Con sentenza n. 912 del 13 gennaio 2012 (ud. 1 dicembre 2011) la Corte di Cassazione – Sez. III Penale – si è occupata della sussistenza del reato di cui all’art. 2, del D.Lgs. n. 74/2000, concretatosinell'utilizzazione, al fine di evadere le imposte sui redditi ed il valoreaggiunto, di fatture e documenti per operazioni inesistenti o comunqueaumentate nell'importo (nel caso specifico, schede carburanti) e la conseguente indicazione, nella dichiarazionedei redditi e nelle dichiarazioni annuali relativeall'imposta sul valore aggiunto, di elementi passivi fittizi.
La decisione
La Corte rileva, innanzitutto, che la sentenza impugnata, mediante un legittimo richiamo per relationem alla decisione di primo grado, i cui contenuti ha fatto propri, ha chiaramente indicato gli incontestabili dati fattuali sui quali il giudice di prime cure è pervenuto all'affermazione di penale responsabilità nei confronti del ricorrente.
“Si tratta, contrariamente a quanto indicato in ricorso, di dati obiettivi acquisiti attraverso "controlli incrociati" della documentazione fiscale e non di mere presunzioni del personale di polizia giudiziaria operante. Evidenziano infatti i giudici del gravame che detti accertamenti avevano permesso di accertare che gran parte della documentazione utilizzata per giustificare l'esistenza di costi portati in deduzione e relativi ad acquisto di carburanti era risultata falsa. In particolare, specificava la Corte territoriale, nelle "schede carburante" non risultavano riportati i chilometri percorsi con la vettura che il ricorrente aveva venduto, ostacolando ogni possibile verifica; l'esame documentale attestava la percorrenza di 1,73 chilometri per litro di gasolio, mentre il consumo medio dichiarato dalla casa costruttrice della vettura era di 15,60 chilometri per litro; i tre soci dell'impianto di distribuzione carburante ed unici gestori dello stesso avevano disconosciu