L'accertamento esecutivo: un quadro di riferimento operativo

la concetrazione dell’accertamento nella riscossione rappresenta una svolta epocale nel contenzioso tributario, pubblichiamo un approfondimento di 12 pagine che illustra le diverse strategie difensive che il contribuente soggetto ad accertamento può attuare

L’accertamento esecutivo: premessa

accertamento esecutivoL’istituto dell’accertamento esecutivo, introdotto dall’articolo 29 del decreto legge n°78 del 31 maggio 2010, teso ad accelerare il recupero coattivo dei crediti di natura tributaria, se da un lato dovrebbe costituire un sistema di indubbia efficacia per la salute delle casse erariali, dall’altro costituisce una seria “minaccia” per quelle dei contribuenti, specie laddove non debitamente conosciuto e sviscerato nei suoi aspetti fondamentali.

La repentina introduzione di tale sistema ha generato il suo sovrapporsi con quello preesistente, secondo modalità contraddistinte dai caratteri di “urgenza”, tipici delle manovre che si sono susseguite negli ultimi mesi, non adeguatamente bilanciate dai necessari interventi chiarificatori, di carattere interpretativo.

Pertanto si ritiene utile il tentare di offrire un quadro sintetico di riferimento, dal quale trarre spunti di riflessione suscettibili di utilizzo nella pratica operativa.

L’introduzione della predetta fattispecie ha certamente rappresentato una riforma di carattere epocale del sistema di riscossione dei crediti erariali di natura tributaria.

Per comprenderne appieno la portata innovativa, occorre tuttavia delineare un quadro di riferimento capace di evidenziare le differenze sostanziali che vanno a definire il nuovo sistema, rispetto a quello precedente: è appunto in tale prospettiva che si muoverà il presente contributo, cercando di chiarire le implicazioni pregnanti che gravano sui contribuenti.

Il sistema di riscossione preesistente

La riscossione coattiva delle imposte, nella versione antecedente la riforma in esame, peraltro tuttora vigente per certe tipologie di tributi, è fondata sull’iscrizione a ruolo delle imposte, in conseguenza delle attività di controllo eseguite ad opera degli uffici dell’amministrazione finanziaria preposti, con successiva consegna degli stessi ruoli all’esattore, che procede quindi all’incorporazione dei ruoli nelle cartelle di pagamento.

Il “ruolo” è, di fatto, un elenco che viene redatto a seguito delle diverse attività di controllo, formale o sostanziale, nel quale (art. 12 d.p.r. n. 602/73 e art. 1 DM n. 321/99)vanno indicati l’ente creditore, la specie del ruolo (ordinario o straordinario), i dati anagrafici del debitore, l’anno ed il periodo di riferimento del credito erariale, la data di consegna al concessionario della riscossione, ed altri elementi residuali, utili a sintetizzare e descrivere la pretesa tributaria.

In un tale sistema il contribuente può adire i giudici tributari, sia con riferimento agli atti impositivi emessi dall’amministrazione finanziaria, che con riguardo alle successive cartelle di pagamento, emesse dall’esattore : queste ultime hanno la funzione di portare a conoscenza dei contribuenti i ruoli, che di per sé sarebbero atti interni all’amministrazione finanziaria.

Va tenuto presente che la cartella di pagamento, ai sensi dell’articolo 25 del d.p.r. n. 602/73, va notificata dal Concessionario della riscossione al debitore, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo. La definitività dell’accertamento si concretizza una volta spirato il termine di 60 giorni dalla notifica dell’atto impositivo stesso, senza che il contribuente abbia presentato impugnazione, né abbia proceduto ad alcuna definizione.

Le contestazioni contro i ruoli1 possono essere espresse in sede di opposizione alle cartelle di pagamento che li contengono …

Queste ultime, in particolare, sono soggette ad impugnazione:

  1. per “vizi propri”, quali, a mero titolo esemplificativo, la mancata indicazione del responsabile del procedimento, la mancata sottoscrizione della cartella, l’errata identificazione del debitore, ovvero errori di calcolo e quantificazione degli importi richiesti…. ;
  2. per mancata notifica degli atti impositivi posti a fondamento delle stesse, ai sensi del disposto di cui al terzo comma dell’articolo 19, decreto legislativo n°546/’92 . La predetta disposizione recita infatti testualmente : “La mancata notificazione di atti autonomamente impugnabili, adottati precedentemente all’atto notificato, ne consente l’impugnazione unitamente a quest’ultimo.”

