Nuovo regime dei minimi: cause di esclusione e di uscita obbligatoria

Continuiamo la nostra analisi del nuovo regime dei minimi: analizziamo i vari casi di esclusione e di uscita obbligatoria del contribuente dal nuovo regime dei minimi; ricordiamo che il nuovo regime dei minimi in vigore dal 2012 prevede diverse cause di esclusione rispetto alla normativa originaria.

(Per leggere la prima parte della nostra analisi del nuovo regime dei minimi clicca qui >)

 

Regime dei minimi: cause di esclusione e di uscita obbligatoria

La precedente attività di lavoro dipendente o autonomo

Inoltre, è necessario che non venga proseguita l’attività precedentemente svolta sotto forma di lavoro dipendente o autonomo: ciò al fine di evitare che si aggiri la norma modificando semplicemente la veste giuridica dell’attività svolta ed ottenendo in tal modo un risparmio impositivo (e di contributi per il datore di lavoro).

E’ espressamente previsto che, a tal fine, non rileva la pratica obbligatoria ai fini dell’esercizio di arti o professioni.

Nella circolare n. 17/E del 2012 sono state assimilate alla pratica professionale obbligatoria anche tutte le altre attività il cui svolgimento è previsto obbligatoriamente da specifiche disposizioni normative al fine di poter operare in un determinato settore economico-produttivo.

Al riguardo è stato fatto l’esempio della pratica obbligatoria richiesta in alcuni settori dell’artigianato.

Nella circolare 26 gennaio 2001, n. 8/E, l’Agenzia delle entrate aveva affermato che la circostanza di aver esercitato la professione nelle more dell’iscrizione al relativo albo di appartenenza non rappresentava una condizione preclusiva all’accesso al regime, perché

“l’attività di collaborazione professionale prestata presso uno studio legale, anche se sotto forma continuata e collaborativa, costituisce solo una parte limitata dell’attività professionale di avvocato; di conseguenza quest’ultima non può essere considerata mera prosecuzione di quella precedente”.

Nella circolare n. 17/E del 2012 è stato, al riguardo, chiarito che se viene svolta l’attività di praticante avvocato non in qualità di collaboratore coordinato e continuativo ma aprendo una partita Iva, il detto praticante può accedere al regime già al momento della apertura della partita IVA (e non dopo il superamento dell’esame di abilitazione), non potendo essere considerato ininfluente ai fini del computo del triennio il periodo di lavoro autonomo svolto da praticante.

Con riguardo al regime agevolato per le nuove iniziative produttive l’Agenzia delle entrate aveva chiarito, nella circolare n. 8/E del 20011, che tale disposizione

“ha carattere antielusivo ed è finalizzata ad evitare gli abusi dei contribuenti, i quali, al solo fine di godere delle agevolazioni tributarie previste dal nuovo regime, potrebbero di fatto continuare ad esercitare l’attività in precedenza svolta, modificando solamente la veste giuridica in impresa o lavoro autonomo.

Più che avere riguardo, quindi, al tipo di attività esercitata in precedenza occorre porre l’accento sul concetto di mera prosecuzione della stessa attività.

E’ da ritenersi certamente mera prosecuzione dell’attività in precedenza esercitata quell’attività che presenta il carattere della novità unicamente sotto l’aspetto formale ma che viene svolta in sostanziale continuità, utilizzando, ad esempio, gli stessi beni dell’attività precedente, nello stesso luogo e nei confronti degli stessi clienti.

L’indagine diretta ad accertare la novità dell’attività intrapresa, infine, va operata caso per caso, con riguardo al contesto generale in cui la nuova attività viene esercitata”.

 

I menzionati chiarimenti sono stati confermati nella circolare n. 17/E del 2012.

L’Agenzia ha, in particolare, ribadito che si è in presenza di una mera prosecuzione dell’attività precedentemente esercitata

“quando quella intrapresa presenta il carattere della novità unicamente sotto l’aspetto formale ma viene svolta in sostanziale continuità, ad esempio nello stesso luogo, nei confronti degli stessi clienti ed utilizzando gli stessi beni dell’attività precedente”.

