Spese di ospitalità per i clienti in occasione di fiere, mostre, eventi

Le spese di ospitalità a favore dei clienti, sostenute in occasione di fiere, mostre, eventi, sono spese di rappresentanza o spese di pubblicità? La distinzione è fondamentale ai fini della determinazione del reddito d’impresa e della deducibilità dell’IVA .

spese di ospitalità clientiNonostante la legge 244/2007 abbia apportato delle modifiche sostanziali all’art. 108, comma 2, Tuir e, con il D.M. 19.11.2008, sono stati individuati i requisiti delle Spese di rappresentanza;

la distinzione tra Spese di pubblicità (deducibili integralmente) e Spese di rappresentanza (deducibili parzialmente) ancora non è netta, soprattutto riguardo a taluni oneri: di ospitalità a clienti e terzi in genere, di eventi promozionali, di sponsorizzazioni.

La Cassazione, con la sentenza n.8850/2016, ha trattato il caso di spese sostenute da una società organizzatrice di mostre e sfilate, per ospitare e intrattenere giornalisti specializzati in occasione di tali eventi.

La contestazione riguardava la detraibilità dell’Iva ai sensi dell’art. 19-bis1, Dpr 633/72, ma si può ritenere che le conclusioni dei supremi giudici possano estendersi anche alle imposte sui redditi, perchè la norma disciplina i costi degli acquisti che costituiscono Spese di rappresentanza.

L’Agenzia, diversamente dal contribuente, aveva qualificato tali oneri tra le Spese di rappresentanza (rendendo dunque indetraibile l’Iva a essi afferente ai sensi dell’art.19-bis1 Dpr 633/1972), mentre i giudici di merito ne avevano affermata la natura pubblicitaria, in relazione al fatto che la domanda di spazi espositivi è comunque stimolata dagli interventi dei media e dell’editoria specializzata, nei cui confronti erano indirizzate le Spese in esame.

 

La Cassazione ha affermato che costituiscono:

  • Spese di rappresentanza quelle per iniziative volte ad accrescere il prestigio o l’immagine dell’impresa;
  • Spese di pubblicità quelle sostenute per iniziative tendenti, prevalentemente anche se non esclusivamente, alla pubblicizzazione di prodotti, marchi e servizi, o comunque dell’attività svolta.

 

I giudici della Cassazione, con riguardo ai costi sostenuti per offrire ospitalità (vitto, viaggio, alloggio, intrattenimento), evidenziano che vi sono state talune oscillazioni interpretative nei giudizi di legittimità (ad esempio, i pranzi offerti alla clientela sono stati considerati inerenti all’attività pubblicitaria in taluni casi (n.7803/2000 e n.10959/2007), mentre, in altre situazioni, insieme alle spese di alloggio, si sono qualificati come Spese di rappresentanza.

Nel caso oggetto del contenzioso, i giudici affermano che il successo delle iniziative realizzate dalla società (che, come detto, organizza eventi e sfilate di moda)

«dipendono in larga misura … dalla risonanza che gli eventi da essa organizzati sono in grado di conquistarsi nella vasta platea degli interessati».

Se dunque il bene o il servizio si vende, perché gli operatori del settore lo considerano utile al proprio business e se a suscitare l’interesse di costoro siano i resoconti che la stampa specializzata vi dedica, è da ritenere che le spese per ospitalità ai giornalisti non siano Spese di rappresentanza, ma Spese di pubblicità funzionalmente collegate a fatti generatori di ricavi.

Conseguentemente, affermano i giudici, anche le spese per l’ospitalità della stampa specializzata che è chiamata a presenziare agli eventi fieristici contribuiscono alla vendibilità del bene o del sevizio che essa produce e vanno conseguentemente inquadrate tra le Spese di pubblicità.

 

È da dire che le affermazioni della Cassazione appaiono condivisibili, ai fini della verifica se le spese siano riconducibili alle spese di pubblicità:

  • sia per il nesso diretto che sussiste tra l’attività svolta dai giornalisti ospitati e la comunicazione (e dunque la promozione) riguardante i beni o servizi offerti dall’impresa,
  • sia in base all’attuale disciplina caratterizzata da particolari disposizioni riguardanti sia gli eventi fieristici e simili che le spese di ospitalità.

