Accertamento con adesione: inoppugnabile e immodificabile

l’accertamento con adesione non può essere impugnato, integrato o modificato: pertanto il Fisco non può legittimamente pretendere di modificare il maggiore imponibile definito (e gli altri elementi sui quali si è formato l’accordo), anche nel caso in cui tale modifica sia motivata dalla presenza di un errore materiale.

accertamento con adesione non impugnabileL’accertamento con adesione non può essere impugnato, integrato o modificato. Questa “irretrattabilità” rende inammissibile l’impugnazione del diniego di rimborso chiesto dal contribuente, in seguito alla scoperta di documenti “nuovi”, mentre l’Amministrazione Finanziaria non può legittimamente pretendere di modificare il maggiore imponibile definito (e gli altri elementi sui quali si è formato l’accordo), anche nel caso in cui tale modifica sia motivata dalla presenza di un “errore materiale”.

È quanto emerge dalla più recente giurisprudenza in tema di accertamento con adesione, in particolare dall’ordinanza 7 novembre 2012, n. 19220, della Corte di Cassazione.

Accertamento con adesione: brevi cenni sull’istituto

accertamento con adesioneL’accertamento con adesione, di cui al D.Lgs. n. 218 del 1997, è un istituto deflattivo del contenzioso tributario che consente al contribuente di definire le imposte dovute, beneficiando della riduzione delle sanzioni amministrative, che saranno dovute nella misura di 1/3 del minimo previsto dalla legge.

Per i fatti accertati, che configurano anche la responsabilità penale del contribuente, il perfezionamento dell’adesione con il pagamento delle somme dovute prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado costituisce invece una circostanza attenuante.

L’effetto “premiale” si concretizza nell’abbattimento fino alla metà delle sanzioni penali previste e nella non applicazione delle sanzioni accessorie.

Inoltre, in caso di sequestro preventivo, finalizzato alla “confisca per equivalente”, l’accoglimento da parte dell’Agenzia delle Entrate della proposta di accertamento con adesione formulata dall’indagato e basata su un diverso calcolo dell’ammontare dell’imposta evasa, pur non facendo venir meno il reato tributario, assume rilievo al fine di una riduzione della somma sottoposta a vincolo, in considerazione del principio di corrispondenza tra l’entità del profitto e il “quantum” del sequestro “per equivalente” (Cass. Pen. sent. n. 45847 del 26 novembre 2012).

L’accordo (o concordato) tra contribuente e Fisco riguarda tutte le più importanti imposte dirette e indirette e può essere raggiunto sia prima dell’emissione di un avviso di accertamento che dopo, sempre che il contribuente rinunci a radicare il contenzioso davanti al giudice tributario.

La procedura può essere attivata tanto dal contribuente quanto dall’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate nella cui circoscrizione territoriale il contribuente ha il domicilio fiscale.

 

Procedimento dell’accertamento con adesione

Su iniziativa dell’Ufficio: tramite invito a comparire.

L’invito ha carattere informativo e reca l’indicazione dei periodi d’imposta suscettibili di accertamento, il giorno e il luogo dell’appuntamento, nonché gli elementi rilevanti ai fini dell’accertamento.

Se il contribuente non aderisce all’invito, non potrà in seguito ricorrere a tale istituto per gli stessi elementi e per i periodi d’imposta indicati nell’invito.

 

Su iniziativa del contribuente: tramite presentazione di una domanda in carta libera in cui si chiede all’Ufficio di formulare una proposta di accertamento per un’eventuale definizione.

La domanda può essere inoltrata, mediante consegna diretta o a mezzo posta: prima di aver ricevuto la notifica di un atto di accertamento non preceduto da un invito a comparire;
dopo aver ricevuto la notifica di un atto impositivo non preceduto da invito a comparire, ma solo fino al momento in cui non scadono i termini per la proposizione dell’eventuale ricorso in CTP (60 giorni dalla notifica dell’atto impositivo).

Entro 15 giorni dal ricevimento della domanda, l’Ufficio formula al contribuente, anche telefonicamente, l’invito a comparire.

Perfezionamento (definizione rapporto tributario)

Una volta raggiunto l’accordo:

La procedura si perfeziona con il pagamento delle somme risultanti dall’accordo, che è sottoscritto da entrambe le parti.

Il contribuente può scegliere di effettuare il pagamento:

in unica soluzione, entro i 20 giorni successivi alla redazione dell’atto;

in forma rateale in un massimo di 8 rate trimestrali di uguale importo (12 rate trimestrali se le somme dovute superano 51.645,69 euro), delle quali la prima da versare entro il termine di 20 giorni dalla redazione dell’atto.