E’ stato, al riguardo, formulato, quale esempio di sostanziale continuità, quello del lavoratore dipendente con la qualifica di falegname che intende iniziare l’attività di imprenditore “rivolgendosi allo stesso mercato di riferimento (si pensi all’ipotesi in cui l’ex datore di lavoro o i clienti dello stesso siano di fatto la parte prevalente dei suoi clienti)”.

Particolarmente significativa appare la precisazione circa la permanenza della parte prevalente della clientela: quindi possono anche essere “mantenuti” alcuni clienti, purché dagli stessi non provenga la maggior parte dei ricavi o compensi della nuova attività. Si ritiene, infatti, che il concetto di prevalenza vada ricondotto non al numero dei clienti ma ai corrispettivi provenienti dagli stessi.

 

Nella detta circolare sono stati, altresì, formulati i seguenti importanti principi:

  • non precludono l’applicazione del regime forme di lavoro precario come, ad esempio, i contratti di collaborazione coordinata e continuativa o quelli di lavoro a tempo determinato che si caratterizzano per la loro marginalità economica e sociale.
    Per esigenze di certezza e di semplificazione è stato ritenuto che tale condizione di marginalità sussista tutte le volte che l’attività di lavoro dipendente a tempo determinato o l’attività di collaborazione coordinata e continuativa sia stata svolta per un periodo di tempo non superiore alla metà del triennio antecedente l’inizio dell’attività (periodo di osservazione mutuato dalla previsione normativa relativa alla condizione esaminata nel paragrafo precedente);

  • in presenza di un rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato o di rapporti di lavoro a tempo determinato o di collaborazione coordinata e continuativa che si siano protratti oltre il limite indicato nel punto precedente va, invece, verificato che la nuova attività non sia svolta in sostanziale continuità con la precedente.
    E’ stato ritenuto che tale continuità non possa mai essere ravvisata nel caso in cui le due attività da porre a confronto vengano svolte in ambiti che richiedono competenze non omogenee. Si pensi, ad esempio, al caso di un medico neurologo lavoratore dipendente che intenda avviare una attività di musicista.
    Non è, invece, consentito l’accesso al regime se si intende avviare l’attività nello stesso ambito professionale e rivolgendosi allo stesso mercato di riferimento.
    E’ il caso, ad esempio, di un medico lavoratore dipendente specializzato in ortopedia che voglia avviare una attività di medico libero professionista anche in altra branca della medicina che, però, abbia come bacino di utenza quello in precedenza coperto dalla attività svolta sotto forma di lavoro dipendente e considerando come clienti anche i pazienti che in precedenza curava nell’ambito della attività di lavoro dipendente.
    In base al chiarimento fornito dall’Agenzia non si configura, quindi, la prosecuzione in forma “autonoma” di un’attività già svolta in qualità di dipendente qualora la stessa sia esercitata prevalentemente nei riguardi di clienti diversi da quelli già seguiti in qualità di dipendente;

  • non ricorrono le finalità elusive, che la norma in esame vuole evitare, nell’ipotesi di un lavoratore dipendente che, una volta andato in pensione, svolga la stessa attività in forma di lavoro autonomo;

  • non impedisce l’accesso al regime – né in base alla condizione in esame né in base a quella illustrata nel paragrafo precedente – la circostanza di aver svolto, nell’anno precedente, prestazioni occasionali, perché le stesse, costituendo redditi diversi ai sensi dell’art. 67 del TUIR, non sono produttive di reddito di lavoro autonomo o di impresa di cui, rispettivamente, agli articoli 55 e 53 del TUIR. L’Agenzia ha, in tal modo, superato l’opposta presa di posizione contenuta nella risoluzione n. 239/E del 26 agosto 2009, nella quale era stato affermato che è configurabile la prosecuzione di un’attività precedentemente svolta sotto forma di lavoro autonomo anche se quest’ultima è stata esercitata in modo occasionale;

