La gestione IVA delle tabaccherie: guida approfondita

La tabaccheria è un’attività un po’ ostica dal punto di vista della gestione dell’IVA; presentiamo una guida approfondita che tratta delle principali difficoltà: la vendita di generi di monopolio, giochi e lotterie, gli aggi e le accise, il calcolo del pro-rata e della detrazione IVA. A cura di A cura di De Feo Ernesto – Giordano Salvatore.

Tabaccherie e Imposta sul Valore Aggiunto

gestione iva delle tabaccherieDal punto di vista dell’imposta sul valore aggiunto, il settore in questione è davvero complicato, in quanto a seconda del genere di prodotto da monopolio si ha una disciplina diversa.

Quando sono presenti

  • il lotto e le lotterie,
  • la vendita di tabacchi,
  • fiammiferi
  • nonché altri beni non appartenenti a settori speciali

il calcolo diviene complesso poiché va calcolato, come vedremo, il pro rata.

Il regime “monofase” previsto per la commercializzazione dei tabacchi lavorati si applica in capo al distributore autorizzato, che deve liquidare e versare l’Iva calcolata sulla base del prezzo di vendita al pubblico.

Conseguentemente, i passaggi a monte di tale fase, vale a dire le cessioni effettuate dal produttore al distributore avvengono in regime di esclusione da Iva.

È irrilevante la circostanza che i tabacchi siano trasferiti dal deposito doganale del produttore al deposito fiscale del distributore, in quanto per tali trasferimenti non trova applicazione il regime di non imponibilità.

Con la risoluzione 3 marzo 2010, n. 14/E, l’Agenzia delle entrate è intervenuta in merito al trattamento fiscale ai fini Iva previsto per la commercializzazione dei tabacchi lavorati, per quanto concerne il passaggio dei beni tra i produttori ed i distributori.

Fino al 1998 le attività di produzione, distribuzione e commercializzazione dei tabacchi lavorati erano svolte in regime di monopolio dall’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. A seguito del processo di privatizzazione del settore attuato con il d.lgs. n. 283/1998, le attività di produzione,  importazione e distribuzione dei tabacchi lavorati non sono più sottoposte al regime di monopolio, che rimane, invece, per le attività di vendita, che sono effettuate da soggetti espressamente autorizzati (rivenditori).

Il presente lavoro vuole essere un viatico per coloro che operano nel settore e per i consulenti che si apprestano a seguire i soggetti economici appartenenti a tali categorie, e, ove possibile, rendere la normativa la più semplice ed intelligibile possibile.

Imposta sul valore aggiunto: caratteri generali

Verifichiamo, attraverso le singole norme del decreto istitutivo dell’imposta sul valore aggiunto (d.P.R. n. 633/1972), le operazioni che possono essere presenti nella vendita di generi di monopolio.

Dal punto di vista normativo, le stesse possono essere ricondotte alle seguenti fattispecie di esenzione/non applicabilità della norma disciplinate dal d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633:

  1. la vendita di valori bollati rappresenta un’operazione esclusa da Iva ex art. 2, comma 3, lett. i);
  2. le giocate al lotto e ad altre lotterie nazionali (ivi compresa la lotteria “gratta e vinci”) sono operazioni esenti ex art. 10, comma 1, n. 6;
  3. la vendita di biglietti per trasporti pubblici urbani di persone e dei documenti di sosta relativi ai parcheggi veicolari è operazione non soggetta all’imposta ex art. 74, comma 1, lett. e) (si veda anche, in proposito, il d.m. 30 luglio 2009);
  4. la vendita di generi di monopolio (tabacchi e fiammiferi) è un’operazione non soggetta ex art. 74, comma 1, lett. a) e b);
  5. le giocate relative al Totocalcio ed al Totip rappresentano operazioni non soggette ad Iva ex art. 10, comma 1, n. 6 (2).

Per determinare il regime di detrazione Iva applicabile, occorre preliminarmente distinguere se le fattispecie sopra indicate, così come definite, danno diritto alla detrazione dell’Iva (vedi paragrafo 8.7).

Infatti, il diritto alla detrazione compete soltanto per quei beni o servizi utilizzati per realizzare operazioni imponibili, mentre viene escluso per i beni o servizi connessi alla realizzazione di operazioni esenti o comunque non soggette all’imposta salvo il disposto della rettifica della detrazione (art. 19, comma 2, del d.P.R. n. 633/1972).

A tale regola, di carattere generale, vengono, però, poste alcune eccezioni. Il successivo comma 3 dello stesso art. 19 esemplifica, infatti, alcune operazioni che, seppur non soggette ad imposta, danno, comunque, diritto alla detrazione, risultando, quindi, praticamente assimilate – a tale fine – alle operazioni imponibili.

Da un’interpretazione sistematica del predetto comma 3, con riferimento alle attività che ci interessano, risulta che:

  • danno diritto alla detrazione, oltre che le operazioni imponibili, quelle disciplinate dal primo comma dell’art. 74 (quindi le vendite di generi di monopolio, le vendite di biglietti per trasporti pubblici urbani e dei documenti di sosta relativi ai parcheggi veicolari);
  • non danno diritto alla detrazione le altre operazioni derivanti da vendita di valori bollati, le giocate al lotto e ad altre lotterie nazionali e le giocate relative al Totocalcio ed al Totip.

A questo punto, ai fini Iva va verificata quale sia l’attività commerciale principale del soggetto.

Se l’attività sviluppata dal contribuente comporta “abitualmente” lo svolgimento delle operazioni che non danno diritto alla detrazione, fermo restando il principio della limitazione alla detrazione dell’Iva sugli acquisti, la stessa non andrà determinata in applicazione del principio della indetraibilità specifica della quota di beni o servizi oggettivamente riferibile alle operazioni senza diritto alla detrazione (disposto dai commi 2 e 4 del predetto art. 19).

Si applicherà invece, in tale ipotesi, una generica percentuale di detraibilità sulla totalità degli acquisti realizzata, calcolata in base al “peso” che l’attività che origina operazioni con diritto alla detrazione riveste – in termini di fatturato – rispetto alla totalità delle operazioni attive poste in essere dal soggetto passivo d’imposta (comprese, quindi, quelle senza diritto alla detrazione) (3).

Tale percentuale di detraibilità è disciplinata dall’art. 19-bis del d.P.R. n. 633/1972 e, salvo alcune varianti applicative, rappresenta sostanzialmente una riformulazione più ampia del consolidato principio del “pro rata di indetraibilità” dell’Iva, precedentemente disposto dal previgente art. 19 del d.P.R. n. 633/1972, commi terzo e quarto, con riferimento alle operazioni esenti (per le modalità applicative di questa percentuale si confronti anche la c.m. n. 328/E del 24 dicembre 1997).

Nei casi di rivendita di generi di monopolio come i tabacchi e nel caso di rivendita di valori bollati, marche ecc. vige la totale esclusione dall’emissione di scontrino fiscale. Relativamente alla vendita di sali, l’emissione dello scontrino fiscale è obbligatoria in quanto non è più un bene commerciato esclusivamente dall’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato.

In definitiva le operazioni relative alla vendita di generi di monopolio possono essere così suddivise e qualificate ai fini Iva:

OGGETTO DELLA CESSIONE

NORMATIVA IVA

generi di monopolio non soggetto ad IVA (art. 74, comma 1, lett. a) e b))
valori bollati e postali, marche assicurative e similari non soggetto ad IVA (art. 2, comma 3, lett i)
vendita schede telefoniche non soggetto ad IVA (art. 74, comma 1, lett. d)
biglietti relativi ai trasporti pubblici urbani non soggetto ad IVA (art. 74, comma 1, lett. e)
aggi relativi a lotto e lotterie nazionali esenti (art. 10, n, 6)
aggi relativi a lotterie gratta e vinci esenti (art. 10, n, 6)
aggi relativi a Totocalcio, Totip-Sisal, Enalotto esenti (art. 10, n, 6)
aggi relativi a corse tris esenti (art. 10, n, 6)

 

Per le operazioni sopraelencate non esiste l’obbligo di annotazione nel registro dei corrispettivi.

In particolare:

  1. per le operazioni non soggette ad Iva, l’esonero è dato dall’art. 24, primo comma, del P.R. n. 633/1972;
  2. per le operazioni esenti 10, numero 6, l’esonero è dato dal combinato disposto dell’art. 24, primo comma, e dall’art. 21, sesto comma, del d.P.R. n. 633/1972.

Regime monofase per i tabacchi lavorati

L’operazione oggetto di interpello di cui alla risoluzione n. 14/E del 2 marzo 2010 ha la seguente struttura:

  • Alfa, produttore di tabacchi lavorati (sigari, sigarette, ), acquista le materie prime ed i semilavorati occorrenti per la produzione sia da soggetti passivi operanti nel territorio dello Stato che da soggetti passivi esteri, comunitari ed extracomunitari;
  • su tali acquisti la Società corrisponde l’Iva:
    • in modo ordinario al proprio cedente, in relazione agli acquisti interni di beni e servizi;
    • ponendo in essere gli adempimenti previsti dall’art. 47 del l. n. 331/1993, in caso di acquistointracomunitario;
    • in dogana, per gli acquisti da paesi extracomunitari;
  • le materie prime vengono introdotte all’interno di “depositi fiscali per prodotti soggetti ad accise” di Alfa;
  • completato il processo produttivo, Alfa cede i tabacchi lavorati al distributore Gamma che curerà nel territorio dello Stato la vendita dei tabacchi finiti;
  • il trasferimento dei prodotti finiti, dalla Società al distributore, avviene ordinariamente in conto deposito (“senza cessione”) presso “il deposito fiscale accise” del distributore, utilizzato ordinariamente da quest’ultimo anche come deposito ai fini dell’ Iva, agli effetti di cui all’art. 50-bis del menzionato d.l. n. 331 del 1993.

La risoluzione in argomento ha esaminato due questioni che devono essere tenute distinte:

  • la prima attiene all’applicabilità o meno del regime di non imponibilità previsto dall’art. 50-bis del d.l. n. 331/1993, per i trasferimenti dei beni tra depositi doganali e/o fiscali dei soggetti Alfa e Gamma;
  • la seconda riguarda l’applicabilità del regime monofase dei tabacchi, risultante dal combinato disposto dell’art. 74, lett. a), del d.P.R. n. 633/1972 e dell’art. 4 della legge n. 76/1985 (ora art. 39-sexies del T.U. n. 504/1995), anche al passaggio dei beni finiti da Alfa a Gamma.

Inapplicabilità del regime dei depositi fiscali

aspetti operativi e contabili delle rivendite di generi di monopolioL’art. 50-bis del d.l. n. 331/1993 disciplina i depositi fiscali istituiti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto (c.d. “depositi Iva”), per la custodia di beni nazionali e comunitari che non siano destinati alla vendita al minuto nei locali dei depositi medesimi.

La disposizione precisa che sono considerati depositi Iva anche i depositi fiscali per i prodotti soggetti ad accisa ed i depositi doganali.

Il comma 4 della norma prevede che sono effettuate senza pagamento dell’Iva una serie di operazioni, tra le quali le seguenti, oggetto della risoluzione in esame:

  • cessioni di beni custoditi in un deposito Iva (lett. e);
  • trasferimento dei beni in altro deposito Iva (lett. i).

Secondo la pronuncia in commento,

“non tutte le cessioni di beni che si trovano in un deposito Iva sono effettuate senza pagamento dell’imposta, ma solo quelle cessioni che hanno ad oggetto beni che sono stati introdotti in forza di una delle operazioni contemplate dal comma 4 sopra richiamato”.

Ad esempio, la cessione all’interno di un deposito Iva di beni ivi custoditi, di cui alla lettera sub e), oppure il trasferimento di beni da un deposito Iva ad un altro, di cui alla lettera sub i), può avvenire senza pagamento dell’imposta solo se i medesimi beni hanno formato oggetto di acquisto intracomunitario eseguito mediante introduzione nel deposito Iva oppure di immissione in libera pratica, in caso di beni non comunitari, ed introduzione nel deposito Iva.

Nel caso di specie, invece, la società Alfa aveva introdotto parte dei beni nel proprio deposito Iva in virtù di operazioni diverse da quelle previste dal medesimo art. 50-bis, comma 4, poiché la stessa acquista le materie prime ed i semilavorati occorrenti per la produzione dei tabacchi lavorati sia da soggetti passivi operanti nel territorio dello Stato che da soggetti passivi esteri, comunitari ovvero operanti in Paesi terzi in regime di imponibilità.

In sostanza, secondo l’Agenzia delle entrate le ipotesi di non imponibilità previste dalle lettere e) ed i) del comma 4 dell’art. 50-bis, sono subordinate al fatto che le merci siano state introdotte nel deposito fiscale in virtù delle operazioni previste dallo stesso comma 4.

Conseguentemente, il passaggio dei tabacchi lavorati dal deposito fiscale di Alfa al deposito fiscale di Gamma non può avvenire in regime di non imponibilità ex art. 50-bis, comma 4 (in tal senso, si era già espressa la Direzione regionale del Piemonte, con nota del 25 settembre 2009).

In ordine all’applicazione del regime monofase per il commercio dei tabacchi lavorati, con la risoluzione in commento l’Agenzia delle entrate precisa che il soggetto passivo tenuto ad applicare l’Iva è il distributore autorizzato (e non il produttore dei beni).

Secondo la pronuncia, infatti,

“l’obbligo del versamento dell’Iva relativa al commercio dei tabacchi lavorati ricade sul soggetto che cura la distribuzione nel territorio dello Stato (vale a dire, Gamma Spa), il quale applica l’imposta al momento dell’immissione in consumo; ciò avviene con il metodo del regime monofasico, vale a dire scorporando dal prezzo di vendita al consumo l’importo del tributo, determinato in base all’aliquota vigente”.

Tale soluzione interpretativa risulta peraltro confermata dal già menzionato art. 39-sexies del testo unico accise (d.lgs. n. 504/1995, come modificato dall’art. 1 del d.lgs. n. 48/2010).

