La prima casa con piscina non è agevolabile

la presenza di una piscina è uno dei requisiti per definire la prima casa cosiddetta ‘di lusso’ che non gode di agevolazioni fiscali al momento dell’acquisto.

Prima casa con piscina

Con l’ordinanza n. 21908 del 27 ottobre 2015, la Corte di Cassazione ha affermato che in presenza di una villa, con superficie inferiore a 240 mq ma dotata di piscina, quest’ultimo elemento è idoneo in astratto a configurare il carattere di lusso di un’abitazione ai sensi del D.M. 2 agosto 1969, art. 4 (e ciò è stato totalmente pretermesso dalla CTR che si è unicamente incentrata, per escludere il carattere lussuoso dei beni, sulla superficie dell’immobile e sulla sua cubatura).

Inoltre, in tema di IVA,

“nel caso in cui la cessione di una casa di abitazione di lusso venga assoggettata, usufruendo indebitamente dell’agevolazione per la prima casa, all’IVA con aliquota del 4%, ai sensi del disposto del n. 21) della parte seconda della Tabella A allegata al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, in luogo di quella ordinaria del 20%, l’Ufficio emette l’avviso di liquidazione della maggiore imposta dovuta direttamente nei confronti dell’acquirente dell’immobile medesimo, in quanto l’applicazione dell’aliquota inferiore da parte del venditore dell’immobile è derivata da una dichiarazione mendace dell’acquirente, la quale istituisce – ai sensi dell’art. 1 della nota II-bis della tariffa allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, richiamato dalla seconda parte del predetto punto n. 21), – un rapporto diretto tra l’acquirente stesso e l’Amministrazione finanziaria – cfr. Cass. n. 26259/2010; Cass. n. 10807/2012“.

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I precedenti giurisprudenziali della Corte di Cassazione

Il concetto di “lusso” è stato più volte oggetto di esame da parte della Cassazione. Segnaliamo gli interventi più recenti e significativi, su alcuni aspetti dell’immobile.

  • La sentenza n. 10807 del 28 giugno 2012 (ud. 18 aprile 2012) con cui la Corte di Cassazione ha confermato che, in materia di agevolazioni prima casa, anche il piano interrato, non conforme ai regolamenti edilizi, fa parte della superfice utile per far scattare il cd. Lusso.

  • La sentenza n. 21791 del 5 dicembre 2012 (ud. 17 ottobre 2012) con cui la Corte di Cassazione ha affermato che l’applicazione dell’agevolazione fiscale contemplata per l’acquisto della prima casa postula che l’abitazione sia considerata non di lusso al momento dell’acquisto, e non già in quello della costruzione.

  • La sentenza n. 12517 del 22 maggio 2013 con cui la Corte di Cassazione rileva che anche nell’ipotesi in cui la casa diventa di lusso si perdono le agevolazioni.

  • La sentenza n. 12942 del 24 maggio 2013 (ud. 4 aprile 2013) dove la Corte di Cassazione richiama e fa sua la precedente giurisprudenza (cfr. Cass. nn. 23591 del 2012, 10807 del 2012 e 22279 del 2011), che “si è, di recente, ormai, attestata nel senso di ritenere che, nel calcolo della superficie utile per stabilire se un’abitazione sia di lusso, debba computarsi quella relativa ai vani interni all’abitazione, ancorchè privi dell’abitabilità (in questo caso, da intendersi come conformità alle prescrizioni urbanistiche sotto il profilo dell’abitabilità – oggi ‘agibilità’, ai sensi del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 24), in quanto: a) tale requisito, nel senso qui specificato, non è richiamato dal D.M. 2 agosto 1969; b) quel che unicamente rileva ai fini del computo della superficie utile è l’idoneità di fatto degli ambienti allo svolgimento di attività proprie della vita quotidiana; c) non è possibile alcuna interpretazione che amplii la sfera operativa della disposizione, atteso che le previsioni relative ad agevolazioni o benefici in genere, in materia fiscale, non sono passibili di interpretazione analogica”;