  • è consentito continuare ad applicare il regime fiscale di vantaggio ai soggetti che iniziano una attività di lavoro dipendente anche in ambiti omogenei a quelli che caratterizzano l’attività di lavoro autonomo o d’impresa, non essendo ravvisabile in tal caso alcuno spostamento di imponibile ad un regime più favorevole per il contribuente.
    L’Agenzia ha formulato al riguardo il caso di un geometra che svolga attività libero professionale in regime agevolato assunto come lavoratore dipendente per il medesimo profilo professionale. Resta, naturalmente, fermo che l’ulteriore attività non deve confliggere con gli interessi del datore di lavoro;

  • non assume rilevanza l’attività d’impresa o di lavoro autonomo svolta dal collaboratore dell’impresa familiare. Ciò perché il collaboratore è soggetto diverso dal titolare dell’impresa stessa, unico soggetto obbligato al versamento dell’imposta sostitutiva e al quale è interamente riconducibile il reddito prodotto durante il regime di vantaggio (mentre i collaboratori non devono dichiarare il reddito di partecipazione).
    Non si è, pertanto, in presenza di un’ipotesi di prosecuzione dell’attività in capo ad un medesimo soggetto. Si ritiene, invece, che l’attività svolta in qualità di collaboratore impedisca allo stesso di avvalersi del nuovo regime per quella d’impresa o di lavoro autonomo successivamente intrapresa: tale preclusione non riguarda, però, i cosiddetti “coadiuvanti INPS”, avendo fatto l’Agenzia riferimento ai soli collaboratori di cui all’art. 5, comma 4, del TUIR;

  • è ininfluente, per le medesime ragioni esposte in precedenza, la circostanza che un contribuente che si avvale del regime agevolato avvii altre attività produttive di redditi diversi da quelli di lavoro autonomo di cui all’articolo 53, comma 1, o d’impresa di cui all’art. 55 del TUIR.

Nel punto 2.2. del provvedimento è stato opportunamente stabilito, al fine di rispettare la ratio della norma, che è quella di favorire la costituzione di nuove imprese, oltre che da parte di giovani, anche di “coloro che perdono il lavoro”, che la condizione secondo cui l’attività da esercitare non deve costituire, in nessun modo, una mera prosecuzione di altra attività precedentemente svolta sotto forma di lavoro dipendente,

“non opera laddove il contribuente dia prova di aver perso il lavoro o di essere in mobilità per cause indipendenti dalla propria volontà”.

Rientrano, pertanto, nel nuovo regime anche i lavoratori dipendenti che, a causa della crisi economica, sono stati costretti ad aprire la partita IVA per svolgere la stessa attività esercitata precedentemente, con la stessa clientela. Il contribuente deve, però, provare che la perdita del lavoro non dipende dalla volontà delle parti: cioè che non si è trattato di un licenziamento volontario o in accordo con il datore di lavoro, ma è stata, ad esempio, avviata la procedura di mobilità.

Nella circolare n. 17/E del 2012 l’Agenzia ha, ad esempio, ritenuto che un ingegnere idraulico lavoratore dipendente che abbia perso il lavoro o sia stato collocato in mobilità per cause indipendenti dalla propria volontà possa senz’altro avvalersi del regime agevolato, anche se esercita la stessa attività di ingegnere idraulico sotto forma di lavoro autonomo.

 

Il proseguimento di attività di terzi

In caso di proseguimento di un’attività d’impresa svolta da un altro soggetto, tale circostanza non preclude l’accesso al nuovo regime dei minimi a condizione che quest’ultimo soggetto non abbia realizzato, nell’anno precedente a quello di partenza del nuovo regime, ricavi superiori a 30.000 euro.

I tipici casi nei quali trova applicazione tale previsione normativa sono la cessione, il conferimento e l’affitto d’azienda. Nella circolare n. 17/E del 2012 è stato precisato che la stessa si applica anche in caso di subentro dell’erede dell’imprenditore individuale.

