Le comunicazioni black list nel recente decreto semplificazioni

il Decreto Semplificazioni ha innovato profondamente la normativa sulle comunicazioni black list; analizziamo le disposizioni normative di riferimento; il modello di comunicazione; la trasmissione e gli aspetti sanzionatori, l’elevazione della soglia minima e la periodicità annuale, costi esteri indeducibili in breve, i riflessi sulla dichiarazione dei redditi

Aspetti generali

Il c.d. decreto semplificazioni 2014 [D.Lgs. 21.11.2014, n. 175] ha apportato sostanziali modificazioni alla disciplina delle comunicazioni obbligatorie da effettuare per le attività (acquisti, cessioni, prestazioni rese e ricevute) con partner esteri residenti in Stati e territori inclusi nelle black list di cui al D.M. 4.5.1999 [persone fisiche] e 23.11.2001 [società estere CFC].

Si rammenta al riguardo che l’art. 1 del D.L. 25.3.2010, n. 40, convertito con modificazioni dalla L. 22.5.2010, n. 73, ha previsto che tutte le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate e ricevute, registrate o soggette a registrazione, nei confronti di operatori economici aventi sede, residenza o domicilio in Paesi black list dovessero essere comunicate telematicamente all’Agenzia delle entrate.

Tale normativa è stata attuata mediante un decreto ministeriale, mentre gli adempimenti necessari sono stati definiti attraverso provvedimenti direttoriali dell’Agenzia delle Entrate.

Le disposizioni da ultime intervenute del decreto semplificazioni portano la periodicità delle comunicazioni da mensile / trimestrale ad annuale ed elevano la soglia minima – al di sotto della quale il monitoraggio delle operazioni non è obbligatorio – da 500 a 10.000 euro, con decorrenza dal periodo di imposta 2014.

Le disposizioni normative di riferimento

Come si diceva, la normativa del 2010 ha previsto, con particolari requisiti soggettivi e oggettivi e in funzione anti-frode, l’obbligo di comunicare all’Agenzia delle Entrate le cessioni e prestazioni intercorse con partner residenti in Stati e territori «black list».

Il decreto ministeriale attuativo [D.M. 30.3.2010] ha assunto vigenza dal 1° maggio 2010 e si applica alle operazioni effettuate a decorrere dal 1° luglio dello stesso anno.

Il monitoraggio si riferisce specificamente alle operazioni soggette a registrazione, focalizzando l’attenzione proprio sul momento della cessione/prestazione (e non su quello del costo sostenuto e contabilizzato nell’esercizio di competenza).

L’obbligo generalizzato di comunicazione è stato attenuato dal D.L. n. 16/2012 (c.d. «decreto liberalizzazioni»), che prevedeva una soglia minima di ammontare.

Secondo il primo comma dell’art. 2 del decreto ministeriale il modello doveva essere presentato:

  • per i soggetti che avevano realizzato, nei quattro trimestri precedenti e per ciascuna categoria di operazioni, un ammontare totale trimestrale non superiore a 50.000 euro, con riferimento a periodi trimestrali (facendo riferimento ai trimestri che compongono l’anno solare);

  • per gli altri soggetti (con operazioni superiori, per ciascuna categoria – cessioni da, cessioni verso, prestazioni da, prestazioni verso -, a 50.000 euro), con riferimento a periodi mensili.

Trasmettevano altresì la comunicazione trimestralmente «i soggetti che hanno iniziato l’attività da meno di quattro trimestri (…) sempre che si trovino nella condizione di cui al comma 1, lettera a)», cioè con operazioni inferiori a 50.000 euro per trimestre, nei trimestri già trascorsi (art. 2, secondo comma).

Tuttavia, i soggetti «trimestrali» potevano anche presentare la comunicazione mensilmente per l’intero anno solare (art. 2, terzo comma), ed erano tenuti a passare alla periodicità mensile nel caso in cui, nel corso di un trimestre, avessero superato la soglia dei 50.000 euro, a partire dal mese successivo al superamento (art. 2, quarto comma).

Il modello di comunicazione, secondo l’unico comma dell’art. 3, doveva essere presentato telematicamente all’Agenzia delle Entrate entro l’ultimo giorno del mese successivo al periodo di riferimento.

La disciplina normativa in esame è stata oggetto delle seguenti pronunce dell’Agenzia delle Entrate:

  • circolare 21.10.2010, n. 53/E;

  • risoluzione 29.11.2010, n. 121/E;

  • circolare 28.1.2011, n. 2/E;

  • circolare 21.6.2011, n. 28/E;

  • risoluzione 6.7.2011, n. 71/E.

