Il contenuto minimo della domanda di concordato con riserva

il concordato in bianco è di gran moda! Occorre, tuttavia, prestare attenzione alla documentazione minima necessaria per essere ammessi alla fase di protezione prevista dalla “nuova” Legge Fallimentare

L’art. 33 del D.L. 22 giugno 2012, n. 83 ha apportato importanti novità alla Legge Fallimentare, con particolare attenzione alle soluzioni concordatarie della crisi d’impresa, privilegiandone la continuità aziendale. Alcune delle predette novità sono state meglio esplicitate dall’Associazione Italiana delle s.p.a all’interno di un proprio documento informativo (Circolare Assomine n. 4 del 7 febbraio 2013). Uno degli argomenti trattati dalla predetta circolare concerne le novità in materia di domanda di pre-concordato preventivo, ovvero della facoltà concessa al debitore di presentare la c.d. domanda di concordato in bianco o con riserva, prevista al comma 6 del novellato art. 161 L.F.: tale disposizione permette, infatti, al debitore, di “depositare il ricorso contenente la domanda di concordato unitamente ai bilanci relativi agli ultimi tre esercizi, riservandosi di presentare la proposta, il piano e la relativa documentazione entro il termine fissato dal giudice, compreso tra 60 e 120 giorni, prorogabile – in presenza di giustificati motivi – di non oltre 60 giorni.

E’ altresì previsto che, quando pende il procedimento per la dichiarazione di fallimento, il predetto termine (60 e 120 giorni, prorogabile non oltre 60 giorni) è di 60 giorni, prorogabili – in presenza di giustificati motivi – di non oltre 60 giorni. Sul punto, si rammenta che, nel termine assegnato dal tribunale, per il deposito della proposta, del piano e della documentazione, il debitore – legittimato a compiere gli atti di ordinaria amministrazione, e quelli urgenti straordinari autorizzati dal giudice – è libero di effettuare una valutazione differente e, anziché proporre un concordato preventivo, depositare un’istanza per l’omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti raggiunto con i creditori rappresentanti almeno il 60% delle proprie passività (art. 182-bis, co. 1, del L.F.).

Ritornando al contenuto minimo obbligatorio della domanda di pre concordato, Assonime identifica i seguenti elementi:

  • la sottoscrizione del debitore, ovvero del soggetto munito dei relativi poteri. Sul punto, vale la pena precisare che il Tribunale di Milano (Linee guida del 20 settembre 2012) ha ritenuto imprescindibile, ai fini della sottoscrizione della predetta domanda, l’assistenza di un legale, trattandosi di domanda formulata con ricorso;

  • l’indicazione dell’ufficio giudiziario competente, che deve essere quello del luogo in cui il debitore ha la sede principale dell’impresa – non necessariamente quella legale, se diversa da quella operativa, ovvero dal centro decisionale – a nulla rilevando eventuali trasferimenti intervenuti nell’anno precedente;

  • la formale domanda di apertura della procedura di concordato preventivo, e la richiesta della fissazione di un termine per il completamento della stessa e, quindi, per il deposito del piano, della proposta e della documentazione.

Peraltro, il Consiglio nazionale del Notariato (Studio del 19.2.2013 n. 100-2013/I) ha ribadito, anche, l’obbligatorietà dell’assistenza notarile per la domanda di concordato con riserva: se la società decide di ricorrere alla domanda di concordato in bianco ha, dunque, l’obbligo di allegare, depositare e iscrivere nel Registro delle imprese, il verbale redatto dal notaio, attestante l’avvenuta deliberazione della domanda di concordato. In ogni caso, comunque, la protezione del patrimonio del debitore interverrà, a partire dalla pubblicazione, a cura del cancelliere, della domanda di concordato nel competente Registro delle imprese entro il giorno successivo al deposito della stessa in cancelleria: a decorrere da tale momento e sino all’omologazione, trova applicazione, in capo ai creditori, il divieto di iniziare azioni esecutive o cautelari sui beni del debitore.

Alla domanda di pre concordato devono, inoltre, essere allegati, come sopra anticipato, i bilanci degli ultimi tre esercizi, al fine di permettere al tribunale adito di verificare la sussistenza dei presupposti dimensionali di fallibilità dell’impresa (art. 1 L.F.). Al riguardo, è opportuno precisare che l’imprenditore commerciale privato può essere considerato soggetto fallibile allorquando presenta passività (comprese quelle scadute) di ammontare almeno pari ad € 500.000, ovvero in un periodo amministrativo dell’ultimo triennio ha superato almeno uno dei seguenti parametri dimensionali: € 300.000 di attivo patrimoniale, ovvero € 200.000 di ricavi lordi.

Assonime ritiene, inoltre, che, nella domanda di concordato con riserva, il debitore possa fare a meno di indicare una bozza di piano concordatario che intenderà proporre successivamente al deposito della domanda: tale orientamento trova la propria giustificazione, infatti, nella finalità delle novellate disposizioni, finalizzate (nell’interesse del ceto creditorio) a sottoporre l’impresa in crisi al controllo dell’autorità giudiziaria prima di quanto altrimenti possibile per presentare una documentazione completa.

Ad ogni modo, è necessario che, nella domanda di pre concordato, vengano comunque fornite alcune indicazioni di massima circa la tipologia di concordato che il debitore intende proporre (cessio bonurum o con continuità) oppure di tutti quegli atti che si intendono compiere in sua esecuzione, seppure non vincolanti: tali informazioni sono, infatti, strumentali alla valutazione che il giudice dovrà operare in ordine alla fissazione del termine per il deposito del piano, della proposta e della relativa documentazione, soprattutto nei casi in cui sia richiesto un termine superiore al minimo dei 60 giorni.

 

20 maggio 2013

Sandro Cerato