Pertanto, la disposizione pone sul “depositario autorizzato che effettua l’immissione al consumo” l’obbligo di applicare l’IVA in regime monofasico.

Poiché secondo tale disposizione (fino al 31 marzo 2010 la norma era contenuta, come si è detto, nell’art. 4 della legge n. 76/1985, secondo cui

“sulle cessioni e sulle importazioni dei tabacchi di cui all’articolo 1 l’imposta sul valore aggiunto è dovuta in una sola volta …”)

l’imposta sul valore aggiunto è dovuta in una sola volta”, la risoluzione in argomento chiarisce che “non rilevano, ai fini del tributo, neppure le cessioni di tabacchi lavorati che intervengono nelle fasi anteriori all’immissione in consumo da parte del distributore”.

In pratica, quindi, per i tabacchi lavorati il regime monofase non riguarda solo le operazioni effettuate a valle del momento in cui il soggetto designato provvede alla liquidazione ed al pagamento del tributo (in pratica, alle cessioni operate nei confronti dei rivenditori autorizzati) ma anche agli acquisti del

prodotto effettuati “a monte” da parte dello stesso soggetto.

Resta fermo che in relazione alle operazioni di acquisto delle materie prime, dei semilavorati e dei servizi utilizzati nella produzione dei tabacchi lavorati, l’Iva sarà dovuta secondo le ordinarie modalità che prevedono l’esecuzione della rivalsa da parte del cedente o del prestatore.

In altri termini, la normativa speciale prevista dal citato art. 39-sexies del testo unico accise (già art. 4 dalla legge n. 76/1985) non si applica né agli acquisti fatti dai produttori, né ad eventuali cessioni di tabacchi lavorati fatte dai produttori nei confronti di soggetti diversi dal distributore autorizzato (Gamma), tenuto all’applicazione dell’Iva in regime monofasico.

Art. 2 del d.P.R. n. 633/1972

aspetti contabili delle rivendite di generi di monopolioCome accennato, la cessione di valori bollati e postali non obbliga l’esercente venditore né all’emissione della fattura, né alla certificazione del corrispettivo incassato.

Questi può, invece, rilasciare al cliente, dietro sua richiesta, una semplice “ricevuta” per il pagamento effettuato, da non considerare come “ricevuta fiscale”, ma come semplice “quietanza”.

Altro metodo di documentazione della spesa è quello operato tramite lo scontrino “descrittivo” o “parlante”, che si pone in libera alternativa con l’emissione della normale fattura e, per quanto riguarda i valori bollati, con la normale “quietanza”.

La cessione di valori bollati e postali, marche assicurative e similari non costituisce cessione di beni ai fini Iva. Lo stabilisce l’art. 2, terzo comma, lett. i), del d.P.R. n. 633/1972 e, pertanto, per tali cessioni, l’esercente (ad esempio, il tabaccaio) non è obbligato ad emettere la fattura, anche se viene richiesta dal cliente e non è obbligato – in linea di massima – alla certificazione del corrispettivo incassato: quindi, né rilascio di scontrino fiscale, né di ricevuta fiscale.

Tuttavia, quando il cliente acquista i valori bollati nell’esercizio d’impresa o nell’esercizio di un’arte o professione ha interesse a ricevere un documento di spesa che sia fiscalmente valido per poter dedurre il costo ai fini delle imposte sul reddito.

Tale deduzione è consentita solo in presenza di due condizioni fondamentali: che si tratti di spese “effettive” e che queste siano “inerenti” all’attività svolta.

In proposito, il Ministero delle finanze, con la r.m. 8 luglio 1975, n. 2/208, aveva inizialmente precisato che

può riconoscersi, in via generale, la deducibilità dei costi emergenti da documentazione anche informale allorché questa, debitamente quietanzata, contenga gli elementi di individuazione dell’emittente che ha prestato il servizio e quelli di individuazione dell’impresa o dell’esercente arti e professioni cui la documentazione stessa è rilasciata; e ciò indipendentemente dai requisiti stabiliti ai fini dell’Iva, per gli atti concernenti le operazioni soggette a tale tributo”.

Per contro, ai documenti di spesa che non contengono i descritti elementi di individuazione (ad es.: biglietti ferroviari, ricevute di pedaggi autostradali e simili), non si può ammettere la deduzione dei costi da essi rappresentati, stante la mancanza di una sicura riferibilità all’utente che voglia farli valere in deduzione.

Con la r.m. 29 ottobre 1976, n. 9/1684 è stato precisato che i rivenditori autorizzati di valori bollati possono rilasciare ai clienti, in relazione agli acquisti di valori bollati eseguiti presso di essi, una copia della distinta o attestazione compilata dallo stesso cliente e recante chiaramente il timbro di individuazione della rivendita, nonché la sottoscrizione del gestore, o di chi è autorizzato a sostituirlo, con idonea indicazione del soggetto acquirente.

Sulla base delle indicazioni fornite dal Ministero delle finanze, la cui validità è stata successivamente confermata con la c.m. 4 aprile 1997, n. 97/E, il tabaccaio rilascia al cliente, dietro sua richiesta, una semplice “ricevuta” per il pagamento effettuato.

Non si tratta di una “ricevuta fiscale” ai sensi del d.m. 30 marzo 1992, ma di una semplice “quietanza”, il cui diritto all’ottenimento è previsto dall’art. 1199 c.c., a favore del debitore che paga; essa è redatta su un normale foglio di carta, ma, come previsto dalle risoluzioni ministeriali sopra citate, deve contenere anche gli elementi di individuazione del venditore e del cliente.

Come visto, a tale metodo di documentazione, che resta tuttora valido, si è affiancato il metodo dello scontrino c.d. “descrittivo” o della ricevuta fiscale di cui all’art. 3 del d.P.R. 21 dicembre 1996, n. 696. Questo articolo è rubricato “Modalità di documentazione” e stabilisce, al comma 1, che

Ai fini della deducibilità delle spese sostenute per gli acquisti di beni e servizi agli effetti dell’applicazione delle imposte sui redditi, può essere utilizzato lo scontrino fiscale, a condizione che questo contenga la specificazione degli elementi attinenti la natura, la qualità e la quantità dell’operazione e l’indicazione del numero di codice fiscale dell’acquirente o committente, ovvero la ricevuta fiscale integrata a cura del soggetto emittente, con i dati identificativi del cliente”.

La disposizione ha carattere generale e, quindi, deve ritenersi applicabile – ai fini delle imposte sul reddito – a tutti gli acquisti di beni o servizi, ivi compresi quelli relativi ai valori bollati. È, infatti, da ritenere irrilevante, ai fini delle imposte sul reddito, il fatto che la cessione sia posta fuori del campo dell’Iva e che, conseguentemente, l’emissione dello scontrino fiscale non rivesta carattere di obbligatorietà.

L’espressione “… può essere utilizzato …” lascia intendere che il metodo di documentazione della spesa tramite lo scontrino c.d. “descrittivo” o “parlante” si pone in libera alternativa con l’emissione della normale fattura e, per quanto riguarda i valori bollati, con la normale “quietanza” che fino all’emanazione del d.P.R. n. 696/1996 era rilasciata dal cedente in via esclusiva.

Non si tratta, tuttavia, del normale scontrino fiscale ordinariamente rilasciato dagli esercenti che non sarebbe idoneo a documentare la spesa ai fini indicati, ma di uno scontrino particolare, denominato dalla prassi “descrittivo” o “parlante”, che può essere rilasciato solo se l’apparecchio misuratore fiscale utilizzato dall’esercente possiede determinate caratteristiche tecniche.

Infatti, lo scontrino, oltre alla descrizione dei beni ceduti, deve in tal caso contenere anche il codice fiscale del destinatario. Si osserva, in proposito, che la descrizione dei beni può essere eseguita anche in modo abbreviato, purché comprensibile (quindi, ad esempio, nel caso dei valori bollati, è sufficiente indicare “bolli”, “marche”, “francobolli”, ecc.).

Per quanto riguarda, invece, il codice fiscale del destinatario, deve evidentemente essere indicato non quello della persona fisica che effettua materialmente l’acquisto, ma quello dell’impresa o del professionista cui l’acquisto è riferibile.

Si richiama l’attenzione sulla necessità di indicare il “codice fiscale” del destinatario e non l’eventuale “partita Iva”; è evidente che tale problema non sorge per i soggetti diversi dalle persone fisiche, limitatamente a quelli per i quali i due codici identificativi coincidono.

Se, invece, ad esempio, una società ha variato nel tempo la propria sede legale spostandola in altra provincia, essa potrebbe avere un numero di partita Iva diverso dal codice fiscale e, ai fini dello scontrino “descrittivo”, dovrà richiedere all’esercente l’indicazione di quest’ultimo.

Si osserva, in proposito, che tale ultima evenienza è scomparsa, in quanto, per effetto del nuovo testo dell’art. 35, primo comma, del d.P.R. n. 633/1972, il numero di partita Iva

“… resterà invariato anche nelle ipotesi di variazione del domicilio fiscale fino al momento della cessazione dell’attività …”.

È importante ricordare che entrambe le integrazioni (descrizione dei beni e codice fiscale) devono essere obbligatoriamente stampate sullo scontrino per mezzo dello stesso apparecchio misuratore fiscale, dovendosi, invece, considerare illegittime eventuali integrazioni manuali o a mezzo timbri, da chiunque poste.

Per quanto riguarda, infine, la ricevuta fiscale integrata, si osserva che la norma contenuta nell’art. 3 del d.P.R. n. 696/1996 richiede l’indicazione dei “dati identificativi del cliente”.

Il Ministero delle finanze, pur avendo riconosciuto che con tale espressione si intendono gli elementi che normalmente sono indicati in fattura (ditta, denominazione, ragione sociale, cognome e nome, indirizzo, ecc.), ha ammesso che

attesa l’identica valenza dei due documenti (scontrino e ricevuta fiscale), ai fini della giustificazione delle spese, anche nel caso della ricevuta fiscale, al pari di quanto consentito per lo scontrino, possa essere sufficiente l’indicazione del codice fiscale del cliente”.

Per completezza si riportano le uniche tre disposizioni dell’Amministrazione finanziaria emanate relativamente alla fattispecie commentata.

La circolare ministeriale del 30 gennaio 1993, n. 13/478125 stabilisce che – con nota del 15 dicembre 1992 – l’Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni ha chiesto, tra l’altro, di conoscere il trattamento tributario, ai fini dell’Iva, della vendita di francobolli nuovi effettuata anche da parte di soggetti diversi dai rivenditori secondari di generi di Monopolio.

L’Amministrazione finanziaria ritiene che il regime di non assoggettabilità all’Iva previsto dalla lett. i) del terzo comma dell’art. 2 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, concernente le cessioni di valori bollati e postali, marche assicurative e similari, ha valenza oggettiva, con la conseguenza che dette cessioni devono considerarsi escluse dal campo di applicazione dell’imposta a prescindere dal soggetto, pubblico o privato, che le ponga in essere, purché, beninteso, si tratti di valori ancora utilizzabili venduti al valore facciale.

Le risoluzioni ministeriali del 17 agosto 1976, n. 360165 e del 21 febbraio 1973, n. 526072 stabiliscono che, ai sensi dell’art. 2, terzo comma, lettera a) (4), del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 e successive modificazioni, le vendite che hanno per oggetto valori bollati e postali e marche assicurative non sono considerate cessioni di beni ai fini dell’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto e, pertanto, non sono soggette a tale tributo.

Per dette operazioni il su citato decreto non prevede l’obbligo dell’emissione della fattura che, d’altra parte, riflettendo rapporti non imponibili, non avrebbe per l’acquirente alcuna conseguenza ai fini delle detrazioni dell’imposta sul valore aggiunto.

Art. 10 del d.P.R. n. 633/1972

Il comma 1, lettere a) e c), dell’art. 30 della legge finanziaria 2002, modificando gli articoli 10, n. 6), e 74, settimo comma, del d.P.R. n. 633 del 1972, ha ricondotto ad unità il trattamento fiscale applicabile agli effetti dell’Iva ai giochi di abilità e delle scommesse, prevedendo per l’intero settore il trattamento di esenzione dal tributo.

Le modifiche sono finalizzate a garantire la conformità della normativa nazionale a quella comunitaria (art. 13, punto B, lett. f), della direttiva n. 77/388/CEE del 17 maggio 1977), la quale prevede per tutti i giochi e concorsi pronostici il regime di esenzione dall’imposta sul valore aggiunto.

In particolare la lettera a) ha riformulato l’art. 10, n. 6), inserendo nella previsione esentativa, che già menzionava l’esercizio del lotto, delle lotterie nazionali, dei totalizzatori e delle scommesse sulle corse dei cani levrieri (previste dal decreto del Ministro dell’agricoltura del 16 novembre 1955), le operazioni relative all’esercizio dei giochi di abilità e dei concorsi pronostici riservati allo Stato, al CONI ed all’UNIRE, comprese quelle relative alla raccolta delle giocate.

La successiva lettera c) ha abrogato il settimo comma dell’art. 74, che prevedeva un particolare regime di esenzione dall’Iva per l’esercizio dei giochi di abilità e dei concorsi pronostici soggetti all’imposta unica.

L’esenzione, conformemente alle citate disposizioni comunitarie, concerne le sole operazioni relative all’esercizio del concorso pronostico e non anche quelle relative alla organizzazione (ossia quelle di acquisto), non previste dalla disposizione esentativa. Queste ultime restano assoggettate alle regole ordinarie di applicazione del tributo.

Per quanto concerne il concorso pronostici Enalotto, che non essendo soggetto all’imposta unica non era riconducibile nell’ambito del regime speciale previsto dal citato art. 74, settimo comma, si fa presente che le relative operazioni di gestione, per ragioni di ordine logico e sistematico, dovevano già ritenersi esenti dall’applicazione dell’Iva, anche se non espressamente menzionate nella precedente formulazione dell’art. 10, n. 6.

La previsione di una disciplina Iva esentativa, omogenea per il settore dei giochi e delle scommesse, ha reso necessario modificare le disposizioni del d.lgs. 23 dicembre 1998, n. 504, concernente il riordino dell’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse.