Alla luce della riforma attuata recentemente, il sistema di cui si è appena detto permarrà in vigore, con esclusivo riferimento :

  • alle attività di controllo formale delle dichiarazioni (sino ad emanazione di appositi regolamenti governativi) ;
  • alle imposte cosiddette “d’atto” (imposta di registro, imposta di successione e imposte sulle donazioni).

Con riferimento, invece, ai controlli “sostanziali” eseguiti in materia di imposte sui redditi, iva ed irap, a far data dagli atti impositivi emessi dall’ 01.10.2011, riferiti ai periodi d’imposta in corso al 31.12.2007 e successivi, è già in essere il nuovo sistema di riscossione coattiva, in base al quale :

  • scompaiono l’iscrizione a ruolo e la cartella di pagamento, che vengono ad essere entrambi “riassunti” dall’avviso di accertamento, atto che riassume in sé le caratteristiche di esecutività dapprima insite nel ruolo; all’atto impositivo così determinato, segue l’affidamento dei crediti ivi contenuti all’Agente della riscossione. Il citato “affidamento” consiste nella “presa in carico” da parte di Equitalia S.p.a., di flussi telematici contenenti, approssimativamente, le informazioni sino ad ora incluse nei ruoli… .
  • A decorrere dal momento della presa in carico dei crediti, l’Esattore potrà agire per la riscossione coattiva delle somme prese in carico .

3. Termini di pagamento e riscossione nel sistema ante riforma

Come si è avuto modo di descrivere sinteticamente, nel corso del precedente paragrafo, a seguito delle attività di controllo, formali o sostanziali, gli uffici emettono atti impositivi (controllo sostanziale), ovvero avvisi bonari (irregolarità da controllo formale). Orbene, mentre i controlli formali, se non definiti entro trenta giorni, sfociano in cartelle di pagamento, con riferimento ai controlli sostanziali, questi danno luogo ad avvisi di accertamento, in relazione ai quali i contribuenti possono, alternativamente provvedere:

  • alla presentazione di istanza di accertamento con adesione, entro il termine per la presentazione del ricorso (60 giorni dalla notifica…) ;
  • all’impugnazione dell’avviso di accertamento mediante ricorso, entro 60 giorni dalla notifica del medesimo atto impositivo, ovvero nel più ampio termine di 150 giorni dalla predetta notifica (fatta salva la sospensione feriale dei termini…), in caso si presentazione di istanza di accertamento con adesione ;
  • a non adottare alcun provvedimento, restando sostanzialmente inerti.

In caso di inerzia del contribuente, invece, gli uffici provvederanno ad iscrivere a ruolo il 100% delle somme pretese dall’amministrazione finanziaria, maggiorate di sanzioni ed interessi, consegnando poi i ruoli all’Esattore, che provvederà alla notifica delle cartelle di pagamento conseguenti.

Decorsi inutilmente ulteriori 60 giorni dalla notifica della cartella di pagamento, l’Esattore sarà in grado di procedere con l’esecuzione forzata sul patrimonio dei debitori d’imposta, disponendo azioni cautelari e conservative sul patrimonio degli stessi, quali il fermo di beni mobili registrati, o l’ iscrizione ipotecaria su beni immobili2, come contemplato dal primo comma dell’articolo 49, d.p.r. n. 602/73.

Venendo a focalizzare, invece, gli obblighi di pagamento gravanti sui contribuentii, anch’essi saranno variabili, in funzione delle scelte operate dagli stessi, come di seguito evidenziato :

a) potrà avvenire integralmente (imposta, sanzioni e interessi), se si decida di pagare quanto richiesto nei 60 giorni dalla notifica della cartella di pagamento;

b) in misura parziale, se eseguito in pendenza di ricorso, ed esattamente:

  • per un terzo delle sole maggiori imposte, alla presentazione del ricorso (a seguito dell’impugnazione, gli uffici iscrivono a ruolo un terzo delle somme pretese e consegnano i ruoli all’esattore ; quest’ultimo notifica cartella di pagamento al contribuente, che infine provvederà al pagamento…);
  • per i rimanenti due terzi, di maggiori imposte e sanzioni, laddove la CTP adita respinga (anche parzialmente) il ricorso;
  • per il residuo, di maggiori imposte, sanzioni ed interessi, a seguito della sentenza della CTR che abbia emesso il giudizio relativo.