Entro 10 giorni successivi al pagamento dell’intero importo o della prima rata, il contribuente deve far pervenire all’ufficio la quietanza.

 

Mancato raggiungimento dell’accordo

accertamento con adesioneDalla data di presentazione dell’istanza per adesione, i termini per ricorrere al giudice tributario o per pagare le imposte accertate restano sospesi per un periodo di 90 giorni. Il termine di sospensione di 90 giorni opera automaticamente, quindi a prescindere dall’esito positivo o negativo dell’istanza presentata dal contribuente. Decorso inutilmente tale termine, laddove sussistano i presupposti, il contribuente può impugnare l’atto ricevuto dinanzi alla competente CTP.

Poniamo il caso di un’istanza presentata 30 giorni dopo la notifica dell’atto di accertamento e/o rettifica. Da tale momento comincerà la sospensione di 90 giorni, al termine della quale – in caso di esito negativo del contraddittorio – riprenderanno a trascorrere i normali termini a difesa (60 giorni), che consentiranno al contribuente di presentare il ricorso alla CTP nei successivi (rimanenti) 30 giorni.

A conti fatti, il contribuente avrà di regola a sua disposizione ben 150 giorni di tempo per proporre ricorso (60+90), ferma restando l’eventuale sospensione feriale dei termini, dal 1° agosto al 15 settembre di ogni anno, prevista dalla Legge 7 ottobre 1969, n. 742.

La sospensione automatica del termine per proporre impugnazione si interrompe ogni qual volta il contribuente manifesti in modo univoco la propria volontà di rinunciare all’istanza, quindi di non voler più pervenire all’accordo con il Fisco.

Pertanto, se il contribuente in sede di contraddittorio con l’Ufficio rinuncia in modo espresso (o comunque inequivocabile) all’istanza di adesione, il termine di sospensione per impugnare l’atto impositivo si interrompe, con la conseguenza che il termine per la presentazione del ricorso in Commissione Tributaria scade decorsi 60 giorni dalla notifica dell’atto impositivo a cui vanno aggiunti i giorni compresi tra la data di presentazione dell’istanza di adesione e la data in cui si è rinunciato alla stessa (v. Cass. n.ri 2857, 3762 e 17439 del 2012).

Effetti del perfezionamento dell’accertamento con adesione

Gli effetti collegati al perfezionamento dell’accertamento con adesione sono assolutamente rilevanti, in quanto il Fisco non può più intervenire per modificare o integrare il reddito accertato o concordato, mentre il contribuente perde il diritto di impugnarlo.

 

Cassazione: niente rimborso

Ed è proprio prendendo le mosse da questo dato di fatto che la Sezione Tributaria della Cassazione, con l’ordinanza n. 19220 del 7 novembre scorso, ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, dichiarando inammissibile l’impugnazione del diniego di rimborso chiesto dal contribuente a seguito della scoperta di documenti “nuovi”.

 

Il caso

La controversia ha tratto origine dall’impugnazione di un diniego di rimborso chiesto dal contribuente, in seguito al rinvenimento di documentazione nuova e relativamente a un accertamento per adesione con il quale era stato definito un avviso ai fini dell’IRPEF e dell’ILOR per l’anno d’imposta 1991.

Con il ricorso principale, l’Agenzia delle Entrate aveva invocato la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Puglia, parzialmente favorevole al contribuente, per violazione e falsa applicazione di legge:

  • in ragione della “irretrattabilità” dell’accertamento con adesione;
  • per vizio di motivazione, attesa l’indimostrata novità dei documenti posti a base della domanda di rimborso.

 

Orientamento consolidato

Ebbene, gli Ermellini hanno accolto il ricorso del Fisco in relazione al primo motivo (“irretrattabilità” dell’accertamento per adesione), alla luce dell’orientamento secondo cui:

in tema d’imposte sui redditi, poiché avverso l’accertamento definitivo per adesione è preclusa ogni forma d’impugnazione, devono ritenersi improponibili anche le istanze di rimborso in quanto costituirebbero una surrettizia forma d’impugnazione dell’accertamento in questione che invece, in conformità alla ratio dell’istituto, deve ritenersi intangibile

(Cass. nn. 20732/10; 10086/09 e 18962/05).