Nella stessa circolare è stato precisato che in caso di acquisto dell’impresa nel corso dell’anno è necessario, oltre al rispetto della condizione in esame, che nello stesso anno non venga superato il limite dei 30.000 euro di ricavi. A tal fine i ricavi del dante causa e quelli dell’avente causa prodotti nel detto anno devono essere considerati cumulativamente e se il dante causa ha già superato il limite di 45.000 euro di ricavi l’avente causa non può applicare il regime di vantaggio già nel corso dell’anno di acquisto.

Questa condizione riguarda solamente l’esercizio di attività di impresa, in quanto, come precisato dall’Agenzia delle entrate nella detta circolare n. 8/E del 20012, non è ravvisabile la successione di attività nell’ambito del lavoro autonomo. Ciò perché l’”avviamento” ed i compensi riferiti all’attività di lavoro autonomo sono in connessione economica esclusivamente con le capacità professionali del soggetto che svolge tale attività.

Si tratta, comunque, di una fattispecie che non si verifica di frequente, considerata anche la necesssità di rispettare il limite dei 30.000 euro cumulando i ricavi del dante causa e dell’avente causa.

 

Le altre condizioni

L’art. 27 richiama espressamente “il regime di cui all’art. 1, commi da 96 a 117”, della legge n. 244 del 2007, cioè l’intera normativa che disciplina il regime dei minimi.

Le condizioni previste nel comma 96 della legge n. 244 del 2007, applicabili agli esercenti arti e professioni sono:

• la percezione di ricavi o compensi non superiori a 30.000 euro;

• non aver effettuato cessioni all’esportazione ed operazioni ad esse assimilate, servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali, comprese quelle con lo stato della Città del Vaticano, con la repubblica di San Marino o con gli organismi previsti da trattati e accordi internazionali;

• non aver sostenuto spese per lavoratori dipendenti o per collaboratori di cui all’art. 50, comma 1, lettere c) e c-bis) del TUIR, anche assunti con le modalità riconducibili ad un progetto o programma di lavoro, o fase di esso, ai sensi degli articoli 61 e seguenti del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276.
A tal fine rilevano, come precisato nell’art. 2, comma 3, del decreto di attuazione del 2 gennaio 2008, anche i compensi per il lavoro prestato dal coniuge, dai figli minori o permanentemente inabili al lavoro e dagli ascendenti. Nella circolare n. 17/E del 2012 è stato precisato che non devono essere sostenute spese per prestazioni di lavoro effettuate dallo stesso imprenditore o dai suoi familiari, considerate indeducibili dall’art. 60 del TUIR, ad eccezione dei compensi corrisposti ai collaboratori familiari.

Nella risposta al question time del 1° febbraio 20123 è stato affermata l’impossibilità di derogare al divieto in esame per le donne in maternità ed in caso di malattia o infortunio.

L’Agenzia non ha chiarito se assuma rilevanza, a tal fine, anche l’impiego di tirocinanti.

Rileva, invece, come chiarito nella circolare n. 13/E del 26 febbraio 20084, anche il trattamento di fine rapporto.

Rientrano tra tali spese anche quelle per personale distaccato. Il divieto si estende alle remunerazioni della associazione in partecipazione con apporto di solo lavoro. Nella circolare n. 7/E del 28 gennaio 20085 è stato ritenuto che non costituiscano spese rilevanti ai fini in esame quelle per prestazioni di natura occasionale. Nella risoluzione n. 275/E del 3 luglio 2008 è stato, poi, precisato che non possono fruire del regime dei minimi i soggetti che si sono avvalsi di personale “in prestito”;

• non aver effettuato nel triennio solare precedente acquisti di beni strumentali, anche mediante contratti di appalto e di locazione, pure finanziaria, per un ammontare complessivo superiore a 15.000 euro.

