La distinzione fra processo verbale di accesso e constatazione

in caso di accertamento anticipato, le norme a tutela del contribuente previste per il PVC si applicano anche se il Fisco agisce solo dopo aver verbalizzato l’accesso

Con la sentenza n. 2593 del 5 febbraio 2014 (ud. 12 dicembre 2013) la Corte di Cassazione estende al processo verbale di accesso e richiestadocumenti le garanzie proprie previste dall’art. 12, c. 7, della L. n. 212/2000, per il processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo.

Il principio espresso

In apertura, i giudici di Piazza Cavour, richiamano il pronunciamento a SS.UU. (n. 18184/2013) che ha risolto il conflitto insorto nella sez. 5, “nel senso di stabilire che il mancato rispetto del termine dilatorio di giorni sessanta fissato alla L. n. 212, art. 12, comma 7, cit. debba comportare nullità dell’avviso. E che sola scriminante prevista sia quella dell’urgenza, questa peraltro da valutarsi in concreto e non bastando una motivazione semplicemente formale della stessa (Cass. sez. un. n. 18184 del 2013)”. Le stesse SS.UU. hanno ancora chiarito – “che nella sostanza hanno ricavato la nullità in parola considerando che la violazione del termine dilatorio in discorso realizzerebbe un modello procedimentale difforme da quello legale – in assenza d’un’espressa previsione di nullità ‘spetta all’interprete il compito di delineare l’oggetto e i confini di una ipotesi di invalidità introdotta in via ermeneutica’“.

Ed in particolare, la Corte ritiene che, con specifico riferimento all’ampiezza oggettiva della fattispecie di cui alla L. n. 212, art. 12, c. 7, “la nullità di che trattasi non sia limitata alla sola verifica da concludersi con sottoscrizione e consegna del processo verbale di constatazione e bensì comprenda pure l’accesso in quanto anche questo è da concludersi con sottoscrizione e consegna del processo verbale delle operazioni svolte e ciò secondo le prescrizioni contenute al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 52, comma 6, ovvero al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 33 (Cass. sez. trib. n. 20770 del 2013)”.

 

Brevi note

La sentenza che si annota si pone sulla scia di un precedente pronunciamento (sentenza n. 20770/2013, peraltro richiamato), con cui la Corte di Cassazione ha affermato che occorre attendere i 60 giorni previsti dall’art. 12, c. 7, L. n. 212/2000, anche nelle ipotesi in cui i funzionari del Fisco eseguono un accesso presso i locali aziendali anche solo per ritirare documenti, atteso che va redatto un processo verbale di accesso e delle operazioni compiute. Infatti, a norma dell’art. 52, comma 6, del D.P.R. n. 633 del 1972, “di ogni accesso deve essere redatto processo verbale da cui risultino le ispezioni e le rilevazioni eseguite, le richieste fatte al contribuente o a chi lo rappresenta e le risposte ricevute. Il verbale deve essere sottoscritto dal contribuente o da chi lo rappresenta ovvero indicare il motivo della mancata sottoscrizione. Il contribuente ha diritto di averne copia”. E nel caso della pronuncia n.20770/2013, “ non risulta redatto il verbale previsto dalla norma sopra indicata e, conseguentemente, la ricorrente lamenta di non aver potuto esercitare la facoltà prevista dall’art. 12, comma 7, della L. n. 212 del 2000, di presentare osservazioni e richieste esercitando così la facoltà di interloquire con la Pubblica Amministrazione e rendere effettivo il principio del contraddittorio già nella fase antecedente a quella giurisdizionale. Occorre osservare che nel processo verbale dell’accesso non devono necessariamente essere formulati i rilievi o gli addebiti, essendo finalizzata tale fase del procedimento all’acquisizione di dati, elementi, notizie, utilizzati dall’ufficio ai fini della emanazione dell’avviso e pertanto la mancata redazione di processo verbale dell’attività effettuata dall’Ufficio non è giustificata dal fatto che in sede di verifica e di accesso presso i locali aziendali non era stata svolta alcuna attività istruttoria ma una mera richiesta di documentazione al contribuente”.

