Scioglimento di società di persone e plusvalenze per i soci

La mancata ricostituzione della pluralità dei soci nelle società di persone non dà sempre luogo all’emersione di plusvalenze imponibili per i soci in sede di scioglimento della società.

Può essere causa di estinzione del rapporto societario nelle società di persone, oltre all’esercizio del diritto di recesso, anche la fattispecie dell’esclusione di cui agli artt. 2286 e 2288 c.c. e del decesso del socio: in tal caso, vi è l’obbligo in capo ai soci superstiti di procedere, alternativamente, allo scioglimento della società, ovvero alla liquidazione della quota agli eredi, se lo statuto non acconsenta alla prosecuzione dell’attività sociale con quest’ultimi.

Qualora, al verificarsi delle suddette ipotesi, venga anche meno la pluralità dei soci, potrebbe verificarsi, a norma dell’art. 2272 n. 4, c.c., una causa di scioglimento:

“la società si scioglie quando viene a mancare la pluralità dei soci, se nel termine di sei mesi questa non è stata ricostituita”.

Pertanto, affinché non si verifichi lo scioglimento societario, è necessario che entro il termine di sei mesi, il socio superstite provveda alla ricostituzione della pluralità dei soci.

Da un punto di vista prettamente operativo accade che, nel semestre successivo al venir meno della pluralità dei soci, la società non subisce alcun mutamento funzionale e il socio non subisce alcuna limitazione dei poteri gestori: egli potrà, infatti, dopo aver liquidato la quota del socio uscente, attivarsi per la ricostituzione della pluralità richiesta dalla norma (attraverso una cessione di parte della sua partecipazione o un aumento di capitale sociale da far sottoscrivere ad un terzo), ovvero, in alternativa, potrà decidere lo scioglimento anticipato della società nominando un liquidatore.

Decorsi sei mesi senza che la pluralità dei soci sia stata ricostituita, la società si scioglie, senza che, a tal fine, sia necessaria un’espressa decisione dei soci. È necessaria, invece, la nomina di uno o più liquidatori, i quali non potranno intraprendere nuove azioni, ma saranno tenuti soltanto a definire i rapporti giuridici con i terzi e ripartire l’eventuale residuo attivo.

Potrebbe accadere, peraltro, che la ricostruzione della pluralità dei soci avvenga successivamente al termine del semestre previsto dalla norma, ovvero durante il periodo di scioglimento e liquidazione della società: al ricorrere di tale particolare ipotesi, la ricostituzione della pluralità dei soci comporterebbe, soltanto, la revoca implicita dello stato di liquidazione atteso che è sempre possibile ricostituire la pluralità dei soci, fino a quando la società non sia stata cancellata dal registro delle imprese.

Una particolare disciplina è prevista, invece, nel caso in cui il socio superstite, che non abbia ricostituito la pluralità dei soci nel termine di sei mesi, continui a svolgere l’attività senza dare inizio alla fase di liquidazione. Secondo alcuni autori della dottrina tale fattispecie è da ritenersi inammissibile, atteso che il contratto di società di persone deve avere almeno due contraenti.

Per altri autori, invece, la pluralità dei soci costituirebbe soltanto un requisito essenziale per la costituzione della società, ma non per la sua prosecuzione: in buona sostanza, la società rimarrà comunque unipersonale a tempo indeterminato e il socio amministratore risponderà illimitatamente e solidalmente per le obbligazioni contratte nell’esercizio d’impresa.

Ciò nonostante, un limite alla prosecuzione dell’attività di impresa da parte dell’unico socio potrebbe rinvenirsi all’interno del D.P.R. 23.7.2004, n. 247 in tema di semplificazione del procedimento relativo alla cancellazione di imprese e società non più operative dal registro delle imprese: l’art. 3 del predetto decreto prevede, infatti, la cancellazione d’ufficio dal registro delle imprese se viene accertato il ricorrere di determinate circostanze, tra le quali è annoverata anche la mancata ricostituzione della pluralità dei soci nel termine di sei mesi.

La cancellazione è tuttavia preceduta da un atto di interpello rivolto agli amministratori della società, invitati o a comunicare l’avvenuto scioglimento della società o a dimostrare la persistenza dell’attività sociale.

Spetta, in ogni caso, al Presidente del Tribunale, sulla base delle risultanze, nominare un liquidatore, ovvero disporre la cancellazione della società dal registro delle imprese. Nulla toglie all’unico socio superstite di deliberare, a norma dell’art. 2500-ter, c.c., la trasformazione progressiva in società di capitali: la trasformazione in società unipersonale rappresenta, infatti, la modalità attraverso la quale è possibile eliminare la causa di scioglimento e revocare implicitamente lo stato di liquidazione.

Da un punto di vista prettamente fiscale, invece, lo scioglimento di una società di persone (per effetto della mancata ricostituzione della pluralità dei soci entro i sei mesi) non dà luogo all’emersione di plusvalenze imponibili, a condizione che il socio superstite continui l’attività sotto forma di impresa individuale e mantenga inalterati i valori fiscalmente riconosciuti dei beni (C.M. n. 54/E del 19.6.2002). In tale circostanza, infatti, le plusvalenze latenti risulteranno imponibili soltanto al momento della successiva cessione dei beni, o della loro destinazione a finalità extra-impresa, da parte del socio superstite.

Per quanto concerne, invece, gli adempimenti dichiarativi, la società di persone è tenuta a presentare la dichiarazione dei redditi per l’ultimo periodo di imposta chiuso allo scadere del sesto mese utile per la ricostituzione della pluralità dei soci, utilizzando il modello UNICO SP.

Specularmente, nell’anno in cui si ha lo scioglimento della società, il socio superstite che prosegue l’attività in qualità di imprenditore individuale dichiara il reddito d’impresa prodotto nel residuo periodo utilizzando il modello UNICO PF (quadri RF o RG).

Quanto alle imposte indirette, secondo quanto è stato evidenziato nella recente circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 18/E del 29.5.2013, se viene a sciogliersi una società con un solo socio, deve essere effettuata la liquidazione, a conclusione della quale il residuo patrimonio sociale dovrà essere assegnato al socio superstite. L’assegnazione in parola avrà per oggetto l’intero complesso aziendale facente capo alla società in liquidazione.

 

11 novembre 2013

Sandro Cerato