Va precisato che il pagamento di un terzo a seguito della presentazione del ricorso è frutto della conversione in legge, con modifiche, del decreto legge 13.05.2011 n. 70, per mezzo della legge 12.07.2011, n.106: tale intervento normativo ha modificato il sistema di riscossione frazionata precedentemente in vigore.

Anteriormente a tale modifica, infatti, in caso di presentazione di ricorso da parte del contribuente, le somme richieste nell’atto impugnato potevano essere iscritte a ruolo in misura pari alla metà del loro ammontare.

Un aspetto curioso, e di tutto rilievo, è la mancata indicazione, nel testo normativo richiamato, della decorrenza temporale riferibile alla nuova disciplina: parrebbe ragionevole attribuire il trattamento “più mite” in materia di riscossione frazionata, ai ricorsi notificati a partire dalla data di entrata in vigore della legge n. 106/2011, che coincide con il 13.07.2011.

Quanto precede stante il fatto che è la notifica del ricorso il presupposto per procedere alla predetta riscossione frazionata.

La tesi suddetta ha trovato autorevoli pareri favorevoli3, ma non sono mancati pareri contrastanti, secondo cui occorrerebbe prendere a riferimento la data di esecutività dei ruoli, coincidente con quella in cui gli stessi vengono firmati dal responsabile e consegnati al Concessionario della riscossione.

E’ opportuno ricordare, infatti, che il comma 2-bis dell’articolo 25 del d.p.r. n. 602/73 prevede che la cartella di pagamento debba contenere l’indicazione della data in cui il ruolo è stato reso esecutivo : va infatti ribadito che è soltanto tramite la cartella che il ruolo diventa noto al contribuente che ne è destinatario.

Si rammenta ulteriormente che, in qualsiasi momento, anche oltre l’ordinario termine di sessanta giorni dalla notifica della cartella di pagamento, e quindi anche in corso di esecuzione forzata, il contribuente può chiedere di ottenere la dilazione di pagamento, ai sensi dell’articolo 19 del d.p.r. n.602/’734.

A seguito della notifica della cartella di pagamento, il contribuente che ne è destinatario può, in presenza di una “obiettiva situazione di temporanea difficoltà”, presentare istanza, al fine di ottenere la ripartizione in rate del carico iscritto a ruolo. Equitalia, con la sua Direttiva n°12 del 27.03.2008, ha chiarito che

“la temporanea situazione di obiettiva difficoltà è quella in cui si trova il debitore che è nell’impossibilità di pagare in unica soluzione il debito iscritto a ruolo e, tuttavia, è in grado di sopportare l’onere finanziario derivante dalla ripartizione dello stesso debito in un numero di rate congruo rispetto alle sue condizioni patrimoniali”.

Si tornerà in seguito sull’argomento per accennare agli ulteriori sviluppi in materia, introdotti dalla cosiddetta “manovra Monti”.

Il sistema delineato dall’accertamento esecutivo.

A seguito della riforma del sistema di riscossione oggetto del presente contributo, emerge un avviso di accertamento che ingloba in sé un triplice funzione:

  1. la funzione impositiva, in quanto tale da determinare autoritativamente il destinatario, come il soggetto legalmente obbligato al pagamento dei tributi in esso rappresentati;
  2. la funzione esecutiva, in quanto il nuovo avviso costituisce, di per sé, titolo per procedere ad esecuzione forzata;
  3. la funzione monitoria, in quanto in esso si trova l’ammonimento ed “esortazione” a procedere all’ estinzione del debito, a pena dell’esecuzione forzata sui beni di proprietà.

L’aspetto realmente innovativo è costituito dalla funzione esecutiva : l’avviso di accertamento, infatti, diviene esecutivo, una volta decorso il termine di 60 giorni dalla propria notifica, sostituendo il meccanismo consolidato analizzato in precedenza, rappresentato dal “binomio” iscrizione a ruolo-cartella di pagamento, su cui si fondava il precedente sistema.

Andando nello specifico ad analizzare i contenuti esplicitamente richiesti all’avviso di accertamento, va evidenziato che restano in essere quelli tradizionalmente contemplati in seno all’articolo 42 del d.p.r. n. 600/73, previsti quali necessari, a pena di nullità, e precisamente:

  • indicazione del maggior imponibile, o dei maggiori imponibili, in esso accertati;
  • indicazione delle aliquote applicate, e delle (maggiori) imposte liquidate, al lordo e al netto delle detrazioni, delle ritenute di acconto e dei crediti di imposta ;
  • motivazione del provvedimento, alla luce dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che lo hanno determinato;
  • se la motivazione dell’atto impositivo si fa riferimento ad altro atto, non conosciuto, né ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama, salvo che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale (motivazione per relationem);
  • sottoscrizione da parte del capo dell’ufficio, o “da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato”.

