Revisione degli istituti di interpello, 5 tipologie: ordinario, qualificatorio, probatorio, antiabuso, disapplicativo

la riforma del contenzioso tributario contiene, tra le diverse novità, anche un’importante rivisitazione dello Statuto del contribuente con particolare riferimento agli istituti di interpello; vediamo di analizzare le principali novità.

La revisione degli istituti di interpello

L’articolo 1, dal titolo “Modificazioni allo Statuto dei diritti del contribuente”, di cui al D.Lgs. 156, del 24 settembre 2015, pubblicato sulla G.U. n. 233, del 7 ottobre 2015 S.O. n. 55/L, reca numerose modifiche alla disciplina dell’istituto dell’interpello.

Occorre preliminarmente evidenziare che l’articolo 6, comma 6, della legge n. 23 del 2014 delega il Governo a introdurre disposizioni per la revisione generale della disciplina degli interpelli, secondo i seguenti criteri direttivi:

  • garantire una maggiore omogeneità, anche ai fini della tutela giurisdizionale;
  • assicurare una maggiore tempestività nella redazione dei pareri;
  • procedere all’eliminazione delle forme di interpello obbligatorio nei casi in cui non producano benefici ma solo aggravi per i contribuenti e per l’amministrazione.

Tale misura si colloca nell’ambito delle norme volte a semplificare i rapporti tra fisco e contribuente, favorire l’adesione spontanea all’obbligazione tributaria e costruire un migliore rapporto tra fisco e contribuenti attraverso forme di comunicazione e cooperazione rafforzata.

Va evidenziato, inoltre, che nuove tipologie di interpello sono state recentemente introdotte modificate dal legislatore:

  • il decreto legislativo recante misure per la crescita e l’internazionalizzazione delle imprese introduce nell’ordinamento una nuova tipologia di interpello preventivo indirizzato alle società che effettuano nuovi investimenti, con un termine per la risposta di 120 giorni;
  • il decreto legislativo recante disposizioni sulla certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente, contiene la disciplina del regime dell’adempimento collaborativo, istituito con la finalità di promuovere l’adozione di forme di comunicazione e di cooperazione rafforzate basate sul reciproco affidamento tra l’amministrazione finanziaria e le società di maggiori dimensioni, nonché di favorire la prevenzione e la risoluzione delle controversie in materia fiscale. In tale ambito è prevista la possibilità di accedere ad una procedura abbreviata di interpello preventivo, con un termine per la risposta di 45 giorni.

Le 5 tipologie di interpello

Il D.Lgs. 156/2015 introduce quindi, all’articolo 1, una disciplina complessiva dell’interpello, a tal fine modificando l’articolo 11, dello Statuto del contribuente, che contempla cinque diverse tipologie di interpello:

  • ordinario riguardante l’applicazione delle disposizioni tributarie, quando vi sono condizioni di obiettiva incertezza sulla corretta interpretazione delle disposizioni;
  • qualificatorio in relazione alla corretta qualificazione di fattispecie, ove ricorrano condizioni di obiettiva incertezza e non siano comunque attivabili le procedure relative all’accordo preventivo per le imprese con attività internazionale e all’interpello sui nuovi investimenti, introdotte rispettivamente dagli articoli 1 e 2 del citato decreto legislativo sull’internazionalizzazione. Al riguardo, la Relazione illustrativa che ha accompagnato il decreto legislativo in commento chiarisce che, a differenza dell’interpello interpretativo, oggetto dell’istanza qualificatoria non è la norma e la sua applicazione, ma la qualificazione della fattispecie;
  • probatorio concernente la sussistenza delle condizioni e la valutazione della idoneità degli elementi probatori richiesti dalla legge per l’adozione di specifici regimi fiscali nei casi espressamente previsti;
  • antiabuso sull’applicazione della disciplina sull’abuso del diritto ad una specifica fattispecie;
  • disapplicativo per la disapplicazione di norme tributarie che, allo scopo di contrastare comportamenti elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti d’imposta, o altre posizioni soggettive del soggetto passivo altrimenti ammesse dall’ordinamento, fornendo la dimostrazione che nella particolare fattispecie tali effetti elusivi non possono verificarsi. Tale ultima tipologia è di carattere obbligatorio, ferma restando la possibilità per il contribuente, qualora non sia stata resa risposta favorevole, di fornire la richiesta dimostrazione anche nelle successive fasi dell’accertamento in sede amministrativa e contenziosa.