Il modello di comunicazione

Le operazioni con i Paesi «black list», di cui al D.L. n. 40/2010, possono essere attualmente comunicate mediante il c.d. modello polivalente, il quale consente altresì la comunicazione all’anagrafe tributaria delle operazioni rilevanti ai fini IVA (spesometro), nonché delle operazioni legate al turismo di cui all’art. 3, comma 2-bis, del D.L. n. 16/2012 e degli acquisti da operatori economici sammarinesi soggetti ad autofatturazione e le operazioni; facoltativamente, è stato inoltre previsto che, con lo stesso modello, possono essere comunicate le attività di leasing e/o noleggio di mezzi di trasporto.

La comunicazione può essere effettuata inviando i dati in forma analitica o aggregata.

L’opzione esercitata è vincolante per l’intero contenuto della comunicazione, anche in caso di invio sostitutivo.

L’opzione per l’invio dei dati in forma aggregata è vietata per la comunicazione relativa:

  • agli acquisti di beni da operatori economici di San Marino con assolvimento dell’IVA mediante autofattura;

  • agli acquisti e alle cessioni da e nei confronti dei produttori agricoli in regime IVA di esonero, di cui all’art. 34, sesto comma, del decreto IVA;

  • alle operazioni in contanti legate al turismo:

  • alle operazioni effettuate dai commercianti al minuto e dai soggetti equiparati;

  • alle operazioni effettuate dalle agenzie di viaggio nei confronti delle persone fisiche di cittadinanza diversa da quella italiana o UE / SEE, che abbiano residenza fuori dal territorio dello Stato italiano, di importo pari o superiore a 1.000 euro e fino a 15.000 euro.

Gli elementi informativi da comunicare dipendono dalla tipologia di operazione posta in essere (analitica ovvero aggregata).

Ai fini della comunicazione va fatto riferimento:

  • al momento della registrazione ai sensi degli artt. 23, 24 e 25 del decreto IVA;

  • ovvero, in mancanza, al momento di effettuazione delle operazioni, come stabilito dall’art. 6 del decreto IVA.

Se la comunicazione è stata predisposta in forma analitica, per ciascuna cessione o prestazione soggetta all’obbligo di emissione della fattura, devono essere comunicati:

  • l’anno di riferimento;

  • la partita IVA o, in mancanza, il codice fiscale del cedente/prestatore e del cessionario/committente;

  • per ciascuna fattura attiva:

    • la data del documento;

    • il corrispettivo al netto dell’IVA e l’imposta, ovvero la specificazione che trattasi di operazioni non imponibili o esenti;

    • per i soggetti obbligati alla registrazione delle fatture emesse, la data di registrazione;

  • per ciascuna fattura passiva:

    • la data di registrazione;

    • il corrispettivo al netto dell’IVA e l’imposta, ovvero la specificazione che trattasi di operazioni non imponibili o esenti;

    • la data del documento;

  • per gli operatori che si avvalgono della semplificazione di cui all’art. 6, primo comma, e 6 del D.P.R. n. 695/1996 (Regolamento recante norme per la semplificazione delle scritture contabili), i dati relativi al documento riepilogativo riguardanti:

    • il numero del documento;

    • l’ammontare complessivo imponibile delle operazioni;

    • l’ammontare complessivo dell’imposta;

    • per ciascuna controparte e per ciascuna operazione:

    • l’importo della nota di variazione;

    • l’importo dell’eventuale imposta.

La trasmissione e gli aspetti sanzionatori

La comunicazione deve essere presentata, esclusivamente per via telematica, utilizzando il servizio Entratel o Internet (Fisconline).

Le comunicazioni in esame devono essere effettuate per via telematica:

  • direttamente, tramite il servizio telematico Entratel o Fisconline, in relazione ai requisiti posseduti per la trasmissione telematica delle dichiarazioni;

  • (ovvero) tramite intermediari abilitati (es. dottori commercialisti ed esperti contabili, consulenti del lavoro, società del gruppo, etc.).

La comunicazione telematica deve essere conforme alle specifiche tecniche approvate dall’Agenzia delle Entrate, utilizzando i software di controllo resi disponibili gratuitamente dalla stessa Agenzia.

La trasmissione dei dati si considera effettuata nel momento in cui è completata, da parte dell’Agenzia delle Entrate, la ricezione del file contenente i previsti dati.

