Novità del "decreto del Fare": nuove modifiche in materia di concordato preventivo in bianco

ecco un sunto delle principali novità inserite nella gestione delle procedure di concordato preventivo in bianco: il nuovo ruolo del commissario giudiziale, gli obblighi informativi, l’elenco dei creditori

Come già commentato su queste colonne, per effetto delle novità apportate dal DL 83/2012, l’imprenditore può anticipare la risoluzione del suo stato di crisi, depositando solo il ricorso contenente la domanda di concordato, unitamente ai bilanci relativi agli ultimi tre esercizi, riservandosi di presentare la proposta, il piano e la documentazione prescritta, entro un termine fissato dal giudice, compreso tra 60 e 120 giorni (prorogabile, in presenza di giustificati motivi, per un periodo non superiore a 60 giorni): termine ridotto, peraltro, a 60 giorni, prorogabile di non oltre 60 giorni, in pendenza di procedimento per la dichiarazione di fallimento. Nel medesimo termine, viene riconosciuta al debitore la facoltà di presentare, in alternativa e con conservazione, sino all’omologazione, degli effetti prodotti dal ricorso, un’istanza per l’omologazione di un accordo per la ristrutturazione dei debiti, raggiunto con un numero di creditori rappresentanti almeno il 60,00% delle proprie passività (art. 182-bis c. 1 L.F.).

Su tale impianto normativo è intervenuto, l’art. 82 del DL 21 giugno 2013 n. 69 (il c.d. decreto “Fare”), pubblicato sul Supplemento Ordinario n. 50 della Gazzetta Ufficiale n. 144 del 21 giugno 2013 e in vigore dal giorno successivo.

Una delle novità apportate concerne l’obbligo per il debitore di presentare, unitamente al ricorso per concordato con riserva ( o in bianco), anche l’elenco nominativo dei creditori, con l’indicazione dei rispettivi crediti senza fare menzione, però, delle clausole di prelazione spettanti ai suddetti creditori: tale precisazione, infatti, dovrà essere comunicata solo al termine del periodo concesso dal Tribunale per il perfezionamento della proposta ed il deposito della documentazione prescritta. Peraltro, a dispetto di quanto previsto dalla previgente formulazione della disposizione, è, ora, riconosciuto al Tribunale, il potere di nominare, sempre in sede di decreto di fissazione del termine per il deposito della predetta documentazione, il Commissario Giudiziale, rispetto al quale il debitore è obbligato a tenere a disposizione i libri contabili.

Sul punto, però, è opportuno precisare che, in numerosi Tribunali Italiani, era di prassi, già in sede di presentazione del ricorso di concordato in bianco, nominare un professionista (ausiliario del Tribunale) con il compito di verificare il rispetto dei termini e le condizioni del ricorso, qualora il debitore avesse proposto, appunto, un concordato con riserva. Con la modifica in esame viene, di fatto, ufficializzato il ruolo del predetto ausiliario del Tribunale, individuando lo stesso nella figura del Commissario Giudiziale.

La norma però, a parere di chi scrive, appare lacunosa poiché non disciplina la sorte del Commissario Giudiziale allorquando il debitore, al termine concesso dal tribunale, anziché proporre una proposta di concordato, formuli un’istanza per l’omologazione di un accordo per la ristrutturazione dei debiti, ai sensi dell’art. 182-bis, c. 1, L.F.; accordo che, a dispetto della procedura concordataria, non necessita della nomina del Commissario Giudiziale. Al verificarsi di tale ultima ipotesi e per effetto della presentazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, si ritiene che il Commissario Giudiziale cessi dalle sue funzioni e il compenso per l’attività prestata in favore della procedura, in assenza di un deposito giudiziale richiesto al debitore in sede di presentazione del ricorso, debba essere considerato quale credito prededucibile, in sede di predisposizione dell’accordo di ristrutturazione in parola.

Viene apportata, inoltre, un’integrazione alla normativa di cui all’art. 161, c. 7, L.F., riguardante il compimento, dopo il deposito del ricorso della domanda di concordato preventivo, e sino al decreto di eventuale ammissione, di atti urgenti di straordinaria amministrazione. In buona sostanza, viene introdotto l’obbligo di acquisire anche il parere del commissario giudiziale, ai fini del rilascio dell’autorizzazione per l’esecuzione dei predetti atti. Si rammenta che gli atti di straordinaria amministrazione (così come quelli afferenti la gestione ordinaria), se autorizzati dal Giudice, possono dare luogo a crediti prededucibili, e non sono assoggettabili, nel caso di successiva dichiarazione dello stato di insolvenza, ad azione revocatoria fallimentare (art. 67 c. 3 lett. e L.F.).

Il decreto “Fare” riformula, inoltre, l’art. 161, c. 8, L.F., nella parte in cui viene stabilito che il debitore deposita, con frequenza mensile, una situazione finanziaria dell’impresa, che il cancelliere provvede, poi, a pubblicare, entro il giorno successivo, presso il registro delle imprese: l’inosservanza di tali doveri comporta, peraltro, l’applicabilità dell’art. 162, cc. 2 e 3, L.F., ovvero la domanda può essere dichiarata inammissibile e se pendenti istanze di fallimento dei creditori o del pubblico ministero il debitore inadempiente può essere assoggettato a fallimento.

Un’ultima novità è rappresenta dalla previsione secondo cui, quando risulta che l’attività compiuta dal debitore è manifestamente inidonea alla predisposizione del piano e della proposta, il tribunale, anche d’ufficio, sentito il debitore e, se nominato, il commissario giudiziale, abbrevia il termine fissato per il deposito differito della documentazione.

 

4 luglio 2013

Sandro Cerato