  • La sentenza n. 14162 del 5 giugno 2013 (ud. 17 aprile 2013) con cui la Corte di Cassazione ha affermato che se il magazzino diventa pinacoteca il contribuente perde le agevolazioni prima casa. Secondo l’Ufficio, l’abitazione, pur non oltrepassando i mq. 240, doveva comunque ritenersi di lusso in relazione ad un magazzino di mq. 496, trasformato in galleria d’arte, che non poteva esser considerato pertinenza. In effetti, rileva la Corte, “la CTR non ha sufficientemente spiegato l’affermazione di esistenza del fatto costitutivo del rapporto di pertinenza dedotto in lite, questo rappresentato dalla indispensabile esistenza di una oggettiva subordinazione funzionale della galleria d’arte rispetto all’abitazione (Cass. sez. 2′ n. 9911 del 2006; Cass. sez. 2′ n. 4599 del 2006). La insufficiente motivazione circa l’esistenza del ridetto fatto decisivo e controverso della subordinazione funzionale, impone di cassare con rinvio”.

  • La sentenza n. 22945 del 9 Ottobre 2013, dove la Corte di Cassazione ha confermato che superati i 240 mq., la prima casa acquistata, è da ritenersi “di lusso”. Per la Corte, “la superficie utile” dell’immobile “va computata sottraendo dall’estensione globale indicata nell’atto di acquisto, sottoposto all’imposta, gli ambienti espressamente esclusi (balconi, terrazze, cantine, soffitte, scale e posto macchine)”. Inoltre, rilevano i giudici, non appare possibile non ritenere di lusso una abitazione come quella in questione, individuata come “villa unifamiliare su due piani fuori terra e seminterrato, composta di ben tredici vani”.

  • La sentenza n. 25674 del 15 novembre 2013 (ud. 18 settembre 2013), ove la Corte di Cassazione ha affermato che la “superficie utile complessiva” non può restrittivamente identificarsi con la sola “superficie abitabile” (Cass. sez. trib. n. 1087 del 2012; del resto, anche l’anteriore Cass. sez. 1′ n. 6466 del 1985, aveva considerato l’abitabilità un criterio non esclusivo al fine della individuazione della categoria giuridica della “superficie utile complessiva” di cui al D.M. 2 agosto 1969, art. 6). In effetti, osserva la Corte, “la utilizzabilità di una superficie è concetto che prescinde dalla sua abitabilità; ed è quello più idoneo ad esprimere il carattere ‘lussuoso’ o meno di una casa. Cosicchè, la possibilità di conseguire una facile abitabilità, mediante, per esempio, un semplice adeguamento dei rapporti aereo-illuminanti, consente di ritenere ‘utile’ la superficie abitativa; e, il tener conto di questa marcata potenzialità abitativa, si ripete, meglio consente di individuare ciò che è di ‘lusso’ o meno sul piano del mercato immobiliare, che, come noto, una tale disponibilità di superficie valorizza”.

  • L’ordinanza n. 12471 del 17 giugno 2015, dove la Corte di Cassazione determina il lusso sulla base dei vani e della superfice complessiva. La Corte, dopo aver preso atto che in base all’art. 6, d.m. n. 1072 del 2.08.1969, sono classificate come abitazioni di lusso “le singole unità immobiliari aventi superficie utile complessiva superiore a mq. 240 (esclusi i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e posto macchine)”, ha confermato che “… a) nel calcolo della superficie utile per stabilire se un’abitazione sia di lusso deve computarsi quella relativa ai vani interni all’abitazione, ancorché privi dell’abitabilità, in quanto requisito non richiamato dal DM 2 agosto 1969; b) non è possibile alcuna interpretazione che ne ampli la sfera operativa, atteso che le previsioni relative ad agevolazioni o benefici in genere in materia fiscale non sono passibili di interpretazione analogica (cfr, Cass. n. 10807 del 2012; Cass. 17439/2013; Cass. n. 12942/2013, Cass. n. 8992/2013; Cass. n. 5692/14; Cass. n. 7158/2014”. Inoltre, per stabilire se una abitazione sia di lusso e, quindi, sia esclusa dall’agevolazione per l’acquisto della “prima casa”, occorre fare riferimento alla nozione di “superficie utile complessiva” di cui all’art. 6 del d.m. Lavori Pubblici 2 agosto 1969, “in forza del quale è irrilevante il requisito ‘dell’abitabilità’ dell’immobile, siccome da esso non richiamato, mentre quello ‘dell’utilizzabilità’ degli ambienti, a prescindere dalla loro effettiva abitabilità, costituisce parametro idoneo ad esprimere il carattere ‘lussuoso’ di un’abitazione – Cass. n. 25674/13; Cass. n. 23591/12; Cass. n. 10807/12”.