 

È chiaro che simili situazioni possono riguardare le spese per ospitalità, nel corso di eventi di comunicazione (mostre, fiere, sfilate…), di tutti quei soggetti la cui attività, analogamente a quella dei giornalisti specializzati nei diversi settori (moda, automotive, food, materiale sportivo…), ha impatto sulle scelte dei consumatori o dei clienti dell’impresa, come nel caso di architetti o designer da parte di aziende che producono mobili, arredi o materiali da costruzione, chef famosi da parte di aziende del settore food and beverage, ecc.

In generale, l’art. 1 del D.M. 19.11.2008, emanato in attuazione di quanto stabilito dall’art. 108, c. 2, Tuir, prevede che costituiscono Spese di rappresentanza:

  • quelle riguardanti erogazioni gratuite effettuate con finalità promozionali o di pubbliche relazioni e rispondenti a criteri di ragionevolezza;
  • le spese per feste, ricevimenti e altri eventi di intrattenimento organizzati in occasione di mostre, fiere ed eventi simili in cui sono esposti i beni e servizi prodotti dall’impresa;
  • non costituiscono Spese di rappresentanza, le spese per l’ospitalità (viaggio, vitto e alloggio) offerta nei confronti di clienti, anche potenziali, in occasione dei medesimi eventi sopra individuati, nonché durante visite a sedi, stabilimenti e unità produttive dell’impresa.

 

L’Agenzia delle Entrate, con la Circ. n. 34/E del 13.07.2009, par. 6.1.2, ha chiarito che:

  • le Spese sostenute in occasione di mostre, fiere e, in genere, per intrattenimento, sono spese di rappresentanza (che devono essere opportunamente documentate);
  • le Spese sostenute per viaggio, vitto e alloggio, da clienti anche potenziali, costituiscono ordinarie Spese commerciali inerenti, posto che il comma 5 del citato D.M. costituisce disposizione speciale che prevale su quella del comma 1, lettera d). Si tratta, infatti, di spese per servizi (si pensi ad un concerto organizzato nel corso di una fiera) che hanno come fruitori una serie di soggetti indistinti e che dunque non possono essere analiticamente riferite a clienti o potenziali clienti.

 

Le spese regolate dal comma 5 del citato D.M., oltre che essere interamente deducibili dal reddito al di fuori delle soglie parametrate ai ricavi, consentiranno la ordinaria detraibilità dell’IVA, in quanto non attratte al disposto dell’art. 19-bis1, Dpr 633/1972 (salvo che non ricadano in altre e differenti ipotesi di indetraibilità, come ad esempio nel caso di trasporti di persone, ai sensi dell’art.19-bis1, lett. e).

L’agenzia delle Entrate nella circolare 34/E/2009 ha inoltre affermato che qualora le Spese di ospitalità (comma 5 del Dm) siano sostenute in maniera indistinta sia per i clienti che per soggetti diversi (esempio per un buffet offerto durante una fiera a cui partecipano sia clienti che terzi in genere), esse vengono attratte dal regime delle Spese di rappresentanza (c. 1, lett. d), non potendosi applicare il comma 5 che presuppone un’apposita documentazione di supporto per la fruizione esclusiva da parte dei clienti.

Secondo Assonime (circolare 32/2009, nota 6), in realtà, tranne che in alcune ipotesi marginali di fruizione cumulativa, dovrebbe essere sempre possibile enucleare in modo preciso le singole spese per viaggio, vitto e alloggio riferite ai clienti, ottenendo la loro deduzione a norma del comma 5.

Secondo Assonime, Circolare n. 16/2009, nota 15, le spese per intrattenimenti (incluse fra le Spese di rappresentanza) organizzati esclusivamente (opportunamente documentate) a favore di clienti (come ad esempio nel caso di feste in occasione di visite allo stabilimento o a uno showroom per la presentazione di prodotti, ovvero ancora in un punto vendita in concomitanza con l’uscita di nuovi prodotti o collezioni), sono da assimilare alle ordinarie Spese commerciali (comma 5) piuttosto che alle Spese di rappresentanza (comma 1, lett. d).