In merito al conseguimento di ricavi o compensi non superiori a 30.000 euro, l’Agenzia delle entrate ha chiarito che:

• i compensi rilevanti sono quelli dell’art. 54 dello stesso TUIR ed i ricavi quelli di cui agli articoli da 57 a 856;

• non rilevano i ricavi o compensi relativi ad attività di natura occasionale, essendo gli stessi qualificabili quali redditi diversi7;

• nel computo del detto limite devono essere considerati anche i compensi percepiti per la cessione dei diritti d’autore8;

• in caso di inizio dell’attività nel corso del periodo d’imposta il limite dei ricavi o compensi deve essere ragguagliato ad anno9. Al riguardo è stata posta10 la questione se tale chiarimento resti applicabile con riguardo al “nuovo” regime dei minimi, in quanto nella circolare n. 55/E del 20 giugno 200211 è stato, invece, affermato, con riguardo al regime delle nuove iniziative produttive, che non va effettuato il ragguaglio ad anno, non essendo lo stesso previsto dalla norma. Si ritiene che debba, comunque, prevalere, per i “nuovi” minimi il chiarimento specificamente formulato con riguardo al “vecchio” regime, atteso il richiamo alla disciplina normativa di quest’ultimo, nella quale è espressamente richiesto il detto ragguaglio;

• il limite è riferito ai ricavi o compensi complessivamente percepiti, a prescindere dalla specifica attività svolta12.

Nell’art. 2, comma 1, lett. a) e b), del D.M. 2 gennaio 2008 è stato stabilito che:

• ai fini della determinazione del limite non rilevano i ricavi derivanti dall’adeguamento agli studi di settore o ai parametri;

• nell’ipotesi di esercizio contemporaneo di più attività il limite va riferito alla somma dei compensi relativi alle singole attività .

 

Nella circolare n. 17/E del 2012 l’Agenzia ha, altresì, chiarito che:

  • l’indennità di maternità percepita dall’artista o professionista non va considerata al fine della verifica del limite in esame, in quanto non costituisce compenso, come risulta evidente dall’art. 68, comma 2, del D.lgs. 26 marzo del 2001, n. 151, secondo cui tale indennità è commisurata “all’80% del salario minimo giornaliero stabilito dall’art. 1 del decreto-legge 29 luglio 1981, n. 402, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 settembre 1981, n. 537, nella misura risultante, per la qualifica di impiegato, dalla Tabella A e dai successivi decreti ministeriali di cui al 2° comma del medesimo art. 1”;

  • i soggetti che hanno iniziato un’attività d’impresa dopo il 31 dicembre 2007 e, pur avendo i requisiti per accedere all’ex regime dei minimi hanno scelto di non avvalersene, se intendono beneficiare del nuovo regime a partire dal 2012 devono verificare che nel 2011 non sia stato superato il limite dei 30.000 euro di ricavi, imputati secondo il criterio di competenza.

Nel comma 111 del citato articolo 1 della legge n. 244 del 2007 è stabilito che il regime fiscale di vantaggio cessa di avere applicazione dall’anno successivo a quello in cui viene meno una delle condizioni di cui al comma 96 ovvero si verifica una delle fattispecie indicate al comma 99.

Il regime cessa, invece, di avere applicazione dall’anno stesso in cui i compensi percepiti superano il limite di 30.000 euro di oltre il 50 per cento (superano, cioè, i 45.000 euro).

In tal caso sarà dovuta l’imposta sul valore aggiunto relativa ai corrispettivi delle operazioni imponibili effettuate nell’intero anno solare, determinata mediante lo scorporo ai sensi dell’ultimo comma dell’articolo 27 del DPR n. 633 del 1972 per la frazione d’anno antecedente il superamento del predetto limite o la corresponsione dei predetti compensi, salvo il diritto alla detrazione dell’imposta sugli acquisti relativi al medesimo periodo.

La cessazione dall’applicazione del regime dei contribuenti minimi, a causa del superamento di oltre il 50 per cento del limite, comporta l’applicazione del regime ordinario per i successivi tre anni.

Con riguardo alla condizione relativa ai beni strumentali acquistati nel triennio precedente, va fatto riferimento, ai fini dell’individuazione del momento di acquisto degli stessi, ai criteri dell’art. 6 del DPR n. 633 del 1972, cioè, in genere, al momento della consegna o spedizione per l’acquisto di beni mobili e al momento di stipula dell’atto per beni immobili.