È stato pertanto sostituito l’art. 7 del citato d.lgs. n. 504. Nella nuova formulazione della norma non trovano menzione le operazioni relative alla organizzazione dei concorsi pronostici. Per queste, infatti, come detto in precedenza, l’Iva deve essere corrisposta nei modi ordinari, conformemente a quanto previsto dalla direttiva comunitaria, e non può ritenersi compresa nell’imposta unica.

In considerazione dell’abrogazione dell’art. 74, settimo comma, inoltre, non è stata riprodotta nella nuova formulazione dell’art. 7 la disposizione in base alla quale doveva ritenersi compresa nell’imposta unica anche l’Iva relativa alle prestazioni consistenti nella assunzione dell’esercizio dei predetti concorsi pronostici.

Dette operazioni, infatti, vengono disciplinate in base alla nuova disposizione esentativa di cui all’art. 10, n. 6, del d.P.R. n. 633.

Il gioco del Bingo

Nell’ambito dell’art. 10 del d.P.R. 633/1972 non si può non considerare, anche se non espressamente citata, l’attività del gioco del Bingo.

A questo proposito sovviene la circolare dell’Agenzia delle entrate dell’11 febbraio 2002, n. 16/E.

Il gioco denominato “Bingo” è stato istituito con regolamento approvato con decreto del Ministero delle finanze del 31 gennaio 2000, n. 29.

Il regolamento trova la propria fonte legislativa nell’articolo 16, comma 1, della legge 13 maggio 1999, n. 133 che rinvia al Ministero delle finanze l’emanazione di regolamenti, a norma dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, per la disciplina delle scommesse sulle competizioni sportive nonché di ogni altro gioco, concorso pronostico e scommesse.

Il decreto n. 29 del 2000 richiama nel preambolo anche il decreto legislativo 14 aprile 1948, n. 496 – concernente l’organizzazione e l’esercizio di giochi di abilità e concorsi pronostici riservati allo Stato – nonché la normativa relativa al gioco del lotto e alla gestione delle lotterie e altri giochi amministrati dallo Stato, in particolare l’art. 7 della legge 2 agosto 1982, n. 528, come modificato dall’art. 3 della legge 19 aprile 1990, n. 85, in base al quale con decreto del Ministero delle finanze possono essere stabiliti altre forme di estrazione e di scommesse.

Lo stesso decreto n. 29 del 2000 fissa le modalità e i tempi di gioco, la corresponsione di aggi, diritti e proventi erariali e riserva espressamente l’esercizio del gioco del “Bingo” al Ministero delle finanze (art. 1).

L’incarico di controllore centralizzato del gioco è stato affidato all’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, con direttiva dello stesso Ministro delle finanze del 12 settembre 2000.

Il regolamento n. 29 del 2000 stabilisce, inoltre, che la gestione del gioco del Bingo deve essere affidata in concessione, in base al risultato delle gare espletate secondo la normativa comunitaria, a persone fisiche o a società con idonei e comprovati requisiti.

Il gioco del Bingo deve svolgersi in apposite sale non dedicate all’esercizio di altri giochi e comunque non collegate con locali nei quali siano installati apparecchi da divertimento e intrattenimento nonché biliardi, biliardini e apparecchi similari.

Il gioco consiste nell’estrazione di novanta numeri e i giocatori hanno come unità di gioco una o più cartelle.

L’art. 5 del regolamento prevede un “prelievo erariale”, in misura pari al 20% (5) del prezzo di vendita delle cartelle, da versarsi a cura del concessionario all’affidatario del controllo centralizzato che provvede al successivo riversamento alla Tesoreria provinciale dello Stato.

La somma da distribuire in premi in ogni partita è pari al 58% del prezzo di vendita della totalità delle cartelle vendute e il compenso all’affidatario del controllo centralizzato è fissato in misura non superiore al 3,80% del prezzo di vendita delle cartelle.

Da ciò si evince che l’aggio del concessionario del gioco del Bingo è pari al 18,20%.

Ossia ai sensi dell’art. 8 del regolamento il compenso al concessionario è pari alla parte di incasso lordo, dedotti il prelievo erariale sulle cartelle, i premi corrisposti e il compenso versato all’affidatario del controllo centralizzato.

Il premio “bingo” si articola nelle categorie:

  1. “superbingo”;
  2. “bingo oro”;
  3. “bingo argento”;
  4. “bingo bronzo”;
  5. “bingo one”.

Il premio “superbingo” è assegnato in ogni partita, in aggiunta al premio “bingo”, al giocatore che ha realizzato il bingo con un numero di palline estratte eguale o inferiore a 38.

I premi “bingo oro”, “bingo argento”, “bingo bronzo” sono assegnati, nelle partite speciali effettuate dal concessionario previo annuncio in sala, in aggiunta al premio “bingo” al giocatore che ha realizzato il bingo entro il numero di palline estratte compreso tra:

  1. 39 e 43 per il “bingo oro”;
  2. 44 e 46 per il “bingo argento”;
  3. 47 e 54 per il “bingo bronzo”.

Il premio “bingo one” è assegnato, in aggiunta al premio “bingo”, nella partita successiva a quella in cui il fondo di cui al comma 8, lettera d), ha raggiunto l’importo stabilito dal concessionario con le modalità di cui la comma 6, al giocatore che ha realizzato il “bingo” con un numero di palline estratte eguale o inferiore al numero-soglia 46.

Qualora in tale partita non si realizza il “bingo” con un numero di palline estratte eguale o inferiore a 46, il premio “bingo one” è assegnato nella partita o nelle partite immediatamente successive al giocatore che realizza il “bingo” con un numero di palline estratte eguale o inferiore al numero soglia 46 incrementato di una unità in ciascuna delle partite immediatamente successive.

Nelle partite di cui al presente comma, non sono attribuibili i premi di cui al comma 4.

Il concessionario comunica all’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, nei dieci giorni precedenti l’inizio del mese, l’importo di cui al comma 5, che ha validità per tutta la durata del mese stesso. In caso di omessa comunicazione si intende confermata la validità dell’importo del mese precedente.

L’importo di cui al comma 5 può assumere un valore, multiplo intero di 50, compreso tra euro 50 ed euro 4.000.

La somma da ripartire a titolo di montepremi è costituita da almeno il 70% dell’importo della relativa vendita delle cartelle con l’attribuzione:
  1. del 7% alla “cinquina”;
  2. del 53% al “bingo”;
  3. del 6% al fondo per l’erogazione dei premi di cui ai commi 3 e 4;
  4. del 4% al fondo per l’erogazione del premio di cui al comma 2, lettera e).

Gli importi eccedenti il 70% dell’importo della relativa vendita delle cartelle, che potranno essere destinati a montepremi, saranno attribuiti a scelta del concessionario ai fondi di cui alle lettere c) e/o d); tali quote dovranno obbligatoriamente essere comunicate nei dieci giorni precedenti l’inizio del mese ed avranno validità per tutto il mese successivo. In caso di omessa comunicazione si intende confermata la validità dell’importo del mese precedente.

Il fondo di cui al comma 8, lettera c), è attribuito nella misura del:
  1. 60% al “superbingo”;
  2. 20% al “bingo oro”;
  3. 10% al “bingo argento”;
  4. 5% al “bingo bronzo”.

Il premio “bingo one” è pari all’importo di cui al comma 5.

Il concessionario provvede ad effettuare il pagamento immediato dei premi all’interno della sala.

I premi sono in contanti. Sono vietati premi di differente natura. Il pagamento in contanti può essere sostituito con pagamento in assegno, a richiesta del giocatore vincente, nel caso di vincite superiori a euro 500.

I premi sono pagati alla fine di ogni partita previa opportuna verifica e su consegna delle relative cartelle che devono essere intere e senza manipolazioni di sorta.

I premi non pagati ai giocatori per irregolarità delle cartelle sono versati dal concessionario all’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato.

Le cartelle vincenti sono annullate ed allegate al verbale.

Qualora si verifichino, nella stessa partita, più vincite della stessa tipologia, i premi sono distribuiti in parti uguali.

La vincita dei premi “superbingo”, “bingo oro”, “bingo argento”, “bingo bronzo”, “bingo one” viene assegnata solo se reclamata a voce alta entro il numero-soglia di estrazione stabilito dai commi 4 e 5.

Le cartelle vincenti sono conservate, insieme al verbale, per un periodo di due anni e possono essere distrutte una volta trascorso detto periodo, tranne quelle da conservare a seguito di contestazioni formali da parte di giocatori, fino alla definizione delle stesse (6).

L’esercizio del gioco del Bingo, riservato allo Stato e affidato al controllo centralizzato dell’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, è soggetto ad un autonomo prelievo erariale, la cui base è costituita dal prezzo di vendita della cartella.

Ciò esclude l’assoggettabilità dei medesimi proventi del gioco all’imposta sugli intrattenimenti di cui al d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 640.

Per quanto concerne l’imposta sul valore aggiunto si evidenzia che in conformità alla VI direttiva CEE 77/388/CEE, la quale all’art. 13, punto B, lett. f), inserisce fra le operazioni esenti le scommesse, le lotterie ed altri giochi d’azzardo con poste di denaro, l’art. 10, primo comma, numeri 6) e 7), del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 prevede l’esenzione dall’Iva per l’intero settore dei giochi, scommesse e concorsi pronostici.

In particolare il n. 6) del primo comma dell’art. 10 include l’esercizio del lotto, delle lotterie, dei giochi di abilità, delle scommesse e dei concorsi pronostici riservati allo Stato o agli altri enti indicati nel decreto legislativo n. 496 del 1948 fra le operazioni esenti da Iva.

Nell’ambito applicativo della menzionata disposizione deve ricondursi per le caratteristiche espresse in precedenza anche l’esercizio del gioco del Bingo.

Si precisa in proposito che l’esenzione riguarda esclusivamente l’esercizio del gioco e, pertanto, nell’ipotesi in cui nelle apposite sale dedicate al gioco vengano svolte, oltre al Bingo, altre attività (es. somministrazione di alimenti e bevande), le stesse sono assoggettate ad Iva con l’aliquota prevista per le corrispondenti cessioni o prestazioni.

Art. 74 del d.P.R. n. 633/1972

L’art. 74 in commento concerne tutta una serie di disposizioni relative a particolari settori.

Essi sono definiti “monofase” in quanto l’Iva è assolta a monte dal produttore e non viene liquidata e versata in diverse fasi a seconda del valore aggiunto del prodotto.

Nell’ambito di tali regimi speciali ve ne sono quattro che interessano particolarmente i rivenditori di generi di monopoli e sono la vendita di tabacchi, la vendita di fiammiferi, la cessione di schede telefoniche e quella concernente i documenti di viaggio relativi ai trasporti pubblici urbani di persone.

I generi presi in considerazione dal comma 1, lett. a), dell’art. 74 sono i

Sali e tabacchi importati o fabbricati dall’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, ceduti attraverso le rivendite di generi di monopoli, dall’Amministrazione stessa”.

Per la vendita di tali prodotti l’Iva è dovuta dall’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato sulla base del prezzo di vendita al pubblico.

L’art. 4 della legge 7 marzo 1985, n. 76 prevede, ad integrazione e completamento dell’art. 74, lett. a), che

sulle cessioni e sulle importazioni dei tabacchi … l’imposta sul valore aggiunto è dovuta in una sola volta…”.

Tale disposizione è stata abrogata dall’art. 4, lett. c), del d.lgs. 29 marzo 2010, n. 48, a decorrere dal 1° aprile 2010 (vedi art. 5 dello stesso decreto legislativo) e sostituita dall’art. 39-sexies del testo unico sulle accise, di cui al d.lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, come modificato dallo stesso d.lgs. n. 48/2010.

La nuova disposizione, entrata in vigore successivamente all’emanazione della pronuncia in commento, conferma che sulle cessioni e sulle importazioni dei tabacchi lavorati l’Iva è dovuta una sola volta, aggiungendo che il tributo è dovuto,

a seconda dei casi dal depositario autorizzato che effettua l’immissione al consumo o dal destinatario registrato di cui all’art. 8 ovvero dal rappresentante fiscale di cui all’art. 10-bis, comma 2”,

con l’aliquota ordinaria vigente applicata sul prezzo di vendita al pubblico, al netto dell’ammontare della stessa imposta.

Per le cessioni e per le importazioni di tabacchi lavorati effettuate prima dell’immissione al consumo, l’imposta è applicata in base al regime ordinario previsto dal d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633. Resta ferma l’applicabilità, ove ne ricorrano i presupposti, del regime di cui all’art. 50 del d.l. 30 agosto 1993, 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, e successive modificazioni.

La nuova disposizione, quindi, esplicita che il regime monofase deve essere applicato dal depositario autorizzato (e non dal produttore dei beni) e che, comunque, il tributo è dovuto “in una sola volta”.

L’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, è esonerata dalla tenuta del registro degli acquisti di cui all’art. 25 del d.P.R. n. 633/1972.

L’art. 74, comma 1, lett. b), del d.P.R. n. 633/1972 dispone che l’imposta sul valore aggiunto è dovuta dal Consorzio industrie fiammiferi – per il commercio degli stessi – limitatamente alle cessioni successive alle consegne effettuate dal consorzio stesso e l’imposta è da calcolarsi sulla base del prezzo di vendita al pubblico.

Lo stesso regime si applica nei confronti del soggetto che effettua la prima immissione al consumo di fiammiferi di provenienza comunitaria. Il d.m. 28 dicembre 1972 dispone, al riguardo, che detto consorzio industrie fiammiferi è tenuto ad annotare, in apposito prospetto, le quantità di fiammiferi importate o estratte mensilmente da ciascuna fabbrica con destinazione al consumo interno.

Tale prospetto– da compilarsi entro la fine del mese successivo – deve indicare, per ciascun tipo di prodotto, la relativa quantità, i prezzi unitari, gli importi al netto dell’Iva e l’ammontare dell’Iva.

