Agevolazioni prima casa e favor rei

analizziamo come impatta il favor rei sulle agevolazioni prima casa dopo la variazione del 2014 che ridefinisce i casi di agevolazioni, soprattutto riguardo alle abitazioni di lusso: la modifica normativa dei requisiti oggettivi, pur non incidendo sull’imposta da versare, fa venir meno la sanzione

pagamenti-commercialista-telematico-3La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n.13235 del 27 giugno 2016, interviene sulle agevolazioni prima casa lusso, a seguito delle modifiche normative intervenute per effetto dell’art. 33 del D.Lgs. n. 175/2014, confermando da una parte l’esclusione dell’applicazione retroattiva e dall’altra parte l’applicazione del favor rei ai fini sanzionatori.

I principi affermati dalla Corte di Cassazione

L’art. 33, del D.Lgs. n. 175/2014, in vigore dal 13.12.2014, pur riferendosi all’allineamento della disciplina agevolata sulla prima casa in materia di IVA a quella dell’imposta di registro, non può trovare applicazione quanto alla debenza del tributo con riferimento ad atti negoziali anteriori alla data di entrata in vigore della disposizione anzi detta, avendo l’innovazione legislativa efficacia a decorrere dall’1 gennaio 2014 (cfr. art. 10 c. 5 d.lgs. n. 23/2011, secondo cui le disposizioni del presente articolo si applicano a decorrere dall’1 gennaio 2014).

In particolare, con la sentenza n. 12471/2015 la Corte di Cassazione ha chiarito che “il D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, art. 10, modificato dal D.L. 12 settembre 2013, n. 104, art. 26, comma 1, convertito dalla L. 8 novembre 2013, n. 128, intervenendo sull’art. 1, della tariffa parte prima allegala al D.P.R. n. 131 del 1986, ha effettivamente modificato l’art. 1 introducendo una diversa definizione dei requisiti oggettivi delle case di abitazione, per il cui acquisto a titolo oneroso è possibile usufruire – in presenza delle condizioni di cui alla nota 2bis – di un’aliquota ridotta dell’imposta di registro, ancorandola solo alla categoria catastale. Ora, detta modifica, in forza alla quale l’aliquota ridotta è dovuta, ove ricorrano le condizioni di cui alla nota 2-bis per le case di abitazione, ad eccezione di quelle di categoria catastale A1, A8 e A9 non può trovare applicazione rispetto al caso qui all’esame della Corte – compravendita conclusa l’1.10.2007 – avendo l’innovazione legislativa efficacia a decorrere dall’1 gennaio 2014 – cfr. D.Lgs. n. 23 del 2011, art. 10 comma 5: Le disposizioni del presente articolo si applicano a decorrere dal 1 gennaio 2014”.

Tuttavia, ciò non impedisce, per la Corte, “alla disposizione anzidetta che ha in definitiva agganciato l’esistenza del tributo a fatti diversi da quelli originariamente previsti in forza della normativa precedentemente in vigore, di spiegare effetti ai fini sanzionatori, posto che, proprio in ragione della disposizione sopravvenuta la condotta che prima integrano una violazione fiscale non integra più il presupposto per l’irrogazione della sanzione. Ne consegue che in forza dell’art. 3 d.lgs. n. 472/1997, deve ritenersi estensibile in questa sede, posto che l’oggetto del contendere in questa fase era appunto rappresentato dall’esistenza della violazione, il principio del favor rei-cfr. Cass. n. 4616/2016, secondo la quale in tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, ai sensi del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 3, che ha esteso il principio del “favor rei” anche al settore tributario, sancendone l’applicazione retroattiva, le più favorevoli norme sanzionatorie sopravvenute debbono essere applicate, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del giudizio, e quindi anche in sede di legittimità, all’unica condizione che il provvedimento sanzionatorio non sia divenuto definitivo: pertanto, qualora essendo in contestazione l “an” della violazione tributaria, sussista ancora controversia sulla debenza delle sanzioni, s’impone l’applicazione del più favorevole regime sanzionatorio sopravvenuto“.