In caso di pagamento di acconti si ritiene che gli stessi vadano considerati per la verifica del limite per l’accesso al regime e per la permanenza nello stesso, atteso che nel detto art. 6 è espressamente previsto, tra i momenti di effettuazione delle operazioni, anche il pagamento parziale del corrispettivo13.

Al riguardo nella circolare n. 17/E del 2012 è stato precisato che, poichè

“il comma 4 dello stesso articolo 6 stabilisce che, in caso di pagamento anticipato, l’operazione si considera effettuata limitatamente all’importo pagato, solo tale importo rileva in relazione al limite di spesa per l’acquisto di beni strumentali, di cui all’articolo 1, comma 96, lettera b della legge n. 244 del 2007”.

Nel punto 2.4. del provvedimento n. 185820 è stato precisato che in caso di esercizio contemporaneo di più attività, si fa riferimento, ai fini dell’individuazione del limite in esame, alle attività complessivamente esercitate.

L’Agenzia delle entrate ha precisato, nella circolare n. 73/E del 21 dicembre 2007, che i beni strumentali utilizzati promiscuamente rilevano per il 50 per cento dei relativi corrispettivi, al netto dell’eventuale IVA detraibile. Tale precisazione è stata ribadita nella circolare n. 17/E del 2012. Si presumono adibiti ad uso promiscuo tutti i beni i cui costi sono soggetti a limiti di deducibilità, come nei casi delle spese per gli automezzi e per i servizi di telefonia14.

L’articolo 2, comma 4, del decreto di attuazione ha, inoltre, stabilito che per la determinazione del detto limite di 15.000 euro, occorre fare riferimento all’ammontare dei corrispettivi relativi alle operazioni di acquisto effettuate anche presso soggetti non titolari di partita IVA (principio ribadito nella detta circolare n. 17/E del 2012).

Nella circolare n. 7/E del 200815 è stato precisato che, se l’acquisto è avvenuto presso soggetti IVA, occorre fare riferimento al costo al netto di tale imposta, anche se non è stato esercitato il diritto alla detrazione.

 

Sempre nella circolare n. 7/E del 2008 è stato affermato che:

  • il limite di 15.000 euro non può essere ragguagliato ad anno e che a tale importo va comunque fatto riferimento anche se l’attività è iniziata da meno di tre anni16;
  • in caso di utilizzo di beni detenuti in leasing, l’importo dei canoni corrisposti nel triennio solare precedente concorre nel computo del limite, eventualmente in misura pari al 50 per cento se il bene è ad uso promiscuo17;
  • rilevano anche i canoni di locazione o di noleggio, corrisposti anche a soggetti non titolari di partita IVA. In caso di utilizzo di “strutture polifunzionali”, cioè che offrono, oltre all’affitto del locale, una serie di servizi ulteriori, i costi sostenuti per la disponibilità dei beni vanno distinti da quelli relativi ai servizi connessi; se il contratto prevede un corrispettivo unico per tutti i servizi, occorre considerare l’intero costo sostenuto nel triennio, mentre, in caso contrario, rileva solo il costo sostenuto per la disponibilità del bene18;
  • non assumono rilevanza i beni utilizzati in comodato d’uso, non essendo dovuto un corrispettivo19;
  • il valore dei beni strumentali è costituito dall’ammontare dei corrispettivi relativi al loro acquisto, mentre non rileva l’eventuale cessione degli stessi nel corso del triennio20.

 

Le cause di esclusione dal nuovo regime dei minimi

Nel punto 3.3. del provvedimento n. 185820 è stabilito che coloro che, per scelta o al verificarsi di un motivo di esclusione, cessano di applicare il regime in esame non possono più avvalersene, anche nell’ipotesi in cui, nel corso del quinquennio ovvero non oltre il periodo di imposta di compimento del trentacinquesimo anno di età, tornino in possesso dei requisiti di cui all’articolo 1, commi 96 e 99 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 e dell’articolo 27, commi 1 e 2, del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98.