 

Inoppugnabilità dell’accertamento con adesione

Una volta intervenuto l’accordo col Fisco, è legittimo il diniego all’istanza di rimborso del contribuente. Il rinvenimento di documenti “nuovi” non rileva.

 

CTR Lombardia: niente modifiche, anche se c’è errore

Se da un lato il contribuente perde, irrimediabilmente, il diritto a rimettere in discussione l’accertamento divenuto definitivo con l’adesione, dall’altro l’A.F. non può agire a sua modifica o integrazione. Ciò vuol dire che l’Ufficio deve attenersi al maggiore imponibile su cui ha raggiunto l’accordo con l’interessato.

A ricordarlo è stata recentemente la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, nella sentenza n. 107/24/12.

Per il Giudice Regionale infatti, l’atto di accertamento con adesione è immodificabile, anche se viziato da un errore materiale.

 

Il caso

La vicenda giudiziaria è scaturita dal controllo della dichiarazione dei redditi di una società che aveva aderito – nel periodo d’imposta oggetto di verifica – all’istituto del consolidato nazionale, in qualità di consolidata. Trattandosi dell’annualità 2004, l’Agenzia aveva seguito le linee guida indicate della circolare 60/E/2007, in base alle quali il procedimento di accertamento e di adesione si articola su due distinti livelli:

  • il primo relativo alle società consolidate;
  • il secondo riguardante la società o l’ente consolidante.

 

Le linee guida citate sono state applicate dagli Uffici fino all’entrata in vigore dell’articolo 40-bis del D.P.R. 600/73, con il quale è stata introdotta una procedura unificata di accertamento per la rettifica delle dichiarazioni dei soggetti aderenti al consolidato nazionale. La decorrenza della novella è stata fissata al 1° gennaio 2011, con riferimento ai periodi d’imposta non ancora “chiusi” a tale data.

Ai fini della rettifica dell’imponibile relativo alla consolidata era stato perfezionato un accertamento con adesione, con conseguente notifica a quest’ultima e alla società consolidante di un avviso finalizzato alla conseguenziale rideterminazione del reddito complessivo globale del consolidato nazionale e al recupero della relativa maggiore IRES. Al contempo, veniva notificato un atto di contestazione, relativo alle corrispondenti sanzioni per l’infedeltà della dichiarazione.

Tali atti impositivi sono stati prontamente impugnati dalle società, avendo queste riscontrato la difformità del maggiore imponibile definito in accertamento con adesione da quello posto a base della liquidazione dell’imposta e delle relative sanzioni.

Con il ricorso, le ricorrenti hanno denunciato il mancato rispetto dell’atto di accertamento con adesione, il quale, per legge (articolo 2, comma 3, del D.Lgs 217/98):

  • “non è soggetto a impugnazione, non è integrabile o modificabile da parte dell’ufficio”.

 L’adita CTP ha accolto i ricorsi riuniti. Di poi l’atto d’appello, con il quale l’Ufficio ha insistito nella pretesa, affermando che la liquidazione dell’importo dovuto:

  • “avrebbe rispettato la volontà espressa dalle parti nell’atto di adesione, rettificando l’importo frutto di errore materiale”.

 Questa tesi, però, non ha trovato concorde la CTR, che di fatti ha confermato le statuizioni del giudice di prime cure.

La volontà della parti

La CTR della Lombardia ha motivato il rigetto dell’appello, sostenendo che:

  • “la volontà delle parti, espressa nell’atto di adesione”, è immutabile e definitiva.

Ne deriva che l’A.F.:

  • non può legittimamente pretendere di modificare il maggiore imponibile definito (e gli altri elementi sui quali si è formato l’accordo), anche nel caso in cui tale modifica trovi fondamento nel desiderio di rimediare a un errore materiale compiuto nella quantificazione dei termini numerici di quanto definito tra le parti;
  • la liquidazione contenuta nell’atto di adesione non è suscettibile di modifiche, anche quando la stessa risulti errata, dal momento che costituisce uno degli elementi su cui si è formata la volontà delle parti.

Ad avviso della CTR, qualora gli Uffici delle Agenzie delle Entrate avessero individuato vizi propri dell’atto di adesione, successivamente alla sottoscrizione dello stesso, che ne avrebbero potuto invalidare il contenuto dell’accordo medesimo avrebbero “dovuto e potuto” formalizzare il tutto con atto da notificare al contribuente che, a quel punto, avrebbe potuto accettare oppure opporsi. In mancanza di ciò l’accertamento con adesione diventa definitivo per l’importo stabilito.

 

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17 aprile 2013

Antonio Gigliotti

 

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