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Conclusioni

L’art. 33 del D.Lgs. n.175 del 21 novembre 2014 ha modificato i criteri per l’individuazione delle case di abitazione per le quali è possibile fruire dell’agevolazione “prima casa” ai fini dell’imposta sul valore aggiunto (applicazione dell’aliquota ridotta del 4%).

In particolare, per effetto delle modifiche apportate dalla citata disposizione al numero 21) della Tabella A, parte II, allegata al D.P.R. n. 633 del 1972, l’aliquota IVA del 4 % si applica – ricorrendo le ulteriori condizioni previste a tal fine – agli atti di trasferimento o di costituzione di diritti reali aventi ad oggetto case di abitazione (anche in corso di costruzione) classificate o classificabili nelle categorie catastali diverse dalle seguenti:

  • cat. A/1 – abitazioni di tipo signorile;

  • cat. A/8 – abitazioni in ville;

  • cat. A/9 – castelli e palazzi di eminenti pregi artistici e storici.

L’applicazione dell’agevolazione IVA “prima casa” viene, quindi, vincolata alla categoria catastale dell’immobile, non assumendo più alcun rilievo le caratteristiche previste dal decreto del Ministero dei Lavori Pubblici del 2 agosto 1969, che contraddistinguono gli immobili “di lusso”.

Come rilevato dalla circolare n.31/E del 30 dicembre 2014, la norma introdotta allinea la nozione di “prima casa” rilevante ai fini dell’applicazione dell’aliquota IVA del 4 %

“alla definizione prevista dalla disciplina agevolativa in materia di imposta di registro (i.e. aliquota nella misura del 2 per cento per i trasferimenti delle case di abitazione, ad eccezione di quelle di categoria catastale A1, A8 e A9). Pertanto, a decorrere dall’entrata in vigore del decreto, in sede di stipula dell’atto di trasferimento o di costituzione del diritto reale sull’abitazione per il quale si intende fruire dell’aliquota IVA del 4 per cento, deve essere dichiarata la classificazione o la classificabilità catastale dell’immobile nelle categorie che possono beneficiare del regime di favore (cat. A/2 – abitazioni di tipo civile; cat. A/3 – abitazioni di tipo economico; cat. A/4 – abitazioni di tipo popolare; cat. A/5 – abitazioni di tipo ultra popolare; cat. A/6 – abitazioni di tipo rurale; cat. A/7 – abitazioni in villini; A/11 – abitazioni ed alloggi tipici dei luoghi), oltre all’attestazione della sussistenza delle ulteriori condizioni prescritte per usufruire dell’agevolazione (cfr. Nota II-bis all’art. 1 della Tariffa, Parte prima, allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131)”.

Precisano gli estensori del documento di prassi citato,

“qualora in sede di stipula di contratto preliminare di vendita sia stata effettuata la classificazione dell’abitazione come immobile ‘di lusso’ ai sensi del decreto del Ministero dei Lavori Pubblici del 2 agosto 1969, con la conseguente applicazione dell’imposta agli acconti sul prezzo di compravendita con un’aliquota superiore all’aliquota del 4 per cento, è possibile rettificare le relative fatture mediante variazione in diminuzione, ai sensi dell’art. 26 del D.P.R. n. 633 del 1972, al fine di applicare l’aliquota IVA del 4 per cento sull’intero corrispettivo dovuto (cfr. risoluzione 7 dicembre 2000, n. 187). Resta inteso che l’agevolazione IVA ‘prima casa’ non trova applicazione in relazione ai trasferimenti di immobili non abitativi, quali quelli rientranti nella categoria catastale A/10 – uffici e studi privati”.

 

13 dicembre 2015

Gianfranco Antico