La prova della trasmissione è rappresentata dalla ricevuta rilasciata dall’Agenzia delle Entrate, contenuta in un file, munito del codice di autenticazione per il servizio Entratel o del codice di riscontro per il servizio Fisconline.

Salvo cause di forza maggiore, la ricevuta è resa disponibile, per via telematica, entro i cinque giorni lavorativi successivi a quello del corretto invio del file all’Agenzia delle Entrate.

La ricevuta non viene rilasciata e, conseguentemente, i dati si considerano non trasmessi qualora il file che li contiene sia scartato per uno dei seguenti motivi:

  • mancato riconoscimento del codice di autenticazione o del codice di riscontro;

  • codice di autenticazione o codice di riscontro duplicato, a fronte dell’invio dello stesso file avvenuto erroneamente più volte;

  • file non elaborabile, in quanto non verificato utilizzando il software di controllo;

  • mancato riconoscimento del soggetto tenuto alla trasmissione dei dati.

Queste circostanze sono comunicate, sempre per via telematica, al soggetto che ha effettuato la trasmissione del file, il quale è tenuto a riproporne la corretta trasmissione entro i cinque giorni lavorativi successivi alla comunicazione di scarto.

L’intermediario abilitato e le società del gruppo incaricate della trasmissione telematica, devono rilasciare al dichiarante, contestualmente alla ricezione della comunicazione o dell’assunzione dell’incarico per la sua predisposizione, l’impegno a presentare per via telematica all’Agenzia delle Entrate i dati in essa contenuti. Inoltre,, gli stessi soggetti devono rilasciare al dichiarante, entro 30 giorni dal termine previsto per la presentazione della comunicazione per via telematica, l’originale del frontespizio e del riepilogo della comunicazione i cui dati sono stati trasmessi per via telematica, redatta su modello conforme a quello approvato dall’Agenzia delle Entrate, sottoscritta dal contribuente, unitamente a copia della comunicazione dell’Agenzia delle Entrate che ne attesta l’avvenuto ricevimento.

Gli intermediari e gli altri soggetti devono inoltre conservare copia delle comunicazioni trasmesse, anche su supporti informatici, per il periodo previsto dall’art. 43 del D.P.R. n. 600/1973 (cioè fino al decorso del termine per la decadenza della potestà di accertamento fiscale), ai fini dell’eventuale esibizione all’Amministrazione finanziaria in sede di controllo.

Nei casi di omessa presentazione della comunicazione o di comunicazione incompleta o infedele risulta applicabile la sanzione amministrativa da 258 a 2.065 euro prevista dall’art. 11 del D.Lgs. n. 471/1997.

È possibile avvalersi del ravvedimento operoso, con riduzione della sanzione ad un ottavo del minimo, ai sensi dell’art. 13 del DLgs. n. 472/1997.

È altresì ammessa la definizione agevolata, con riduzione della sanzione a un terzo del minimo, ai sensi dell’art. 16 del DLgs. n. 472/1997.

La fissazione della soglia minima a 500 euro

L’articolo 2, ottavo comma, del D.L. 2.3.2012, n. 16, ha stabilito che l’obbligo di comunicare all’Agenzia delle entrate le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate, ricevute, registrate o soggette a registrazione nei confronti di operatori economici aventi sede in Paesi black list, vige solo per le operazioni di importo superiore ai 500 euro.

Per le operazioni effettuate a partire dal 1° ottobre 2013, la comunicazione all’Agenzia delle Entrate deve essere fatta – fermi restando i periodi di riferimento e i termini specifici fissati dagli articoli 2 e 3 del D.M. 30.3.2010 – con il modello relativo alla comunicazione delle operazioni rilevanti ai fini IVA (spesometro), approvato con provvedimento dell’Agenzia delle Entrate n. 94908 del 2.8.2013.

Per le operazioni effettuate fino al 31.12.2013, era anche possibile utilizzare le precedenti modalità di comunicazione e il precedente modello, approvato con provvedimento del 28.5.2010.

Per quanto riguarda i tempi di effettuazione della comunicazione, il richiamato D.M. 30.3.2010 stabilisce che il modello andava presentato con riferimento:

  1. a periodi trimestrali (secondo i trimestri che compongono l’anno solare), per i soggetti che avevano realizzato, nei quattro trimestri precedenti e per ciascuna categoria di operazioni, un ammontare totale trimestrale non superiore a 50.000 euro;

  2. a periodi mensili, per i soggetti che non si trovavano nelle condizioni richieste dalla lettera a).

