Pretese fiscali sui beni inseriti in un fondo patrimoniale

il fondo patrimoniale ex art. 167 c.c., può essere costituito “per far fronte ai bisogni della famiglia” ma in certe situazioni potrebbe essere considerato un atto fraudolento con lo scopo di occultare al Fisco i beni del contribente debitore

Con sentenza 16 ottobre 2012, n. 40561, la Corte di Cassazione ha confermato che il fondo patrimoniale – ferma la sussistenza di determinati requisiti – può costituire un atto di natura fraudolenta, allo scopo di sottrarre garanzie patrimoniali al Fisco

 

IL FATTO

La Corte di appello di Trieste, in riforma della sentenza del Tribunale di Pordenone del 5 giugno 2009, ha condannato alla pena di anni due di reclusione con la confisca dei beni in sequestro, per il reato di cui all’art. 11 D.lgs. 74/2000, in quanto, essendo debitore per imposte erariali iscritte a ruolo, scadute e non pagate, per un importo pari ad euro 16.841.221,60, oltre interessi ed accessori, al fine di sottrarsi al pagamento di dette imposte ed interessi, aveva compiuto atti fraudolenti sui propri beni e su quelli della moglie , idonei a rendere inefficace la procedura di riscossione coattiva, atti consistiti nella formazione di un fondo patrimoniale ex art. 167 cod. civ., con atto notarile del 15 luglio 2004, avente ad oggetto beni immobili in parte di sua proprietà, e in parte in proprietà della moglie, e di un fondo patrimoniale ex art. 167 c.c., con atto notarile del 26 maggio 2005, avente ad oggetto beni mobili registrati di proprietà.

I giudici, prendendo le mosse dalla giurisprudenza di legittimità (ed in particolare da alcuni principi che la Corte ha affermato nel confermare il sequestro preventivo disposto nel procedimento di cui trattasi) hanno ritenuto provato il reato di cui sopra, commesso attraverso l’attività negoziale di costituzione dei due fondi patrimoniali indicati, considerando sussistente l’elemento psicologico del reato e il fine di sottrarre i propri beni al fisco, alla luce sia della conoscenza dell’ingente debito tributario sia della mancanza di ragioni serie e concrete per l’Istituzione dei due fondi patrimoniali (risultando pretestuose quelle evidenziate dai giudici di primo grado che avevano invece ritenuto insussistente l’ipotesi delittuosa) ed hanno altresì disposto la confisca dei beni ritenendola giuridicamente conseguente alla pronuncia di colpevolezza.

 

IL DIRITTO

I principi

Il fatto tipico sotteso al reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte è rappresentato dall’uso di mezzi fraudolenti per occultare i propri beni e sottrarsi in tal modo al pagamento del debito tributario, ossia dal compimento di atti fraudolenti sui propri o altrui beni, sempre al fine della sottrazione (tra le altre, Sez. 5, n. 7916, 10/1/2007, dep. 26/2/2007, Cutillo, Rv 236053, Sez. – 3, n. 17071, 4/4/2006, dep. 18/5/2006, De Nicolo, Rv 234322). Infatti, la norma non contiene più alcun riferimento alle condizioni (effettuazione di accessi, ispezioni, verifiche ovvero la preventiva notificazione di richieste o atti di accertamento) che erano invece previste dalla analoga fattispecie contenuta nel D.P.R. n. 602 del 1973 (art. 97, c. 6, come modificato dalla L. n. 413 del 1991, art. 15, comma 4, poi abrogata dal vigente D.Lgs.).

Di conseguenza, perché siano integrati gli elementi costitutivi della fattispecie incriminatrice basta unicamente che la condotta risulti idonea a rendere in tutto o in parte inefficace una procedura di riscossione coattiva da parte dello Stato, “idoneità da apprezzare, in base ai principi, con giudizio ex ante – e non anche (per) l’effettiva verificazione di tate evento”.

L’oggettività giuridica della fattispecie va individuata, secondo autorevole dottrina, nell’interesse a rendere possibile la riscossione attraverso l’intangibilità della garanzia patrimoniale rappresentata dal beni dell’obbligato (in tal senso, Sez.3, n. 32282 del 13/6/2007, dep. 8/8/2007, P.M e Raffaele, Sez. 3, n. 14720 del 6/3/2008, dep. 9/4/20D8, P.M. in proc. Ghiglia, Rv. 239970 ,Sez.3, n. 36290 del 18/5/2011, dep. 6/10/2011, Cualbu, Rv. 251077). “Pertanto, la condotta penalmente rilevante può essere costituita da qualsiasi atto o fatto fraudolento intenzionalmente volto a ridurre la capacità patrimoniale del contribuente stesso, riduzione da ritenersi, con un giudizio ex ante, idonea sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo, a vanificare in tutto od in parte, o comunque rendere più difficile una eventuale procedura esecutiva. L’eliminazione del presupposto dell’attivazione di una procedura coattiva di riscossione, dall’economia della nuova fattispecie incriminatrice, determina, come la giurisprudenza di questa Corte ha evidenziato (cfr. da ultimo, Sez.3, n. 36290 del 18/5/2011, già citatala dep. 6/10/2011, Cualbu, Rv. 251076), l’inquadramento del delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte nella categoria dei reati di pericolo, avendo il legislatore in tal modo stabilito una linea di tutela prodromica delle pretese del Fisco, attraverso l’illiceità penale delle condotte che pongano a repentaglio l’obiettivo di realizzazione della pretesa tributaria”.