Ai predetti contenuti obbligatori si sono aggiunti ulteriori elementi, che possono essere di seguito sintetizzati :

  • con decorrenza dagli avvisi di accertamento emessi a partire dall’1.10.2011, gli avvisi devono contenere l’intimazione ad adempiere il versamento delle somme richieste, entro il termine per la presentazione del ricorso;
  • gli stessi atti impositivi devono inoltre, recare l’indicazione degli importi che devono essere pagati, sia pure a titolo provvisorio, nel caso in cui si proceda con l’impugnativa dell’atto impositivo mediante ricorso, secondo quanto stabilito dall’articolo 15 del d.p.r. n. 602/’73, che recita testualmente: “Le imposte, … corrispondenti agli imponibili accertati dall’ufficio ma non ancora definitivi, nonché i relativi interessi, sono iscritti a titolo provvisorio nei ruoli, dopo la notifica dell’atto di accertamento, per un terzo degli ammontari corrispondenti agli imponibili o ai maggiori imponibili accertati”. Doveroso precisare che il riferimento all’iscrizione a ruolo è da ritenersi superata, con riferimento agli accertamenti esecutivi oggi in essere, stante l’esecutività degli stessi, capace di rendere superflua la funzione dei ruoli, con riferimento ai controlli sostanziali in materia di iva, irap e imposte sui redditi.

Altro elemento integrante gli accertamenti esecutivi è costituito dall’avvertimento che, decorsi trenta giorni dal termine ultimo utile per il pagamento, e quindi generalmente dopo 90 giorni dalla sua notifica, si procederà ad affidare ad Equitalia la riscossione del credito rappresentato nell’atto impositivo, avente altresì valenza esecutiva.

L’articolo 29, comma 1, lettera a, del d.l. n. 78/2010 precisa ulteriormente che

“L’intimazione ad adempiere al pagamento è altresì contenuta nei successivi atti da notificare al contribuente, anche mediante raccomandata con avviso di ricevimento”.

In merito, si possono citare, a titolo esemplificativo, le somme dovute a titolo di riscossione frazionata, ovvero gli atti di contestazione delle sanzioni di cui all’articolo 16 del decreto legislativo n. 472/97.

Venendo ad esaminare l’obbligo di pagamento, in costanza di accertamento esecutivo, gravante sui contribuenti, può dirsi che lo stesso risente delle scelte operate, come di seguito evidenziato:

a) potrà essere integrale (imposta), qualora, ritenendo fondata la pretesa erariale, si decida di pagare entro i 60 giorni dalla notifica dell’avviso di accertamento esecutivo, senza procedere ad impugnativa dell’atto impositivo (in tal caso si vedranno ridotte ad un sesto le sanzioni irrogate…);

b) parziale, se eseguito in pendenza di ricorso, ed esattamente:

  • per un terzo delle sole maggiori imposte, maggiorate di interessi, ai sensi del disposto di cui all’articolo 15 del d.p.r. n. 602/73, alla presentazione del ricorso;
  • per i rimanenti due terzi, di maggiori imposte e sanzioni, oltre agli interessi, se la CTP adita respinge (anche parzialmente) il ricorso;
  • per il residuo, di maggiori imposte e sanzioni, oltre agli interessi, a seguito della sentenza della CTR che ha emesso il giudizio sfavorevole al contribuente.

Con riferimento alle imposte, i riferimenti normativi sono ravvisabili nel combinato disposto dell’articolo 15 del d.p.r. n. 602/73 e dell’articolo 68, decreto legislativo n. 546/92; con riferimento alle sanzioni, invece, occorre fare riferimento al combinato disposto della norma da ultimo richiamata, unitamente a quello dell’articolo 19 del decreto legislativo n. 472/97.

