Concordato liquidatorio e stralcio del debito IVA: si, no, forse?

la recente sentenza della Corte di Giustizia apre spazi inaspettati per le procedure di concordato liquidatorio permettendo di stralciare anche i crediti relativi all’IVA; adesso bisogna capire come reagirà il Fisco alla novità…

TRANSAZIONE-FISCALE-1024x768Antefatto

Nel maggio 2014, una società di trasporti presentava al Tribunale di Udine una domanda di concordato preventivo. La società, trovandosi in stato di crisi, intendeva liquidare il suo patrimonio, provvedendo al pagamento integrale di taluni creditori privilegiati e al pagamento in percentuale dei creditori chirografari, dei creditori privilegiati di grado inferiore, sostenendo per questi che non vi sarebbe stata comunque capienza, neppure in caso di fallimento. Tra questi ultimi creditori vi era il Fisco, per un debito di IVA che la società proponeva di pagare parzialmente, senza vincolare tale proposta alla conclusione di una transazione fiscale.

Questa la situazione di fatto da cui trae origine la sentenza 7 aprile 2016 della seconda sezione della Corte di Giustizia nella causa C-546/14.

Il rinvio alla corte di Giustizia

Il rinvio alla Corte viene fatto in fase di valutazione della ricevibilità della domanda da parte del Tribunale e, sebbene la fase propriamente contenziosa della procedura di concordato preventivo ha inizio solamente dopo l’approvazione di un siffatto concordato quando i creditori messi in minoranza possono proporre formale opposizione, questo non rileva in merito alla competenza della Corte a conoscere domanda di rinvio pregiudiziale.

I Giudici nazionali possono, infatti, adire la Corte se al loro cospetto pende una lite e se sono stati chiamati a statuire nell’ambito di un procedimento destinato a risolversi in una pronuncia di carattere giurisdizionale1.

La scelta del momento più idoneo per interrogare la Corte in via pregiudiziale è di esclusiva competenza2 del giudice.

Il momento della scelta, probabilmente, è sintomo del profondo disagio di una parte della magistratura che si trovava a dover ritenere in base ai precedenti della Suprema Corte irricevibile un concordato per il solo fatto che esso prevedeva il pagamento parziale del debito IVA.

Il Tribunale di Udine nell’istanza di rinvio domandava, sostanzialmente, se l’articolo 4, paragrafo 3, TUE nonché gli articoli 2, 250, paragrafo 1, e 273 della direttiva IVA ostino a una normativa nazionale, interpretata nel senso che un imprenditore in stato di insolvenza può presentare a un giudice una domanda di apertura di una procedura di concordato preventivo al fine di saldare i propri debiti mediante la liquidazione del suo patrimonio, con la quale proponga di pagare solo parzialmente un debito IVA attestando, sulla base dell’accertamento di un esperto indipendente, che tale debito non riceverebbe un trattamento migliore in caso di proprio fallimento.

Ai sensi degli articoli 2, 250, paragrafo 1, e 273 della direttiva IVA, nonché dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE, gli Stati membri hanno l’obbligo di adottare tutte le misure legislative e amministrative atte a garantire il prelievo integrale dell’IVA nel loro territorio3, poiché nel sistema comune dell’IVA, essi sono tenuti a garantire il rispetto degli obblighi a carico dei soggetti passivi, beneficiando, al riguardo, di una certa libertà sul modo di utilizzare i mezzi a loro disposizione 4

Questa libertà è limitata dall’obbligo di garantire una riscossione effettiva delle risorse proprie dell’Unione e da quello di non creare differenze significative nel modo di trattare i contribuenti, e questo sia all’interno di uno degli Stati membri che nell’insieme dei medesimi.

La direttiva IVA deve essere interpretata in conformità al principio di neutralità fiscale in base al quale operatori economici che effettuino operazioni uguali non devono essere trattati diversamente in materia di riscossione dell’IVA.5

La Corte Europea evidenzia, nella sentenza in commento, come la procedura di concordato sia soggetta a presupposti di applicazione rigorosi, allo scopo di offrire garanzie per quanto concerne, in particolare, il recupero dei crediti privilegiati e pertanto dei crediti IVA.

In primis si rileva che l’imprenditore in stato di insolvenza liquida il suo intero patrimonio per saldare i propri debiti. Se tale patrimonio non è sufficiente a rimborsare tutti i crediti, il pagamento parziale di un credito privilegiato può essere ammesso solo se un esperto indipendente attesta che tale credito non riceverebbe un trattamento migliore nel caso di fallimento del debitore.

La procedura di concordato preventivo così si rivela tale da accertare se, a causa dello stato di insolvenza dell’imprenditore, lo Stato non possa recuperare il proprio credito IVA in misura maggiore.

Inoltre, la proposta di concordato preventivo è soggetta al voto di tutti i creditori ai quali il debitore non proponga un pagamento integrale del loro credito, deve essere approvata da tanti creditori che rappresentino la maggioranza del totale dei crediti dei creditori ammessi, quindi, allo Stato viene garantita la possibilità di votare contro una proposta di pagamento parziale di un credito IVA qualora, in particolare, non concordi con le conclusioni dell’esperto indipendente.

Qualora la proposta sia adottata, nonostante il voto negativo dell’Erario, esso può proporre opposizione ad un concordato che preveda un pagamento parziale di un credito IVA ed il Giudice potrà esercitare il relativo controllo, anche, però, in relazione ad un’opposizione infondata e meramente dilatoria da parte del Fisco con relativa con danna alle spese.