In base a tale impostazione non v’è sincronia, quindi, tra la consumazione del reato e la realizzazione della pretesa tributaria, dovendo la prima precedere la seconda per poter reprimere quelle condotte che mettono a rischio la “conservazione della generica garanzia patrimoniale riservata all’erario“: la fattispecie, per essere penalmente rilevante, richiede che gli atti posti in essere siano idonei a ledere il bene stesso, secondo un giudizio ex ante. E’ stato affermato, infatti, che la lesione del diritto di credito del fisco non costituisce elemento necessario della fattispecie, potendo configurarsi il reato anche qualora, in concreto, dopo il compimento degli atti fraudolenti richiesti dalla norma, avvenga il pagamento dell’imposta e dei relativi accessori (cfr. Sez. 3, n. 36290, 18/5/2011, Cualbu, già citata, che conferma – quale oggetto della tutela – l’interesse dello Stato a mantenere integra la garanzia patrimoniale generica del contribuente, ex art. 2740 c.c.).

Il reato previsto nella disposizione contenuta nell’art. 11 del D.Lgs. si consuma quindi con il perfezionamento dell’alienazione simulata o dell’operazione fraudolenza, e non è rilevante che l’attività posta in essere abbia o non realizzato il fine programmato dal debitore, cosicché eventuali ravvedimenti potranno rilevare sotto il profilo delle circostanze attenuanti, nell’ambito della dosimetria della pena, ai sensi dell’art. 13 del D.lgs. 74/2000.

Sotto il profilo dell’offensività, ritiene questa Corte di dovere dare una lettura della disposizione di legge più coerente con il sistema, sottolinenando (‘importanza dell’accertamento dell’idoneità della condotta alla luce dell’elemento finalistico compreso nella previsione del dolo specifico”. Devono infatti essere rivisitati quei passaggi argomentativi, apparentemente più drastici, in tema di idoneità della condotta (cfr. Sez, 3, n. 5824 del 18/12/2007, dep. 6/2/2008, Salderà, Rv. 238821, pronunciata in relazione al giudizio cautelare incidentate nel processo di cui si tratta, la cui massima ufficiale recita, in maniera stentorea: “In tema di reati tributari, la costituzione di un fondo patrimoniale integra il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, in quanto è atto idoneo sta ad ostacolare il soddisfacimento di un’obbligazione tributaria“). Invero, non è mai stata affermata la superfluità di un’indagine dell’elemento psicologico, ossia della volontà dell’agente di sottrarsi al pagamento delle imposte che superino la soglia prevista, né si è mai ritenuto che bastasse la costituzione del fondo patrimoniale, in grado di recare pregiudizio alla garanzia, tanto da rendere in re ipsa il dolo richiesto.

E tuttavia occorre ribadire la necessità, per i giudici del merito, di compiere una verifica degli elementi probatori raccolti nonché la necessità che essi siano in grado di illuminare la finalità degli atti dispositivi posti in essere dal suo autore, in modo da interpretare correttamente la sussistenza o meno del carattere fraudolento dell’operazione, che tale è valutato proprio in ragione dello scopo di sottrazione avuto di mira nel tracciato delittuoso compiuto dall’agente.

 

Il caso specifico

Nello specifico il fondo patrimoniale ex art. 167 c.c., può essere costituito “per far fronte ai bisogni della famiglia“; è necessario accertare, pertanto, che nell’operazione posta in essere sussistano gli elementi costitutivi del reato di sottrazione fraudolenta: “ il processo … deve individuare quali siano gli aspetti dell’operazione economica che dimostrino la strumentalizzazione della causa tipica negoziale o, se si vuole, l’abuso dello strumento giuridico, posto in essere al solo scopo di evitare il pagamento del detrito tributario e quindi la sua portata fraudolenta. Non è infatti ipotizzabile l’inversione dell’onere della prova sul presupposto che la creazione del patrimonio separato rappresenti di per sé l’elemento materiale della sottrazione del patrimonio del debitore (come potrebbe essere ritenuto ad una prima lettura della decisione Sez. 3, n. 38925, 10/6/2009, dep, 7/10/2009, Ginanni, non mass., che ebbe ad occuparsi del tema). Difatti, la scelta dei coniugi di costituire un fondo patrimoniale rappresenta uno dei modi legittimi di attuazione dell’indirizzo economico familiare, secondo quanto enucleato anche dalla giurisprudenza civile, che ha ricompreso tra i bisogni della famiglia tutte quelle esigenze volte al suo pieno mantenimento ed al suo armonico sviluppo nonché al potenziamento della sua capacita lavorativa, dovendosi invece escludere le esigenze di natura voluttuaria o caratterizzate da interessi meramente speculativi. Viceversa, quando sia stata dimostrata l’idoneità dell’istituzione dello specifico fondo patrimoniale ad ostacolare il soddisfacimento dell’obbligazione tributaria (Sez. 3, n. 23988 del 5/5/2011, dep. 15/6/2011, Pascone, Rv 250646), tale strumento giuridico finisce per costituire uno dei vari mezzi (per quanto formalmente ed apparentemente legittimo) di sottrazione del patrimonio alla garanzia di adempimento del debito contratto con il Fisco”.