Il Consorzio deve annotare l’imponibile e l’imposta, risultanti dal prospetto di cui sopra, nel registro delle fatture previsto dall’art. 23 del d.P.R. n. 633/1972. Dopo di ciò deve provvedere alla liquidazione ed ai versamenti mensili ai sensi dell’art. 1 d.P.R. n. 100/1998.

Il Consorzio ha il diritto di portare in detrazione, ai sensi dell’art. 26 del d.P.R. n. 633/1972, l’imposta corrisposta nel caso di distruzione di fiammiferi per i quali sia stato emesso il prospetto di cui sopra.

Ovviamente la distruzione deve risultare da apposito verbale convalidato dalla Direzione generale dei monopoli.

Il d.lgs. 2 settembre 1997, n. 313, nel riformare parzialmente la normativa Iva ha modificato, tra l’altro, il disposto dell’art. 74, comma 1, lett. d), del d.P.R. n. 633/1972, estendendo il particolare regime ivi disciplinato, già precedentemente disposto per la distribuzione delle schede predisposte per la telefonia fissa, anche alla vendita delle carte telefoniche prepagate per telefoni cellulari.

Pertanto alla distribuzione delle schede telefoniche, siano esse relative alla telefonia fissa ovvero a quella mobile, va applicato il particolare sistema “monofase” da tempo previsto, sempre dall’art. 74 del d.P.R. n. 633/1972, per altre attività.

Come visto all’inizio del paragrafo, si sottolinea che i cosiddetti regimi monofase prevedono, al fine di una semplificazione degli adempimenti formali in materia di fatturazione e di emissione di scontrini e di ricevute fiscali, che l’Iva venga corrisposta soltanto all’origine e cioè nella fase iniziale della distribuzione.

Così, per quanto riguarda le schede telefoniche, la lettera d), comma 1, dell’art. 74 stabilisce che

per le prestazioni dei gestori di telefoni posti a disposizione del pubblico, nonché per la vendita di qualsiasi mezzo tecnico, ivi compresa la fornitura di codici di accesso, per fruire dei servizi di telecomunicazione, fissa o mobile, e di telematica

l’Iva è dovuta (in deroga ai principi generali) dal titolare della concessione o autorizzazione ad esercitare i servizi (TIM, Vodafone, Wind, ecc.) sulla base del corrispettivo dovuto dall’utente o, se non ancora determinato, sulla base del prezzo mediamente praticato per la vendita al pubblico in relazione alla quantità di traffico telefonico messo a disposizione tramite il mezzo tecnico.

In tal modo il titolare della concessione o autorizzazione, liquidando l’intera imposta dovuta dall’utente finale, assolve anche l’Iva relativa ai compensi, comunque denominati (aggi, corrispettivi di vendita, etc.), riconosciuti dal titolare stesso ai soggetti terzi per i servizi relativi alla distribuzione dei mezzi tecnici e, quindi, delle schede telefoniche.

In termini pratici il particolare sistema monofase comporta l’irrilevanza, per quanto riguarda l’Iva, delle operazioni di acquisto e di vendita delle schede telefoniche da parte dei soggetti che ne effettuano la distribuzione i quali non sono pertanto tenuti a registrare, sempre ai fini Iva, i documenti di vendita ricevuti dal titolare della concessione (nei quali documenti l’imposta non può essere distintamente evidenziata stante la sua indetraibilità) né sono tenuti a fatturare o certificare (previa emissione di scontrini o ricevute) la successiva cessione delle schede agli utenti finali in quanto trattasi di operazioni non soggette ad Iva.

Le stesse disposizioni si applicano ai soggetti non residenti che provvedono alla vendita o alla distribuzione dei mezzi tecnici nel territorio dello Stato tramite proprie stabili organizzazioni nel territorio stesso, loro rappresentanti fiscali nominati ai sensi del secondo comma dell’art. 17, ovvero tramite identificazione diretta ai sensi dell’art. 35-ter, nonché ai commissionari, agli altri intermediari e ai soggetti terzi che provvedono alla vendita o alla distribuzione nel territorio dello Stato dei mezzi tecnici acquistati da soggetti non residenti.

Per tutte le vendite dei mezzi tecnici nei confronti dei soggetti che agiscono nell’esercizio di imprese, arti o professioni, anche successive alla prima cessione, i cedenti rilasciano un documento in cui devono essere indicate anche la denominazione e la partita Iva del soggetto passivo che ha assolto l’imposta.

La medesima indicazione deve essere riportata anche sull’eventuale supporto fisico, atto a veicolare il mezzo tecnico, predisposto direttamente o tramite terzi dal soggetto che realizza o commercializza gli stessi.

Per la vendita di documenti di viaggio relativi ai trasporti pubblici urbani di persone o di documenti di sosta relativi ai parcheggi veicolari, l’imposta è dovuta dall’esercente l’attività di trasporto ovvero l’attività di gestione dell’autoparcheggio, sulla base del prezzo di vendita al pubblico.

A tal fine le operazioni di vendita al pubblico di documenti di viaggio relativi ai trasporti pubblici urbani di persone o di documenti di sosta relativi ai parcheggi veicolari comprendono le prestazioni di intermediazione con rappresentanza ad esse relative, nonché tutte le operazioni di compravendita effettuate dai rivenditori autorizzati, siano essi primari o secondari (art. 74, primo comma, lett. e), del d.P.R. n. 633/1972).

Con d.m. 30 luglio 2009 sono state stabilite le modalità di applicazione del tributo per la predetta vendita.

L’imposta sul valore aggiunto dovuta per la vendita di documenti di viaggio relativi ai trasporti pubblici urbani di persone o di documenti di sosta relativi ai parcheggi veicolari è assolta dall’esercente l’attività di trasporto ovvero l’attività di gestione dell’autoparcheggio secondo le disposizioni del d.m. citato.

In relazione alle operazioni di vendita, nei documenti eventualmente rilasciati, l’imposta non è indicata separatamente dal corrispettivo della prestazione, salvo che per quelle effettuate dall’esercente direttamente nei confronti di soggetti esercenti attività d’impresa, arti o professioni utilizzatori del servizio. In tal caso la fattura è emessa dall’esercente entro novanta giorni dal ricevimento della richiesta.

L’esercente annota in apposito registro tenuto in conformità all’art. 39 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 le vendite dei documenti di viaggio o di sosta. L’annotazione evidenzia:

  1. il numero dei documenti di viaggio o di sosta consegnati o spediti e il corrispondente identificativo unitario, nonché il relativo prezzo unitario, entro l’ultimo giorno non festivo del mese di consegna o spedizione;
  2. il numero dei documenti di viaggio o di sosta restituiti, entro l’ultimo giorno non festivo del mese di consegna o spedizione;
  3. il numero totale dei documenti di viaggio o di sosta effettivamente ceduti in ciascun mese, risultante dalle precedenti registrazioni, entro il primo giorno non festivo del mese successivo a quello di cui alle lettere a) e b), con riferimento al mese anteriore. L’esercente annota sul registro di cui all’art. 24 del d.P.R. n. 633 del 1972, entro il giorno 15 del mese successivo a quello di cui alle lettere a) e b), e con riferimento al mese anteriore, l’ammontare globale dei corrispettivi relativi al mese anteriore.

L’esercente l’attività di trasporto annota nel registro di cui all’art. 24 del d.P.R. n. 633 del 1972, entro il primo giorno non festivo successivo e con riferimento al giorno in cui sono effettuate le operazioni, anche l’ammontare complessivo dei corrispettivi risultante dal giornale di fondo, di cui all’art. 2 del decreto del Ministro delle finanze 30 giugno 1992, relativo all’emissione o alla riutilizzazione di documenti di viaggio costituiti da un supporto con banda magnetica o con microprocessore suscettibile di riprogrammazione.

L’esercente l’attività di gestione dell’autoparcheggio effettua, negli stessi termini, analoga annotazione dell’ammontare complessivo dei corrispettivi percepiti attraverso apparecchiature meccaniche o informatizzate o strumenti similari.

Per i compensi riconosciuti ai soggetti terzi per le operazioni di cui sopra, da chiunque effettuate, l’imposta è assolta unitariamente dall’esercente sulla base del prezzo di vendita al pubblico ai sensi dell’art. 74, primo comma, lettera e), del d.P.R. n. 633 del 1972.

I documenti di acquisto loro rilasciati da parte dell’esercente conseguentemente agli adempimenti sono integrati con l’elencazione dell’identificativo unitario del documento di viaggio o di sosta oggetto della cessione.

Ai soggetti terzi che effettuano le operazioni di cui sopra non si applicano, limitatamente alle operazioni di cui al presente comma, gli obblighi derivanti dal titolo II del d.P.R. n. 633 del 1972.

I compensi corrisposti dall’esercente l’attività di trasporto ad intermediari per la vendita di documenti di viaggio, relativi ai trasporti pubblici urbani di persone esenti da imposta ai sensi dell’ art. 10, primo comma, n. 14), del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, sono assoggettati all’imposta sul valore aggiunto, la quale è dovuta dall’esercente l’attività di trasporto medesimo.

Le operazioni di intermediazione effettuate a favore dell’esercente l’attività di trasporto comprendono le successive prestazioni di intermediazione con rappresentanza ad esse relative.

Entro il quinto giorno del mese successivo a quello previsto per le registrazioni dei compensi di cui all’art. 2, comma 2, l’esercente l’attività di trasporto emette per gli stessi compensi la fattura, con le modalità di cui all’art. 21 del d.P.R. n. 633 del 1972, e la annota nel registro di cui ai successivi artt. 23 o 24 ai soli fini delle liquidazioni periodiche, nonché nel registro di cui all’art. 25 del d.P.R. n. 633 del 1972 ai fini di un’eventuale detrazione dell’imposta.

Un esemplare della fattura è consegnato all’intermediario che lo numera in ordine progressivo e lo conserva ai sensi dell’art. 39 del d.P.R. n. 633 del 1972.

L’ammontare dei compensi non concorre a formare il volume d’affari degli intermediari dei documenti di viaggio.

Agli intermediari di documenti di viaggio non si applicano, limitatamente all’attività dai medesimi svolta in tale settore, gli obblighi derivanti dal titolo II del d.P.R. n. 633 del 1972.

Posto che tali compensi sono imponibili all’Iva, il legislatore ha voluto imporre l’obbligo tributario in capo all’esercente l’attività di trasporto (committente) anziché al naturale soggetto passivo rappresentato dal rivenditore autorizzato (prestatore del servizio).

In pratica, si realizza una inversione degli obblighi ordinariamente inerenti le figure del prestatore del servizio e del committente, in quanto quest’ultimo, nel caso di specie, diviene soggetto passivo del tributo di diritto e di fatto.

Il rapporto giuridico che intercorre tra l’esercente l’attività di trasporto ed il rivenditore autorizzato del documento di viaggio, non configura un contratto di commissione, che come noto viene regolato in maniera particolare dalla normativa sull’Iva.

Infatti, l’elemento caratteristico del contratto di commissione, che consiste nell’agire del commissionario per conto del committente ma in nome proprio, non si ritrova nella fattispecie di cui si discute, ove è evidente che il rivenditore autorizzato agisce in nome e per conto dell’esercente il trasporto.

Ciò in quanto gli effetti giuridici degli atti compiuti dal mandatario (rivenditore) si verificano direttamente in capo al mandante, poiché l’acquisto del biglietto legittima il viaggiatore a richiedere la prestazione di trasporto. In altre parole, l’acquisto del biglietto corrisponde alla stipula del contratto di trasporto (anche se lo stesso non può ancora dirsi perfezionato) che avviene direttamente tra l’impresa esercente il trasporto e l’acquirente del biglietto.

Dunque, l’attività del rivenditore può essere classificata fra le prestazioni di servizi verso corrispettivo dipendenti da mandato con rappresentanza, rese nel caso specifico all’esercente il trasporto.

La vendita del biglietto non è configurabile quale “cessione di bene”, in quanto il prezzo corrisposto dall’acquirente configura il corrispettivo del trasporto dovuto al vettore per la sua prestazione, vettore che riconosce una provvigione al rivenditore per la sua attività.

Senonché l’esclusione dall’imposta prevista dal già ricordato art. 74, nonché l’espressa previsione contenuta nell’art. 2 del d.m. 30 luglio 2009 (“ai soggetti terzi non si applicano, limitatamente all’attività dai medesimi svolta in tale settore, gli obblighi derivanti dal titolo II del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633”), consentono di poter concludere che ove non vi siano altre attività rientranti nel campo applicativo del tributo effettuate dal contribuente, questi è esonerato da tutti gli obblighi inerenti l’istituzione dei registri obbligatori, l’emissione delle fatture, la dichiarazione, ecc.

Gli unici adempimenti che fanno capo al rivenditore sono quelli della numerazione in ordine progressivo e della conservazione a norma dell’art. 39 del d.P.R. n. 633/1972, delle fatture emesse dall’esercente l’attività di trasporto.

Questi ultimi documenti debbono essere assoggettati ad imposta, in quanto la legge espressamente dispone che i compensi sono imponibili al tributo, anche se lo stesso è dovuto e deve essere versato dall’esercente il trasporto.

In pratica, avviene che l’impresa di trasporto emette fattura per e 100,00 di provvigione più e 20,00 di Iva, evidenziando il tributo in fattura e corrispondendo al rivenditore solo il compenso al netto dell’imposta (e 100,00). In tal modo, annotando la fattura sul registro di cui all’art. 23, al momento della liquidazione periodica l’imposta relativa al compenso verrà versata dall’impresa di trasporto.

Quando il rivenditore autorizzato si avvale di altri collaboratori per la materiale vendita di documenti di viaggio, costituendo una serie di rapporti giuridici nettamente separati da quelli intercorrenti con l’impresa di trasporto, in guisa tale che fra questa ed i collaboratori non vi siano contatti di alcun genere, è evidente che tali successive situazioni giuridiche sfuggono dall’ambito applicativo dell’art. 74 per sistemarsi nell’ambito delle ordinarie fattispecie rilevanti ai fini del tributo.