La questione

Le agevolazioni “prima casa , introdotte dalla legge 22 aprile 1982, n. 168, sono disciplinate dalla nota 2-bis, dell’articolo 1 della Tariffa, Parte I, allegata al D.P.R. n. 131/86, contenente il T.U. dell’imposta di registro, aggiunta dall’art. 16 del D.L. n. 155 del 22 maggio 1993, convertito dalla L. n. 243 del 19 luglio 1993, con contestuale modifica del comma 1 del citato art. 16, nonchè dal D.Lgs. n. 437/90, dal D.P.R. n. 643/72 e dalla Tabella A, parte seconda e terza, allegata al D.P.R. n. 633/72.

L’art. 10 del D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, come modificato dall’art. 26, c. 1, del D.L. 12 settembre 2013, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2013, n. 128, e dall’art. 1, c. 608, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, ha introdotto, a decorrere dall’1 gennaio 2014, rilevanti novità nel regime impositivo applicabile, ai fini delle imposte indirette, agli atti, a titolo oneroso, traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari. Per effetto delle modifiche introdotte dall’art. 10 del D.Lgs.n.23/2011, l’imposta di registro per l’acquisto della prima casa è dovuta nella misura del 2% per i trasferimenti di case di abitazione, “ad eccezione di quelle di categoria catastale A1, A8 e A9, ove ricorrano le condizioni di cui alla nota II bis”. Restano, invece, confermate le condizioni cui è subordinata l’applicazione delle agevolazioni per l’acquisto della prima casa, oltre che le cause di decadenza, in virtù dell’espresso richiamo contenuto nella lettera b del comma 1 dell’articolo 10 del D.Lgs. citato, alle disposizioni recate dalla Nota II-bis all’art. 1 della Tariffa, Parte prima, allegata al TUR.

A decorrere dall’1 gennaio 2014, dunque, l’applicabilità delle agevolazioni prima casa risulta vincolata alla categoria catastale in cui è classificato o classificabile l’immobile e non più alle caratteristiche individuate dal D.M. Lavori Pubblici del 2 agosto 1969, così come previsto dall’art. 1, per. 5, della Tariffa, parte prima, allegata al TUR, nella formulazione applicabile fino al 31 dicembre 2013.

Resta fermo che le agevolazioni prima casa non possono essere fruite in relazione ad immobili che rientrano in categorie catastali diverse da quelle previste per gli immobili abitativi, come ad esempio, per gli immobili rientranti nella categoria catastale A/10 (Uffici e studi privati).

Si rileva, inoltre, che l’assoggettamento dell’atto di trasferimento o costituzione del diritto reale prima casa ad imposta di registro piuttosto che ad IVA esplica effetti anche ai fini del trattamento fiscale applicabile per le imposte ipotecarie e catastali.

Per i trasferimenti soggetti all’IVA, trovano, infatti, applicazione le imposte ipotecarie e catastali nella misura fissa di euro 200 ciascuna (oltre che l’imposta di registro nella misura fissa di 200 euro, nonché l’imposta di bollo, le tasse ipotecarie e i tributi speciali catastali), mentre per i trasferimenti soggetti ad imposta di registro, le imposte ipotecarie e catastali sono applicabili nella misura fissa di euro 50 ciascuna.

Come indicato nella circolare n. 2/2014, l’applicazione delle imposte ipotecarie e catastali nella misura di euro 50 ciascuna concretizza la misura ordinaria per gli atti soggetti ad imposta di registro proporzionale; da ciò consegue che anche nell’ipotesi di decadenza dalle agevolazioni prima casa, fruite in sede di acquisto, ipotesi per la quale la Nota II–bis, punto 4, all’articolo 1 della Tariffa, parte prima, allegata al TUR, stabilisce che “sono dovute le imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura ordinaria…”, il recupero della maggiore imposta riguarderà esclusivamente l’imposta di registro, che dovrà essere applicata nella misura del 9%, e non le imposte ipotecarie e catastali, in ogni caso dovute (a prescindere dalla sussistenza delle condizioni pe beneficiare delle agevolazioni prima casa) nella misura fissa di 50 euro ciascuna.

