L’esatto inquadramento di determinate spese sostenute nell’attività di impresa consente di valutare meglio l’eventuale inerenza e la deducibilità delle stesse: in particolare, le spese di rappresentanza rappresentano costi finalizzati ad accrescere il prestigio e l’immagine dell’impresa e, quindi, indirettamente creano una mera aspettativa di maggiori vendite, essendo tese a potenziarne le possibilità di sviluppo.
Analisi dei criteri per valutare la deducibilità delle spese di rappresentanza alla luce del principio di inerenza.
La deducibilità delle spese di rappresentanza è correlata alla sussistenza dei requisiti di inerenza (art. 108 comma 2 del TUIR) tenuto conto della natura e della destinazione delle spese ed è ammessa in relazione all’ammontare dei ricavi e proventi della gestione caratteristica dell’impresa risultanti dalla dichiarazione dei redditi relativo allo stesso periodo in misura pari:
- all’1,5% fino ad euro 10 milioni;
- allo 0,6% perla parte eccedente euro 10 milioni e fino a 50 milioni;
- allo 0,4% per la parte eccedente euro 50 milioni.
Inerenza e caratteristiche delle spese di rappresentanza
Il DM 19.11.2008 considera inerenti le spese per l’erogazione di beni e servizi a titolo gratuito, nonché quelle effettuate con finalità promozionali o di pubbliche relazioni: al contrario, sono considerate congrue le spese il cui sostenimento risponde a criteri di ragionevolezza in funzione dell’obiettivo di generare, anche potenzialmente, benefici economici per l’impresa ovvero sia coerente con pratiche commerciali di settore.
Lo stesso decreto, definite le spese di rappresentanza, stabilisce i limiti quantitativi della deduzione fiscale delle stesse che non sono riferiti a ciascuna singola spesa bensì all’ammontare annuale.
Le spese devono essere effettivamente sostenute e adeguatamente documentate, pena l’indeducibilità.
L’Agenzia delle Entrate (Circolare n. 34/E/2009) ha, a sua volta, rilevato le caratteristiche che le spese devono avere per essere considerate di rappresentanza: in particolare, ha stabilito che le stesse devono essere caratterizzate dalla mancanza di un corrispettivo da parte dei destinatari di una determinata prestazione, nonché dall’assenza di un obbligo di dare o fare a carico degli stessi.
L’assenza di corrispettivo, individuata anche dalla Relazione accompagnatoria al DM 29.11.2008 quale elemento caratterizzante le spese di rappresentanza non è l’unico da tenere in considerazione per la loro distinzione.
Per l’Assonime (Circolare n. 16/2009) non rientrano nella categoria le spese sostenute nell’ambito di operazioni e concorsi a premio nonché gli omaggi contrattuali (vendite promozionali del tipo “tre per due”) dato che seppur formalmente gratuite, il bene ovvero il servizio “omaggiato” in realtà non è a titolo gratuito ma rientra in un rapporto di natura sinallagmatico.
Nessun rilievo viene invece attribuito dalla normativa attuale al criterio distintivo basato sull’oggetto del messaggio che, si ricorda, era individuato nel prodotto (per le spese di pubblicità) e nella “ditta” (per le spese di rappresentanza).
Sul punto vi è, inoltre, da considerare che l’erogazione dei contributi per l’organizzazione di convegni, seminari e manifestazioni simili era ricondotta tra le spe