La trasformazione progressiva di una società di persone in società di capitali non determina, di per sé, la liberazione degli ex soci illimitatamente responsabili dai debiti sorti prima dell’operazione
L’art. 2500-quinquies c.c. stabilisce che la trasformazione non libera i soci per le obbligazioni anteriori se non risulta il consenso del creditore sociale; mentre il secondo comma tipizza l’unica ipotesi di consenso presunto, subordinandola a un preciso adempimento formale. Il meccanismo opera solo se la società trasformanda ha comunicato la deliberazione di trasformazione per raccomandata o con altri mezzi idonei a garantire la prova dell’avvenuto ricevimento, e se il creditore, entro sessanta giorni, non ha manifestato un diniego espresso.
Fuori da questo perimetro non vi è spazio per presunzioni di fatto, né la conoscenza “aliunde” della trasformazione (ad esempio, l’intestazione di fatture alla società già trasformata), né la pubblicità legale dell’operazione nel registro delle imprese, né altre forme di notorietà possono sostituire la comunicazione tipica richiesta dalla norma. Il consenso del creditore, necessario per liberare gli ex soci, è dunque un atto unilaterale recettizio che la legge collega a un preciso iter notificatorio; in assenza di tale comunicazione la presunzione legale non si attiva e i soci rimangono solidalmente obbligati per le passività pregresse.
Tale lettura, che la Suprema Corte qualifica come interpretazione restrittiva e non analogicamente estendibile, conferma un orientamento già affermato in precedenti arresti (Cass. 29745/2020; 13772/2021; 11040/2022; 17473/2023) e ora ribadito con chiarezza, la tutela del creditore passa attraverso la forma della comunicazione, non attraverso mere circostanze fattuali o pubblicità societaria.
Il caso deciso e la questione giuridica: trasformazione da S.n.c. a S.c.a.r.l.
La pronuncia in commento trae origine da una controversia insorta in materia di locazioni commerciali. La società s.n.c., in origine conduttrice di un immobile, nel corso del rapporto di sublocazione deliberava la propria trasformazione omogenea progressiva in s.c.a.r.l., mutando la veste giuridica da società di persone a società consortile a responsabilità limitata ma conservando continuità soggettiva. Dopo la trasformazione, la nuova compagine non adempiva regolarmente ai canoni dovuti alla sublocatrice società S.p.A., che otteneva un decreto ingiuntivo nei confronti non solo della società, ma anche dei tre ex soci illimitatamente responsabili ai sensi della disciplina codicistica sulla responsabilità post-trasformazione.
I soci proponevano opposizione al decreto ingiuntivo emesso, negando di dover rispondere dei debiti sorti dopo il perfezionamento della trasformazione. Il giudice di primo g