Quindi, l’attività svolta dai commercianti al minuto nei confronti del rivenditore, costituisce prestazione

di servizi imponibile con aliquota ordinaria. Il commerciante è tenuto all’emissione della fattura con addebito d’imposta che deve essere annotata sul registro dei corrispettivi o, se istituito, su quello delle fatture.

Si pone a questo punto il problema se l’Iva addebitata al rivenditore da parte dei commercianti al minuto sia detraibile da parte dello stesso. A prima vista parrebbe sostenibile la tesi negativa, posto che il rivenditore è esonerato da tutti gli obblighi previsti dal d.P.R. n. 633/1972 e quindi non presenta nemmeno la dichiarazione annuale.

Tuttavia, si noti che nella riunione del 15 e 16 dicembre 1983 dei capi compartimentali è stato affermato che i rivenditori di periodici, ponendo in essere operazioni considerate non soggette ai sensi dell’art. 74, secondo comma, del d.P.R. n. 633/1972, hanno la possibilità di detrarre l’imposta assolta in relazione ai beni e ai servizi acquistati o importati nell’esercizio di impresa, sempre che ovviamente abbiano osservato gli adempimenti previsti dal d.P.R. n. 633/1972 per l’esercizio del diritto alla detrazione.

Ovviamente, se non sono state effettuate operazioni imponibili, il rimborso può essere chiesto solo limitatamente all’acquisto di beni ammortizzabili, giusto quanto previsto dall’art. 30, terzo comma, del d.P.R. n. 633/1972.

Se, invece, il rivenditore autorizzato agisce in nome e per conto dei commercianti al minuto ai quali vanno quindi direttamente ricondotti tutti gli effetti derivanti dai rapporti posti in essere, l’attività del rivenditore si identifica nell’esplicazione di un mandato con rappresentanza.

In tal caso, l’impresa esercente il trasporto deve emettere fattura (sempre indicando l’imposta relativa) direttamente nei confronti dei commercianti al minuto, ai quali fanno capo tutti gli obblighi e le esenzioni stabilite dall’art. 74 del d.P.R. n. 633/1972 e dal d.m. 30 luglio 2009.

In queste ipotesi, il rivenditore autorizzato non assume la veste di soggetto passivo ai fini dell’Iva o delle imposte sui redditi, a meno che non percepisca compensi da parte dei rivenditori al minuto per la sua opera di intermediazione e sempre che, per quanto riguarda l’aspetto concernente l’imposizione diretta, non percepisca altri redditi soggetti ad imposta.

Con c.m. 44/551269 del 19 ottobre 1989 il Ministero delle finanze ha fornito rilevanti chiarimenti in ordine alla vendita di documenti di viaggio per i trasporti pubblici urbani di persone.

In primo luogo, a differenza di quanto si è sostenuto, secondo l’Amministrazione finanziaria debbono essere considerati “trasporti pubblici urbani di persone”, ai sensi del d.m. 5 maggio 1980, non i trasporti indicati all’art. 10, n. 14), del d.P.R. n. 633, bensì quelli considerati urbani dalle vigenti disposizioni in materia di trasporti (T.U. 15 ottobre 1925, n. 2578, concernente le aziende di pubblico trasporto municipalizzate; legge 28 settembre 1939, n. 1822, modificata dal d.P.R. 28 giugno 1955, n. 771, relativa alle aziende private che svolgono servizi pubblici urbani su concessione comunale), in quanto caratterizzati dall’alta frequenza delle corse e dalla brevità degli intervalli fra le fermate.

La suddetta circolare afferma testualmente che

il particolare regime, attesa la peculiarità degli adempimenti stabiliti dal citato decreto ministeriale, si rende applicabile esclusivamente ai rapporti posti in essere tra gli esercenti l’attività di trasporto e gli operatori che effettuano la diretta vendita al pubblico dei documenti di viaggio, per cui esulano dalla disciplina in esame eventuali rapporti posti in essere dai soggetti di cui sopra con altri intermediari operanti nella sfera distributiva dei documenti di viaggio”.

L’inciso, contenente la specificazione che deve trattarsi di soggetti che effettuano la diretta vendita al pubblico dei documenti di viaggio (specificazione non contenuta nella legge), sembra affermare che nell’ipotesi concernente un rivenditore autorizzato che agisce in nome e per conto proprio e che si avvale, per la vendita dei biglietti, di commercianti al minuto si rende inapplicabile il particolare regime previsto dal d.m. 30 settembre 2009, con la conseguenza che, secondo il Ministero delle finanze, il rivenditore in questione dovrebbe ritenersi soggetto d’imposta (con obbligo di richiedere la partita Iva, istituire i registri Iva, rilasciare fattura, annotare le fatture d’acquisto e presentare la dichiarazione annuale versando l’imposta alle scadenze previste dalla legge) per le provvigioni percepite dalle aziende di autotrasporto.

Tuttavia, si può ritenere che qualora il rivenditore autorizzato assuma l’incarico di effettuare la vendita al pubblico di biglietti di viaggio in nome e per conto proprio ovvero in nome proprio e per conto dei commercianti al minuto associati, deve essere riconosciuto al rivenditore stesso la veste di soggetto esercente la “vendita al pubblico” dei documenti di viaggio, con la conseguenza che il regime speciale trova applicazione.

Sul punto, peraltro, è necessario un più approfondito intervento ministeriale, atto a distinguere i casi in cui il rivenditore agisce in nome proprio da quelli nei quali agisce in nome dei commercianti; in tale ipotesi, trova senz’altro applicazione l’affermazione ministeriale secondo cui il particolare regime è applicabile solo nei rapporti fra gli esercenti l’attività di trasporto e gli operatori che effettuano la vendita al pubblico dei biglietti di viaggio con esclusione degli eventuali rapporti posti in essere dai soggetti di cui sopra con altri intermediari.

Prestazioni di intermediazione

L’art. 8, comma 1, del d.lgs. 2 settembre 1997, n. 313 ha aggiunto un comma all’art. 74 del d.P.R. n. 633/1972, al fine di disciplinare le prestazioni di intermediazione nell’ambito delle seguenti operazioni, previste dallo stesso art. 74 (7):

  • commercio di sali e tabacchi;
  • commercio di fiammiferi;
  • commercio di prodotti editoriali (giornali quotidiani, pubblicazioni periodiche e libri).

Tale previsione normativa stabilisce che le anzidette prestazioni sono escluse, a far data dal 1° gennaio 1998, dal regime monofase ed attratte nel sistema ordinario di applicazione dell’imposta.

Il riferimento che la disposizione in commento fa all’art. 74, lett. a), b) e c) – e non anche alle altre lettere previste dallo stesso art. 74 – potrebbe indurre a ritenere che le prestazioni di intermediazione relative alle operazioni di cui alla lett. d) (prestazioni di telefonia) e alla lett. e) (vendita di documenti di viaggio) rientrino nell’ambito del regime speciale previsto dall’articolo medesimo. Questa interpretazione, pur ritraibile dalla norma contrasta però con la c.m. n. 44/551269 del 19ottobre 1989.

Secondo tale pronuncia, infatti, il particolare regime previsto dall’art. 74, lett. e) si applica esclusivamente ai rapporti posti in essere tra gli esercenti l’attività di trasporto e gli operatori che effettuano la vendita al pubblico dei documenti di viaggio, per cui esulano dalla disciplina in esame

“eventuali rapporti posti in essere dai soggetti di cui sopra con altri intermediari operanti nella sfera distributiva dei documenti di viaggio”.

La gestione dell’IVA

Determinazione del pro rata

L’istituto della detrazione è disciplinato dall’art. 19 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.

Il primo comma prevede che per determinare il tributo da versare all’Erario, ovvero l’eccedenza rimborsabile o da riportare a nuovo, il soggetto d’imposta ha diritto di detrarre dall’Iva relativa alle operazioni effettuate l’imposta pagata all’importazione o a lui addebitata dai fornitori di beni e servizi.

Il diritto alla detrazione dell’imposta relativa ai beni e servizi acquistati o importati sorge nel momento in cui l’imposta diviene esigibile e può essere esercitato, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione è sorto ed alle condizioni esistenti al momento della nascita del diritto medesimo.

Il secondo comma dell’articolo in questione stabilisce che non è detraibile l’imposta relativa all’acquisto o all’importazione di beni e servizi afferenti operazioni esenti o comunque non soggette all’imposta, salvo il disposto dell’art. 19-bis2 che concerne la rettifica della detrazione.

Per le imprese che esercitano sia attività che danno luogo a detrazione che attività che non danno luogo  alla stessa soccorre il quinto comma dell’art. 19 del d.P.R. 633/1972.

Si tratta del cosiddetto pro rata di detraibilità, o percentuale di detrazione, che secondo il quinto comma dell’art. 19 del d.P.R. n. 633/1972 che rinvia all’art. 19-bis si ottiene mediante il rapporto fra l’ammontare delle operazioni che danno diritto alla detrazione, effettuate nell’anno e lo stesso ammontare aumentato delle operazioni esenti effettuate nell’anno medesimo.

Il ragionamento di per sé è molto semplice, in quanto si presume che gli acquisti destinati all’effettuazione di operazioni esenti siano pari, in percentuale, all’ammontare delle operazioni esenti rispetto al totale del volume d’affari complessivo realizzato dal contribuente.

Il comma 2 dell’art. 19-bis, commentando il trattamento riservato ai casi in cui vengano effettuate operazioni esenti di cui ai nn. da 1 a 9 (8) dell’art. 10 del d.P.R. n. 633/1972, prosegue dichiarando che l’ammontare di tali operazioni, ai fini della determinazione della percentuale di detrazione, non va computato né tra le operazioni esenti né tra quelle che compongono il volume d’affari sempre che le medesime non formino oggetto dell’attività propria dell’impresa o siano accessorie ad operazioni imponibili.

Ai nostri fini, pertanto, è difficile poter sostenere che sono operazioni esenti occasionali posto che per poter effettuare tali attività si ha bisogno di una specifica autorizzazione.

La finalità della norma è di non influenzare, riducendola, la detrazione dell’imposta spettante all’operatore economico in relazione alla sua attività ordinaria imponibile o a questa assimilata agli effetti della detrazione medesima.

Il d.lgs. 2 settembre 1997, n. 313 ha modificato sostanzialmente le disposizioni concernenti la detrazione dell’Iva, al fine di adeguare la legislazione interna a quella comunitaria e di precludere la detrazione del tributo nelle ipotesi di svolgimento di attività che non rilevano ai fini Iva, in quanto non comportano l’effettuazione di operazioni soggette ad imposta o a queste assimilate (esportazioni, cessioni intracomunitarie, ecc.).

In particolare, l’art. 19, comma 2, del d.P.R. n. 633/1972, stabilisce che non è detraibile l’imposta relativa all’acquisto o all’importazione di beni e servizi afferenti operazioni esenti o comunque non soggette all’imposta (ferma restando, per quanto attiene alle operazioni esenti, la detrazione dell’Iva in caso di cessioni di oro in lingotti, pani, verghe, bottoni, granuli che, pur essendo considerate “esenti” dall’art. 10, n. 11, del d.P.R. n. 633/1972 sono equiparate, in tema di detrazione, alle operazioni imponibili).

Per quanto concerne il settore della vendita di generi di monopolio, il comma 5 del predetto art. 19 stabilisce che ai contribuenti che esercitano sia attività che danno luogo ad operazioni che conferiscono il diritto alla detrazione sia attività che danno luogo ad operazioni esenti, il diritto alla detrazione dell’imposta spetta in misura proporzionale alla prima categoria di operazioni ed il relativo ammontare è determinato in base al “pro rata”.

Peraltro, il Ministero delle finanze ha chiarito che il “pro rata” trova applicazione non solo quando il soggetto effettua “attività” che danno luogo ad operazioni che conferiscono il diritto di detrazione ed “attività” esenti, ma anche quando il medesimo effettua congiuntamente operazioni imponibili o assimilate ed operazioni esenti, in forma sistematica (come ad esempio si verifica nei confronti di una casa di cura, la quale effettui sia prestazioni esenti in regime di convenzione sia prestazioni imponibili).

Invece, il criterio del pro rata non si applica quando il contribuente esercita:

  • attività imponibili o assimilate e sporadiche o occasionali operazioni esenti;
  • attività esenti e sporadiche o occasionali operazioni imponibili o

In sostanza, l’occasionale effettuazione di operazioni esenti da parte di un contribuente che svolge essenzialmenteun’attivitàsoggettaad Iva(comepurel’occasionale effettuazione dioperazioniimponibili da parte di un soggetto che svolge essenzialmente un’attività esente) non dà luogo all’applicazione del pro-rata.

In tali casi, però, torna applicabile, ai fini della determinazione dell’imposta detraibile, il criterio generale dell’utilizzazione specifica dei beni e servizi, con indetraibilità dell’imposta afferente  i beni e servizi impiegati esclusivamente nelle operazioni esenti.

Si precisa che, mentre le disposizioni in vigore fino al 31 dicembre 1997 facevano riferimento al “pro rata” di indetraibilità, i nuovi artt. 19 e 19-bis definiscono il “pro rata” come percentuale di detraibilità.

A parte ciò, si osserva che il sistema di calcolo di tale percentuale ricalca sostanzialmente quello previgente.

Infatti, la percentuale di detrazione è determinata in base al seguente rapporto (art. 19-bis del d.P.R. n. 633/1972):

operazioni che danno diritto alla detrazione x 100
————————————————————————–
operazioni che danno diritto alla detrazione + operazioni esenti

Per tale calcolo non si tiene conto:

  • delle cessioni di beni ammortizzabili;
  • dei passaggi tra attività separate (art. 36, ultimo comma, P.R. n. 633/1972);
  • delle cessioni che hanno per oggetto denaro o crediti in denaro (art. 2, a), d.P.R. n. 633/1972);
  • delle cessioni e conferimenti in società o altri enti, compresi i consorzi e le associazioni o altre organizzazioni, che hanno per oggetto aziende o rami di azienda (art. 2, lett. b), d.P.R. n. 633/1972);
  • delle cessioni di campioni gratuiti di modico valore appositamente contrassegnati (art. 2, d), d.P.R. n. 633/1972);
  • dei passaggi di beni in dipendenza di fusioni, scissioni o trasformazioni di società e di analoghe operazioni poste in essere da altri enti (art. 2, lett. f), d.P.R. n. 633/1972);
  • delle cessioni (esenti) che hanno per oggetto beni acquistati o importati senza il diritto alla detrazione totale della relativa imposta (art. 10, primo comma, n. 27-quinquies, d.P.R. n. 633/1972).