Successivamente, l’art. 33 del D.Lgs. n. 175 del 21 novembre 2014 ha modificato i criteri per l’individuazione delle case di abitazione per le quali è possibile fruire dell’agevolazione “prima casa” ai fini dell’imposta sul valore aggiunto ( applicazione dell’aliquota ridotta del 4%).

In particolare, per effetto delle modifiche apportate dalla citata disposizione al numero 21 della Tabella A, parte II, allegata al D.P.R. n. 633 del 1972, l’aliquota IVA del 4 % si applica (ricorrendo le ulteriori condizioni previste a tal fine) agli atti di trasferimento o di costituzione di diritti reali aventi ad oggetto case di abitazione (anche in corso di costruzione) classificate o classificabili nelle categorie catastali diverse dalle seguenti:

  • cat. A/1 – abitazioni di tipo signorile;

  • cat. A/8 – abitazioni in ville;

  • cat. A/9 – castelli e palazzi di eminenti pregi artistici e storici.

L’applicazione dell’agevolazione IVA “prima casa” viene, quindi, vincolata alla categoria catastale dell’immobile, non assumendo più alcun rilievo le caratteristiche previste dal decreto del Ministero dei Lavori Pubblici del 2 agosto 1969, che contraddistinguono gli immobili “di lusso”.

Come rilevato dalla circolare n.31/E del 30 dicembre 2014, la norma introdotta allinea la nozione di “prima casa” rilevante ai fini dell’applicazione dell’aliquota IVA del 4% “alla definizione prevista dalla disciplina agevolativa in materia di imposta di registro (i.e. aliquota nella misura del 2 per cento per i trasferimenti delle case di abitazione, ad eccezione di quelle di categoria catastale A1, A8 e A9). Pertanto, a decorrere dall’entrata in vigore del decreto, in sede di stipula dell’atto di trasferimento o di costituzione del diritto reale sull’abitazione per il quale si intende fruire dell’aliquota IVA del 4 per cento, deve essere dichiarata la classificazione o la classificabilità catastale dell’immobile nelle categorie che possono beneficiare del regime di favore (cat. A/2 – abitazioni di tipo civile; cat. A/3 – abitazioni di tipo economico; cat. A/4 – abitazioni di tipo popolare; cat. A/5 – abitazioni di tipo ultra popolare; cat. A/6 – abitazioni di tipo rurale; cat. A/7 – abitazioni in villini; A/11 – abitazioni ed alloggi tipici dei luoghi), oltre all’attestazione della sussistenza delle ulteriori condizioni prescritte per usufruire dell’agevolazione (cfr. Nota II-bis all’art. 1 della Tariffa, Parte prima, allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131)”. Precisano gli estensori del documento di prassi citato, “qualora in sede di stipula di contratto preliminare di vendita sia stata effettuata la classificazione dell’abitazione come immobile di lusso ai sensi del decreto del Ministero dei Lavori Pubblici del 2 agosto 1969, con la conseguente applicazione dell’imposta agli acconti sul prezzo di compravendita con un’aliquota superiore all’aliquota del 4 per cento, è possibile rettificare le relative fatture mediante variazione in diminuzione, ai sensi dell’art. 26 del D.P.R. n. 633 del 1972, al fine di applicare l’aliquota IVA del 4 per cento sull’intero corrispettivo dovuto (cfr. risoluzione 7 dicembre 2000, n. 187). Resta inteso che l’agevolazione IVA prima casa non trova applicazione in relazione ai trasferimenti di immobili non abitativi, quali quelli rientranti nella categoria catastale A/10 – uffici e studi privati”.