I giudici di appello hanno ampiamente trattato la verifica della sussistenza del dolo specifico della fattispecie senza basarsi soltanto sulla mera istituzione del fondo patrimoniale. Nella parte motiva della decisione sono state evidenziate, infatti, le seguenti ulteriori circostanze; 1) L’emersione di rilevanti irregolarità fiscali emerse all’esito della verifica fiscale del 2002, sulla cui base il ricorrente aveva potuto certamente rappresentarsi la possibilità di sottrarre al fisco i propri cespiti; 2) Il fatto che il ricorrente avesse contratto matrimonio il 10 luglio 2004, dopo 17 anni di convivenza e solo cinque giorni prima del compimento del primo atto notarile istitutivo del fondo patrimoniale; 3) l’inclusione, in tale primo atto, di tutti i beni immobili del ricorrente e della moglie e, nel successivo rogito, anche di beni mobili registrati di pregio (un’imbarcazione e sette auto d’epoca), le cui caratteristiche risultano all’evidenza come estranee alla finalità del soddisfacimento delle esigenze familiari; 4) la conoscenza, per la sua qualità di rappresentante della società e dominus del sistema delle società cartiere, in quanto legale rappresentante di altre sei società, sulle quali erano in corso indagini penali ed accertamenti fiscali; 5) l’adesione al condono tombale del 2003, dal quale emerge che il ricorrente non era un soggetto privo delle necessarie conoscenze per fronteggiare le emergenze della irregolare gestione dei patrimoni sodali; 6) l’aver subito, nel gennaio 2003, una perquisizione locale e personale, ed aver ricevuto notifica di processi verbali di accertamento per le altre società, in un’epoca ricompresa tra il 26 agosto 2004 ed il 6 maggio 2005, atti tutti anteriori al secondo atto notarile istitutivo del fondo (26 maggio 2005).

Sulla base di tali elementi, i giudici di appello hanno ritenuto che non vi fosse buona fede nell’agire di X e che il matrimonio appena contratto e la addotta esigenza di costituire il fondo in vista di una futura procedura di adozione di prole, ipotizzate dai ricorrente quali reati finalità degli atti istitutivi del patrimonio separato, fossero smentite innanzitutto dalla peculiare tipologia dei beni assoggettati a vincolo, oltre che dalla concatenazione cronologica degli eventi, sicché risulta(va) evidente che tali operazioni erano finalizzate unicamente a privare la pretesa del Fisco delle garanzie patrimoniali.

Se non è corretta la mera equazione deduttiva secondo cui fondo patrimoniale uguale atto fraudolento, nel caso di specie è stato già sottolineato come la dizione della disposizione “il compimento di atti fraudolenti” indichi una condotta non necessariamente istantanea, né singolare, ma suscettibile invece di essere posta in essere in tempi e con modi ed atti diversi e plurimi, i quali solo nella loro lettura complessiva mostrano quella “idoneità” necessaria alla loro rilevanza penale (da qui, per una parte della dottrina, anche la possibile configurabilità del tentativo).

Nel caso di specie, l’istituzione del primo e poi del secondo fondo patrimoniale, altro non sono che due atti esecutivi della medesima condotta fraudolenta volta alla sottrazione delle garanzie patrimoniali.

Perciò il tempus commissi delicti non può retroagire alla data dell’istituzione del primo fondo patrimoniale, dovendosi considerare tutta l’attività procedimentale volta alla paralisi dell’azione esecutiva del Fisco come una operazione economica composita, fatta in due tempi: il primo, con l’atto istitutivo e vincolativo del compendio immobiliare, ed il secondo relativo alla sua estensione ai beni mobili registrati (le due imbarcazioni, le sette auto d’epoca ed altro). Pertanto gli atti di sottrazione non possono essere segmentati in correlazione con le atomistiche attività notarili, ma vanno considerati in maniera unitaria, nel loro momento teleologico e finale di svuotamento delle garanzie patrimoniali personali del debitore, avvenuto con il secondo negozio, rogitato in data 26 maggio 2005.

 

15 novembre 2012

Roberta De Marchi