Va ulteriormente precisato che il termine per procedere al pagamento, legato a quello di presentazione del ricorso, sono entrambi termini “mobili”, nel senso che possono variare a seconda dell’intervenire o meno di diversi elementi, quali:

  • la presentazione da parte del contribuente di istanza di accertamento con adesione, ai sensi dell’articolo 6 del decreto legislativo n. 218/97, capace di estendere l’ordinario termine utile per procedere alla presentazione del ricorso tributario, e quindi, anche dei termini di pagamento in costanza di accertamento esecutivo. Va altresì precisato che, ove si concretizzi l’adesione, raggiungendo un accordo con l’ufficio, le sanzioni verranno ridotte in misura di un terzo, rispetto a quelle minime edittali previste;
  • il trovarsi in pendenza della sospensione feriale dei termini, decorrente dal 1° agosto al 15 settembre di ogni anno, che genera una sospensione dei termini cumulabile con quella prodotta dall’istanza di accertamento con adesione, di cui si è detto poc’anzi, come affermato dalla Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 65/E del 27.06.200 ;
  • la presenza di fondato pericolo per la riscossione, elemento che fa decadere le previsioni normative in materia di riscossione frazionata: allo spirare dei 60 giorni dalla notifica dell’accertamento esecutivo, senza attendere gli ulteriori 30 giorni stabiliti per l’affidamento del credito ad Equitalia, ed indipendentemente dalla presentazione o meno del ricorso, maggiori imposte, sanzioni ed interessi, come risultanti dall’atto impositivo, anche se non definitivo, potranno essere riscosse immediatamente, e per la totalità degli importi.

Quanto precede secondo una procedura che richiama quanto previsto in materia di ruoli straordinari dagli articoli 11 e 15 bis del d.p.r. n. 602/73.

Resta da chiarire cosa si intenda per fondato pericolo per la riscossione e la sede e le modalità mediante le quali lo stesso debba essere comprovato: la normativa vigente non ne offre una definizione, lasciando alla giurisprudenza della Suprema Corte il ruolo di unica bussola utile ad orientarsi in materia.

In sintesi, elementi tali da generare fondato pericolo per la riscossione vengono considerati la dichiarazione di fallimento del debitore, ovvero la sua ammissione a concordato preventivo, o ancora il suo stato di liquidazione, ovvero l’iscrizione di ipoteca legale sul patrimonio del debitore ad opera degli uffici finanziari.

Rateazione del pagamento più costosa in presenza di accertamento esecutivo

La normativa in materia di accertamenti esecutivi ha generato un consistente aggravio delle condizioni e dei costi cui è sottoposto il contribuente che intenda rateizzare il proprio debito; quanto precede, avendo quale parametro di raffronto la medesima situazione nel caso di accertamento non esecutivo.

Con la nuova tipologia di accertamenti, introdotta dal d.l. n. 78 del 31.05.2010, il contribuente potrà ottenere la rateazione “solo dopo l’affidamento del carico all’Agente della riscossione”: in sostanza, quindi, non è possibile accedere al beneficio della rateazione, se non una volta decorsi almeno 90 giorni dalla notifica dell’atto e 30 dal termine utile per procedere al pagamento.

Trovandosi pertanto nella condizione di non poter pagare il debito generato dall’atto impositivo in un’unica soluzione, il contribuente si trova immediatamente a dover fronteggiare un aggravio del 9%, pari all’aggio stabilito nei casi di morosità, con gli ulteriori interessi di mora, in ragione del 5,02% su base annua.

Un tale trattamento appare del tutto ingiustificato, particolarmente ove il contribuente provveda ad inviare l’istanza di rateazione ad Equitalia contemporaneamente al ricorso, o anche antecedentemente a quest’ultimo: in tali casi, infatti, sarebbe palese l’intenzione di non sottrarsi al pagamento.

La gravosità del trattamento di cui si è detto appare ancor più manifesta, se si faccia un confronto con quanto accade a chi si trovi nelle medesime circostanze, in costanza di un atto impositivo non esecutivo. In tale ultimo caso il contribuente, attivandosi tempestivamente entro i 60 giorni dalla notifica della cartella di pagamento, nel proporre istanza di rateazione ad Equitalia, ottiene un triplice effetto favorevole:

  1. impedisce l’adozione di misure cautelari nei suoi confronti;
  2. previene le azioni esecutive sul proprio patrimonio;
  3. congela gli aggi di riscossione al 4,65%, misura di gran lunga inferiore a quella precedentemente evidenziata.

In presenza degli accertamenti “esecutivi”, pertanto, il contribuente che non paga in unica soluzione e nei 60 giorni dalla notifica dell’atto (o nei maggiori termini evidenziati in presenza di accertamento con adesione), viene ad essere immediatamente ed automaticamente moroso, con le conseguenti penalizzazioni che abbiamo evidenziato.

