Assegnazione agevolata di beni ai soci per società in contabilità semplificata

le ultime novità per il caso di assegnazione di beni ai soci di società in contabilità semplificata: si tratta del caso di assegnazione in assenza di riserve. A norma del codice civile tutte le società sarebbero obbligate alla produzione del bilancio comprensivo di stato patrimoniale, a prescindere dalle norme fiscali…

Aspetti generali dell’assegnazione agevolata di beni ai soci per le società in contabilità semplificata

La possibilità di assegnare e cedere con tassazione agevolata i beni societari ai soci, nonché di accedere a una forma di tassazione con analoga tassazione agevolata, è stata introdotta dall’art. 1, cc. 115 ss., della legge 28.12.2015, n. 208.

La legge di bilancio 2017 (art. 1, c. 565, legge n. 11.12.2016, n. 232) ha successivamente riaperto i termini per le operazioni agevolate, fissandoli al 30.09.2017.

La situazione delle società in contabilità semplificata, il cui accesso alle agevolazioni non è espressamente vietato da alcuna norma, presenta aspetti particolari in quanto tale soggetti non dispongono di riserve isolatamente appostate in bilancio.

Da ciò dovrebbe conseguire l’impossibilità di dar luogo all’assegnazione di beni con imposizione agevolata: in tal senso si è espressa l’Agenzia delle Entrate nella videoconferenza Telefisco (tenutosi il 02.02.2017), e nella circolare n. 8/E del 7.4.2017 (risposta 5.2).

 

Assegnazione agevolata: chi può aderire?

Possono fruire dell’assegnazione agevolata le società commerciali che entro la data limite assegnano o cedono ai soci beni immobili diversi da quelli strumentali per destinazione, o beni mobili iscritti in pubblici registri non utilizzati come beni strumentali nell’attività propria dell’impresa.

Quale ulteriore condizione figura l’iscrizione dei soci nel relativo libro alla data del 30.09.2015, ovvero entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge n. 208/2015, in forza di titolo di trasferimento avente data certa anteriore all’1 ottobre 2015.

A seguito delle modificazioni della legge n. 232/2016, il requisito dell’iscrizione nel libro si sposta in avanti di un anno (30.09.2016), analogamente a quanto accade per le altre date cui va fatto riferimento.

Inoltre, possono accedere all’agevolazione le società che hanno per oggetto esclusivo o principale la gestione dei predetti beni e che entro il 30.09.2017 si trasformano in società semplici.

 

Il regime agevolato

Secondo il comma 116 dell’articolo, la tassazione sostitutiva (delle imposte sui redditi e dell’IRAP) prevista dalla norma agevolativa si calcola sulla differenza tra il valore normale dei beni assegnati o, in caso di trasformazione, quello dei beni posseduti all’atto della trasformazione, e il loro costo fiscalmente riconosciuto, con le seguenti aliquote:

  • società in generale: 8%;

  • società considerate non operative in almeno due dei tre periodi di imposta precedenti a quello in corso al momento dell’assegnazione, cessione o trasformazione: 10,5%.

Le riserve in sospensione di imposta annullate per effetto dell’assegnazione dei beni ai soci e quelle delle società che si trasformano sono assoggettate a imposta sostitutiva nella misura del 13%.

Relativamente a questi aspetti si osserva che alle società considerate «di comodo», ai sensi all’art. 30 della L. n. 724/1994, per almeno due periodi di imposta su tre (nel triennio di osservazione 2013-14-15) viene applicata in sede di imposizione sostitutiva un’aliquota maggiore.

La base imponibile dell’imposta sostitutiva corrisponde (art. 9, c. 3, TUIR) alla differenza tra il costo fiscalmente riconosciuto, come risulta dalle scritture contabili, e il prezzo o il corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi (definizione di “valore normale”).

Per i beni immobili, il valore normale può essere determinato in misura pari a quello risultante dall’applicazione all’ammontare delle rendite risultanti in catasto dei moltiplicatori determinati con i criteri e le modalità previsti dal primo periodo del comma 4 dell’art. 52 del TU dell’imposta di registro.

In caso di cessione, ai fini della determinazione dell’imposta sostitutiva, il corrispettivo della cessione, se inferiore al valore normale del bene, determinato ai sensi dell’art. 9 del TUIR, o in alternativa, secondo i moltiplicatori catastali, è computato in misura non inferiore ad uno dei due valori (viene quindi applicato il minore tra il VN secondo il TUIR e secondo il criterio catastale).

Questo criterio agevolativo non trova applicazione in ambito IVA.

Secondo quanto è stato posto in luce nella circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 26/E dell’1 giugno 2016 (paragrafo 4), la base imponibile dell’imposta sostitutiva, e di conseguenza il tributo da assolvere, può anche essere pari a zero, nell’ipotesi in cui il valore normale/catastale dei beni assegnati sia inferiore al loro costo fiscalmente riconosciuto.

