione.

Ebbene, la stessa interpretazione non può non essere data anche per il caso del semplificato di cassa; infatti, in entrambi i regimi:

  •  il reddito è determinato sulla base del principio di cassa,
  • occorre uno specifico trattamento per le rimanenze iniziali al fine di evitare una doppia imposizione.

Al riguardo, non sarebbe nemmeno necessaria la modifica legislativa di cui è cenno nella citata interrogazione parlamentare, risultando sufficiente una corretta scrittura del decreto attuativo previsto dal comma 23 della legge n. 223/2016, se non addirittura, come è stato fatto nel caso del regime dei minimi, di un semplice chiarimento da parte dell’Agenzia delle Entrate, visto che le normative sono sostanzialmente identiche sul punto della deducibilità delle rimanenze iniziali.

In definitiva, parrebbe che l’esame della disciplina e, soprattutto, la manifesta volontà di Legislatore di evitare le doppie imposizione possano consentire all’Agenzia delle Entrate di intervenire ad escludere la deducibilità integrale delle rimanenze, chiarendo invece che tale deducibilità interviene solo fino a concorrenza del reddito dichiarato.

La mancanza di ogni intervento al riguardo dovrebbe poter consentire al contribuente di intraprendere la strada del contenzioso, atteso che – in simili situazioni – la doppia imposizione risulterebbe confermata in tutta la sua gravità.

Pare quindi singolare che, ad un anno dall’entrata in vigore della norma, non ci si sia ancora preoccupati di affrontare e risolvere la questione, anche in considerazione del fatto che una pronta risposta alla questione avrebbe consentito a molti contribuenti di transitare con tempestività al regime di contabilità ordinaria.

 

4 dicembre 2017

Vito Dulcamare

 

 

NOTE

1 Una riprova di tale fatto è fornita dalla constatazione che, in occasione del versamento del secondo acconto del 2017, i contribuenti semplificati di cassa hanno ridotto, a volte anche in misura notevole, gli importi da versare avendo tenuto presente, nella determinazione dell’acconto in misura previsionale, della deducibilità integrale delle rimanenze.

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