I soggetti che avevano iniziato l’attività da meno di quattro trimestri trasmettevano la comunicazione trimestralmente, sempre che si fossero trovati nella condizione di cui al primo comma, lett. a), nei trimestri già trascorsi.

I soggetti tenuti alla presentazione trimestrale della comunicazione potevano presentare il modello con periodicità mensile per l’intero anno solare.

I soggetti che avessero presentato la comunicazione trimestrale e che, nel corso di un trimestre, avessero superato la soglia indicata dalla lettera a) del primo comma, presentavano la comunicazione con periodicità mensile a partire dal mese successivo in cui la soglia era superata. In tale ipotesi le comunicazioni erano presentate, appositamente contrassegnate, per i periodi mensili già trascorsi.

L’elevazione della soglia e la periodicità annuale

L’art. 21 del D.Lgs. 21.11.2014, n. 175 (decreto semplificazioni) sono stati ridefiniti alcuni importanti aspetti relativi alla comunicazione delle operazioni IVA con gli Stati e territori compresi nelle black list.

Con il suddetto decreto legislativo:

  • è stata eliminata la periodicità mensile o trimestrale delle comunicazioni, le quali ora devono quindi essere presentate con cadenza annuale;

  • è stato previsto l’obbligo di comunicare le operazioni solo se il relativo importo, assunto su base annuale, eccede la soglia di 10.000 euro. Entrambe le novità si applicano per le operazioni poste in essere nell’anno solare in corso alla data di entrata in vigore del decreto legislativo (e quindi a decorrere dal 2014).

I costi esteri indeducibili in breve

A norma dell’art. 110, decimo comma, del TUIR, non sono ammessi in deduzione le spese e gli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse con imprese residenti o localizzate in Stati o territori diversi da quelli individuati nella lista di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell’art. 168-bis. Tale deduzione è però ammessa per le operazioni intercorse con imprese residenti o localizzate in Stati dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo inclusi nella lista di cui al citato decreto.

Si fa presente a tale riguardo che la L. n. 244/2007 – finanziaria 2008 – prevedeva la sostituzione del regime delle «black list» – che precludeva la deducibilità dei costi sostenuti con soggetti residenti in determinati Paesi fiscalmente «privilegiati» o non collaborativi – con quello fondato su specifiche «white list».

L’inserimento del Paese estero della società partner nelle white list consentirebbe la deducibilità dei costi esteri, ma di fatto non è stato mai emanato alcun decreto attuativo, e per tale ragione continua ad applicarsi la previgente normativa, che va coordinata – quanto all’individuazione degli Stati e territori fiscalmente «non virtuosi» – con il D.M. 23.1.2002.

Ai sensi dell’undicesimo comma del predetto art. 110 del TUIR, il vincolo alla deducibilità dei costi non risulta applicabile se le imprese residenti in Italia forniscono la prova che le imprese estere svolgono prevalentemente un’attività commerciale effettiva, ovvero che le operazioni poste in essere rispondono ad un effettivo interesse economico e che le stesse hanno avuto concreta esecuzione.

Inoltre, le spese e gli altri componenti negativi in tal modo deducibili devono essere separatamente indicati nella dichiarazione dei redditi.

La prova richiesta può essere fornita, alternativamente:

  • in sede di controllo fiscale, dimostrando nel contraddittorio che le imprese estere non sono finalizzate alla sottrazione di risorse all’erario italiano;

  • in via preventiva, ottenendo una risposta positiva da parte dell’Agenzia delle Entrate a una specifica istanza di interpello nelle forme di cui al sopra menzionato art. 21, L. n. 413/1991 (interpello antielusivo).

Deve essere rammentato che, per espresso disposto del dodicesimo comma dell’art. 110, «le disposizioni di cui ai commi 10 e 11 non si applicano per le operazioni intercorse con soggetti non residenti cui risulti applicabile gli articoli 167 o 168, concernente disposizioni in materia di imprese estere partecipate».

Pertanto, nel caso in cui sussista un rapporto di controllo o collegamento con l’impresa estera, nei termini stabiliti dal Testo Unico, tale circostanza prevale sulla presenza di «costi esteri», e semmai risulterà applicabile lo speciale interpello in materia di società controllate e collegate estere (CFC), che segue la procedura dell’art. 11 della L. n. 212/2000 (interpello ordinario).

Il comportamento dichiarativo

I costi esteri black list – con separata indicazione di quelli per i quali siano state dimostrate le esimenti in sede di interpello – devono essere riportati nella dichiarazione dei redditi [in Unico 2012 SC: rigo RF30 – variazioni in aumento – e rigo RF52, variazioni in diminuzione].