Nel sistema tradizionale, al contrario, sarà soltanto nel caso di istanza di rateazione proposta oltre il termine di 60 giorni dalla ricezione della cartella di pagamento, che il contribuente andrà incontro all’adozione di misure cautelari, ovvero ad eventuali azioni esecutive sul proprio patrimonio

Va infine ricordato che restano ferme le condizioni previste dall’articolo 19 del d.p.r. n. 602/73, già commentate il chiusura del 3° paragrafo, cui si rimanda…

In presenza di “ipotesi di temporanea situazione di obiettiva difficoltà”, senza limiti di importo e senza il rilascio di alcuna garanzia, l’agente della riscossione può concedere la rateazione fino ad un massimo di settantadue rate mensili.

Da notare che, alla luce della recentissima “manovra Monti” (DL n. 201 del 06.12.2011, convertito con modificazioni dalla Legge n. 214 del 22.12.2011) il disposto normativo appena richiamato è stato integrato con la previsione secondo cui, in caso di comprovato peggioramento della situazione economica, la dilazione concessa potrà essere prorogata una sola volta, per un ulteriore periodo, e fino ad ulteriori 72 mesi.

Il beneficio verrà meno in ipotesi di mancato pagamento della 1° rata o, successivamente, di due rate, rendendo l’intero importo non ancora pagato immediatamente riscuotibile.

Tempi e modi della riscossione in presenza di accertamento esecutivo

Definiti tempi e modalità dei pagamenti da eseguire, si ritiene a questo punto rilevante mettere a fuoco le tempistiche mediante le quali si sviluppa l’azione di riscossione, in presenza di un accertamento esecutivo notificato al contribuente: anzi tutto, come rendersi conto chiaramente se l’atto di cui si è destinatari sia esecutivo o meno, visto il perdurare della coesistenza dei nuovi accertamenti con quelli tradizionali?

Ebbene, già dalla seconda pagina del provvedimento, successivamente alla comunicazione delle imposte oggetto di rettifica, negli accertamenti “esecutivi” attualmente in vigore, deve essere chiaramente evidenziato che:

  1. l’atto impositivo ha valore di intimazione ad adempiere, entro il termine di presentazione del ricorso tributario (generalmente 60 giorni dalla notifica dell’atto);
  2. una volta decorso inutilmente tale termine, l’atto notificato diviene esecutivo a pieno titolo;
  3. decorsi ulteriori 30 giorni, successivi ai primi 60, dalla notifica dell’atto impositivo, la riscossione delle somme dovute viene affidata ad Equitalia, senza che si rendano più necessarie l’iscrizione a ruolo delle stesse somme e la successiva cartella di pagamento.

A questo punto, vediamo quali tutele esistono per il contribuente, una volta raggiunto dai nuovi accertamenti esecutivi ? In particolare, volgiamo l’attenzione alle misure di tutela cautelare esperibili, che sono così sintetizzabili :

  • sospensione “legale”;
  • sospensione giudiziale (e sospensione d’urgenza) ;
  • sospensione amministrativa .

La sospensione legale è stata introdotta dalla Legge n. 106 del 12 luglio 2011, che ha stabilito la sospensione dell’esecuzione forzata per un periodo di centottanta giorni dall’affidamento in carico agli agenti della riscossione degli atti aventi valenza di titolo esecutivo.

In assenza di particolarità (quali la presentazione di istanza di accertamento con adesione, ovvero la presenza di fondato pericolo per la riscossione), pertanto, decorsi i primi novanta giorni, necessari all’affidamento delle somme ad Equitalia, ne restano ulteriori centottanta, per complessivi duecentosettanta giorni, a decorrere dalla notifica dell’atto impositivo, di inibizione dell’azione esecutiva.

La sospensione legale è pertanto prodotta dal semplice affidamento in carico all’esattore: non è più richiesta la presentazione dell’istanza utile ad ottenere la sospensione giudiziale, di cui si dirà in seguito.

La sospensione “legale” interessa, infatti, non soltanto le somme in carico all’esattore in relazione ad accertamenti oggetto di impugnazione, bensì anche quelle connesse ad accertamenti divenuti definitivi, perchè non impugnati, né oggetto di definizione agevolata (tramite pagamento) nei sessanta giorni dalla notifica degli atti impositivi.