Nel caso trattato dalla citata Cassazione, n.8850/2016 (che riguardava una società organizzatrice di eventi (mostre e sfilate di moda) che ospitava giornalisti specializzati), l’agenzia delle Entrate nella Circolare 34/E/2009 ha fornito una definizione molto ristretta del concetto di “clienti, anche potenziali” a cui si riferisce il comma 5 del Dm.

Infatti, ha affermato che, per clienti, s’intendono

«i soggetti attraverso i quali l’impresa consegue attualmente i propri ricavi», mentre con la locuzione clienti potenziali ci si riferisce ai «soggetti che abbiano, in qualche modo, già manifestato o possano manifestare un interesse di natura commerciale (acquisto) verso i beni e i servizi dell’impresa».

La potenzialità può essere dedotta dall’attività del soggetto che partecipa all’evento, che deve essere affine, o collegata nell’ambito della filiera produttiva, a quella dell’impresa organizzatrice.

Conseguentemente, secondo l’Agenzia, vanno esclusi dal novero di coloro che legittimano la deduzione integrale delle spese di ospitalità sostenute in occasione degli eventi sopra indicati, tutti gli altri soggetti,  quali i fornitori o i giornalisti, nonché gli agenti di commercio.

La restrittiva lettura del comma 5, data dalla circolare ministeriale 34/E/2009, porta a ritenere che, secondo l’Agenzia, i principi affermati dalla Suprema Corte non siano applicabili nell’attuale contesto.

Il fisco, interpretando in modo letterale il concetto di “clienti”, esclude, infatti, espressamente ogni altro soggetto – compresi i giornalisti – dal regime di deduzione integrale, senza apparentemente alcuna possibilità di diversa argomentazione.

Come afferma la Cassazione, se si considera che le attività volte a sollecitare i giornalisti specializzati a partecipare a eventi commerciali (offrendo loro viaggio, vitto e alloggio), affinché li illustrino con propri interventi sui giornali e sui mezzi di comunicazione per i quali lavorano, contribuiscono direttamente alla vendibilità del bene o del servizio nello stesso identico modo dell’acquisto di una pagina pubblicitaria su un giornale o sul web, si può sostenere che le spese in argomento sono da ricomprendersi nelle ordinarie Spese commerciali da dedurre integralmente secondo le regole dell’inerenza previste dall’art.109 Tuir.

Mancherebbe, in altri termini, il requisito stesso della “gratuità” posto che l’ospitalità è offerta al fine di garantirsi la comunicazione e la diffusione di informazioni sui prodotti presentati nell’evento commerciale, esattamente come avviene quando la società acquisisce una pagina pubblicitaria.

Ciò accade anche in assenza di alcun accordo contrattuale che vincoli il giornalista, dato che quest’ultimo interviene all’evento in cui è ospitato proprio e solo al fine di illustrarlo con articoli sui mezzi di comunicazione.

Si pensi a un giornalista di una rivista di moda invitato a spese di un’impresa di abbigliamento alle sfilate ove vengono presentate le nuove collezioni.

La “controprestazione” di quest’ospitalità (che dunque non sarebbe realmente connotata dalla gratuità) consisterebbe nella pubblicazione dell’articolo illustrativo e del correlato materiale fotografico sulle pagine della rivista.

Questa tipologia di spesa potrebbe dunque essere assimilata a quella per l’ospitalità offerta ad agenti e rappresentanti in occasione della presentazione dei prodotti, per la quale la stessa Agenzia ha affermato che, pur se manca un collegamento diretto con la produzione dei ricavi (come invece accade per quella offerta a clienti),

«l’inerenza deve essere valutata alla stregua dei principi generali dell’articolo 109 del Tuir, prescindendo dalla applicazione della disposizione».

 

Leggi anche: Spese di rappresentanza comprendenti anche spese di vitto e alloggio

 

23 giugno 2017

Antonino Pernice