 

La Corte, nella sentenza n. 20770/2013, fa presente che sulla medesima questione va registrato un pronunciamento con cui si è espressa per la necessità della redazione del processo verbale anche in mancanza di indagini istruttorie e di accesso finalizzato al solo reperimento di documentazione: “In tema di IVA, qualora ai fini dell’accertamento dell’imposta sia stato effettuato un accesso nei locali destinati all’esercizio dell’attività o negli altri luoghi indicati dall’art. 52 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, i funzionari che hanno proceduto sono tenuti a redigere processo verbale secondo le indicazioni contenute nel comma sesto del medesimo art. 52, che non prescrive affatto, tantomeno a pena di nullità, che nello stesso debbano essere formulati rilievi o addebiti, essendo tale fase del procedimento finalizzata soltanto all’acquisizione di dati, elementi, notizie, successivamente utilizzabili dall’Amministrazione per l’emanazione dell’eventuale avviso di accertamento” (Sez. 5, Sentenza n. 10381 del 12/5/2011). Conclude, quindi, la Corte che “ nella specie pertanto non poteva essere emesso avviso di accertamento”.

Come è noto, l’art. 12, c. 7, L. n. 212/2000, prevede che, “nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza”.

 

La norma, quindi, si riferisce espressamente al “processo verbale di chiusura delle operazioni”, cioè al processo verbale di constatazione, primo atto che assume effetti nei confronti del contribuente.

Il potere di verifica è certamente quello più importante fra quelli attribuiti agli uffici operativi, in quanto incide maggiormente sulle libertà, costituzionalmente garantite, della persona e del domicilio, e che per il contribuente-verificato, si concretizzano in obblighi di “pati”, che proprio in ragione della particolare vis cogente, sono soggetti a particolari limitazioni.

 

Con il termine “accesso” si suole indicare semplicemente e solamente l’ingresso dei verificatori nei locali ove il contribuente svolge la propria attività, ovvero nei casi e nei modi tassativamente previsti dalla legge, presso l’abitazione del contribuente, ovvero presso il soggetto depositario delle scritture contabili.

Nella prassi quotidiana degli uffici, il termine “accesso” è utilizzato per indicare una “visita di breve durata” presso il contribuente, e più precisamente nel luogo ove sono tenute le sue scritture contabili, poiché questa modalità istruttoria è comunemente utilizzata per effettuare riscontri e controlli riguardanti “conti” specifici o comunque circostanze ben determinate (in pratica l’accesso “breve” sostituisce il questionario in quanto rende più agevole, spedito e snello il controllo).

L’ispezione consiste essenzialmente nell’effettuazione di indagini documentali con particolare riguardo ai documenti e scritture contabili obbligatorie, al fine di controllarne sia la regolarità formale sia di riscontrarne i fatti e le situazioni realmente accaduti nell’attività economica. Essa interessa, quindi, sia il controllo formale che sostanziale.

Con il termine verifica, l’art. 52 del D.P.R. n. 633/1972, invece, vuole riferirsi ad ogni altra attività di ricerca e di controllo. In particolare, la ricerca si sostanzia in una serie di attività dirette a reperire materialmente gli elementi (libri, registri e documenti) necessari per eseguire le ispezioni documentali e le verifiche.

 

Il termine “verifica”, nella prassi, è utilizzato per indicare l’analisi contabile ed extracontabile dell’attività del contribuente e comporta una permanenza, più o meno lunga dei verificatori, presso il contribuente. In questo caso, dunque, il concetto di verifica assorbe e riassume l’accesso e l’ispezione documentale.

E’ definita, dalla circolare del Comando Generale 20.10.1998 n. 1/360000, “una indagine di polizia amministrativa finalizzata a: prevenire, ricercare e reprimere le violazioni alle norme tributarie e finanziarie; qualificare e quantificare la capacità contributiva del soggetto che ad essa viene sottoposto”.Essa può essere eseguita nei confronti di qualunque persona fisica o giuridica o società di persone o ente che abbia posto in essere attività in relazione alle quali le norme tributarie o finanziarie pongono obblighi o divieti la cui inosservanza è sanzionata in via amministrativa e/o penale.

A nostro avviso, quindi, è un’interpretazione estensiva quella con cui la Corte estende le garanzie previste dall’art. 12, c. 7, della L. n. 212/2000, al processo di verbale di accesso e richiesta documenti, con indicazione delle operazioni svolte, quando la norma vuole riferirsi al processo verbale di chiusura delle operazioni, sulla base di ulteriori pronunce che sembrano più investire la questione dell’utilizzabilità della documentazione non acquisita legittimamente.

2 aprile 2014

Gianfranco Antico