L’istituto dell’interpello: cenni

interpello agenzia entrateSi rammenta che per interpello si intende l’istanza che il contribuente rivolge all’Agenzia delle Entrate prima di attuare un comportamento fiscalmente rilevante, per ottenere chiarimenti in merito all’interpretazione di una norma obiettivamente incerta, relativa a tributi erariali, da applicare a casi concreti e personali.

Esistono quattro tipologie di interpello, con elementi comuni (relativi all’istanza) e modalità di presentazione diversa secondo la finalità perseguita.

L’interpello ordinario consente a ogni contribuente di chiedere un parere riguardo un caso concreto e personale al quale applicare una norma tributaria di incerta interpretazione.

Esso è previsto dall’articolo 11, della legge n. 212 del 2000 (Statuto del contribuente), in base al quale le istanze di interpello ordinario sono finalizzate ad ottenere il parere dell’Agenzia delle Entrate in merito all’interpretazione di una norma tributaria obiettivamente incerta rispetto ad un caso concreto e personale, prima di porre in essere il relativo comportamento fiscale.

La risposta deve essere notificata o comunicata al contribuente, anche telematicamente, entro 120 giorni dalla corretta presentazione e sottoscrizione dell’istanza.

Se l’Agenzia non si pronuncia, si forma i silenzio assenso sulla soluzione interpretativa indicata dal contribuente. Il parere espresso dall’Agenzia non vincola il contribuente, che può decidere di non uniformarsi.

Gli uffici dell’Agenzia, invece, salva la possibilità di rettificare il parere, non possono emettere atti impositivi e/o sanzionatori difformi dal contenuto della risposta fornita in sede di interpello, nel presupposto che i fatti accertati coincidano con quelli rappresentati nell’istanza. Se, invece, quanto emerge in sede di controllo non coincide con la descrizione dei fatti contenuta nell’istanza, la risposta all’interpello non produce effetti vincolanti per l’Agenzia delle Entrate.

L’interpello sulle società estere controllate (cd. Controlled foreign companies – Cfc) consente al soggetto residente di dimostrare preventivamente la sussistenza dei presupposti per ottenere la disapplicazione della normativa sulle imprese estere partecipate, relativamente a ciascuna controllata estera (articolo 167, DPR 917/86). Attraverso l’istanza di interpello Cfc, il soggetto residente dimostra preventivamente, fornendo le informazioni necessarie e allegando idonea documentazione, la sussistenza dei presupposti per ottenere la disapplicazione della normativa sulle imprese estere partecipate, relativamente a ciascuna controllata estera.

La presentazione dell’istanza di interpello Cfc è prevista anche in relazione ad altre ipotesi, comunque collegate a rapporti tra contribuenti nazionali e società residenti in Stati o territori a regime fiscale privilegiato (articolo 168-bis del DPR 917/86):

    • interpello in materia di utili da partecipazione (articolo 47, comma 4, del DPR 917/86);
    • interpello sulle plusvalenze da partecipazioni (articolo 68, comma 4, del DPR 917/86);
    • interpello concernente la participation exemption (articolo 87 del DPR 917/86);
    • interpello in materia di dividendi (articolo 89 del DPR 917/86).

L’interpello antielusivo consente di acquisire un parere favorevole su diverse operazioni e sulla classificazione di spese alle quali si riferiscono le disposizioni antielusive (ai sensi dell’articolo 21 della legge n. 413/1991).

Riguarda, pertanto, casi e situazioni in cui possono trovare applicazione le disposizioni antielusive contenute negli articoli 37, comma 3, e 37-bis del D.P.R. 600/1973, e quando si tratta di classificare determinate spese tra quelle di pubblicità/propaganda o di rappresentanza.