In questa evenienza, la minusvalenza generata non è deducibile ai fini della determinazione del reddito d’impresa, ma la mancanza di base imponibile non preclude la possibilità di fruire del beneficio.

 

Assegnazione agevolata e trattamento IVA

L’imposizione sostitutiva “copre” come si è detto solo le imposte sui redditi e l’IRAP, mentre per l’IVA si guarda al criterio generale in base al quale le assegnazioni di beni ai soci costituiscono cessioni di beni ed integrano il presupposto oggettivo ai fini dell’applicazione dell’imposta (art. 2, c. 2, n. 6, D.P.R. n. 633/1972).

L’IVA deve essere quindi assolta secondo le aliquote ordinariamente previste, senza agevolazioni.

 

La situazione delle società di persone

Nelle società di persone, l’applicazione delle ordinarie regole di tassazione per trasparenza determina, per i soci, l’irrilevanza dell’importo già assoggettato a tassazione dalla società con il pagamento dell’imposta sostitutiva.

Così si esprime l’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 37/E del 16.09.2016 (paragrafo 3.3).

Infatti il socio assegnatario, infatti, prima di operare la riduzione del costo della partecipazione in misura pari agli utili ricevuti, è tenuto a incrementare lo stesso dell’importo assoggettato ad imposta sostitutiva (cfr. circolare n. 26/E del 2016).

Questo principio trova applicazione anche per i soci delle società di capitali che abbiano optato per il regime di trasparenza fiscale di cui agli artt. 115 e 116 del TUIR.

Anche nelle società di persone potrebbe verificarsi in capo al socio l’ipotesi in cui il valore normale/catastale del bene assegnato risulti maggiore rispetto al costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione (precedentemente aumentato della differenza assoggettata a imposta sostitutiva dalla società), ad esempio se il socio assegnatario aveva acquistato la partecipazione ad un valore più basso rispetto al valore economico della società.

In tale ipotesi, non possono trovare applicazione le norme specifiche previste dalla disciplina agevolativa in esame, ma quelle ordinarie che prevedono la tassazione come utile di tale differenziale negativo ai sensi dell’art. 47, c. 7, del TUIR, eventualmente soggetto a tassazione separata se ne ricorrono i presupposti.

La medesima tassazione in capo al socio potrebbe verificarsi anche nel caso in cui l’assegnazione fosse effettuata da società in contabilità semplificata, non essendo prevista una specifica deroga dalle norme del TUIR. Anche in questo caso, si tratta di un reddito che assume la natura di utile.

Il costo fiscale della partecipazione del socio in contabilità semplificata deve essere determinato in via extracontabile con le modalità previste dall’art. 68, comma 6, del TUIR.

Con riferimento alle riserve in sospensione di imposta, soggette ad imposta sostitutiva del 13%, la circolare chiarisce che la rivalutazione effettuata dai contribuenti in regime di contabilità semplificata non genera (a differenza di quanto accade per gli altri contribuenti in contabilità ordinaria) la “creazione” di una corrispondente riserva in sospensione di imposta (cfr. circolare n. 11/E del 2009 e circolare n. 22 del 6 maggio 2009), anche nel caso in cui il contribuente, successivamente alla rivalutazione, transiti dal regime di contabilità semplificata a quello di contabilità ordinaria.

Considerato quindi che la rivalutazione effettuata in regime di contabilità semplificata non ha generato una riserva in sospensione di imposta, il maggior valore del bene rivalutato trova la sua contropartita, nel passaggio al regime ordinario, in una riserva libera da vincoli, con la conseguenza che il successivo annullamento di tale riserva (per consentire l’assegnazione dei beni ai soci) non è assoggettato ad imposta sostitutiva del 13%.

 

L’assenza di riserve nella contabilità semplificata

Dall’ipotesi inquadrata nella circolare (società in contabilità semplificata che transita nel regime ordinario) differisce la situazione della società che adotta “semplicemente” e “definitivamente” il regime contabile semplificato.

In tale evenienza, la società non dispone infatti di uno stato patrimoniale nel quale iscrivere delle riserve di utili, o comunque delle poste da annullare o stornare per la fuoriuscita del bene.

In verità, la prassi interpretativa delle Entrate (circolare n. 37/E, cit., paragrafo 1) sembra configurare come causa ostativa rispetto all’accesso alla procedura l’assenza di riserve di utili o capitale.

Secondo la circolare, a fronte dell’assegnazione dei beni ai soci (che riduce l’attivo patrimoniale) ha luogo una riduzione del patrimonio netto.