Brevi conclusioni

La sentenza che si annota appare particolarmente interessante, perché pur mantenendo il fatto illecito ritiene non applicabile la sanzione per effetto del favor rei, per aver il legislatore agganciato l’esistenza del tributo a fatti diversi da quelli originariamente previsti.

I commi 2 e 3, dell’articolo 3, del D.Lgs. n. 472/97 hanno introdotto nel sistema sanzionatorio tributario il c.d. principio del favor rei, conseguente all’abolizione dell’opposta regola della “ultrattività” di cui all’art. 20 della legge 7 gennaio 1929, n. 4 (secondo il citato art. 20 le disposizioni sanzionatorie si applicavano ai fatti commessi quando tali disposizioni erano in vigore, anche se le stesse fossero state successivamente abrogate o modificate in senso più favorevole al trasgressore).

Come logica conseguenza dell’abolizione, nel settore sanzionatorio tributario non penale, della regola dell’ultrattività, il comma 2 dell’articolo 3 stabilisce che, salvo diversa previsione di legge, nessuno può essere assoggettato a sanzioni per un fatto che in base ad una legge sopravvenuta non costituisce più violazione punibile.

Al di là dell’ipotesi di deroga legislativa, il principio del favor rei trova un limite soltanto nell’intervenuto pagamento della sanzione, così che colui che ha pagato non può chiedere la restituzione, mentre, anche in presenza di provvedimento definitivo, non è possibile la riscossione delle somme (ancora) dovute.

La disposizione di cui al comma 2, dell’articolo 3, del D.Lgs. n. 472/97, trova applicazione sia nei casi in cui la legge posteriore si limiti ad abolire la sola sanzione, lasciando in vita l’obbligatorietà del comportamento prima sanzionabile, sia nell’ipotesi in cui venga eliminato un obbligo strumentale e, quindi, solo indirettamente la previsione sanzionatoria. In sintesi, fermo restando quanto detto circa l’impossibilità di applicare l’art. 3 per i procedimenti già definiti alla data di entrata in vigore delle nuove norme, la circolare n. 180/98 enucleava (se diviene lecito un comportamento posto in essere nella vigenza di una norma che in precedenza lo sanzionava) le seguenti ipotesi che potevano verificarsi al momento dell’abolizione:

C.M. n. 180/98

Ipotesi

Soluzione

La sanzione non è stata ancora irrogata

Nessuna sanzione può’ essere irrogata

La sanzione è stata irrogata, ma l’obbligato non ha ancora pagato alcuna somma

Nessuna norma può essere pretesa

L’obbligato ha pagato in tutto o in parte la sanzione in dipendenza di un provvedimento non ancora definitivo

La somma versata va restituita

L’obbligato ha pagato in tutto o in parte la sanzione a seguito di
provvedimento definitivo.

La somma versata non può essere restituita.

La circolare n. 180/98 precisa che “al fine di stabilire quale sia la norma effettivamente più favorevole, si ritiene che – in linea di massima – debbano essere utilizzati gli stessi criteri comunemente seguiti in diritto penale, tenendo peraltro sempre presente la specificità della materia tributaria. Pertanto, la valutazione della disposizione più favorevole deve essere fatta in concreto e non in astratto (tenendo, quindi, conto anche delle circostanze aggravanti ed attenuanti o esimenti eventualmente previste dalla legge), paragonando i risultati che derivano dall’applicazione delle due norme alla situazione specifica che si presenta all’esame dell’ufficio o ente impositore. Ovviamente è più favorevole la norma che, in relazione alla singola violazione autonomamente irrogabile, conduce a conseguenze meno onerose per il trasgressore. Così, per esempio, nel caso che la nuova legge elevi il massimo della sanzione, diminuendo nel contempo il minimo, si riterrà più favorevole la vecchia legge, se nel caso concreto l’ufficio ritiene di dover applicare il massimo; si riterrà più favorevole la nuova, se deve essere applicato il minimo”.

4 agosto 2016

Gianfranco Antico