Quindi, una volta usciti, per qualunque causa, dal regime dei minimi non si può più rientrare. Ciò in quanto, come precisato dall’Agenzia delle entrate nella circolare n. 17/E del 2012, la ratio che ispira il provvedimento presuppone la continuità nell’applicazione del regime.

Si era posta la questione se tale causa di esclusione trovasse applicazione anche con riferimento alle cessazioni dell’applicazione del “vecchio” regime dei minimi avvenute anteriormente al 2012. Al riguardo era stato ritenuto21 che la nuova causa di esclusione non si sarebbe dovuta applicare “retroattivamente”, non essendo stata prevista dal precedente decreto di attuazione del 2008, ma da quello più recente relativo al “nuovo” regime22.

Tale soluzione interpretativa è stata condivisa dall’Agenzia delle entrate, che ha affermato, nella circolare n. 17/E del 2012, che può accedere al regime fiscale di vantaggio “anche il contribuente che, prima del 1° gennaio 2012, abbia perso e riacquistato i requisiti di cui all’art. 1, commi 96 e 99, della legge n. 244 del 2007, fatto salvo il vincolo previsto dall’art. 1, comma 111, ultimo periodo, della medesima legge, secondo cui, in caso di superamento di oltre il 50 per cento del limite dei 30.000 euro, è obbligatoria l’applicazione del regime ordinario per il triennio successivo.
Ne consegue che possono accedere al regime fiscale di vantaggio per il periodo residuo coloro che possedevano i requisiti necessari per l’applicazione del regime degli “ex minimi” alla data di inizio dell’attività e nell’anno 2011, restando ininfluenti le vicende intercorse nel periodo intermedio.

Si ricorda che nel comma 99 della legge n. 244 del 2007 è stabilito che non sono considerati contribuenti minimi:

  • le persone fisiche che si avvalgono di regimi speciali ai fini dell’IVA;

  • i soggetti non residenti;

  • i soggetti che effettuano, in via esclusiva o prevalente, cessione di fabbricati o loro porzioni, di terreni edificabili e di mezzi di trasporto nuovi;

  • i soggetti che, oltre ad esercitare l’attività d’impresa o di lavoro autonomo in forma individuale, partecipano anche a società di persone o ad associazioni professionali, costituite in forma associata per l’esercizio della professione, di cui all’articolo 5 del TUIR o a società a responsabilità limitata a ristretta base proprietaria che hanno optato per la trasparenza fiscale di cui all’art. 116 del TUIR.
    Nella risoluzione n. 146/E del 9 giugno 2009 è stato affermato che con tale previsione si è inteso “evitare che i redditi appartenenti alla stessa categoria d’impresa o di lavoro autonomo, conseguiti nello stesso periodo d’imposta ed imputabili al medesimo contribuente, siano assoggettati a due diversi regimi di tassazione”.
    Nella circolare n. 17/E del 2012 è stato ribadito il contenuto di tale risoluzione, precisando che tale causa di esclusione opera anche se nel corso del periodo d’imposta agevolato “ed in ogni caso prima dell’inizio dell’attività di lavoro autonomo la partecipazione venga dismessa”. Si ritiene che con quest’ultima precisazione si sia inteso revocare il chiarimento contenuto nella circolare n. 7/E del 200823, secondo il quale l’esclusione non trovava applicazione qualora il soggetto avesse ceduto la partecipazione entro il 31 dicembre dell’anno precedente a quello di applicazione del regime. Ciò in quanto in quest’ultimo caso non si applicherebbe, di regola, il nuovo regime dei minimi per carenza del requisito della novità dell’attività intrapresa (essendo stata svolta nel triennio precedente un’attività artistica, professionale o d’impresa in forma associata)24.

Con riferimento ai regimi speciali IVA, la circolare n. 73/E del 2007 e l’art. 3 del DM attuativo hanno specificato che non possono avvalersi del regime dei minimi i soggetti che svolgono le seguenti attività:

  • agricoltura e attività connesse e pesca;

  • vendita sali e tabacchi;

  • commercio dei fiammiferi;

  • editoria;

  • gestione di servizi di telefonia pubblica;

  • rivendita di documenti di trasporto pubblico e di sosta;

  • intrattenimenti, giochi e altre attività di cui alla tariffa allegata al D.P.R. n. 640/1972;

  • agenzie di viaggi e turismo;

  • agriturismo;

  • vendite a domicilio;

  • rivendita di beni usati, di oggetti d’arte, d’antiquariato o da collezione;

  • agenzie di vendite all’asta di oggetti d’arte, antiquariato o da collezione.