Quest’ultimo è, come è noto, l’insieme dei mezzi propri dell’impresa, e si compone di più parti ideali (capitale, riserve, utili…).

 

Ma che succede, appunto, se il soggetto interessato è una società personale che applica il regime della contabilità semplificata?

La tenuta dell’inventario, comprensivo di “bilancio” e di “conto dei profitti e delle perdite”, è un obbligo generale previsto in capo alle imprese ai sensi dell’art. 2217 c.c.. Ciò anche se la normativa fiscale sulla contabilità semplificata, autonoma rispetto a quella civilistica (si veda al riguardo la sentenza della Corte di Cassazione, sezione V penale, n. 28923 del 17 luglio 2012), esonera da alcune scritture contabili i soggetti di cui al comma 1 dell’articolo 18 del D.P.R. n. 600 del 1973.

Va detto che la nuova procedura di assegnazione agevolata riproduce nella sostanza l’analoga misura già prevista dall’art. 29 della legge 23.12.1997, n. 449, come successivamente integrato dall’art. 13 della legge 18.02.1999, n. 28.

In relazione a questa precedente agevolazione, si era espresso il Ministero delle Finanze con la circolare n. 112 del 21.05.1999, in parte riprese dalla circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 26/E del 2016.

In particolare, al paragrafo di quest’ultima pronuncia di prassi, viene affermato che, anche in relazione alle società di persone,

“l’assegnazione dei beni ai soci comporta una riduzione del patrimonio netto della società in contropartita della riduzione dell’attivo dello stato patrimoniale conseguente al trasferimento dei beni dalla sfera patrimoniale della società a quella del socio”.

Se però la società è, era e rimane in contabilità semplificata, la possibilità di accedere alla procedura si scontra con la mancanza di uno stato patrimoniale nel quale siano presenti delle riserve da annullare.

Sul punto afferma la menzionata circolare n. 37/E del 2016 (paragrafo 1) che:

“l’assegnazione dei beni ai soci comporta la necessità di annullare riserve contabili (di utili e/o di capitale) in misura pari al valore contabile attribuito al bene in sede di assegnazione.

Tale valore può essere pari, superiore o inferiore al suo precedente valore netto contabile. Ne deriva che è possibile fruire della disciplina agevolativa in esame solo se vi siano riserve disponibili di utili e/o di capitale almeno pari al valore contabile attribuito al bene in sede di assegnazione”.

A seguire alla lettera queste indicazioni, l’assenza di riserve impedirebbe alla società di poter fruire della procedura di assegnazione agevolata.

Sul punto tuttavia permangono profili di dubbio: si veda quanto affermato di seguito.

 

Assegnazione senza riserve?

Come rilevato sopra, l’assegnazione agevolata determina una riduzione del patrimonio netto che va a decrementare le riserve (e non il capitale); l’assegnazione agevolata può infatti avvenire solo se sono disponibili riserve da annullare in misura pari almeno al valore contabile attribuito al bene: questo principio è stato riaffermato nella circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 8/E del 7 aprile 2017 (paragrafo 5.2).

La società in contabilità semplificata (ex art. 18 del D.P.R. n. 600/1973) non dispone di riserve perché non è tenuta alla redazione e alla pubblicazione del bilancio di esercizio ai sensi del codice civile e non dispone neppure di un libro degli inventari (comprensivo di bilancio) secondo le disposizioni tributarie.

Si osserva che le società personali sono espressamente incluse tra i soggetti cui si applica la procedura di assegnazione agevolata, ai sensi dell’articolo 1, comma 115, della legge n. 208 del 2015, anche se non obbligate alla redazione e al deposito del bilancio.

È vero che, come affermato sopra, l’assegnazione dei beni ai soci di società di persone comporta una riduzione del patrimonio netto della società in contropartita della riduzione dell’attivo dello stato patrimoniale, a seguito del trasferimento dei beni dalla sfera patrimoniale della società a quella del socio.

Per un soggetto che adotta la contabilità semplificata e non dispone di un bilancio nel quale riportare tale situazione, le riserve non sono presenti, in quanto manca una rendicontazione del patrimonio netto; ciò potrebbe significare (ma ciò sarebbe da verificare con un qualche futuro indirizzo ufficiale) che in caso di assegnazione agevolata occorre procedere alla diretta riduzione del capitale sociale.

A seguito del riconoscimento, ai fini fiscali, del maggior valore del bene in capo al socio, per effetto del pagamento dell’imposta sostitutiva, viene rideterminato il costo della partecipazione.

Quest’ultimo, infatti, dovrà essere incrementato del maggior valore assoggettato a imposta sostitutiva dalla società, e quindi decrementato in conseguenza della fuoriuscita del bene dal patrimonio sociale.

 

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2 agosto 2017

Fabio Carrirolo