Inoltre, come già sottolineato, non si tiene conto neanche di tutte le operazioni esenti indicate ai numeri da 1) a 9) dell’art. 10 quando:

  1. non formano oggetto dell’attività propria del soggetto passivo;
  2. sono accessorie alle operazioni

Tuttavia, in tale eventualità, l’imposta relativa ai beni e servizi che siano utilizzati esclusivamente per effettuare queste operazioni esenti, si rende indetraibile (art. 19-bis, comma 2, d.P.R. n. 633/1972).

Ricapitolando, nei confronti del contribuente che eserciti promiscuamente attività che conferiscono il diritto alla detrazione dell’imposta ed attività che danno luogo ad operazioni esenti ai sensi dell’art. 10 del d.P.R. n. 633/1972, l’art. 19-bis del medesimo decreto, commisura la percentuale di detrazione al rapporto tra l’ammontare delle operazioni che danno diritto alla detrazione, effettuate nell’anno di imposta, e lo stesso ammontare aumentato delle operazioni esenti effettuate nel medesimo periodo.

Quanto alle operazioni che conferiscono il diritto alla detrazione, il rimando implicito è all’art. 19, primo comma, laddove si prescrive che per la determinazione dell’imposta dovuta a norma del primo comma dell’art. 17 o dell’eccedenza di cui al secondo comma dell’art. 30 è detraibile dall’ammontare dell’imposta relativa alle operazioni effettuate, quello dell’imposta assolta o dovuta dal soggetto passivo o a lui addebitata a titolo di rivalsa in relazione ai beni ed ai servizi importati o acquistati nell’esercizio dell’impresa, arte o professione.

Ne riviene, in prima battuta, la detraibilità dell’imposta genericamente assolta in relazione ai beni e servizi acquistati o importati nell’esercizio dell’impresa, arte o professione.

Tuttavia, il secondo comma dispone l’indetraibilità dell’imposta relativa all’acquisto o all’importazione di beni e servizi afferenti operazioni esenti o comunque non soggette all’imposta.

Per contro, il terzo comma neutralizza siffatta previsione di indetraibilità nei confronti delle operazioni di seguito elencate:

  • operazioni di cui agli 8, 8-bis, 9 o a queste assimilate dalla legge (artt. 71 e 72 d.P.R. n. 633/1972) comprese le operazioni ascrivibili tra quelle “intracomunitarie” ai sensi degli artt. 40 e 41 del d.lgs. n. 331/1993;
  • operazioni di cui ai numeri da 1) a 4) dell’art. 10, effettuate nei confronti di soggetti stabiliti fuori della Comunità o relative a beni destinati ad essere esportati fuori della Comunità stessa;
  • operazioni effettuate fuori dal territorio dello Stato le quali, se effettuate nel territorio dello Stato, darebbero diritto alla detrazione dell’imposta;
  • operazioni di cui all’art. 2, terzo comma, lett. a), b), d) e f);
  • cessioni di cui all’art. 10, 11, effettuate da soggetti che producono oro da investimento o trasformano oro in oro da investimento
  • operazioni non soggette all’imposta per effetto delle disposizioni di cui all’art. 74, primo

Rivendita bar e tabacchi. Esempi di determinazione del pro rata

Prima di addivenire ad un’esemplificazione che permetta di capire come determinare il pro rata di detraibilità dell’imposta assolta sugli acquisti si deve sottolineare come l’art. 19 del d.P.R. n. 633/1972 detta le regole generali sulla detraibilità ai fini dell’imposta sul valore aggiunto.

L’Iva è detraibile se si verificano contemporaneamente le seguenti condizioni:

  • è relativa ad un’operazione inerente all’attività svolta;
  • è addebitata in fattura;
  • viene esercitato correttamente il relativo diritto di detrazione;
  • l’operazione non rientra nei casi di indetraibilità.

In deroga alle regole generali indicate, la normativa individua varie situazioni di indetraibilità:

  • indetraibilità totale per destinazione (art. 19, comma 2): acquisti afferenti operazioni esenti, operazioni non soggette, manifestazioni a premio;
  • indetraibilità pro quota (art. 19, comma 4): quando vi sono operazioni parzialmente non soggette in quanto non completamente inerenti o si è in presenza di utilizzo anche per fini privati (principio della promiscuità);
  • indetraibilità oggettiva (art. 19-bis1, comma 1): riguarda specifici beni o servizi;
  • indetraibilità da pro rata (art. 19, comma 5): si verifica in presenza di attività che danno luogo ad operazioni esenti ed attività che danno luogo a operazioni che consentono la detrazione;
  • indetraibilità parziale per enti non commerciali (art. 19-ter): in presenza di beni e servizi utilizzati promiscuamente per attività commerciali e non.

Dopo tale premessa, è ovvio che nel caso di un bar con rivendita di tabacchi e lotto, poiché si è in presenza di attività che danno luogo ad operazioni che conferiscono il diritto alla detrazione ed attività che danno luogo ad operazioni esenti, il diritto alla detrazione spetta in misura proporzionale al primo tipo di operazioni.

Verifichiamo un esempio di calcolo di pro rata nel caso di un bar-tabacchi che raccoglie giocate del lotto e del totocalcio, vende tabacchi e valori bollati, biglietti di parcheggio, giornali e riviste, oltre agli incassi derivanti dall’attività di bar.

Le operazioni di cui all’art. 74, comma 1, devono essere computate in base al corrispettivo che, sulla base degli accordi contrattuali, è dovuto al rivenditore.

A seconda dei casi questo può essere costituito da un aggio sulle vendite, ovvero dall’intero prezzo di rivendita praticato al pubblico.

ESEMPIO DI UN CONTRIBUENTE CON ATTIVITÀ DI BAR-TABACCHI
  • euro 220,00 per operazioni relative all’esercizio del lotto (esenti 10, n. 6, d.P.R. n. 633/72);
  • euro 3,00 per compensi relativi alla riscossione delle tasse automobilistiche (esenti 10, n. 5, d.P.R. n. 633/1972);
  • euro 50,00 per aggi relativi alla rivendita di generi di monopolio (art. 74, comma 1, lettere a) e b, d.P.R. n. 633/1972);
  • euro 620,00 per la rivendita di giornali e riviste (art. 74, comma 1, c), d.P.R. n. 633/1972);
  • euro 30,00 per la vendita di schede telefoniche e documenti di viaggio (art. 74, comma 1, d) ed e), d.P.R. n. 633/1972);
  • euro 90,00 per altri aggi derivanti da totocalcio e altri concorsi (art. 10, comma 1, 6, d.P.R. n. 633/1972);
  • euro 277,00 per incassi, al netto dell’Iva, derivanti dall’attività di bar;
  • Volume d’affari (9) = 590 (277 + 220 + 3 + 90);
  • Art. 74, comma 1 = 700 (50 + 620 + 30);
  • Operazioni esenti = 313 (220 + 3 + 90).

590 + 700 – 313                  977
Percentuale di detraibilità =  ———————— =    ———- = 75,70%
590 + 700                           1290

Il risultato del rapporto deve essere arrotondato all’unità superiore o inferiore a seconda che la parte decimale superi o meno i cinque decimi.

Per l’arrotondamento deve farsi riferimento alle prime 3 cifre decimali; quindi 0,757 diventa 76% che è la percentuale di detrazione dell’Iva.

Così ad esempio se l’Iva pagata sugli acquisti è euro 18.000 applicando il 76% otteniamo che l’Iva detraibile è pari a euro 13.680.

La circolare 87/E del 21 marzo 1997 ha precisato che i corrispettivi spettanti per la gestione di una rivendita di generi di monopolio autorizzata in base all’art. 72 del d.P.R. n. 1074 del 14 ottobre 1958, regolamento attuativo della legge n. 1293 del 22 dicembre 1957, relativa all’organizzazione dei servizi di distribuzione e vendita dei generi di monopolio (cosiddetti “aggi”), rientrano nel volume d’affari.

Essi rientrano, come visto nell’esempio precedente, nel calcolo del pro rata.

ESEMPIO

Supponiamo che la rivendita abbia realizzato 200.000 euro in aggi per operazioni relative all’esercizio del lotto, delle lotterie nazionali, comprese quelle relative alla raccolta delle giocate, nonché per altri aggi derivanti da Totip, Totogol, Totocalcio, Superenalotto e altre operazioni dei giochi di abilità e dei concorsi pronostici (esenti art. 10, n. 6, d.P.R. n. 633/72); 100.000 euro, per aggi relativi alla rivendita      di generi di monopolio; 20.000 euro derivanti dalla vendita di prodotti soggetti a Iva.

Tenuto conto che al numeratore e al denominatore del rapporto per il calcolo del pro rata si devono anche indicare i 100.000 euro relativi alle operazioni non soggette a Iva (tabacchi), la percentuale di detrazione dell’Iva si ottiene applicando la formula: 20.000 euro più 100.000 per 100 = 12.000.000.

Tale risultato si divide per 320.000 (20.000 più 100.000 di operazioni ex articolo 74 d.P.R. n. 633/1972, più 200.000 di operazioni esenti) e si ottiene il quoziente di 37,5 che si arrotonda a 37.

È perciò uguale a 37 la percentuale di detrazione dell’Iva.

Aggio e percentuale di detrazione Iva

Ai fini della determinazione, in sede di dichiarazione annuale Iva, della percentuale di detrazione dell’imposta relativamente alle operazioni di cui all’art. 74, primo comma, del d.P.R. n. 633/1972 non dovrebbe rilevare in alcun modo l’aggio conseguito dal rivenditore, dovendosi bensì ritenere, in base all’interpretazione logico-sistematica desunta dal d.P.R. n. 633/1972, che nel computo vada assunto, al numeratore come al denominatore del rapporto di cui all’art. 19-bis, il prezzo pieno di rivendita al consumatore finale.

Tale casistica, infatti, si ha proprio nel caso in cui si tratti di computare la percentuale di detrazione spettante ad un rivenditore di sali e tabacchi e di giornali quotidiani e periodici che abbia effettuato anche operazioni esenti relative all’esercizio del lotto e delle lotterie nazionali.

In tale circostanza, come visto, parte della dottrina ritiene che bisogna computare il prezzo di rivendita in luogo dell’aggio.

Spesso non si dà peso a tale circostanza, forse perché i software sono eccessivamente protesi a garantire il rispetto delle prescrizioni di cui all’art. 18, ottavo comma, del d.P.R. n. 600/1973, secondo cui – ai fini del calcolo dei limiti di ammissione ai regimi semplificati di contabilità – per i rivenditori in base a contratti estimatori di giornali, di libri e di periodici e per i distributori di carburante, i ricavi si assumono al netto del prezzo corrisposto al fornitore dei predetti beni, mentre per le cessioni di generi di monopolio, valori bollati e postali, marche assicurative e valori similari, si considerano gli aggi spettanti ai rivenditori.

Orbene il contribuente intenzionato a non commettere errori a proprio sfavore deve prestare molta attenzione e, spesso, intervenire manualmente nella compilazione della dichiarazione.

Poiché gli errori commessi nelle trascorse dichiarazioni sono quasi sempre a sfavore del contribuente, a quest’ultimo converrà proporre istanza di rimborso dell’imposta a suo tempo versata in eccesso.

A questo proposito si riporta una risposta fornita dall’Amministrazione finanziaria con circolare ministeriale n. 98/E del 17 maggio 2000.

C.M. 17 maggio 2000, n. 98/E

3.2.2 Detrazione Iva per operazioni di cui all’art. 74, comma 1, del d.P.R. n. 633 del 1972

D – Nella categoria delle operazioni che conferiscono il diritto alla detrazione dell’Iva sugli acquisti ai sensi dell’art. 19 del d.P.R. n. 633 del 1972, sono comprese anche le operazioni non soggette all’imposta di cui all’art. 74, primo comma, stesso decreto.

Di tali operazioni, ancorché non soggette a registrazione e dichiarazione ai fini Iva, deve pertanto, tenersi conto nella determinazione della percentuale di detraibilità di cui all’art. 19-bis.

Ciò premesso, si chiede di sapere se ai predetti fini il contribuente debba assumere l’ammontare dei corrispettivi oppure un diverso importo, in considerazione della particolarità dell’operazione di specie (ad esempio, l’aggio per la rivendita dei generi di monopolio; il margine per la rivendita di prodotti editoriali).

Nella seconda ipotesi si chiede di voler indicare quale sia l’importo da assumere per ciascuna delle categorie delle operazioni indicate nel primo comma dell’art. 74, inclusa la rivendita di schede telefoniche, in relazione alla quale si desidererebbe conoscere anche il criterio di contabilizzazione agli effetti delle imposte sui redditi (aggio oppure costi/ricavi).

R: Le operazioni di cui all’art. 74, primo comma, del d.P.R. n. 633 del 1972, assoggettate al regime

Iva monofase (commercio di generi di monopolio, commercio di tabacchi, commercio di schede telefoniche, commercio di giornali, ecc.) non limitano il diritto alla detrazione dell’imposta anche se esse non sono soggette agli obblighi di fatturazione, registrazione e dichiarazione.

Pertanto, in presenza di effettuazione anche di operazioni esenti non occasionali, il rivenditore dei suddetti beni dovrà operare il calcolo del pro-rata di detraibilità di cui all’art. 19-bis del d.P.R. n. 633 del 1972 computando le suddette operazioni tra quelle che danno diritto alla detrazione dell’imposta in base ai dati risultanti dalla propria contabilità aziendale, anche se tali dati non verranno poi evidenziati nella dichiarazione Iva.

Le suddette operazioni ai fini del calcolo del pro rata devono essere computate in base al corrispettivo che, sulla base degli accordi contrattuali, è dovuto al rivenditore.