Tenuto conto di questi presupposti e garanzie la Corte di Giustizia afferma che l’ammissione di un pagamento parziale di un credito IVA, da parte di un imprenditore in stato di insolvenza, nell’ambito di una procedura di concordato preventivo non costituisce una rinuncia generale e indiscriminata alla riscossione dell’IVA, non è contraria all’obbligo degli Stati membri di garantire il prelievo integrale dell’IVA nel loro territorio nonché la riscossione effettiva delle risorse proprie dell’Unione.

Tale affermazione fuga ogni dubbio sull’applicazione alla procedura di concordato dei principi giurisprudenziali in tema di condono6, non a caso, il Tribunale di Udine nel porre la questione faceva espressamente rinvio a tale giurisprudenza europea nella domanda di rinvio pregiudiziale alla Corte.

Sul punto, si ricorda che l’avvocato Generale, nelle proprie conclusioni, accolte sostanzialmente dalla Corte, aveva affermato che “È vero che la libertà degli Stati membri nel garantire il rispetto degli obblighi a carico dei soggetti passivi è limitata dall’obbligo di garantire l’effettiva riscossione delle risorse proprie dell’Unione, compresa l’IVA. Il sistema comune dell’IVA non impone tuttavia agli Stati membri di accordare ai crediti IVA un trattamento preferenziale su tutte le altre categorie di crediti.”

In talune circostanze, infatti, come l’Avvocato aveva rilevato, lo Stato membro può rinunciare al pagamento integrale di un credito IVA, “purché siffatte circostanze siano eccezionali, puntuali e limitate e purché lo Stato membro non crei significative differenze nel modo in cui sono trattati i soggetti d’imposta nel loro insieme e, pertanto, non pregiudichi il principio di neutralità fiscale”.

La sentenza 7 aprile 2016 della seconda sezione della Corte di Giustizia nella causa C-546/14 è destinata ad avere immediata e diretta applicazione, questo, non senza problemi in quanto, in primis, manca qualunque direttiva agli Uffici su come comportarsi.

Infatti, se da un lato come anche la Corte Europea ha rilevato, l’Erario può votare in modo negativo e opporsi al concordato, dall’altro, fare ciò non è privo di conseguenze.

Le prospettive

Al momento gli operatori si trovano davanti ad una situazione estremamente labile: nella presentazione di un concordato di tipo liquidatorio sarà possibile presentare una proposta che “stralci” il credito Iva.

Senza entrare nei dettagli dei problemi dello stralcio dei crediti privilegiati nei concordati e della creazione di classi di voto riguardanti i creditori, si pone il problema del comportamento del creditore Fisco alla procedura. Il fatto che il concordato liquidatorio renda possibile lo stralcio dei crediti IVA non implica che esso diventi realtà, poichè dovrà comunque essere approvato dai creditori.

In fase di votazione, sicuramente, una possibilità facile per l’erario sarebbe quella di uniformarsi alla posizione del Commissario giudiziale. Appiattirsi sulla posizione del Commissario non “salva” in ogni caso la posizione dell’Erario, perché, soprattutto nei casi in cui esso ha un voto determinante per il concordato, la posizione assunta andrebbe anche motivata non tanto nei confronti degli altri creditori, quanto nei confronti della Corte dei Conti.

Il fisco, infatti, si troverà a dover valutare caso per caso la convenienza ad una proposta inferiore al valore nominale del proprio credito, ma che spesso garantisce una soddisfazione maggiore (per importo recuperato e tempi di incasso) molto migliore delle lunghe e costose procedure concorsuali. In pratica il creditore fisco dovrà entrare nell’ottica della gestione dei crediti concorsuali e cercare di massimizzare il vero credito recuperato e recuperabile: un’ottica differente questa da quella dell’accertamento.

Segnaliamo inoltre che la tempistica della Corte di Giustizia appare propizia, in quanto è in fase di discussione la riforma delle procedure concorsuali che dovrebbe portare all’emanazione di un “Testo Unico dell’Insolvenza” – il riferimento è ai lavori della Commissione Rordorf – appare, quindi, sempre più urgente una riforma organica delle insolvenze che integri anche le posizioni fiscali all’interno delle procedure concorsuali.

12 aprile 2016

Valeria Nicoletti e Luca Bianchi

1 Sentenze Grillo Star Fallimento, C-443/09, EU:C:2012:213, punto 21, nonché Torresi, C-58/13 e C-59/13, EU:C:2014:2088, punto 19

2 In tal senso, sentenze X, C-60/02, EU:C:2004:10, punto 28, e AGM-COS.MET, C-470/03, EU:C:2007:213, punto 45)

3 Sentenze Commissione/Italia, C-132/06, EU:C:2008:412, punto 37; Belvedere Costruzioni, C-500/10, EU:C:2012:186, punto 20; Àkerberg Fransson, C-617/10, EU:C:2013:105, punto 25, e WebMindLicenses, C-419/14, EU:C:2015:832, punto 41).

4Sentenze Commissione/Italia, C-132/06, EU:C:2008:412, punto 38, e Belvedere Costruzioni, C-500/10, EU:C:2012:186, punto21.

5 In tal senso, sentenze Commissione/Italia, C-132/06, EU:C:2008:412, punto 39; Commissione/Germania, C-539/09, EU:C:2011:733, punto 74, e Belvedere Costruzioni, C-500/10, EU:C:2012:186, punto 22

6 Sentenze Commissione/Italia (C-132/06, EU:C:2008:412) e Commissione/Italia (C-174/07, EU:C:2008:704)