Va posto in evidenza che la sospensione legale non è poi così “sicura”, nel senso che non pone al riparo da ogni pericolo, ed in particolare:

  1. la sospensione legale “non si applica con riferimento alle azioni cautelari e conservative, nonché ad ogni altra azione prevista dalle norme ordinarie a tutela del creditore” (art. 29, c. 1, lett. b, d.l. n. 78/2010, come modificato dalla Legge di conversione del c.d. “decreto sviluppo”). Le azioni cautelari e conservative ammesse sono certamente l’iscrizione di ipoteca, l’attivazione del sequestro conservativo, o, ancora, il fermo di beni mobili registrati.
  2. la sospensione legale non opera in caso di fondato pericolo per la riscossione, sia che esso sia già stato determinato dagli uffici, che hanno emesso un avviso esecutivo di tipo straordinario (con immediato affidamento all’esattore delle somme decorsi soltanto sessanta giorni dalla notifica dell’atto), sia che “… gli agenti della riscossione … vengano a conoscenza di elementi idonei a dimostrare il fondato pericolo di pregiudicare la riscossione…“ (art. c. 1 lett. c. DL n. 78/2010), dopo che avevano ricevuto in affidamento somme derivanti da un avviso esecutivo di tipo ordinario.

Alla luce delle lacune evidenziate nella tutela offerta al contribuente dalla sospensione legale, è evidente, pur in costanza di quest’ultima, come non possa venir meno l’interesse del contribuente a chiedere la sospensione di tipo giudiziale e/o amministrativa.

La sospensione giudiziale, al pari di quella d’urgenza, è, invece, disciplinate dall’articolo 47 del decreto legislativo n. 546/92. La sospensione giudiziale può essere richiesta alla CTP competente, su istanza motivata del contribuente, da presentare “… nel ricorso o con atto separato notificato alle parti e depositato in segreteria…”, in presenza di fumus boni iuris e periculum in mora.

Quanto precede sta a significare che l’istanza da proporre, o nel corpo del ricorso, o con atto separato, successivo al ricorso medesimo:

  1. deve essere motivata e supportata da motivazioni di merito che appaiono fondate, e tali da rendere ragionevolmente credibili le ragioni avanzate dal ricorrente, in contrasto alle pretese evidenziate nell’atto impositivo impugnato (fumus boni iuris);
  2. deve dimostrare il “danno grave e irreparabile” che possa derivare al contribuente dall’atto impugnato: trattasi del maggior pregiudizio, di carattere finanziario e patrimoniale, cui risulterebbe esposto il contribuente, in assenza della provvisoria sospensione dell’atto impugnato .

La sospensione d’urgenza è disciplinata dal comma 3 del predetto articolo 47 del decreto legislativo n. 546/92, che testualmente recita:

“In caso di eccezionale urgenza il presidente, previa delibazione nel merito, con lo stesso decreto, può motivatamente disporre la provvisoria sospensione dell’esecuzione fino alla pronuncia del collegio”.

Evidentemente, trattasi di istanza da indirizzare al Presidente della Commissione tributaria provinciale competente sul ricorso tributario.

La sospensione d’urgenza costituisce un rimedio da utilizzare per accelerare ulteriormente la decisione dei giudici tributari in materia di sospensiva : rimedio che, in verità, è scarsamente applicato dalle commissioni.

Con l’introduzione del comma 5-bis all’interno del corpo normativo dell’articolo 47, del decreto legislativo n. 546/92, ad opera della legge di conversione del decreto sviluppo (L. n. 106/2011), si è posto un preciso termine temporale concesso ai giudici tributari, per decidere in merito: entro centottanta giorni dalla data di presentazione dell’istanza di sospensione giudiziale, la commissione tributaria provinciale dovrà pertanto pronunciare la propria decisione in merito.

E’ alla luce di tali sviluppi che il contribuente deve interrogarsi sulla corretta strategia processuale da seguire, con specifico riferimento al ricorso alla tutela offerta dalla sospensione cautelare.

Va infatti evidenziato che la tempistica riferibile alla sospensione di tipo legale, la sola ad essere garantita a prescindere al contribuente, è di centottanta giorni, al pari del termine entro il quale i giudici dovrebbero pronunciarsi in merito all’istanza di sospensione giudiziale presentata dal contribuente.

Sono tuttavia diverse le decorrenze dei due termini: la sospensione legale decorre dall’affidamento in carico delle somme ad Equitalia, mentre la decisione delle commissioni tributarie provinciali in materia di sospensione, decorre dalla data di presentazione dell’istanza a cura dei contribuenti.

Si potrebbero, quindi, guadagnare trenta giorni, presentando l’istanza di sospensione unitamente al ricorso.