A seconda dei casi questo può essere costituito da un aggio sulle vendite (cessioni di generi di monopolio) ovvero dall’intero prezzo di rivendita praticato al pubblico (giornali, schede telefoniche).

Come visto l’Amministrazione finanziaria si è espressa in maniera chiara sull’importo che deve confluire nel calcolo del pro rata di detraibilità per cui la dottrina che voleva che rientrasse l’intero corrispettivo pagato dal rivenditore si è vista in parte sconfessare dalla risposta fornita nella circolare citata.

La tesi sostenuta da tale parte della dottrina appare coerente ed organica rispetto alla normativa di fondo del d.P.R. n. 633/1972 e, tra l’altro, farebbe emergere una percentuale di detraibilità più elevata.

Naturalmente se la si seguisse, in caso di verifica fiscale, bisognerebbe tenersi pronti ad affrontare un probabile contenzioso con l’Amministrazione finanziaria la quale invece ritiene – all’opposto – che vada considerato il solo aggio per il rivenditore di generi di monopolio.

Ai fini delle imposte dirette, le operazioni di rivendita dei prodotti in questione vanno contabilizzate a costi e ricavi. Assume quindi rilievo l’intero corrispettivo della rivendita e non l’aggio.

Formula della percentuale di detrazione

Ora verifichiamo la formula di computo della percentuale di detrazione che sia al numeratore che al denominatore riporterà sia le operazioni extraterritoriali altrimenti imponibili in Italia, quanto le operazioni non soggette all’imposta per effetto delle disposizioni di cui all’art. 74, primo comma, del d.P.R. n. 633/1972.

Tale ultima disposizione, in particolare, è dedicata alla previsione del regime speciale Iva per il commercio di taluni prodotti, tra i quali sali e tabacchi, fiammiferi, giornali quotidiani, periodici, libri, prestazioni dei gestori di telefoni posti a disposizione del pubblico, vendita dei mezzi tecnici per fruire dei servizi di tali comunicazioni e dei documenti di viaggio relativi a trasporti pubblici urbani.

Trattasi di operazioni che assolvono l’imposta in misura piena su di una base imponibile commisurata in misura pari al prezzo di vendita nei confronti del consumatore finale. Stante l’identità della base imponibile, la differenza rispetto alle operazioni Iva “ordinarie” è costituita, per queste ultime, dal particolare meccanismo di applicazione dell’imposta, che, lungi dal prevedere basi imponibili ad incremento progressivo e la riscossione frazionata dell’imposta nei vari stadi di produzione e commercializzazione, prevede l’assolvimento integrale della stessa “a monte” dello stesso processo di commercializzazione dei relativi beni e servizi.

Ma se venisse inibita la detrazione dell’imposta assolta in relazione agli acquisti di beni e servizi inerenti la commercializzazione di siffatti beni, ne riuscirebbe irrimediabilmente compromessa la neutralità dell’Iva, e si determinerebbe, per tale via, un indebito arricchimento dell’erario.

Ed è questa la ragione, come visto, per cui l’art. 19 del d.P.R. n. 633/1972 dispone l’equiparazione delle operazioni non soggette ad Iva per effetto del sopradescritto regime speciale alle operazioni che conferiscono il diritto incondizionato alla detrazione dell’imposta.

Le istruzioni (10) della dichiarazione Iva ricordano che nel computo della stessa percentuale si deve tener conto anche delle operazioni di cui all’art. 74, primo comma del d.P.R. n. 633/1972.

Purtroppo il dato letterale di cui alle istruzioni (11) non riprende la risposta fornita nella circolare del 2000 e, dunque, non chiarisce se computare, al numeratore come al denominatore del rapporto di cui all’art. 19-bis del d.P.R. n. 633/1972, il solo aggio (considerato in quanto tale dall’art. 18, ottavo comma del d.P.R. n. 600/1973, solo per agevolare il contribuente).

Come già visto parte della dottrin ritiene che un computo siffatto (aggio), in luogo del computo dell’intero prezzo di rivendita del bene o servizio, comprometterebbe, sia pure parzialmente, la neutralità dell’Iva, atteso che la base imponibile ai fini dell’applicazione dell’imposta “a monte” dello stadio di commercializzazione è stata assunta in misura pari al prezzo “pieno” di rivendita al consumatore finale.

Così che, in ultimo, non vi sarebbe motivo alcuno per precludere in parte, a mezzo del computo del solo aggio, e non dell’intero prezzo di rivendita, al numeratore come al denominatore del rapporto, la detrazione dell’imposta assolta in relazione all’acquisto dei beni e servizi inerenti la fase di commercializzazione dei generi in oggetto.

Tale ragionamento logico, purtroppo, è stato smentito dall’Amministrazione finanziaria come già visto.

Numeratore: Volume d’affari (VE40 (12)) – Operazioni esenti (VE33) + Cessioni esenti di oro industriale e argento di cui all’art. 10, n. 11 (VG35/1) + Operazioni fuori dal territorio dello Stato di cui all’art. 7 (VG35/5) + Operazioni non soggette di cui all’art. 74, comma 1, (VG35/6) + Cessioni di beni ammortizzabili e passaggi interni (VG35/4)

Denominatore: Volume d’affari (VE40) + Operazioni fuori dal territorio dello Stato di cui all’art. 7 (VG35/5) + Operazioni non soggette di cui all’art. 74, comma 1 (VG35/6) – Operazioni esenti art. 10,

  1. da 1 a 9, non rientranti nell’attività propria o accessorie ad altre operazioni imponibili (VG35/2) – cessioni esenti di cui all’art. 10, n. 27-quinquies.

Come visto, ai fini Iva, le operazioni relative al Lotto, Enalotto, lotterie, lotterie a premio istantaneo (gratta e vinci), nonché quelle relative all’esercizio dei totalizzatori e delle scommesse (corse dei cavalli) sono esenti da Iva, a norma dell’art. 10, comma 1, punto 6, del d.P.R. n. 633/1972 mentre quelle relative alla vendita di tabacchi, schede telefoniche e biglietti dei trasporti pubblici urbani sono escluse da Iva a norma dell’art. 74 del d.P.R. n. 633/1972 in quanto l’Iva è pagata a monte dall’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato e dai concessionari del servizio (cosiddetto regime monofase).

I componenti positivi di reddito delle operazioni escluse da Iva di cui all’articolo 74, comma 1, del decreto Iva, assoggettate al regime Iva cosiddetto “monofase” (commercio di generi di monopolio, commercio di tabacchi, commercio di schede telefoniche, commercio di giornali eccetera) si devono rilevare giornalmente.

Rivendita di generi di monopolio. Rilevazione degli incassi e relativa registrazione

Come già ampiamente trattato, in relazione al commercio di generi di monopolio, commercio di tabacchi, commercio di schede telefoniche, commercio di giornali, ecc.) ai fini Iva bisogna far riferimento all’art. 74 del d.P.R. n. 633/1972, ove tali operazioni sono soggette al regime monofase.

In base a tale regime vi è l’esclusione ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, conseguentemente non c’è alcun obbligo di emissione dello scontrino fiscale e pertanto dell’annotazione sul registro dei corrispettivi tenuti ai fini dell’Iva. Con tale regime l’Iva viene assolta direttamente alla fonte sul prezzo di vendita al pubblico.

Inoltre le operazioni assoggettate al regime monofase non limitano il diritto alla detrazione dell’imposta anche se esse non sono soggette agli obblighi di fatturazione, registrazione e dichiarazione.

Tale affermazione trova conferma nella c.m. 98/2000 ove tra l’altro viene specificato che in presenza di operazioni esenti non occasionali l’operatore coinvolto nella rivendita dei prodotti in questione

dovrà operare il calcolo del pro rata di detraibilità di cui all’art. 19-bis del d.P.R. n. 633 del 1972 computando le suddette operazioni tra quelle che danno diritto alla detrazione di imposta in base ai dati risultanti dalla propria contabilità aziendale, anche se tali dati non verranno poi evidenziati nella dichiarazione Iva”.

Per quanto attiene ai proventi relativi al lotto e alle lotterie nazionali, si applica il regime di esenzione di cui all’art. 10 del d.P.R. n. 633/1972.

A tale riguardo si deve far riferimento anche alla c.m. 87/E del 21 marzo 1997, che prevede che i proventi di tali operazioni portano a realizzare volume d’affari e comportano il pro rata; tra l’altro non si ha pro rata se formano oggetto dell’attività propria dell’impresa o siano accessorie alle operazioni imponibili.

La soppressione della bolla d’accompagnamento

L’obbligo di emissione della bolla di accompagnamento continua ad avere efficacia, in via eccezionale, relativamente alla circolazione di:

  • tabacchi;
  • fiammiferi;
  • prodotti sottoposti al regime delle accise, alle imposte di consumo o al regime di vigilanza fiscale previsto dalle disposizioni in materia di imposte sulla produzione e sui consumi (oli minerali, alcole, bevande alcoliche, vino, birra, profumerie alcoliche: cfr. artt. 21, 27 e 62 d.lgs. 26 ottobre 1995, n. 504).

Tale eccezione è motivata dal fatto che la normativa nazionale in materia, di armonizzazione di quella comunitaria, postula la vigenza della bolla di accompagnamento.

Si fa presente che anche i tabacchi lavorati ed i fiammiferi sono prodotti soggetti ad accise (dal 1° gennaio 1996, cfr. artt. 1 e 39-bis d.lgs. 26 ottobre 1995, n. 504) ma sono gli unici prodotti di questo genere la cui tassazione non è disciplinata dal Testo unico approvato con il d.lgs. n. 504/1995, recante disposizioni concernenti l’imposizione indiretta sulla produzione e sui consumi.

Per tale motivo il d.P.R. n. 472/1996 distingue i tabacchi ed i fiammiferi dagli altri prodotti.

Per quanto concerne gli oli minerali, l’alcole e le bevande alcoliche, di cui ai predetti articoli del Testo Unico n. 504/1995, il Regolamento CEE n. 2719/92 dell’11 settembre 1992 stabilisce, quando tali prodotti viaggiano in regime sospensivo (cioè non hanno ancora assolto l’imposta), che il trasporto dei medesimi, tra depositi fiscali, deve avvenire previa emissione di un documento amministrativo di accompagnamento, conforme al modello allegato allo stesso regolamento.

Il documento amministrativo può essere sostituito da un documento commerciale che contenga le stesse informazioni richieste per il documento amministrativo.

Il Regolamento CEE n. 3649/92 del 17 dicembre 1992 stabilisce che il trasporto intracomunitario di prodotti soggetti ad accisa e già immessi in consumo in uno Stato membro (cioè che abbiano già corrisposto l’imposta) deve avvenire, tra depositi liberi, previa emissione di un documento di accompagnamento semplificato, conforme al modello allegato al regolamento stesso.

Ai sensi dell’art. 9 del d.m. n. 210/1996, la circolazione all’interno del territorio dello Stato dei prodotti energetici, dell’alcole e delle bevande alcoliche ad accisa assolta avviene con la scorta del documento amministrativo semplificato (DAS), conforme al modello allegato al Regolamento CEE n. 3649/92. Con d.m. n. 67/1999 è stata ammessa per la circolazione intracomunitaria in regime sospensivo dei tabacchi lavorati con accompagnamento oltre che del modello DAA, di carnet Tir oAta ovvero documento amministrativo unico per spedizioni tra stati membri o paesi EFTA.

La circolare ministeriale n. 186/D del 27 giugno 1997, ha precisato che i prodotti contenenti alcool esente da accisa come i prodotti a depositi fiscali o dichiarati per usi esenti non sottostanno all’obbligo di bolla di accompagnamento.

Con nota n. 597 del 16 settembre 1996 del Dipartimento delle dogane è stato chiarito che i prodotti soggetti ad accisa devono essere scortati dalla bolla di accompagnamento anche nei casi in cui la circolazione dei medesimi sia stata esonerata dalla scorta del DAA o del DAS, senza la esplicita previsione di alcun documento sostitutivo, a meno che il trasporto non sia contemporaneamente esonerato anche dall’obbligo di emissione della bolla di accompagnamento, come avviene, ad esempio, per i prodotti alcolici contrassegnati.

I tabacchi ed i fiammiferi viaggiano prevalentemente come prodotti contrassegnati ovvero con bolletta di legittimazione, il che rende superflua, perciò, l’emissione della bolla di accompagnamento.

Imposta di bollo e vendita di generi di monopolio

La nota 2 del comma 1 dell’art. 13 della tariffa allegata al d.P.R. n. 642/1972 (T.U. imposta di bollo) esenta dall’imposta di bollo le fattispecie elencate nel caso in cui la somma sia inferiore a e 77,47, a meno che non si tratti di ricevute rilasciate a saldo per somma inferiore al debito originario o rilasciate per somma indeterminata.

Vi è l’esenzione anche per la quietanza apposta su documenti già assoggettati all’imposta di bollo o esenti, a meno che tale quietanza non venga rilasciata su foglio a parte.

Infatti in tal caso è soggetta – quale documento autonomo – ad altra imposta, indipendentemente da quella corrisposta per il documento cui si riferisce la quietanza.

Infine sono esenti anche le quietanze apposte sulle bollette di vendita dei tabacchi, fiammiferi, valori bollati, valori postali e dei biglietti delle lotterie nazionali.

Verifichiamo, per ciò che ci interessa nella presente trattazione, se la ricevuta rilasciata dai tabaccai per l’acquisto di valori bollati, marche ecc. debba essere o meno soggetta a bollo.

Infatti, l’art. 13 della tariffa “Allegato A” al d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642 elenca tra i documenti soggetti a bollo nella misura fissa di E 1,81, unitamente a fatture, note, conti, ecc., anche le

“… ricevute e quietanze rilasciate dal creditore, o da altri per suo conto, a liberazione totale o parziale di una obbligazione pecuniaria”.

Tuttavia, la nota 2, lett. c), annessa al medesimo art. 13 stabilisce che

“… l’imposta non è dovuta … per le quietanze apposte sulle bollette di vendita dei tabacchi, fiammiferi, valori bollati, valori postali e dei biglietti delle lotterie nazionali”.