Trascorsi 120 giorni dalla presentazione dell’istanza, il contribuente a cui non è stata fornita risposta può diffidare l’Agenzia; decorsi ulteriori 60 giorni dalla presentazione della diffida, si forma il silenzio assenso in relazione alla soluzione prospettata dal contribuente.

Questa procedura di interpello si applica anche ai casi inerenti la deducibilità dei costi derivanti da operazioni tra soggetti residenti e soggetti domiciliati in territori con regimi fiscali privilegiati. Infatti, le disposizioni dettate dai commi 10 e 12-bis dell’articolo 110, del DPR 917/86, possono essere disapplicate nel caso in cui l’impresa residente provi che le imprese estere svolgano prevalentemente un’attività commerciale effettiva o, in alternativa, che le operazioni effettuate rispondano a un effettivo interesse economico e che le stesse abbiano avuto concreta esecuzione.

Tali prove possono essere fornite dal contribuente in sede di controllo o in via preventiva, inoltrando all’Agenzia delle Entrate l’istanza di interpello antielusivo.

L’interpello disapplicativo consente di dimostrare che, per determinate operazioni, non sussistono gli elementi di elusività contrastati da specifiche norme dell’ordinamento tributario, delle quali si chiede pertanto la disapplicazione.

L’istanza è presentata allo scopo di disapplicare una norma antielusiva che, in linea di principio, trova applicazione in riferimento alla fattispecie prospettata, limitando deduzioni, detrazioni, crediti d’imposta…

A tal fine, il contribuente deve provare che nella situazione concreta non possono realizzarsi gli effetti elusivi che la norma intende evitare (articolo 37-bis, comma 8, del D.P.R. 600/1973). L’istanza va presentata preventivamente, ossia prima della dichiarazione dei redditi che accoglie gli effetti del comportamento oggetto dell’interpello.

La risposta dell’amministrazione finanziaria

L’articolo 15, del D.Lgs. 156/2015 prevede, al comma 3, che l’amministrazione risponde alle istanze sull’interpello ordinario e qualificatorio entro novanta giorni e a quelle sull’interpello probatorio, antiabuso e disapplicativo nel termine di centoventi giorni.

La risposta, scritta e motivata, vincola ogni organo della amministrazione con esclusivo riferimento alla questione oggetto dell’istanza e limitatamente al richiedente. Quando la risposta non è comunicata al contribuente entro il termine previsto, il silenzio equivale a condivisione, da parte dell’amministrazione, della soluzione prospettata dal contribuente.

Gli atti, anche a contenuto impositivo o sanzionatorio, difformi dalla risposta, espressa o tacita, sono nulli. Tale efficacia si estende ai comportamenti successivi del contribuente, riconducibili alla fattispecie oggetto di interpello, salvo rettifica della soluzione interpretativa da parte dell’amministrazione con valenza esclusivamente per gli eventuali comportamenti futuri.

Condizioni di incertezza

Il comma 4, dell’art. 1, del D.Lgs. 156/2015 è volto a chiarire la definizione delle condizioni di obiettiva incertezza, peraltro già presente nell’ordinamento; in particolare, tale condizione non ricorre quando l’amministrazione ha fornito la soluzione per fattispecie corrispondenti a quella rappresentata dal contribuente mediante atti pubblicati, principalmente circolari o risoluzioni, come previsto dall’articolo 5, comma 2, dello Statuto del contribuente.

Pubblicazione

Ai sensi del comma 6, del citato art. 15, l’amministrazione provvede alla pubblicazione delle risposte rese mediante la forma di circolare o di risoluzione nei seguenti casi:

  • un numero elevato di contribuenti abbia presentato istanze aventi ad oggetto la stessa questione o questioni analoghe fra loro;
  • il parere sia reso in relazione a norme di recente approvazione o per le quali non siano stati resi chiarimenti ufficiali;
  • siano segnalati comportamenti non uniformi da parte degli uffici;
  • ritenga di interesse generale il chiarimento fornito.

 

Resta ferma, in ogni caso, la comunicazione della risposta ai singoli istanti.

 

25 novembre 2015

Federico Gavioli