Resta poi il problema rappresentato dalla costituzione in giudizio di cui all’articolo di cui all’articolo 22 del decreto legislativo n. 546/92: il ricorrente, infatti, entro trenta giorni dalla proposizione del ricorso, deve depositare presso la commissione tributaria adita, copia del ricorso consegnato o spedito a mezzo posta.

Occorrerà pertanto effettuare la costituzione in giudizio lo stesso giorno in cui si provveda alla notifica del ricorso e dell’istanza di sospensione agli uffici dell’Agenzia delle Entrate: quanto precede, onde avviare immediatamente il decorso del termine utile per ottenere la decisione dei giudici circa la sospensione giudiziale, nel tentativo di ottenerla fintanto che si è ancora protetti dalla sospensione legale.

Nel panorama delle tutele cautelari offerte al contribuente, non va infine dimenticata la sospensione amministrativa, che è strumento non alternativo, ma attivabile contemporaneamente, o comunque, in parallelo alla sospensione giudiziale di cui si è detto poc’anzi, stante la necessaria sussistenza dei medesimi presupposti del fumus boni iuris e del periculum in mora.

L’istanza di sospensione amministrativa, va formulata ai sensi dell’articolo 39 del d.p.r. n. 602/73, ed indirizzata all’ufficio che ha emesso l’atto impositivo impugnato.

Brevi note sulla rilevanza della notifca degli avvisi “esecutivi”

Come si è detto nel corso del precedente 4° paragrafo, l’accertamento esecutivo concentra in sé una triplice funzione: monitoria, impositiva ed esecutiva.

Orbene, la formidabile potenzialità di tale atto è pari alla delicatezza della procedura che ne deve accompagnare l’emanazione. Su tali aspetti si è soffermata una copiosa nota interna emessa dall’Agenzia delle Entrate ed indirizzata agli uffici periferici, nel mese di ottobre dello scorso anno, sul tema degli accertamenti esecutivi.

La nota si concentra sull’importanza cruciale che viene a rivestire il procedimento di notifica, per i predetti atti impositivi : se infatti, in precedenza, il ruolo diveniva esecutivo mediante la sottoscrizione, ai sensi dell’articolo 12, d.p.r. n. 602/73, coi nuovi accertamenti, l’esecutività dell’atto, e la sua stessa validità, vengono fatte dipendere dalla notifica! Di assoluto rilievo è pertanto il fatto che, in presenza di vizi di notifica, possa determinarsi, non soltanto l’inefficacia dell’atto a svolgere la propria funzione esecutiva, ma la radicale nullità ed inesistenza dello stesso.

Conclusioni

Evidentemente la riforma eseguita in materia di “concentrazione della riscossione nell’accertamento” è di portata epocale, e non facilmente sintetizzabile: restano infatti numerosi aspetti oscuri, ed altri si profilano all’orizzonte : non ultimo quello del reclamo obbligatorio, un’ulteriore complicazione procedurale di non poco conto, che si renderà, appunto, obbligatoria, a decorrere dagli atti emessi dal prossimo 1° aprile 2012, di valore non superiore a ventimila euro.

Il sopraggiungere di elementi di novità, introdotti con il carattere d’urgenza, tipico dei reiterati interventi normativi degli ultimi mesi, dovendo necessariamente interagire con i preesistenti istituti, ha finito per creare un clima di confusione e disorientamento diffuso tra gli operatori.

Per quanto non di nostra competenza, si auspica possano a breve pervenire i necessari chiarimenti interpretativi, utili a far luce sulle zone d’ombra tuttora esistenti in materia.

17.03.2012

Giuseppe Pagani

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NOTE

1 Ruolo, che, ai sensi dell’articolo 50 del d.p.r. n. 602/73, costituisce “titolo esecutivo” sulla base del quale “… il concessionario procede ad espropriazione forzata”.

2 L’articolo 49, d.p.r. n. 602/73 dispone che Equitalia può “promuovere azioni cautelari e conservative, nonché ogni altra azione previste dalla norma ordinaria a tutela del creditore”. Si pensi, a mero titolo esemplificativo, all’azione revocatoria ordinaria di cui all’articolo 2901 c.c., ovvero all’azione surrogatoria di cui all’art. 2900 c.c..

3 Alfio Cissello, “Accertamenti esecutivi e riscossione dei tributi”, Eutekne, 2011

4 “L’agente della riscossione, su richiesta del contribuente, può concedere, nelle ipotesi di temporanea situazione di obiettiva difficoltà dello stesso, la ripartizione del pagamento delle somme iscritte a ruolo fino ad un massimo di settantadue rate mensili.”