L’indicazione in dichiarazione non è condizione necessaria per ottenere la deducibilità dei costi; tuttavia, a norma dell’art. 8, comma 3-bis, del D.Lgs. 18.12.1997, n. 471, l’omissione o incompletezza riguardante l’indicazione delle spese e degli altri componenti negativi black list comporta l’applicazione di una sanzione amministrativa pari al 10% dell’importo complessivo delle spese e dei componenti negativi non indicati nella dichiarazione dei redditi, con un minimo di 500 e un massimo di 50.000 euro.

Questo aspetto è stato ribadito nella circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 1/E del 15.2.2013 (paragrafo 9.1), in risposta a un quesito che, appunto, poneva il caso di un’impresa che aveva omesso di indicare separatamente i costi, ma era stata in grado di dimostrare in sede di controllo le esimenti richieste.

Considerazioni conclusive

In relazione alla cennata modifica normativa, possono essere evidenziati i seguenti profili potenzialmente problematici:

  • la decorrenza dal 2014 consente la presentazione di un’unica comunicazione riepilogativa per tale anno, nel corso del quale però saranno già state presentate le comunicazioni mensili o trimestrali: prevedibilmente si dovrà tener conto delle comunicazioni periodiche infrannuali già presentate scomputandole dal totale;

  • la previsione del rispetto dei termini stabiliti dal D.M. 30.3.2010 (l’ultimo giorno del mese successivo al mese o trimestre) non si concilia con la nuova periodicità annuale della comunicazione;

  • la soglia complessiva annuale dei 10.000 euro dovrebbe essere riferita a ciascuna controparte, così da scattare solamente se le operazioni con un determinato contraente superano tale importo;

  • nei confronti dello stesso cliente o fornitore dovrebbero essere cumulate tutte le operazioni effettuate (cessioni di beni; prestazioni di servizi rese; acquisti di beni; prestazioni di servizi ricevute);

  • la legge di stabilità 2015 [art. 1, comma 678, L.23.12.2014 n.190] ha previsto che, ai fini delle disposizioni di cui all’art. 110, decimo comma, del TUIR in materia di deducibilità dei costi derivanti da operazioni con controparti residenti in Stati a fiscalità privilegiata, l’individuazione di tali Stati venga effettuata, con apposito decreto ministeriale, avendo riguardo al solo parametro dell’assenza dello scambio di informazioni: ciò significa che gli Stati con i quali sussistono tali strumenti (Singapore, Emirati Arabi, Ecuador, Filippine, Mauritius) non saranno più menzionati nella suddetta lista, per cui i costi in questione non dovranno più essere indicati separatamente in dichiarazione: questa modifica tuttavia riguarda la sola lista contenuta nel D.M. 23.1.2002, e non anche quelle dei DD.MM. 4.5.1999 e 21.11.2001, che rilevano ai fini delle comunicazioni black list in esame.

La citata normativa in materia di costi esteri black list [art. 110, commi 10 e 11, TUIR] concorre con quella riguardante il monitoraggio delle operazioni con i Paesi esteri fiscalmente privilegiati.

In tale contesto, a prescindere dalla non corrispondenza tra le black list utilizzate nell’uno e nell’altro contesto, potrebbero emergere situazioni nelle quali ai componenti negativi viene riconosciuta rilevanza reddituale perché i contribuenti residenti hanno fornito la «controprova» richiesta dal legislatore fiscale (in sede di interpello o di accertamento), ma ciò nonostante viene applicata la sanzione ex art. 11, D.Lgs. n. 471/1997.

Se, viceversa, l’obbligo formale è adempiuto ma non è possibile fornire la dimostrazione dell’effettivo esercizio dell’attività nel Paese estero, ovvero della rispondenza dei costi a un effettivo interesse economico, l’ufficio finanziario può disconoscere la deducibilità del costo ma non irrogare la sanzione per la violazione dell’obbligo di comunicazione.

In ogni caso:

  • i costi esteri relativi a operazioni con partner esteri black list vanno indicati in dichiarazione; in mancanza di indicazione si rende applicabile la sanzione amministrativa;

  • la deducibilità di tali costi è subordinata alle dimostrazioni da fornire quanto all’effettività e necessarietà degli stessi;

  • la normativa in materia di indeducibilità dei costi esteri non si applica se sono applicabili le disposizioni sulle CFC.

3 febbraio 2015

Fabio Carrirolo