 

Nella circolare n. 7/E del 200825 è stato chiarito che l’esercizio di una di tali attività comporta per il contribuente l’impossibilità di avvalersi del regime dei minimi anche per l’ulteriore attività di lavoro autonomo eventualmente esercitata.

Invece i produttori agricoli che esercitano l’attività nei limiti dell’art. 32 del TUIR, anche se, ai fini dell’IVA, sono assoggettati al regime speciale di cui all’art. 34 del DPR n. 633 del 1972, possono avvalersi del regime dei minimi limitatamente all’attività d’impresa o all’arte o professione eventualmente svolta26. Qualora per l’attività agricola si sia optato per il regime ordinario IVA, è possibile applicare, ricorrendone i presupposti, il regime dei minimi per l’attività d’impresa o di lavoro autonomo eventualmente esercitata.

L’esistenza delle cause di esclusione deve essere verificata in relazione al periodo d’imposta in cui il contribuente intende aderire al regime in esame.

 

Leggi ancheNuovo regime dei minimi: determinazione del reddito, assenza di ritenute e gestione degli acconti d’imposta

 

19 giugno 2012

Gianfranco Ferranti

1 Punto 1.2.

2 Punto 1.2.

3 Presentato dall’On. Forcolin.

4 Paragrafo 1.5.

5 Paragrafo 2.13, quesito a).

6 Circolare n. 73/E del 2007, paragrafo 2.1.

7 Circolare n. 13/E del 26 febbraio 2008, punto 1.1.

8 Risoluzione n. 311/E del 21 luglio 2008.

9 Circolare n. 73/E del 2007, paragrafo 2.1. Tale chiarimento è stato confermato nella circolare n. del 2012.

10 Da P. Meneghetti, “Il tempo trascorso nelle nuove attività si sottrae dai 5 anni”, in Il Sole 24 Ore del 3 ottobre 2011, pag. 3.

11 Paragrafo 10.

12 Circolare n. 13/E del 26 febbraio 2008, punto 1.3.

13 Cfr., al riguardo, C. Carpentieri e A. Trevisani, “Problematiche aperte sul regime dei minimi”, in Corr. Trib. n. 24/2009, pag. 1907.

14 Circolare n. 7/E del 2008, paragrafo 2.8., quesito a.

15 Paragrafo 2.8, quesito b.

16 Paragrafo 2.9, quesito a.

17 Paragrafo 2.8, quesito c.

18 Paragrafo 2.8, quesito i.

19 Paragrafo 2.8, quesito g.

20 Paragrafo 2.8, quesito f.

21 Si veda G. Ferranti, “Nuovo regime dei minimi: i chiarimenti di Telefisco 2012”, in Guida alla contabilità e al bilancio n. 5/2012, pag. 29.

22 Non condivideva tale tesi G. P. Tosoni, “Nuovi minimi: accesso al regime più flessibile”, in Il Sole 24 Ore del 29 gennaio 2012, pag. 21; id. “Costa caro l’errore nei minimi”, in Il Sole 24 Ore del 15 febbraio 2012, pag. 22, nel quale l’autore ha affermato che l’accesso al nuovo regime dei minimi è precluso qualora negli anni precedenti al 2012 “il contribuente abbia applicato almeno per un anno il regime dei minimi e poi lo abbia cessato”.

23 Paragrafo 2.4, quesito a).

24 Si rinvia, a tale riguardo, ai chiarimenti già forniti in precedenza.

25 Paragrafo 2.1, quesito a).

26 Così le circolari n. 7/E del 2008, paragrafo 2.2, quesito a, e n. 12/E del 2008, paragrafo 4.1.