Il termine “bollette” utilizzato nella nota si riferisce evidentemente ai soli documenti emessi dall’Amministrazione dei Monopoli nei confronti dei rivenditori di tali beni; è da ritenere che la sua scelta non sia casuale, ma piuttosto indicativa della volontà di circoscrivere solo a questi documenti il beneficio dell’esenzione da bollo.

Per i documenti emessi da privati, infatti, come risulta da diverse risoluzioni ministeriali, non è mai stato utilizzato il termine “bolletta”, ma piuttosto quello di “ricevuta”, “distinta”, ecc.

I soggetti esonerati dall’obbligo della certificazione dei corrispettivi

Già da tempo era stata individuata una vasta categoria di operazioni che non presentava rischi di pericolosità fiscale, o per la particolare tipologia operativa o perché di scarsa rilevanza economica; per le stesse operazioni, fermo restando l’esonero dall’obbligo di emissione della fattura a meno che non fosse richiesta dal cliente, era stato disposto anche l’esonero dall’obbligo della certificazione dei corrispettivi.

Per alcune di esse l’esonero era previsto dalla stessa legge, per altre era stato affidato al Ministero delle finanze il compito di individuare con proprio decreto.

L’art. 2, comma 1, del d.P.R. n. 696/1996, come modificato e integrato dalle disposizioni successive, riproponendo ex novo l’intero elenco delle operazioni e delle categorie esonerate dall’obbligo di certificazione, si è orientato in una triplice direzione:

  • conferma integrale di alcune tipologie già previste dall’art. 12 della l. n. 413/1991 e dal d.m. 21 dicembre 1992;
  • riesame con modifiche e chiarimenti di ipotesi già previste in passato;
  • introduzione di nuovi casi di esclusione dall’obbligo in parola, individuati sulla base di due concorrenti requisiti:
    • marginalità economica dell’attività svolta;
    • scarsa o nulla rilevanza dell’attività medesima agli effetti dei

Si riporta la tavola con una serie di esenzioni dalla certificazione dei corrispettivi tra cui vi sono anche i beni rientranti nell’attività dei rivenditori di generi di monopolio.

OPERAZIONI NON SOGGETTE ALL’OBBLIGO DI CERTIFICAZIONE

Tabacchi – Generi di monopolio Le cessioni di tabacchi e di altri beni commercializzati esclusivamente dall’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato.
Documento di trasporto integrato Le cessioni di beni risultanti dal documento di cui all’art. 21, comma 4, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, se integrato nell’ammontare dei corrispettivi.
Giornali – Libri Le cessioni di giornali quotidiani, di periodici, di supporti integrativi, di libri, con esclusione di quelli d’antiquariato.
Apparecchi automatici Juke box, Video game, Video disco Le cessioni e le prestazioni effettuate mediante apparecchi automatici, funzionanti a gettone o a moneta; le prestazioni rese mediante apparecchi da intrattenimento o divertimento installati in luoghi pubblici o locali aperti al pubblico, ovvero in circoli o associazioni di qualunque specie.
Concorsi pronostici Le operazioni relative ai concorsi pronostici e alle scommesse soggetti all’imposta unica di cui al d.lgs. 23 dicembre 1998, n. 504, e quelle relative ai concorsi pronostici riservati allo Stato, compresa la raccolta delle rispettive giocate.
Operazioni esenti Le cessioni e le prestazioni esenti di cui all’art. 22, comma 1, punto 6, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.
Trasporto pubblico Le prestazioni inerenti e connesse al trasporto pubblico collettivo di persone e di veicoli e bagagli al seguito di cui al comma 1, art. 12, della legge 30 dicembre 1991, n. 413, effettuate dal soggetto esercente l’attività di trasporto.
Cartoline – Souvenir Le cessioni di cartoline e souvenir da parte di venditori ambulanti, privi di strutture motorizzate.
Vendite per corrispondenza Le cessioni di beni poste in essere da soggetti che effettuano vendite per corrispondenza, limitatamente a dette cessioni.
Intrattenimenti Le attrazioni e gli intrattenimenti indicati nella sezione I limitatamente alle piccole e medie attrazioni e alla sezione III dell’elenco delle attività di cui all’art. 4 della legge 18 marzo 1968, n. 337, escluse le attrazioni installate nei parchi permanenti da divertimento di cui all’art. 8 del d.P.R. 21 aprile 1994, n. 394, qualora realizzino un volume d’affari annuo superiore a e 25.822,84 euro

In base alla modifica della lett. d) del comma 1 dell’art. 74 del d.P.R. n. 633/72, operata dall’art. 8, comma 3, del d.lgs. n. 313 del 2 settembre 1997, per la vendita al pubblico e per la ricarica di carte telefoniche prepagate relative a telefoni cellulari, è stata introdotta l’applicazione dell’Iva monofase, con la conseguenza che l’imposta risulta dovuta solo ed unicamente dal titolare della concessione o autorizzazione ad esercitare il servizio, restando tutte le operazioni successive fuori dall’applicazione dell’Iva e dai connessi obblighi formali.

Non è quindi richiesta la certificazione fiscale relativa alla cessione di tali ricariche.

Non sono altresì soggette all’obbligo di documentazione disposto dall’art. 12, primo comma, della legge 30 dicembre 1991, n. 413, in relazione agli adempimenti prescritti, le categorie di contribuenti e le operazioni che, a norma dell’art. 22, secondo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, sono esonerate dall’obbligo di emissione della fattura in virtù dei seguenti decreti del Ministro delle finanze:

  1. d. m. 4 marzo 1976: Associazione italiana della Croce rossa;
  2. d. m. 13 aprile 1978: settore delle telecomunicazioni;
  3. d. m. 20 luglio 1979: enti concessionari di autostrade;
  4. d. m. 2 dicembre 1980: esattori comunali e consorziali;
  5. d. m. 16 dicembre 1980: somministrazione di acqua, gas, energia elettrica e manutenzione degli impianti di fognatura, i cui corrispettivi sono riscossi a mezzo ruoli esattoriali;
  6. d. m. 16 dicembre 1980: somministrazione di acqua, gas, energia elettrica, vapore e teleriscaldamento;
  7. d. m. 22 dicembre 1980: società che esercitano il servizio di traghettamento di automezzi commerciali e privati tra porti nazionali;
  8. d. m. 26 luglio 1985: enti e società di credito e finanziamento;
  9. d. m. 19 settembre 1990: utilizzo di infrastrutture nei porti, autoporti, aeroporti e scali ferroviari di confine.

Accisa

Per accisa si intende una imposta sulla fabbricazione e vendita di prodotti di consumo.

Il termine deriva dal tedesco accijns, che a sua volta deriva dal latino accensare, che significa “tassare”.

È un tributo indiretto che colpisce singole produzioni e singoli consumi.

In Italia le accise più importanti sono quelle relative ai prodotti energetici (precedentemente limitati solo agli oli minerali derivati dal petrolio), all’energia elettrica, gli alcolici e ai tabacchi.

L’accisa è un’imposta che grava sulla quantità dei beni prodotti, a differenza dell’Iva che incide sul valore. Mentre l’Iva è espressa in percentuale del valore del prodotto, l’accisa si esprime in termini di aliquote che sono rapportate all’unità di misura del prodotto.

L’accisa concorre a formare il valore dei prodotti, ciò vuol dire che l’Iva sui prodotti soggetti ad accisa grava anche sulla stessa accisa.

L’armonizzazione delle accise è stato un elemento indispensabile alla corretta instaurazione del mercato unico europeo.

D’altra parte, il gettito legato alle accise è fondamentale per la fiscalità interna dei singoli Stati membri, in quanto costituisce una parte cospicua delle entrate nel bilancio di ogni Paese.

Pertanto, da una parte è stato necessario disciplinare il settore con norme europee applicabili su tutto il territorio dell’Unione, dall’altra è stato lasciato ampio spazio alla sussidiarietà di ogni Stato membro, dal momento che le accise concorrono tradizionalmente alla formulazione di scelte politiche, non solamente in campo tributario, ma anche nei settori industriali, energetico, sanitario, sociale, dei trasporti e dell’agricoltura.

Il grande impatto di questo tipo di fiscalità si rileva considerando che essa colpisce prodotti tipici dell’agricoltura e degli usi alimentari di ogni Paese e prodotti cosiddetti energetici, impiegati nella produzione di beni e servizi di larghissimo consumo quali l’energia elettrica, il gas o i trasporti.

Date le caratteristiche territoriali molto diverse che contraddistinguono i Paesi membri, non è stato possibile giungere ad un’armonizzazione completa, ossia colpire gli stessi prodotti con le stesse aliquote in tutto il territorio dell’Unione Europea, però si è proceduto ad armonizzare le strutture dei tributi nell’ambito di un regime generale valido in ogni Stato membro.

Per i beni soggetti ad accisa, concorre a formare la base imponibile dell’acquisto intracomunitario anche l’ammontare di tale imposta, purché essa sia assolta o sia esigibile in dipendenza dell’acquisto  (art. 43, comma 1, d.l. n. 331/1993).

Costituiscono prodotti soggetti ad accisa l’alcol, le bevande alcoliche, i tabacchi lavorati ed i prodotti energetici, esclusi il gas fornito dal sistema di distribuzione di gas naturale e l’energia elettrica, quali definiti dalle disposizioni comunitarie in vigore (art. 38, comma 4-bis, del d.l. n. 331/1993, introdotto dall’art. 24, comma 7, lett. a), n. 1, della l. n. 88/2009).

Si fa, tuttavia, presente che, in base all’art. 2 par. 3 della direttiva 2006/112/CE, sostituito dall’art. 1 della direttiva 22 dicembre 2009, n. 2009/162/UE, si considerano prodotti soggetti ad accisa i prodotti energetici, l’alcol e le bevande alcoliche e i tabacchi lavorati, quali definiti dalle disposizioni comunitarie in vigore, ma non il gas fornito mediante un sistema del gas naturale situato nel territorio della Comunità o una rete connessa a un siffatto sistema.

Per ciò che concerne i tabacchi, i prodotti in commercio vengono distinti, ai fini impositivi, nelle seguenti categorie:

  • le sigarette;
  • i sigari ed i sigaretti;
  • il tabacco da fumo trinciato;
  • il tabacco da fiuto e da mastico.

Tali prodotti, accomunati nella più generale categoria dei tabacchi lavorati, sono gravati da diverse imposte:

  • l’Iva, che è pari al 21% del prezzo di vendita al pubblico al netto dell’Iva stessa;
  • l’imposta di consumo, più comunemente detta accisa, correlata al prezzo di vendita al pubblico, varia in relazione alla categoria del prodotto.

Le aliquote di base per il calcolo dell’accisa sono le seguenti:

  • sigarette 58,5%;
  • sigari e sigaretti 23%;
  • tabacco da fumo trinciato 56%;
  • tabacco da fiuto e da mastico 24,78%.

Il dazio si applica solo qualora i prodotti provengano da paesi situati fuori dall’UE.

Possiamo quindi dire che il prezzo finale di vendita al pubblico di un prodotto risulta dalla somma di più componenti, quelle fiscali sopraccitate alle quali si aggiungono l’aggio del rivenditore, nella misura fissa del 10% del prezzo, e la quota di spettanza del produttore.

ESEMPIO:

Se consideriamo, per le sigarette, un prezzo pari a 100 avremo, con i valori arrotondati, che:

  • 58,5 verranno versate nelle casse dell’erario a titolo di accisa;
  • 17,36 andranno, ugualmente, allo Stato per il pagamento dell’Iva;
  • 10 ricompenseranno il rivenditore;
  • 14,14 costituiranno l’incasso per il produttore.

Come si può evincere, lo Stato interviene in modo deciso sui tabacchi lavorati, penalizzandone il consumo con una tassazione che è pari al 75,86% del prezzo finale.

Il comma 3 dell’art. 2 del d.l. n. 138/2011 prevede che il Ministero dell’economia e delle finanze- Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, con propri decreti dirigenziali adottati entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, emana tutte le disposizioni in materia di giochi pubblici utili al fine di assicurare maggiori entrate, potendo tra l’altro introdurre nuovi giochi, indire nuove lotterie, anche ad estrazione istantanea, adottare nuove modalità di gioco del Lotto, nonché dei giochi numerici a totalizzazione nazionale, variare l’assegnazione della percentuale della posta di gioco a montepremi ovvero a vincite in denaro, la misura del prelievo erariale unico, nonché la percentuale del compenso per le attività di gestione ovvero per quella dei punti vendita.

Il Direttore generale dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato può proporre al Ministro dell’economia e delle finanze di disporre con propri decreti, entro il 30 giugno 2012, tenuto anche conto dei provvedimenti di variazione delle tariffe dei prezzi di vendita al pubblico dei tabacchi lavorati eventualmente intervenuti, l’aumento dell’aliquota di base dell’accisa sui tabacchi lavorati prevista dall’allegato I al d.lgs. 26 ottobre 1995, n. 504 e successive modificazioni.

Si fa presente che l’aumento delle accise sulle sigarette può portare a “fenomeni elusivi” come il ricorso a prodotti di contrabbando. Infatti, i tecnici del servizio Bilancio, nel dossier sulla Manovra, osservano che innalzare l’accise

oltre un certo limite espone maggiormente, vista la relativa rigidità del consumo di tabacchi, al rischio di fenomeni elusivi come ricorso ai mercati di contrabbando o il trasferimento dei consumi frontalieri verso altri Stati dell’Unione europea in cui il prezzo delle sigarette è più basso”. Sul capitolo giochi, invece, nel dossier si legge che “negli ultimi anni si è fatto ricorso reiteratamente all’introduzione di norme in materia di giochi volte a garantire maggiori entrate”,

compresa la Manovra finanziaria di luglio

(d.l. 6 luglio 2011, n. 98, convertito in legge 15 luglio 2011, n. 111).

Giugno 2014

(A cura di De Feo Ernesto – Giordano Salvatore).

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